Chiesa di Santa Caterina ad Albosaggia

IL COMUNE IN SINTESI (DATI RELATIVI AL 1996)
Abitanti (Bosaggi): 3074 Maschi: 1532, Femmine: 1542
Numero di abitazioni: 1561 Superficie boschiva in ha: 2088
Animali da allevamento: 1279 Escursione altimetrica (altitudine minima e massima s.l.m.): m. 287, m. 2573
Superficie del territorio in kmq: 34,25 Nuclei con relativa altitudine s.l.m.: Albosaggia m. 490, Torchione - Moia m. 352, Bordighi m. 336, Dosso m. 500, Poratti m. 318

Suggestivo ed affascinante l’etimo spesso proposto di Albosaggia, che sembrerebbe derivare da  Alpes Agia, quindi “Monte Santo”, forse con riferimento al fatto che fu una delle prime teste di ponte della diffusione del Cristianesimo in Valtellina, portato sul versante settentrionale orobico da quello bergamasco. Oggi, però, si propende per l’origine da Albutiacula, che rimanda alla gens romana degli Albuij, oppure da Albosarius, boscaiolo: ciò non toglie il fascino di questo importante lembo di terra orobica posto proprio al centro della media Valtellina, a fronteggiare l’imponente solco della Valmalenco.
La Valle del Livrio o di San Salvatore, come sostiene lo storico settecentesco Francesco Saverio Quadrio, ospitava già significativi nuclei, provenienti dal versante orobico bergamasco, nei primissimi secoli del Medio-Evo, il VI ed il VII secolo. Del resto il nome locale di Val del Lìri rimanda ad una radice preromana, forse ligure, che si riferisce probabilmente a corsi d'acqua. Il collegamento fra i due versanti orobici era consentito dal passo di Publino, sul fondo della valle, uno dei più agevoli, insieme con il vicino passo di Dordona ed i più occidentali passi di Tartano e San Marco, della catena orobica.
Nei secoli VI-VIII la Valtellina fu progressivamente occupata dai Longobardi. Tracce di tale presenza sono rinvenibili anche nei dialetti valtellinesi,ed il repertorio di termini che ad essa rimandano non è insignificante. Per citarne solo alcuni, di uso piuttosto comune, si possono segnalare "sberlüsc'" (lampo) e "matüsc'" (caciottella di formaggio molle), “güdàzz" (padrino), "sluzz" (bagnato), "balòss" (furbo, furfante), "maschérpa" (ricotta), "gnècch" (di malumore), "lifròch" (sciocco), "bütér" (burro), "scagn" (appoggio per mungere), "scràna" (panca), "scoss" (grembo) , "stracch" (stanco), “slendenàa” (ozioso), “menegold” (coste, bietole), “trincà” (bere), “slòz” (bagnato), “sgrafignà” (rubare), “snizà” (iniziare a mangiare), “grignà” (ridere), “scòss” (grembo), “gram” (cattivo, scarso), “maròs” (cespuglio, ontano), “schèrp” (contenitore), “stachèta” (chiodo per scarpe), “burnìs” (brace), “biótt” (nudo), “rüt” (sporco, rifiuto), “bródeg” (sporco), “ghèi” (soldi).
Nei secoli successivi la Valtellina passò sotto la dominazione franca e del Sacro Romano Impero Germanico.


Albosaggia

“Albosagia” è citata per la prima volta nel XII secolo, quando non era ancora comunità autonoma, bensì “vicinia”, cioè sobborgo di Sondrio. Nel 1354 (o 1377), con l’edificazione della chiesa di Santa Caterina, alla comunità di Albosaggia era stato riconosciuto il diritto di elezione del proprio curato, ma solo nella seconda metà del successivo quattrocento il paese si svincolò dall’ingombrante vicino di pianura, divenendo comune autonomo.
Da un atto rogato dal notarile del 1355 si ricava che il suo territorio era ripartito in quadre (contrade, a loro volta divise in borgate), con le denominazioni di “contrata de Faedo vallis Sancti Salvatoris, contrata de Albosaggia de supra, contrata de Albosaggia de suptus, contrata de Torziono”.
Della vicinanza di Sondrio il paese risentì anche nelle vicende feudali: fu, infatti, dal trecento feudo dei Capitanei di Sondrio, cui subentrarono, nel 1395, i Visconti di Milano, e successivamente, dal 1435, la potente famiglia dei Quadrio di Ponte.


Albosaggia

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Non fu, il cinquecento, secolo clemente, almeno nella sua prima metà: la natura si mostrò più volte piuttosto matrigna che madre. Nel 1513 la peste infierì in molti paesi della valle, Bormio, Sondalo, Tiolo, Mazzo, Lovero, Tovo, Tresivio, Piateda, Sondrio, Fusine, Buglio, Sacco, e Morbegno, portandosi via diverse migliaia di vittime. Dal primo agosto 1513 al marzo del 1514, poi, non piovve né nevicò mai, e nel gennaio del 1514 le temperature scesero tanto sotto lo zero che ghiacciò perfino il Mallero. L’eccezionale ondata di gelo, durata 25 giorni, fece morire quasi tutte le viti, tanto che la successiva vendemmia bastò appena a produrre il vino sufficiente ai consumi delle famiglie contadine (ricordiamo che il commercio del vino oltralpe fu l’elemento di maggior forza dell’economia della Valtellina, fino al secolo XIX). Le cose andarono peggio, se possibile, l’anno seguente, perché nell’aprile del 1515 nevicò per diversi giorni e vi fu gran freddo, il che arrecò il colpo di grazia alle già duramente colpite viti della valle.


San Salvatore

Nel comune di Sondrio, annota il Merlo, cronista del tempo, vi furono in tutto solo un centinaio di brente di vino. Nel 1526 la peste tornò a colpire nel terziere di Mezzo, e ne seguì una dura carestia, come da almeno un secolo non si aveva memoria, annota sempre il Merlo. L’anno successivo un’ondata di freddo e di neve nel mese di marzo danneggiò di nuovo seriamente le viti. Dalle calende d’ottobre del 1539, infine, fino al 15 aprile del 1540 non piovve né nevicò mai, tanto che, scrive il Merlo, “per tutto l’inverno si saria potuto passar la Montagna dell’Oro (cioè il passo del Muretto, dall’alta Valmalenco alla Val Bregaglia) per andar verso Bregaglia, che forse non accadè mai tal cosa”. La seconda metà del secolo, infine, fu caratterizzata da una grande abbondanza di inverni rigidi e nevosi ed estati tiepide, nel contesto di quel tendenziale abbassamento generale delle temperature, con decisa avanzata dei ghiacciai, che viene denominato Piccola Età Glaciale (e che interessò l’Europa fino agli inizi dell’Ottocento). C’è davvero di che far meditare quelli che (e non son pochi) sogliono lamentarsi perché non ci sono più le stagioni di una volta…


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Nel 1512, dopo una parentesi di 12 anni di detestatissimo dominio francese,  iniziarono i quasi tre secoli di dominio delle Tre Leghe Grigie sulla Valtellina. I nuovi signori sentirono il bisogno, per poter calcolare quante esazioni ne potevano trarre, di stimare la ricchezza complessiva di ciascun comune della valle. Furono così stesi gli Estimi generali del 1531, che offrono uno spaccato interessantissimo della situazione economica della valle (cfr. la pubblicazione di una copia secentesca del documento che Antonio Boscacci ha curato per il Bollettino della Società Storica Valtellinese n. 53 del 2000). Nel "communis Albosagiae" vengono registrate case e dimore per un valore complessivo di 946 lire (per avere un'idea comparativa, Piateda fece registrare un valore di 343 lire, Faedo 114, Caiolo 955); gli orti hanno un'estensione complessiva di poco più di 5 pertiche e sono valutati 19 lire; prati e pascoli, estesi 4183 pertiche, valgono 2760 lire; boschi e terreni comuni sono valutati 97 lire; campi e selve, estesi 5373 pertiche, valgono 3202 lire; 866 pertiche di vigneti valgono 1489 lire; gli alpeggi, che caricano 248 mucche, vengono valutati 49 lire; vengono anche rilevate una fucina ed una segheria, per un valore di 8 lire; il valore complessivo dei beni è valutato 10383 lire (sempre a titolo comparativo, per Faedo è 1442, per Piateda 8253 e per Caiolo 6832).


Municipio di Albosaggia

Nel 1589 il paese riceve la visita pastorale del vescovo di Como Feliciano Ninguarda, che così scrive: “Nel paese di Albosaggia che dista da Sondrio due miglia di cammino, tagliato a metà dall'Adda, vi è la chiesa parrocchiale, posta sul declivio del monte e dedicata a Santa Caterina Martire. Vi è poi un'altra chiesa in onore di S. Nicola da Tolentino, dotata di beneficio, attigua all'abitazione del Signor Giangiacomo Paribelli, che ne è anche il patrono.Sulla montagna, a due miglia dalla parrocchia, vi è la chiesa di S. Salvatore, in cui si seppelliscono i morti della Valle Mala. A un miglio dalla parrocchia, discendendo verso il piano dell'Adda, vi è una chiesa dedicata all’Annunciazione di Maria SS.: in questa chiesa il parroco di Albosaggia è tenuto a celebrarvi la messa per venticinque feste: abbisogna di radicali restauri. A un altro miglio dalla parrocchia, salendo verso l'alta Valle, vi è la frazione chiamata della Moia dove sorge una chiesa dedicata ai Santi Giacomo e Filippo: vi si celebra solo un paio di volte all'anno e occorre parimenti di restauri. Il territorio del paese di Albosaggia, assai disperso, con le contrade annesse, conta oltre trecentocinquanta famiglie tutte cattoliche. Ne è parroco il sac. Donato Scarpetta di Dongo sul lago di Copio e Diocesi di Como, che è aiutato da un chierico di nome Maurizio di Contra, nativo del luogo. Nella stessa comunità di Albosaggia vi sono erette dite confraternite, una sotto il nome del SS. Sacramento, e l'altra della Beata Vergine.”
La comunità di Albosaggia nel 1589 contava, dunque, con tutte le contrade, più di 350 fuochi, corrispondenti a 1800-2000 abitanti; nel 1624 contava 2180 abitanti.


Palazzo Paribelli ad Albosaggia

Ecco come Giovanni Guler von Weineck, che fu governatore della Valtellina per le Tre Leghe Grigie dal 1587 al 1588, presenta Albosaggia ed il diplomatico Gian Giacomo Paribelli, nella sua opera “Rhaetia” del 1616: “Comincia quindi il comune di Albosaggia, paese elevato sul monte, lungo una via secondaria. Ivi risiedono in un antico maniero i Paribelli. G. Giacomo Paribelli fu un gentiluomo sperimentato e di pronto accorgimento, il quale ha già occupato con mirabile destrezza l’ufficio di cancelliere supremo in Sondrio e di vicario del capitano della Valtellina, sia durante il mio governo come parecchi anni prima e anche dopo di me. Suo figlio Lorenzo è dottore in entrambi i diritti, provetto in parecchie lingue, gentiluomo di grande potenza e per ricchezza fra i primi della valle. Egli ha dei figliuoli di buone speranza: uno di essi è già salito ai più alti gradi della professione giuridica. In basso, presso l’Adda vi è un buon traghetto verso la campagna di Sondrio, praticato con sicurezza e senza pericoli da pedoni e viandanti che passano il fiume sopra apposito navicello; il traghetto appartiene ai Paribelli, ma in antico era dei Beccaria di Sondrio.”


Casa Condrio ad Albosaggia

Il territorio di Albosaggia nei secoli XVI e XVII andava, da ovest ad est, da Cedrasco a Piateda, e, da nord a sud, dall'Adda alla Bergamasca. Significativa era la presenza del clero e di professionisti come i notai anche se la popolazione era costituita per la gran parte da contadini.
Molti lavoravano nelle cave di ferro della Val Venina, che dava lavoro anche a boscaioli, impegnati ad assicurare un costante approvvigionamento di legna necessaria per alimentare i forni fusori, ed a trasportatori di varie merci a dorso di mulo o di cavallo, che passavano per i passi della Val Venina e della Valle del Livrio. In pianura non esistevano nuclei significativi ad eccezione del Porto, dove il servizio di traghetto sul fiume Adda (gestito dalle potenti famiglie dei Capitanei di Sondrio, dei Beccaria e dei Paribelli di Albosaggia, ed attivo fino al 1884) consentiva il passaggio, dalla sponda sondriese a quella di Albosaggia, di persone, merci ed anche animali (soprattutto cavalli e buoi). Solo nel XVIII secolo venne, infatti, gettato il primo ponte in legno sul fiume Adda.


Chiesetta di San Giacomo

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Nel 1614 l'arciprete di Sondrio Nicolò Rusca, che sarà poi rapito da soldati grigioni nel 1618, redasse una nota informativa per il vescovo di Como Filippo Archinti, in visita pastorale a Sondrio. Ecco quanto riferisce di Albosaggia: "Sono nella plebe di Sondrio: Cajolo, Albosaggia, Castione, là Valle di Malenco... Albosaggia. La Chiesa di s. Catterina, dove si amministrano li SS.mi Sacramenti. La Chiesa di S. Salvatore nei confini di Caiolo nell'alto della montagna, commune ancora a Caiolo per seppellirvi morti. La Chiesa di S. Nicolò di Tolentino a casa del sr. Dott. Lorenzo Paribello, dal quale è stata dotata, et eretta in titolo. La Chiesa dei ss. Giacomo et Filippo alla Moia. Là Chiesa di Albosaggia non è assolutamente separata da Sondrio, ma si può dir al più Vicaria, perchè hanno un antichissimo ordine di poter tenere un sacerdore quale gli ministri li Sacramenti "etiam invito Archipresbytero Sondrij", mà "sine praejuditio Ecclesiae baptismalis de Sondrio", quale penso fosse commune anco a Caiolo quale fu depoi separato formalmente... Sono qui due sacerdoti, il R. ms. P. Francesco Nobili, quale fà la cura delle anime. Hà in casa l'infrascritto Capellano, et un amita del medesimo Curato d'anni 70: il R. ms. P. Oliverio, quale l'aiuta. A tutti li habitanti di questo commune serve loro, perchè non è in questa Communità alcuno di fede contraria. L'entrata ordinaria del R. Nobili per fare la cura è scudi cinquanta otto quartari 76 mistura segala e miglio, brente 3 vino, lire dodeci formaggio, lire dodeci butiro. Item altre lire dieci in dinari, oltre l'orto, e la casa."


Chiesetta di San Giacomo

Durante il seicento ad Albosaggia risiedeva l'illustre famiglia dei Paribelli, insignita fin dal 1581 del titolo di “nobile del Sacro Romano Impero” e famosa nel seicento soprattutto per la figura di diplomatico di Gian Giacomo Paribelli. Il paese fu investita dalla bufera delle vicende valtellinesi della Guerra dei Trent’Anni. Preludio ad esse fu la ribellione cattolica contro l’autorità delle Tre Leghe Grigie, accusate soprattutto di voler sostituire la confessione riformata a quella cattolica. Ecco cose ne scrive Henri de Rohan, duca ed abilissimo stratega francese nell’ultima parte delle vicende della guerra di Valtellina nel contesto della guerra dei Trent’Anni (1635), nelle sue “Memorie sulla guerra della Valtellina”: “Non si può negare che i magistrati grigioni, tanto nella camera criminale di Tosanna quanto nell’amministrazione della giustizia in Valtellina, abbiano commesso delle ingiustizie capaci di gettare nella disperazione e di spingere alla ribellione contro il proprio sovrano anche i più moderati. Ma bisogna riconoscere che anche i Valtellinesi passarono ogni limite e calpestarono tutte le leggi dell’umanità, essendosi spinti a massacri così crudeli e barbari che le generazioni future non potranno non ricordarli senza orrore. Così la religione è capace di spingere al male uomini che, animati da uno zelo sconsiderato, prendono a pretesto della loro ferocia ciò che dovrebbe essere un fondamento della società umana.”


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La reazione delle Tre Leghe grigie non si fece attendere: soppiò, così, la prima guerra per la Valtellina, che vide Grigioni e Francesi contrapposti agli insorti cattolici, aiutati dagli Spagnoli. I Grigioni entrarono in Valtellina dalla Valmalenco e dalla Valchiavenna. Ecco quel che scrive Cesare Cantù, ne "Il Sacro Macello di Valtellina", del 1834: " I Grigioni, o schivando, oppure valorosamente superando le opposizioni, grossi ed impetuosi investirono Traona, occuparono il ponte di Ganda, e varcato su quello l'Adda, voltarono difilato sopra Sondrio, dove altri giungevano da Val Malenco. Sondrio, abbandonata di soccorsi e imperfetta di mure, non potea, non che una regolare oppugnazione, neppur reggere una battaglia di mano. Onde i cittadini, credendo, come si fa delle male nuove, ogni cosa peggio del vero, e ripieni di presentimenti funesti per vedute meteore, determinarono abbandonarla, ricovrandosi ad Albosaggia, terra montuosa sulla sinistra dell'Adda, ove potrebbero ancora difendersi col fiume e coi ridossi. Miserabile spettacolo, vedere le lunghe file degli abitanti con infinito sbattito d'animo, seco trascinare quel che di più caro avevano, e piangere e desolarsi."


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Il conflitto ebbe termine nel 1626, con il trattato di Monzon, ed il triennio 1626-29 segnò una tregua: niente più armi né soldatesche, almeno per il momento, in valle. Ma non furono tre anni sereni. Ci si mise il clima a tormentare la vita già di per sé non semplice dei cristiani, un clima pessimo, caratterizzato da eccezionale piovosità, soprattutto primaverile, accompagnata da repentine ondate di freddo, tanto da ritardare le vendemmie anche di due settimane rispetto al consueto, da compromettere seriamente i raccolti e da determinare una situazione di carestia.


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Il colpo più duro fu, però, costituito, in quel periodo, soprattutto dalla tremenda epidemia di peste del 1629-31, che falcidiò la popolazione (nell’intera valle, a seguire il Quadrio, si scese da 150.000 a poco meno di 40.000 abitanti; stime più prudenti ridimensionano la catastrofe demografica, ma parlano comunque di una perdita di quasi metà della popolazione). Tempi grami, nei quali ci si mettevano anche i lupi a rendere difficile la vita dei cristiani: due bambini vennero sbranati nei boschi del paese nell’autunno del 1625, altri furono attaccati, in contrada Cantone, sempre da un branco di lupi il 13 febbraio 1633.


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Un quadro sintetico di Albosaggia nella prima metà del Seicento è offerto dal prezioso manoscritto di don Giovanni Tuana (1589-1636, grosottino, parroco di Sernio e di Mazzo), intitolato “De rebus Vallistellinae” (Delle cose di Valtellina), databile probabilmente alla prima metà degli anni trenta del Seicento (edito nel 1998, per la Società Storica Valtellinese, a cura di Tarcisio Salice, con traduzione delle parti in latino di don Abramo Levi). Vi leggiamo: “La communità d'Albosagia al dirimpetto della terra di Sondrio è divisa in molte contrate nel monte tra castagne. Queste si chiamano Cantone. Paribelli, La Molta, Moia, Delini, Corrasale, Carbonera. La chiesa è parochiale dedicata a S. Catarina martire, quali farano il numero di 800 anime. Tutto il territorio è fertile di grano, fieno et castagne. Ha vino ancora nel piano, ma picciolo et apena maturo, salvo nelli anni caldissimi. Tutta la spiaggia è scogliosa, perciò in gran parte inutile. Il monte è ampio et ha lieti pascoli per estadeggiare il bestiame; tra quelli v'è una antichissima chiesa con torri et chiesa di S. Giosefo della fameglia de Paribelli, de quali sono usciti huomini eccellentissimi in lettere: ivi sono giardini amenissimi et ombregiati et infrescati nei gran caldi da un grosso rivo, qual ivi da presso scorrendo serve all’irrigationi delli terreni et per li molini. L'aria in tutta la communità è buona.


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Solo nella seconda metà del secolo e, lentamente ma continuamente, nel successivo settecento la situazione si andò via via rasserenando, anche grazie al significativo apporto economico degli emigrati, soprattutto a Roma (che donarono, fra l’altro, un pregevole calice d’argento alla chiesa di S. Caterina). Di questa tendenza vi è riprova anche nell’ambito della vita parrocchiale: nel 1676 la chiesa di S. Caterina fu elevata a prepositurale e collegiata, e nel settecento essa figurava come collegiata con un preposito e cinque canonici nel vicariato di Sondrio.


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La ripresa settecentesca non fu, però, priva di arresti e momenti difficili, legati soprattutto ad alcuni inverni eccezionalmente rigidi, primo fra tutti quello memorabile del 1709 (passato alla storia come “l’invernone”, “l’inverno del grande freddo”), quando, ad una serie di abbondanti nevicate ad inizio d’anno, seguì, dal giorno dell’Epifania, un massiccio afflusso di aria polare dall’est, che in una notte gelò il Mallero e parte dell’Adda proprio nei pressi di Albosaggia. Ed ancora, nel 1738 si registrò una nevicata il 2 maggio, nel 1739 nevicò il 27 ed il 30 marzo con freddo intenso, nel 1740 nevicò il 3 maggio, con freddo intenso e nel 1741 nevicò a fine aprile, sempre con clima molto rigido e conseguenze disastrose per le colture e le viti.


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Il già citato storico Quadrio attesta che, alla metà del XVIII secolo, le quattro quadre di Albosaggia erano deno­minate Superiore (con Cantone, Val Mana, Paribelli, Motta), Inferiore (con Moizi e Delini), Caratale e Carbonera. Le quadre erano, poi, ripartite in sessanta contrade, ed i fuochi erano complessivamente 337 (corrispondenti probabilmente a 2500 abitanti circa).
Egli, nell’opera “Dissertazioni critico-storiche intorno alla Rezia di qua dalle Alpi oggi detta Valtellina” (Edizione anastatica, Bologna, Forni, 1971), scrive:
Albosagia (Albosagia). Albosagia fu così nominata quasi Alpes Agia: da che si sa, che gli Antichi, e in particolare ne' Medii Tempi Alpa, e Alba nominavano i Monti. L'aggiunto Agia, o Santa fu poi dato a tal Terra, perchè quivi era la Valle de' Mani, detta pur oggi Val Mane, dove si faceva a quell'Anime sacrifizio: e sceso Gesù Cristo a rinnovare con la vera Religione il Mondo, ivi per avventura entrò questa da prima: poichè vi ha tuttavia una Chiesa di San Salvatore, più volte rifatta, e d'antichissimi tempi, ch'era già Parrocchia Comune allora di varie Terre e del Bergamasco, e della Valtellina. Quattro Quadre costituiscono questa Comunità, che sono la Superiore, che abbraccia Cantone, Contrada della suddetta Val Mane, i Paribelli, e que' della Motta: la Inferiore, dove sono i Moizi, e i Delini: Carasale, dov'era il Castello de' Quadrii, del qual pur si vede la Torre, or da' Paribelli posseduta, e Carbonera. Tutte questa Contrade ebbono il loro nome dalle illustri Famiglie, che vi fiorirono, alcune delle quali pur or vi fioriscono, come i Paribelli, i Petrucci ec. e già gl'Umbiavadi erano pur naturali di questo Luogo, come da più Instrumenti si trae. Ha tale Comunità Compagnìa intera di Milizia, come gli altri Luoghi più considerevoli della Valle; e in Albosagia risiede pur ordinariamente un Console di Giustizia.”


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Nel 1797, investita dalla bufera napoleonica, ebbe termine la dominazione grigione sulla Valtellina; Albosaggia contava allora 3.000 abitanti. Tornarono ad affacciarsi i soldati francesi in Valtellina, e si rinnovò un antico astio. I soldati napoleonici di stanza a Sondrio, in particolare, avevano preso la cattiva abitudine, durante i periodi di libera uscita, di battere la campagna di Albosaggia perpetrando uno stillicidio di piccoli soprusi. In particolare solevano entrare nelle case ed arraffare, senza troppi complimenti, le castagne che vi venivano fatte seccare. Fra gli Abitanti, alquanto... seccati di quell'andazzo, il malumore cresceva. Finché un giorno, nel dicembre del 1801, sfociò in tragedia. Un gruppo di soldati, che si erano riversati in paese per i consueti prelievi forzati, furono affrontati da un bellicoso e nutrito gruppo di contadini inferociti. Pensarono bene, per evitare uno scontro dall'esito incerto, di darsela a gambe. Non scelsero però altrettando bene la direzione ed uno di loro si perse, finendo in contrada Segrada, dove fu sorpreso ed ucciso da due giovani, i quali, poi, lo spogliarono di tutto e lo gettarono nell'Adda.


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Erano, quelli, tempi convulsi anche dal punto di vista istituzionale. Nel 1807, nel contesto del Regno d’Italia controllato da Napoleone, Albosaggia era comune con 1.570 abitanti. Nel 1815 il dipartimento dell’Adda, caduto Napoleone, venne poi assoggettato al dominio della casa d’Austria, nel regno Lombardo-veneto, ed Albosaggia, con 2.860 abitanti totali (1.800 senza i comuni aggregati di Faedo e Caiolo) era comune principale del I cantone di Sondrio. Nel 1853 Albosaggia con le frazioni San Salvatore, Monaci, Segrada e Paribelli, era comune con consiglio comunale senza ufficio proprio e con una popolazione di 1.494 abitanti sempre inserito nel distretto I di Sondrio.


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Alla II (1859-60) e III (1866) Guerra d'Indipendenza, contro l'Impero Asburgico, parteciparono anche diversi abitanti di Albosaggia, Bedolessi Giovanni Antonio, Biasini Pietro, Boscacci Antonio fu Antonio, Boscacci Luigi, Paruscio Giovanni fu Battista, Camer Pesci Pietro Filippo, Camer Pesci Giovanni Antonio, Carasani Giacomo, De Bernardi Andrea, De Bernardi Domenico, De Bernardi Michele, Gherardi Giovanni, Gherardi Giovanni Battista, Giugni Giovanni Domenico, Genini Carlo fu Pietro, Giugni Andrea fu Domenico, Giugni Carlo, Mostacchi Pietro Antonio, Mottarelli Stefano fu Pietro, Piavanini Giovanni Battista, Paganoni Bortolo, Pelosi Antonio fu Battista, Piani Bortolo fu Bortolo, Piani Bortolomeo, Paganoni Giovanni Carlo, Rovedatti Giovanni, Romeri Giacomo di Giacomo, Romeri Luigi fu Giacomo, Romeri Giovanni e Romeri Giovanni.


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Alla proclamazione del Regno d’Italia, nel 1861, Albosaggia contava 1888 abitanti. La statistica curata dal prefetto Scelsi nel 1866 registrava nella località Monaci (centro) 72 persone, 35 uomini e 37 donne, in 16 famiglie e 26 case, di cui 10 vuote. Alla Moja vivevano 89 persone, 39 uomini e 50 persone, in 17 famiglie e 18 case, di cui una vuota. la situazione dei casali viene così descritta: al Casello vivevano 81 persone, 40 uomini e 41 donne, in 21 famiglie e 23 case, di cui 2 vuote; al Dosso vivevano 49 persone, 29 uomini e 20 donne, in 11 famiglie e 12 case, di cui una vuota; a Ferari vivevano 69 persone, 34 uomini e 35 donne, in 16 famiglie e 16 case, di cui 3 vuote; a Pedra vivevano 96 persone, 49 uomini e 47 donne, in 19 famiglie e 17 case, di cui 2 vuote. La maggior parte della popolazione, però viveva in case sparse, cioè 1401 persone, 716 uomini e 685 donne, in 267 famiglie. le case abitate sono 267, quelle vuote 881.


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La popolazione crebbe poi costantemente fino alla vigilia della prima guerra mondiale, passando a 2024 abitanti nel 1871, a 2343 nel 1881, a 2623 nel 1901 ed a 3030 nel 1911.
Dall’opera “La Valtellina (Provincia di Sondrio)”, di Ercole Bassi (Milano, Tipografia degli Operai, 1890), ricaviamo diverse interessanti notizie statistiche sul paese intorno agli anni ottanta dell’ottocento, riportate nella seguente tabella:

Frazioni principali

Mandamento

Numero delle case al 1865

Numero di famiglie al 1865

Abitanti nel 1881

Patrimonio al 1865 (in Lire)

Passivo al 1883 (in Lire)

Latteria/e
(anno di fondazione. Kg. Di formaggio e di burro prodotti)

Sordomuti (m e f)

Ciechi (m e f)

Cretini

Alpeggi (fra parentesi: proprietà, numero di vacche sostenibili, prodotto in Lire per vacca, durata dell’alpeggio in giorni)

Moia

Sondrio
1260
367
2277
58949
15071
-
-
-
-

Meriggio
(comunale,
130, 40, 80)
Alpe Painale
(600, 40, 75)

 

 

 

 

 

 

 



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Interessanti notizie su come fosse il paese sul finire dell’ottocento ci sono offerte dalla Guida alla Valtellina edita a cura della sezione valtellinese del Cai nel 1884: “Gita in Albosaggia.Una strada carrozzabile, staccandosi presso la filanda Baebler, dall'altra che mena alla stazione della ferrovia, attraversa l'ampio ed ubertoso piano della Valle. Poco prima di giungere all'Adda appaiono i grandiosi argini eretti non ha mollo per rattenere il fiume entro il suo alveo e difendere il piano delle inondazioni; parallelo ad essiargini scorre il canale di scolo. ll ponte vicino è detto Ponte d'Albosaggia, e il tratto del fiume che da esso si vedeè uno dei più belli che l'Adda, così bella dappertutto, presenti nel lungo suo corso.


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L'attuale ponte in ferro, costretto nel 1883, ne sostituì uno in legno che doveva spesso rinnovarsi. Si ha memoria di un ponte esistente in questo luogo fino dal principio del secolo decimo quarto. Ma è indubitato che per lungo spazio di tempo, si traghettata qui l'Adda su barche, che, insomma, in luogo del ponte caduto vi era un porto, il qual nome è rimasto alla località. Oltrepassato il ponte, la strada carrozzabile sale il monte,attraversando da prima vigneti, poi selva di nocie di castagni,o giunge a un promontorio donde si gode superba vista sulla vallata fino al monte Spluga al colmo di Dazio, e alle montagne del lago di Como. E’ spettacolo grandioso un tramonto osservato da quell'altura in estate quando il sole s'asconde proprio in fondo alla valle dietro i monti del lago.


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Dopo non molto cammino si giunge a un trivio sopra il casolare della Segrada; il ramo che procede ad occidente conduce in breve alla chiesa parrocchia d'Albosaggia (500 m.), la quale sorge sopra un'altura in posizione ridente. Continuando ancora, fra selve, si giunge a una grossa frazione del Comune (2343 ab.) detta la Piazza, e ad un ponte sopra il torrente Torchione, ove finisce la strada carrozzabile. Vicino al ponte è un antico castello, mutato poscia in casa civile, e ancor oggi denominata la Torre. Apparteneva alla famiglia Quadrio di Ponte, ma da più secoli venne in proprietà della famiglia Paribelli. Illustrazione di questa famiglia e di Albosaggia, di cui è oriunda, fu Gian Giacomo Paribelli, uomo di molta dottrina e grande abilitità, che la Valtellina, durante la famosa riscossa del secolo decimo settimo, mandò più volte ambasciatore a diverse corti. Morì nel 1635, dopo un pranzo a cui era stato invitato nel castello di Sondrio, dagli ufficiali del duca di Rohan; e corse la voce, riferita dall'Alberti, scrittore contemporaneo, che fosse stato in quel pranzo avvelenato. ll ramo che dal trivio della Segrada, ricordato più su, volge ad oriente, guida, fra vigneti e selve, al villaggio della Moia (460 m.). Al ponte sul torrente Orsenigo termina la via carrozzabile; ma, chi viaggia a piedi, può proseguire sulla via mulattiera, che, dopo pochi minuti, discende, sempre frammezzo a pittoreschi castagneti, verso il fondo della Valle, al piano di Busteggia. Lì si attraversa un ponte sul torrente Venina, e poi il ponte di Faedo sull'Adda che mette alla strada nazionale lungo la quale si può far ritorno a Sondrio.


Apri qui una panoramica dalla pista per l'alpe Meriggio

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Di fronte al municipio di Albosaggia due grandi lapidi dedicate “Da Albosaggia ai suoi caduti” commemorano i morti durante la prima guerra mondiale; vi si leggono i nomi di Bertolatti Pietro, Bordino Giovanni, Boscacci Robusto, Buglio Domenico, Del Casello Pietro, Egola Giuseppe, Ferrini Fermo. Fortini Carlo, Gherardi Pietro, Giambelli Giulio, Gianoli Giacinto, Giugni Ambrogio, Giugni Annibale, Giugni Claudio, Giugni Emilio, Marchetti Carlo, Marchetti Pietro, Murada Pietro, Paganoni Anselmo (morto durante la prigionia in Austria), Paganoni Cherubino, Paganoni Davide, Paganoni Emilio, Paganoni Giacinto, Paganoni Mario, Paindelli Andrea, Paindelli Cirillo, Pedruzzi Mario, Pelosi Vittorio, Piani Tobia (morto durante la prigionia in Austria), Romeri Attilio, Romeri Ferdinando, Rossi Abbondio, Rovedatti Enrico Ferdinando, Salvetti Francesco e Paindelli Virgilio.


Chiesetta della Moia


L’andamento della popolazione nel periodo fra le due guerre è sostanzialmente statico: ai 2931 abitanti del 1921 fanno fronte i 2824 del 1931 ed i 2891 del 1936.
Nel 1922 la centralina sul torrente Torchione, costruita in località Paradiso dalla ditta Sartorelli, fornì di energia elettrica l'abitato di Albosaggia: fu una piccola rivoluzione e su un giornale si lesse: "Fiat Lux, la luce brilla maravigliosamente e che la luce penetri in tutte le case ed apporti a tutte le famiglie il benessere e la civiltà" (citato da "L'energia elettrica in Provincia di Sondrio", di Giuseppe Songini).
Ecco come Ercole Bassi, in “La Valtellina – Guida illustrata”, presenta, nel 1928, Albosaggia ed il suo territorio: “Sondrio è centro di ameniasime escursioni. Una carrozzabile attraversa la valle e sale inmeziora all'importante comune di Albosaggia, parola che si vuole significasse in antico: Monte o luogo santo (m. 486 - ab. 469-3011 - Uff. Post., coop. per l'alpeggio, coop.  “La Concordia”, coop.l'Eguaglianza, coop. l'Elettrica). Vi si producono canestri e cesti di vimini. Nella chiesa, eretta nel 1354 sopra un largo terra­pieno sostenuto da molte arcate in cui si seppellivano i morti, si trova una bella tavola della prima metà del secolo XVI, recante la Madonna che adora il Bambino, fra angeli musicanti, con uno sfondo arioso di cielo e di monti. Di minor pregio la tela con le Natività di S. Giovanni, attribuita a Sigismondo De Magistris (1523), ed altre della stessa epoca; interessante paramento di splendido broccato antico. Il campanile porta un ottimo concerto di campane, delle quali la maggiore venne fusa in luogo nel 1645 e pesa kg. 1580. L'ossario, costrutto nel 1732, è chiuso da un'artistica cancellata di ferro battuto. Nella chiesa della frazione Moia, eretta nel 1600, si trova pure qualche buona pittura. Sopra la Moia, vi è una fonte di acqua ferrugginosa, ed altra più ricca in contrada Romeri, sulla strada che dalla Moia conduce a S. Giacomo.


Lago della Casera

In Albosaggia nacque Gian Giacomo Paribelli, storico e diplomatico che, dopo l'insurrezione del 1620, sostenne, quale legato, le ragioni dei Valtellinesi alla Dieta di Baden, presso il Pontefice ed il Re di Spagna. Appena passato il ponte sul Torchione si trova un vecchio castello detto la Torre, che, da un documento rinvenuto nell'archivio notarile di Sondrio del 1196, risulta chiamata Paribella, prova che apparteneva sin d'allora a questa antica famiglia. Ivi una sala in legno (stufa) della fine del 1500 ha le pareti e i soffitti con pregevoli intagli. Vi si trova pure un antico affresco colla M., il B. e altri santi. La strada, divenuta mulattiera, continua a sera e giunge in mezz’ora alla chiesa di S. Antonio (panorama). Ivi ai trovava nei secoli scorsi la parte maggiore dell'abitato di Albosaggia. La via prosegue sotto ombrosi castani, a destra del Livrio, sino alla località detta Valle Mani sopra la quale, per due vie di cui una passa per i casolari di Cantone (m. 800), in circa tre ore si giunge a S. Salvatore (m. 1300 - alb. pens. Saffratti e cam. arnmob.).
La chiesa di San Salvatore è monumento nazionale, ma poco conserva di antico. È pregevole la pala con l'Ascensione di N. S. Posto sul ciglio di Val del Livrio, San Salvatore è un buon soggiorno climatico, dal quale si possono fare molte escursioni, ad es. le salire al Meriggio e al Campaggio. I ricordi di questa chiesa risalgono al VI sec. e vuolsi sia stata edificata dai primi cristiani bergamaschi, quando nel loro paese dominava ancora il culto pagano, e che vi trasportassero i loro morti. Lo storico Sav. Quadrio ritenne che S. Salvatore, in antico, fosse parrocchia comune di varie terre del Bergamasco e della Valtellina. Qui si mantenne vivo anche il passaggio fra le due regioni. Nell’ossario si conservano stinchi e teschi di straordinario sviluppo, che sembrerebbero appartenenti ad una razza quasi gigantesca. Da San Salvatore penetrando in Valle del Livrio, per prati e boschi, si giunge al Forno, ove un tempo si fondeva il ferro e, passato il fiume, si arriva all’alpe Piana (m. 1465). Il sentiero corre ancora per circa mezz’ora sul fondo della valle, poi risale ripido e tortuoso giungendo ad un laghetto, ove s’incontrano tre sentieri. Quello a est conduce ai laghetti del Publino; quello di mezzo al passo omonimo (m. 2351) discendendo ai Pagliari ed a Carona in Val Brembana; quello a sera in circa mezz’ora giunge all’alpe del Publino (m. 2091), da dove in circa un’ora si sale, con un sentiero ben segnalato e facile, la cima del Corno Stella (m. 2618). Vi si ammira tutta la catena delle Alpi, dal gruppo dell’Ortler al Monviso… le Prealpi, la gran valle del Po sino agli Appennini, e parte di Milano.”


San Salvatore

Le due grandi lapidi dedicate “Da Albosaggia ai suoi caduti” commemorano anche i morti ed i dispersi durante la seconda guerra mondiale; vi si leggono i nomi di Balsarini Luigi, Compagnoni Alfredo Aldo, Paruscio Vero, Piani Remo, Puricelli Francesco, Sciaresa Pierino, Boscacci Mario, Buglio Erminio, Camer Luigi, Campiglio Carlo, Carassali Romero, Carnazzola Leonildo, Casello Basilio, Casello Pietro, Cincera Filippo, Franza Giuseppe, Gaddi Settimio, Gasperi Egidio, Gherardi Dino, Gherardi Fausto, Gherardi Vito, Gianoli Pietro, Lino Egidio, Lino Diego, Mazzucchi Franco, Micheli Serafino, Murada Antonio, Paganoni Abbondio, Paganoni Achille, Paganoni Carlo Umberto, Paganoni Francesco Gius., Paganoni Mario, Paganoni Rinaldo, Paganoni Robusto Carlo, Paindelli Silvio, Parolo Guido, Paruscio Giulietto, Pedruzzi Abbondio, Pedruzzi Lorenzo, Periti Aldo, Pesci Pietro, Piani Ermenegildo, Poratti Ugo, Romeri Giulio Bruno, Romeri Giuseppe, Romeri Lino, Romeri Luigi, Romeri Severino, Rossi Pietro, Rovedatti Augusto, Rovedatti Nemesio, Rovedatti Pietro, Rovedatti Virgilio, Ruttico Abramo, Scieghi Alessandro, Scieghi Giovanni, Silvestri Gino Luigi, Steffanoni Francesco, Tagni Silvio e Tintori Innocente.
Nel secondo dopoguerra la popolazione rimase sostanzialmente costante, con numeri di poco superiori ai 3000 abitanti: 3043 nel 1951, 3150 nel 1961, 3104 nel 1971, 3123 nel 1981, 3074 nel 1991, 3084 nel 2001, per giungere ai 3122 del 2006.


San Salvatore

La seguente tavola, tratta da “Agricoltura e lavoro agricolo in Provincia di Sondrio” di Federico Bocchio (edito dalla Camera di Commercio I. A. di Sondrio nel 1965) offre un quadro interessante della situazione agricola del comune alla metà degli anni Sessanta, riportando le ore annue impegnate nelle diverse attività nei diversi mesi, da gennaio (prima colonna) ma dicembre (ultima colonna; i numeri accanto al nome del comune riguardano rispettivamente la popolazione residente P.R., la popolazione attiva P. att. – fra parentesi la popolazione maschile -, il numero delle aziende con bestiame ed il numero totale di aziende – a destra del comune – ed infine la popolazione agricola P. Agr. – fra parentesi la popolazione maschile -):

Interessanti anche le seguenti tavole, tratta dal medesimo studio:


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Il territorio di Albosaggia si estende per 34,25 kmq, costituiti, in gran parte, dal boscoso ed ampio versante orobico che culmina nel pizzo Meriggio (m. 2346) e che scende al piano solcato da due valloni principali, quello del torrente Torchione, ad ovest, e quello del torrente Marzigogna, ad est.
Il confine occidentale, che separa il territorio di Albosaggia da quello di Caiolo, taglia il versante orientale della Valle del Livrio (che resta, quindi, compresa in gran parte nel territorio di Caiolo), salendo gradualmente al crinale. Appartengono, dunque, ad Albosaggia solamente alcuni importanti maggenghi sul fianco orientale della valle, da S. Antonio (m. 775), sulla soglia che dal versante mediovaltellinese si affaccia alla valle, a Ca’ dei Pesc (m. 1093) ed all’importantissimo ed antichissimo nucleo di San Salvatore (m. 1311), solcato dalla valle della Chiesa e caratterizzato dalla presenza dell’omonima chiesetta che, a detta del Quadrio, è la più antica della valle, risalendo al 557: qui venivano portati, dal versante bergamasco, i morti cristiani. A monte di S. Salvatore, verso nord-est, si collocano, poi, i prati di Bedolessi (m. 1429) e, verso sud-est, della località alla Ca’ (m. 1516). Proseguendo verso sud, sul medesimo versante, si trova la valle della Casera, che scende dalla splendida conca (ad ovest del pizzo Meriggio) che ospita il laghetto della Casera (m. 1920). Approssimativamente alla medesima quota, ma più a sud, si trova l’alpe di Camp Cervè (1954), seguita dalla valle omonima, anch’essa laterale occidentale della Valle del Livrio. Il confine continua a correre verso sud, ma ora rimane sul versante alto del fianco orientale della Valle del Livrio, ad una quota superiore ai 2000 metri. Giunge, così, a lambire il lato orientale del lago di Publino (m. 2111; nei suoi pressi, in territorio di Caiolo, il rifugio omonimo), per poi mutare bruscamente andamento e volgere a nord-est e nord, raggiungendo il crinale orientale della Valle del Livrio e seguendolo fino al pizzo Meriggio.
Tocca, così, le cime dello Scoltador (m. 2562), massima elevazione del territorio comunale, il pizzo Baitelli (m. 2496), le cime Biolche (m. 2456), il pizzo Campaggio (m. 2502) e, appunto, il panoramicissimo pizzo Meriggio (m. 2346). Qui piega verso sud-est e poi est, scendendo al di sotto del crinale occidentale della Val Venina, fino alla quota di circa 1600 metri; riprende, poi l’andamento verso nord, riaffacciandosi al versante orobico mediovaltellinese e passando fra le chiesette di San Giacomo (m. 1097, ad ovest, in territorio di Albosaggia) e S. Bernardo (ad est, in territorio di Faedo). Proseguendo verso sud, passa poco ad est della valle del torrente Orsenigo, fino a toccare il piano, poco ad ovest di Faedo Valtellino.


Lago di Publino

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Per visitare Albosaggia bisogna staccarsi dalla ss. 38 dello Stelvio all’altezza della tangenziale di Sondrio (svincolo per Via Vanoni, il primo, sulla destra, per chi proviene da Milano, l’ultimo, sulla destra, per chi proviene da Tirano). Usciti dalla tangenziale, non ci si dirige verso Sondrio, ma si prende in direzione opposta (Porto di Albosaggia), cioè verso destra, se si proviene da Milano. Attraversato il fiume Adda, si trova subito un bivio: la strada di destra (pedemontana orobica) prosegue ai piedi del monte in direzione di Caiolo, passando per la frazione del Porto, mentre quella di sinistra sale verso la Moia ed il Centro. Se prendiamo a sinistra, troviamo subito un tornante destrorso ed attraversiamo la frazione del Porto. Dopo una successione di tornanti sx e dx, giungiamo ad un bivio: prendendo a sinistra ci portiamo alla frazione Moia, mentre andando a destra proseguiamo per il centro. Se scegliamo questa seconda opzione, dopo pochi tornanti passiamo proprio sotto l’imponente muraglione della chiesa parrocchiale di S. Caterina (m. 480), che domina, come splendido poggio, Sondrio, l’imbocco della Valmalenco e l’intera media Valtellina fino alla piana di Ardenno.


Chiesetta di Sant'Antonio

Poco oltre, siamo al centro, con il municipio (m. 490). Da qui partono due importanti carrozzabili, per i maggenghi dei Campelli (m. 1316) e di S. Salvatore (m. 1311). Per salire ai Campelli dalla piazza del municipio si seguono le indicazioni, imboccando una larga strada che, dopo 10 km, raggiunge gli splendidi prati del maggengo. Da questa strada si stacca, sulla sinistra, segnalata, una stradina asfaltata che traversa verso est, attraversa il solco del torrente Marzigogna e conduce ai prati della secentesca chiesetta di San Giacomo (m. 1086), edificata nel 1648 e consacrata nel 1650. Per salire a S. Salvatore, invece, dal centro di Albosaggia (cioè subito dopo la chiesa di S. Caterina) si deve procedere per un tratto diritti, senza deviare a sinistra per la piazza del municipio, e poi, seguendo le indicazioni, prendere a sinistra. La stradina asfaltata passa per S. Antonio (m. 775, a 2,5 km dal centro), dove si trova una chiesetta recentemente restaurata, e per Cantone (m. 990, a 4,3 km dal centro), terminando, dopo un tratto molto ripido, che mette a dura prova i veicoli (attenzione soprattutto in discesa!) a S. Salvatore (m. 1311, a 5,6 km dal centro).


Centro di Albosaggia

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

Saffratti, Carlo, "Guida del turista a San Salvatore", Milano, Stab. Arti Graf. Galileo, 1902 (ristampa a cura della Biblioteca Comunale di Albosaggia, Sondrio, 1999)

"In memoria del sac. Lodovico Meroni parroco-prevosto di Albosaggia", in "Le vie del bene", Morbegno, giugno 1938

Cavallari, Ugo, "Chiesa di Santa caterina di Albosaggia" (in "Bollettino della Società Storica Valtellinese", Sondrio, 1961)

Sosio Dante, Paganoni Cecilia, "Albosaggia - Appunti di storia e di arte. Vita contadina. Tradizioni e leggende", Sondrio, 1987

Ruttico, Elio, "El bosàc: ricordi ed esperienze di vita vissuta" I e II, Sondrio, Tip. Bettini, 1992 e 1996

Palazzi Trivelli, Francesco, "Le origini della famiglia Paribelli di Albosaggia", in Bollettino della Società Storica Valtellinese, 1997

Paganoni, Cecilia, "Albosaggia e le sue chiese : ricerca e trascrizione di documenti autografi conservati nell'Archivio Parrocchiale di Albosaggia", Parrocchia di Albosaggia, Sondrio, 1998

Palazzi Trivelli, Francesco, "Il jus navigandi sull'Adda e il porto di Albosaggia : l'investitura comunale del 7 marzo 1457", in Bollettino della Società Storica Valtellinese, 1998

Boscacci, Valeria, "La guerra dei Bosàc: dalla guerra d'Etiopia alla Seconda Guerra Mondiale : documenti e testimonianze dei reduci di Albosaggia " Biblioteca Comunale di Albosaggia, Sondrio, Tip. Bettini, 1999

Miotti, Giuseppe, "Il recupero degli alpeggi di San Salvatore", in Notiziario della Banca Popolare di Sondrio, aprile 2000

Boscacci Valeria, Pedruzzi Anna, "La vita sui monti di Albosaggia : raccolta di testimonianze sul modo di vivere e di operare sui maggenghi e sugli alpeggi fino agli anni 60 del '900", Biblioteca comunale di Albosaggia, Sondrio, Ramponi, 2004

Canetta, Eliana e Nemo, “Il versante orobico - Dalla Val Fabiolo alla Val Malgina ”, CDA Vivalda, 2005

Paruscio, Antonio Salvatore e Prandi Franca (a cura di), “Inventario dei toponimi valtellinesi e valchiavennaschi. Territorio comunale di Albosaggia”, Sondrio, Società storica valtellinese, 2010

AA. VV. (a cura di Guido Combi), "Alpi Orobie Valtellinesi, montagne da conoscere", Fondazione Luigi Bombardieri, Bonazzi, Sondrio, 2011

www.comune.albosaggia.so.it

CARTA DEL PAESE sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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