GALLERIA DI IMMAGINI - CARTA DEL PERCORSO - ESCURSIONI A LANZADA


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Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio del Largone-Alpe Largone inferiore e superiore-Alpe Acquanera-Alpe Prabello-Sasso dell'Agnello-Parcheggio del Largone
3 h
480
E
SINTESI. Saliamo in Valmalenco e, superata Lanzada, percorriamo la pista per Campomoro. Dopo Campo Franscia, lasciamo l'automobile presso un tornante sx (cartello che indica l'alpe Largone). Seguiamo la pista sterrata che ci porta all'alpe Largone inferiore e, al termine della pista, la mulattiera che sale all'alpe Largone superiore (m. 2064). proseguiamo sul sentiero segnalato salendo ad intercettare l'ottava tappa dell'Alta Via della Valmalenco: alla nostra destra la spianata dell'alpe Acquanera (m. 2116). Percorriamo l'Alta Via (triangoli gialli) in direzione opposta, verso nord, fino alla piana dell'alpe Prabello (m.2227), dove si trova il rifugio Cristina. Lasciate a destra le baite dell’alpeggio, ci portiamo ad un ponticello ed alla recente pista che proviene dall’alpe Campascio. Dopo un breve tratto incontriamo una coppia di cartelli: quello volto a sinistra (sentiero 348) dà il Sasso dell’Agnello a 40 minuti e Campo Franscia ad un’ora e 40 minuti. Lasciamo la pista, scendendo a sinistra e seguendo un sentiero ben marcato, che attraversa una seconda volta la pista per abbandonarla definitivamente ed iniziare un lungo traverso che ci porta al Sasso dell'Agnello, dove scendiamo alla strada asfaltata che, dopo breve tratto in discesa, ci riporta all'automobile.

Esiste anche una Valmalenco che non ti aspetti. Appartata, solitaria, silenziosa anche nei periodi di massimo afflusso turistico. E bellissima. Si trova, seminascosta, nelle ampie pieghe di roccioni levigati e lariceti che dalla costiera Scalino-Cavaglia digradano fino al fondo della Val Lanterna, a monte di Lanzada. Qui un’escursionista alla ricerca di un’avventura senza troppi brividi può disegnare percorsi diversi e fantasiosi. Quello proposto è forse il più semplice e remunerativo, e porta alla scoperta degli splendidi alpeggi e balconi panoramici che si distendono ai piedi della costiera fra Valmalenco e Val Painale (Val di Togno).
Raggiungiamo dunque Sondrio e saliamo in Valmalenco, portandoci sul lato destro (per noi) della valle all'altezza di Torre di S. Maria. A dieci chilometri da Sondrio raggiungiamo il bivio Chiesa Valmalenco (sinistra) - Lanzada (destra). Prendiamo a destra e, attraversata Lanzada, cominciamo a risalire la val Lanterna, su una strada in molti punti scavata nella roccia, che, dopo circa 5 chilometri e qualche tornante, conduce alla località di Campo Franscia. Da qui parte una strada dell'ENEL (aperta al traffico e interamente asfaltata) procedendo per pochi chilometri, fino a trovare, ad un tornante sinistrorso, un cartello, sul lato destro della strada, che indica “Largone (Comune di Lanzada)”. A destra della strada parte una carrareccia, chiusa al traffico dei mezzi non autorizzati. All’inizio della strada si trova un parcheggio al quale possiamo lasciare l’automobile, per iniziare la salita da una quota di circa 1765 metri.
Alle nostre spalle, dietro Sasso Nero, monte delle Forbici e cime di Musella, occhieggiano brevi sezioni della testata della Valmalenco. Alla loro destra, il poderoso massiccio che culmina nell’arrotondata ed esile cima del Sasso Moro. Davanti a noi, presenza che non ci lascerà per l’intera escursione, il pizzo Scalino, che, pur non essendo la più alta cima della Valmalenco (m. 3323), ne è, per visibilità e profilo, uno dei simboli più noti. La pista, dopo pochi tornanti, porta all’alpe Largone inferiore (largùn, m. 1822), di proprietà della Quadra di San Giovanni Battista di Montagna in Valtellina. Un cartello, che segnala il sentiero con numerazione 350, indica la direzione nella quale prosegue la salita, e dà l’alpe Largone superiore a 40 minuti, l’alpe Acquanera ad un’ora e l’alpe Prabello ad un’ora e 40 minuti. Proseguiamo, dunque, ancora per un tratto sulla pista, finché questa termina e lascia il posto ad una larga mulattiera (qualche segnavia bianco-rosso e rosso-bianco-rosso ci rende ancora più sicuri). Alle nostre spalle domina il massiccio del Sasso Moro, contornato a sinistra dalle cime di Musella ed a destra dal pizzo Palù, che sormonta la vedretta di Fellaria orientale. La mulattiera si snoda, in direzione sud-est, fra larici gentili, che nella stagione autunnale sfoggiamo colori sgargianti. Il pizzo Scalino è sempre là, alto sopra la nostra testa, massiccio ed insieme regolare nelle forme. Superate alcune radure, eccoci al limite dell’ampio alpeggio denominato Largone superiore (quadràda, m. 2064), con baite in pietra a secco, la più grande fra le quali è stata recentemente ristrutturate dai caricatori d’alpe di Montagna in Valtellina. Si tratta, in realtà, della prosecuzione a valle dell’alpeggio di Acquanera (infatti è noto anche come “acquanegra de sut”). Superata la prima baita ed una croce in legno, troviamo, infatti, un cartello che dà l’alpe Acquanera a 20 minuti e l’alpe Prabello, con il rifugio Cristina, ad un’ora. Lo scenario è bellissimo: davanti a noi l’imperturbabile pizzo Scalino, alle nostre spalle, di nuovo, ampi scorci della testata della Valmalenco nascosti da Sasso Nero, monte delle Forbici e Sasso Moro. In particolare, dietro la bocchetta delle Forbici (fra monte delle Forbici e cime di Musella) si affaccia il pizzo Roseg, dietro le cime di Musella si intravedono i pizzi Scerscen e Bernina ed alla destra del Sasso Moro si vedono la cima dei Sassi Rossi ed il pizzo Palù. Il lago di Mufulè se ne sta, ben nascosto, da qualche parte, nella direzione del pizzo Scalino.


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Ora dobbiamo proseguire sul sentiero segnalato, che sale all’alpe Acquanera per poi piegare a sinistra e condurre all’alpe Prabello. Il sentiero sale deciso in direzione sud e poi sud-sud-est, fino ad intercettare l'ottava tappa dell'Alta Via della Valmalenco, che effettua la traversata dal rifugio Cristina all'alpe Prabello a Caspoggio. Percorrendo verso destra l'Alta Via siamo subito alla splendida spianata dell'alpe Acquanera (acquanégra, m. 2116), che si distende sotto il monte omonimo (m. 2806), rallegrata nel periodo estivo dallo scampanio delle mucche. Se ci fermiamo qui per gettare uno sguardo alle nostre spalle, potremo ammirare, in una giornata limpida, l'intera testata della Valmalenco.


L'alpe Acquanera - Foto di Anna Quadrio Curzio (per gentile concessione)

L'alpeggio, che appartiene storicamente alla Quadra di S. Giovanni Battista di Montagna in Valtellina. Il suo nome si deve al fatto che i piccoli corsi d'acqua che la attraversano assumono un colore scuro per dovuto al terreno di torbiera. Infatti nella prima parte del secolo scorso, fino al 1945, veniva estratta una grande quantità di torba che, essiccata, veniva usata nelle calchere, cioè nei forni dove veniva cotta la calce. Dal Settecento al secolo scorso in questa zona veniva estratto anche amianto. Il grande naturalista prof. Nangeroni negli anni venti del secolo XX notò la presenza nel terreno torboso di molti tronchi di larice e pino gembro, ad un quota superiore rispetto al limite alto del lariceto. L'unica spiegazione di ciò era che in passato vi fossero state una o più fasi climatiche caratterizzate da temperature medie più elevate rispetto a quelle del Novecento, ed in effetti una di queste probabilmente interessò il tardo Medio-Evo.


L'alpe Acquanera - Foto di Anna Quadrio Curzio (per gentile concessione)

Ora seguiamo il percorso dell'Alta Via in senso conrario, cioè procedendo verso nord est. Tagliato il dosso che scende dal monte Acquanera, ci portiamo ad una valletta supeata la quale il sentiero, sempre segnalato dai triangoli gialli, volge legermente a sinistra (direzione nord) e serpeggia fra le rocce montonate (attenzione a seguire i segnavia), fino alla porta che ci introduce alla splendida spianata dell’alpe Prabello (prabèl, m. 2227). Qui ci accoglie la chiesetta dedicata a Maria Santissima Regina della Pace, per ringraziarla della fine della Grande Guerra (1919). Promotore della sua edificazione fu don Giovanni Gatti ed i materiali che si resero necessari furono portati direttamente a spalla da Caspoggio (che dista 15 km), superando un dislivello ragguardevole (da 1098 a 2287 metri). Altri tempi.  Alla sua destra riconosciamo il rifugio Cristina (la cristìna, costruita nel 1922 da Ersilio Bricalli di Caspoggio e dedicata alla moglie), che sembra appollaiato quasi a ridosso delle falde del gigante, il pizzo Scalino, che qui più che mai appare come il signore della zona. Non riesce difficile immaginare come possano essere nate le leggende che lo vogliono abitato da antichissimi cavalieri e dame. Nelle notti chiare di luna il tempo antico ritorna, ritornano le disfide, i duelli, le cavalcate nel cielo che contorna la sua enigmatica cima. Il panorama che si gode dall’alpeggio è splendido: appare ora, a sud-ovest, anche l’inconfondibile profilo del monte Disgrazia.
Inizia da qui il ritorno all’automobile. Lasciando alla nostra destra le baite ben curate dell’alpeggio, portiamoci ad un ponticello ed alla recente pista che proviene dall’alpe Campascio. Dopo un breve tratto incontriamo una coppia di cartelli: quello volto a sinistra (sentiero 348) dà il Sasso dell’Agnello a 40 minuti e Campo Franscia ad un’ora e 40 minuti. Lasciamo la pista, scendendo a sinistra e seguendo un sentiero ben marcato, che attraversa una seconda volta la pista per abbandonarla definitivamente ed iniziare un lungo traverso. Non possiamo sbagliare: il sentiero è sempre molto marcato ed abbondano i segnavia bianco-rossi. Nella discesa passiamo a ridosso di alcuni roccioni strapiombanti che incombono sulla nostra testa a destra del sentiero. Alternando tratti all’aperto a tratti nel bosco, raggiungiamo un bivio: i cartelli indicano che prendendo a sinistra (sentiero 349) torniamo al lago del Mufulè (30 minuti) ed all’alpe Largone superiore (un’ora), mentre proseguendo diritti (sentiero 348) scendiamo in 10 minuti alla località Sasso dell’Agnello. Seguiamo questa seconda direttrice: in breve siamo ad una coppia di baracche, dove ci sorprende uno spettacolo surreale: una carriola sospesa a diversi metri di altezza, con una testa di capra che sporge. Superato l’iniziale stupore, scopriamo, dall’immobilità della testa, che dev’essere imbalsamata. Poco sotto, eccoci alla strada asfaltata per Campomoro. Scendiamo verso sinistra e, dopo pochi tornanti, siamo, infine, al parcheggio dove abbiamo lasciato l’automobile circa 3 ore prima (il dislivello in altezza superato è di circa 530 metri).


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CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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