CARTA DEL PERCORSO - ANELLO FRANSCIA-MUSELLA - ALTRE ESCURSIONI A LANZADA - GALLERIA DI IMMAGINI

CAMPO FRANSCIA: LA STORIA E LA NATURA


Campo Franscia

La località di Campo Franscia (o, più correttamente e semplicemente, Franscia) si trova alla confluenza dei torrenti Scerscen e Cormor, i due rami, rispettivamente occidentale ed orientale, che si incontrano formando il torrente Lanterna, a sua volta il maggiore tributario del Mallero. Si tratta di una delle più note ed amene località della Val Lanterna. La “Guida alla Valtellina“ (II edizione, 1884, a cura di Fabio Besta, edita dal CAI di Sondrio) dedica ad essa le seguenti noti lusinghiere: “Da Lanzada (1050 m.) raggiunte in breve le falde del monte ad oriente si sale la ripidissima pendice fino al maggengo di Franscia (1600 m.) lungo un sentiero che si sviluppa in infiniti e ripidi risvolti.
È un luogo singolare questo di Franscia e lascia nel visitatore la più viva impressione. Un’ampia distesa di prati di un bel verde alpino formano il fondo ameno di un quadro di severa grandezza. A settentrione si elevano scoscese rupi nere, le quali si aprono in un profondo spaccato per lasciar libero il varco alla Lanterna, che con corso rapido e tormentato porta al Mallero l’onda raccolta dal ghiacciaio di Scerscen. A mezzodì chiudono l’insenatura altre rupi in buona parte infrante per l’estrazione dell’amianto. Una di queste venne traforata da parte a parte con un’ampia galleria.
Al di là di esse il monte scende a precipizio nella Val Brutta, orrida valle che ha avuto nome appropriato. Sul versante di Val Brutta, oltre a nuove cave d’amianto, ve ne hanno due di pietra ollare: una antica, abbandonata, l’altra attiva e che può visitarsi da quelli a cui non ripugna lo scendere in profonda e umida caverna. Da Franscia si può salire a Campo Lungo, ricca alpe, e di là per un facile colle scendere al lago Palù e quindi alla Chiesa
”.


La conca di Franscia dominata dal Sasso Moro

Dopo quasi un secolo e mezzo molte cose sono cambiate. Oggi si sale facilmente da Lanzada a Campo Franscia per la comoda strada e l’amianto non viene più estratto. Ma resta intatta la meraviglia che ci coglie quando, superata l’ultima lunga galleria sulla strada arditamente intagliata fra i tetri roccioni della Val Lanterna, usciamo alla luminosa ed ampia conca di Campo Franscia. È come ritrovare il sorriso dopo un momento di profonda malinconia.
Fa sorridere anche la genesi del nome attuale, che non è corretto. Infatti da sempre il villaggio è stato chiamato semplicemente Franscia. L’aggiunta di “Campo-“ si deve ad una situazione curiosa: la Guardia di Finanza progettò di costruire a Campomoro una caserma; il progetto, però, mutò e la scelta cadde su Franscia, ma nei documenti, già pronti, venne cancellato solo –moro, sostituito con –franscia; così nacque il toponimo “Campofranscia”. Il nome corretto dovrebbe dunque essere semplicemente "Franscia" e la sua genesi più probabile è da "fratta", che significa argine o terrapieno per contenere le acque di un torrente.


La Conca di Franscia ed il monte Spondascia

Un rapido viaggio nel tempo ci aiuta ad approfondire la conoscenza di questo luogo, vero baricentro delle terre alte di Lanzada. La splendida conca deve la sua origine all'immane potenza erosiva delle due lingue glaciali che fino al tardo quaternario, cioè fino a 15.000 anni fa, scendevano dal bacino di Scerscen, ad ovest, e da quello di Fellaria-Scalino, ad est. Le rocce di serpentino (serpentinite o serpentina, roccia metamorfica derivata dalla trasformazione della peridotite, proveniente dal mantello terrestre) ne furono levigate e modellate, assumendo quelle forme caratteristiche che conferiscono ai versanti circostanti l'aspetto così suggestivo. Il loro colore originario è verde ma, per la presenza di ossidi di ferro, in superficie subiscono alterazioni assumendo il caratteristico color rosso ruggine.
Con un repentino balzo in avanti sulla linea del tempo scopriamo che di qui passavano già in età romana merci e mercanti. Può sembrare singolare individuare in un luogo così decentrato una via commerciale, ma la scoperta di una moneta romana al passo di Canciano lo prova irrefutabilmente. E per salire dalla Valmalenco al passo di Canciano si deve passare per Frascia. La via commerciale proseguiva poi in Valle di Poschiavo portandosi all'importante valico del Bernina.


Franscia

Nei secoli successivi, dopo il collasso dell'impero romano, i commerci si contrassero, ma non scomparvero. Il villaggio di Franscia legava però la sua economia anche e soprattutto alla pastorizia ed alle attività estrattive di serpentino, pietra ollare, talco ed amianto. Di qui passavano dunque bestiame, fieno, prodotti caseari e minerali. Dalle minieri aperte più in alto, nel Vallone di Scerscen, le donne scendevano portando fin qui carici di minerale pesanti fino a 50 kg. Lungo il torrente, poi, numerosi mulini azionavano i torni per la lavorazione della pietra ollare e la produzione dei famosi lavecc', uno dei più caratteristici prodotti della Valmalenco.
Verso la fine dell'ottocento sembrava essere l'amianto il più promettente business di questo angolo di Valmalenco, tanto da attrarre imprenditori inglesi della londinese United Asbestos Company Limited (che subentrò alla società Di Baviera-Del Carona costituita nel 1867) ed ingegneri francesi. Siccome il termine "Franscia" significa, in dialetto, "Francia" molti lo ricondussero appunto alla presenza di Francesi. In realtà il termine era già in uso nei secoli precedenti.


Campo Franscia

Venendo ad anni molto più recenti, nel 1950 ci fu una radicale svolta. Venne dapprima elaborato il progetto di usare la conca per costruire una diga e quindi sommergerla sotto un profondo lago. Poi però venne scelta per il progetto la più alta località di Campomoro. Sempre nel 1950 venne costruita la strada Lanzada-Campo Franscia-Campomoro dalla società idroelettrica Vizzola (che poi divenne ENEL), per la costruzione degli invasi di Campomoro e Gera. Essa ha favorito la trasformazione della località da villaggio di pastori e minatori a località turistica molto frequentata ed apprezzata.
Il ripiano più basso è posto ad una quota di 1550 metri ed è contornato da dossi e declivi sui quali sono distribuiti piccoli nuclei di baite. Si tratta di baite che ben rappresentano i moduli costruttivi tipici della valle, con uso misto di muratura (basamento ed angoli) e legno (chiusura delle pareti). Di solito di trovano affiancate lungo un medesimo muro l'abitazione (ca') e la stalla-fienile (masùn).


Le cime di Musella viste dai dossi di Franscia

Fino al 1960 a Franscia era attiva anche una caserma della Guardia di Finanza, perché l’attività dei contrabbandieri dalla Val Lanterna alla Valle di Poschiavo fu per diversi decenni, nel secolo scorso, un’importante integrazione della magra economia della valle.
La chiesetta di Santa Barbara, posta in posizione più alta, a sinistra della strada che dal parcheggio di Franscia sale alle case dei dossi di Franscia venne costruita nel 1940 ed è il riferimento devozionale degli abitanti di Campo Franscia. La scelta della santa non è certo a caso: si tratta della patrona dei minatori. Dalla chiesetta si gode di un ottimo colpo d'occhio sul pizzo Scalino, che svetta ad est, sul monte Spondascia, alla sua sinistra, sul massiccio Sasso Nero ed infine, a nord, sulle occhieggianti cime di Musella.


Il pizzo Scalino visto dai Dossi di Franscia

Vicino a Campo Franscia, infine, è stato allestito l'Ecomuseo della Bagnada, in corrispondenza del giacimento di talco della Bagnada, scoperto verso la fine degli anni ’20 del secolo scorso dalla Società Anonima cave di Amianto (in seguito Mineraria Valtellinese) dell’Ing. Grazzani di Milano, e sfruttato fino al 1987.


Il pizzo Scalino visto dai Dossi di Franscia

L'ANELLO FRANSCIA-MUSELLA

Cime di Musella

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Campo Franscia-Alpe Musella-Alpe Campascio-Campo Franscia
2 h
570
E
SINTESI. Saliamo in Valmalenco e, superata Lanzada, ci portiamo a Campo Franscia, dove ci stacchiamo verso sinistra dalla strada per Campomoro e ci portiamo a parcheggiare al secondo ponte, sullo Scerscen. Appena prima dell'imbocco del ponte troviamo la mulattiera che sale all'alpe Foppa (m, 1825). Pieghiamo a sinistra, seguiamo il bordo dell'alpe poi pieghiamo a destra e riprendiamo a salire fino ad intercettare la pista Campomoro-Campascio. La seguiamo per breve tratto verso destra, in salita, fino a trovare sulla sinistra il sentiero segnalato per l'alpe Musella. Dopo un tratto in salita ed uno quasi in piano, usciamo alla piana dell'alpe Musella (m. 2020), dove troviamo i rifugi di Mitta e Musella. Superato il rifugio Mitta, troviamo il sentiero che scende fra i larici, passando accanto al rifugio Musella, e porta all'alpe Campascio (m. 1850), Traversata la piana, sul limute meridionale prendiamo decisamente a sinistra, raggiungendo il punto più basso di un corridoio in salita con il terreno leggermente smosso. Alla sua sommità troviamo la già citata pista sterrata che proviene da Campomoro, che percorriamo dapprima in discesa, poi in salita, la pista, fino a tornare al punto cui giunge, da destra, la mulattiera che sale dall’alpe Foppa. Ridiscesi all'alpe Foppa, non proseguiamo per la medesima via di salita, ma andiamo a destra, fino al suo limite occidentale, dove troviamo, aiutati dai triangoli gialli, un sentierino che si dipana fra alcuni grandi massi e comincia a scendere verso ovest-sud-ovest, con un andamento in diversi punti piuttosto ripido. La traccia è incerta, per cui non dobbiamo perdere il riferimento dei segnavia. Il sentierino intercetta infine la mulattiera di salita, appena sopra la sua partenza. VARIANTE DI DISCESA: attraversata la piana dell'alpe Campascio, non pieghiamo a sinistra, ma seguendo le indicazioni (triangoli gialli dell'Alta Via dellaValmalenco), pieghiamo leggermente a destra, fino ad un ponte di legno sul torrente Scerscen. Sul lato opposto del ponte troviamo la larga e comoda mulattiera che, con andamento sostanzialmente pianeggiante, attraversa uno splendido bosco di larici e confluisce nella pista sterrata che scende dal passo di Campolungo. La pista passa vicino al Dosso dei Vetti (dus di vét) e si conclude, poco sotto, in prossimità dell’ex-rifugio Scerscen (m. 1813). Alla pista si sostituisce una larga mulattiera, che scende fino alle case alte di Campo Franscia, dalle quali, percorrendo la strada asfaltata, torniamo all’automobile.


Apri qui una fotomappa del versante orientale del Monte Motta

Fra le molteplici escursioni che hanno come base Franscia l’anello Franscia-Musella è forse il più interessante, e si presta ad essere percorso non solo da escursionisti, ma anche da appassionati della mountain-bike.
Punto di partenza è la località di Campo Franscia, che si raggiunge salendo in Valmalenco, passando ad est di Chiesa Valmalenco (sgésa, a 15,5 km da Sondrio), oltrepassando Lanzada, le sue contrade Ganda, Vetto e Tornadri e seguendo le indicazioni per Franscia. Una strada asfaltata risale il fianco sinistro (occidentale) della Val Lanterna, il grande ramo orientale nel quale la Valmalenco si divide sopra Chiesa. La strada taglia l’aspro fianco roccioso della valle, anche grazie ad ardite gallerie che non mancano di impressionare chi vi transiti per la prima volta. Prima dell’ultima galleria, ci troviamo sul lato sinistro della stretta val Brutta, in uno scenario che non corrisponde esattamente al nome, ma certamente non presenta un particolare fascino. Vediamo, qui, infatti, il cuore della montagna messo a nudo dalle cave estrattive di serpentino, pietra ollare e talco. Non vediamo più, invece, i mulini che, sul greto del torrente, facevano muovere i torni utilizzati per la lavorazione dei “lavecc”, i tradizionali recipienti in pietra ollare.
L’ultima galleria, infine, ci introduce all’ampia ed amena conca nella quale è adagiata Campo Franscia, o, con antico nome, Carale (a m. 1521 e ad 8 km da Chiesa Valmalenco). Qui si incontrano le due valli nelle quali la Val Lanterna, nella sua parte alta, si divide, vale a dire, ad est (destra) la valle di Campomoro, dalla quale scende il torrente Lanterna, o Cormor, e, ad ovest (sinistra) la valle di Scerscen, dalla quale scende il torrente omonimo. L’importanza del villaggio era legata alle attività commerciali, di allevamento e di estrazione mineraria (qui si trovava il cuore del sistema delle miniere di amianto, aperte verso la fine dell’Ottocento per iniziativa di imprenditori inglesi). Per questo nodo passavano tutte le mulattiere che si diramavano poi, nell’alta Valmalenco orientale, in direzione, verso nord-est, dei passi per la Valle di Poschiavo (già valicati in epoca romana, come testimonia il ritrovamento di una moneta romana al passo di Canciano) e, verso nord, dello splendido gruppo del Bernina, dove si trova l’omonimo pizzo, il “quattromila” più orientale della catena alpina: questo spiega anche la presenza, in passato, di una caserma della guardia di Finanza. In epoca più recente, la costruzione di due grandi sbarramenti idroelettrici, le dighe di Gera e Campomoro (dighe de la Gère e dighe de Cammòor), nell’omonima valle, hanno determinato un elemento di accelerazione nello sviluppo della zona, facendo della località una sede di villeggiatura estiva ed invernale.
Da qui parte l’anello. Raccontiamo innanzitutto le possibilità escursionistiche. All’uscita della galleria, troviamo subito, alla nostra sinistra, l’albergo-ristorante Fior di Roccia: lasciamo qui la strada principale, che prosegue, interamente asfaltata, fino alla diga di Campomoro, prendendo a sinistra ed attraversando il suo parcheggio, fino a raggiungere un primo ponte, quello sul torrente Cormor. Poco più avanti, troviamo un secondo ponte, sul torrente Scerscen. Qui dobbiamo lasciare l’automobile e cominciare a salire, da una quota approssimativa di 1500 metri.
La mulattiera, che costituisce l’antica via di accesso ai rifugi alti Carate Brianza e Marinelli, parte appena prima dell’imbocco del ponte, e sale, con un primo tratto ripido, in direzione nord-nord-est, allontanandosi gradualmente dalle gole dello Scerscen. Il suo fondo è ampio e piacevole da percorrere. Il tracciato, piegando gradualmente in direzione nord-est, si snoda ai piedi di massicci roccioni strapiombanti, la cui mole incombente, sulla sinistra, è resa più cupa dalla coloritura nerastra che talora assumono: sembrano lì lì per porre termine a quell’innaturale sospensione e precipitare, seppellendolo, sull’inerme escursionista che ne viola i recessi. Sotto uno di questi roccioni troviamo anche una cappelletta, che sembra posta proprio per scongiurare il pericolo di questa ecatombe. La loro inquietante presenza è però temperata da uno splendido bosco di larici che accompagna, con la sua gentile ombra ed il canto degli uccelli, la fatica della salita.


L'alpe Campascio

A quota 1770 circa il sentiero piega leggermene a sinistra, assumendo un andamento verso nord e raggiungendo il limite orientale della nascosta conca erbosa dell’alpe Foppa (fópo, m. 1825). Qui, volgendo ancora a sinistra, attraversa, su un ponticello, un piccolo corso d’acqua, corre per un breve tratto verso ovest, lungo il limite settentrionale dell’alpe, per poi piegare a destra e riprendere a salire in direzione nord-est. Dopo un breve tratto in salita, la mulattiera intercetta, a quota 1900 circa, una pista sterrata che proviene, da destra, dalla diga di Campomoro e prosegue, verso sinistra, fino all’alpe Campascio (campàasc).
Seguiamo per un breve tratto la pista, che sale, verso destra, fino a trovare, sulla nostra sinistra (cioè a monte), la ripresa della mulattiera, con segnalazione per l’alpe Musella. Imbocchiamo la mulattiera che sale in un bosco di larici, guadagnando quota 2000 metri, in corrispondenza di un roccione levigato e panoramico. Poi il tracciato assume un andamento pianeggiante, attraversando una splendida radura, attraversata da un piccolo corso d’acqua. Oltre le cime dei larici, appaiono le eleganti cime di Musella (m. 2990, 3079, 3094; alla loro destra, la cima di Caspoggio, m. 3136; queste vette sono chiamate, però, localmente, nel loro complesso, “sas di fòrbes”), separate, dalla bocchetta delle Forbici (buchèl di fòrbes), dalla massiccia mole del monte delle Forbici (m. 2908; la denominazione è però erronea; viene chiamato localmente "bar óolt", perché le sue pendici nord-occidentali erano utilizzate per il pascolo di capre e pecore), che si erge imponente alla loro sinistra: il tutto compone un quadretto alpino degno di ispirare il più valente dei pittori.


L'alpe Campascio

Siamo ormai vicini alla meta: dopo un ultimo tratto, infatti, usciamo dal bosco e ci ritroviamo sul limite orientale dell’ampio pianoro dell’alpe Musella, a quota 2020 metri. Sul significato del nome, gli studiosi non sono concordi: secondo alcuni deriverebbe da una voce pre-latina, che significa “mucchi di pietre”, mentre secondo altri deriverebbe dalla voce medio-latina “musus”, che significa “sporgenza”, o, ancora, dalla voce lombarda “mosa”, che significa “pantano”. Sulla bellezza del luogo, invece, non c’è disaccordo: chiunque si trovi a passare di qui non può che rimanere stupito dall’armonia dello scenario.
L'alpeggio è uno dei più caratteristici della Valmalenco. Ecco come descrive gli alpeggi di Valmalenco Dario Benetti, nell’articolo “I pascoli e gli insediamenti d’alta quota” in “Sondrio e il suo territorio” (IntesaBci, 2001): “Gli alpeggi della Valmalenco hanno una morfologia a nucleo. Ogni famiglia aveva la propria baita. Non si spostava tutta la famiglia. Di solito andava il capofamiglia con due o tre insieme e gli altri rimanevano a lavorare i campi. Gli altri che rimanevano a casa, una volta alla settimana, andavano a portargli la roba, tutto a spalla, naturalmente, e portavano indietro il burro per venderlo e comprare farina. In alcuni casi la lavorazione del latte era effettuata in gruppi di tre o quattro famiglie che si impegnavano a turno. La produzione principale, più che il formaggio, era il burro, venduto al mercato di Sondrio (alpeggi di Lanzada) o in valle di Poschiavo in Svizzera (alpeggi di Torre). Tra gli alpeggi a nucleo più interessanti sono da considerare i due nuclei dell’alpe Arcoglio in comune di Torre, l’alpe Gembré (in pietra), Campaccio, Prabello, Brusada e l’alpe Musella in comune di Lanzada; in questi ultimi sono ancora presenti alcuni esempi antichi di edifici in legno con struttura a blockbau. Parte dei maggenghi (chiamati anche Barchi) era di proprietà comunale. Alcuni alpeggi (Gembré, Fellaria, Val Poschavina) sono a elevata altitudine e venivano utilizzati, al massimo, per un mese. In alcune alpi si falciava qualche piccolo appezzamento di prato (Pradaccio e Giumellino a Chiesa, Acquabianca, Canale, Palù a Torre) da utilizzare nelle stagioni peggiori unitamente al fieno selvatico raccolto sui versanti più alti delle creste montane”.


L'alpe Campascio

L’ampio pianoro di Musella sale, attraverso progressive balze, fino alla dorsale che separa il circo terminale dell’ampio vallone dall’ampio terrazzo della bocchetta di Caspoggio, che chiude ad est l’alta Valle di Scerscen. La dorsale è scandita, da ovest (cioè da sinistra), dalle tre cime di Musella, occidentale (m. 3079, conquistata per la prima volta nel 1881 da R. Aureggi, G. B. Confortola e B. Pedranzini), centrale (m. 3025) ed orientale (m. 3094), il torrione Brasile (nome singolare, legato al fatto che la prima ascensione, nel 1913, venne effettuata da un alpinista brasiliano, E. Marsicano) e la cima di Caspoggio (m. 3136). Una costiera molto bella, che ha l’unico torto di nascondere alla vista le più alte cime della testata della Valmalenco. La parte orientale di tale costiera è seminascosta dalla mole massiccia e tozza del Sasso Moro (m. 3108). Poco sotto la bocchetta delle Forbici (m. 2661), ben visibile, a sinistra delle cime di Musella, si distingue il rifugio Carate Brianza (la caràte, m. 2636), sul sentiero che porta al rifugio Marinelli. Visto da qui, sembra a mezzora o poco più di cammino, mentre in realtà è necessaria almeno un’ora e mezza per raggiungerlo.


L'alpe Campascio

Percorriamo, ora, un tratto del limite meridionale dell’alpe, fino a raggiungere il primo dei due rifugi che vi si trovano, il rifugio Mitta (erroneamente su alcune carte è segnato invece il rifugio Musella), a 2018 metri. Poco sotto, troviamo il rifugio Musella, a 2000 metri. L’alpe costituisce un crocevia di itinerari escursionistici: si intersecano un asse est-ovest ed uno sud-nord. Il primo asse proviene da Campomoro e prosegue verso il vallone di Scerscen, sfruttando un sentiero che parte nei pressi della baita posta nel vertice di sud-ovest dell’alpe. Seguendo il sentiero fino alla fine, grazie ai segnavia dell’alta via della Valmalenco (si tratta, infatti, di una variante della V tappa), saliamo al rifugio Marinelli per il vallone di Scerscen. Per l’asse sud-nord, invece, passa il percorso classico della V tappa dell’alta via della Valmalenco, dal rifugio Palù al rifugio Marinelli, che sfrutta la mulattiera che sale all’alpe Musella dall’alpe Campascio (campàasc) e prosegue per la bocchetta delle Forbici, affrontando i sette dossi conosciuti, per la fatica che richiedono, come “sette sospiri”.
Per chiudere l’anello dobbiamo, ora, scendere all’alpe Campascio (campàasc, m. 1850), utilizzando il largo sentiero che parte nei pressi del rifugio Musella, sul limite di un bel bosco di larici, e scende, ripido, fino al limite nord-orientale dell’alpe, presso una baita isolata. L’ampia piana dell’alpe è occupata, ad est, cioè alla nostra sinistra, dai prati, e ad ovest da una ganda di detriti lasciati dalle piene del torrente Scerscen.
Abbiamo, ora, due possibilità per tornare a Campo Franscia. La più breve passa per le gole del torrente Scerscen, mentre la più lunga passa per il Dosso dei Vetti (dus di vét). Cominciamo dalla prima. Raggiunto il limite meridionale della piana, prendiamo decisamente a sinistra, raggiungendo il punto più basso di un corridoio in salita con il terreno leggermente smosso. Salendo fino alla sommità del corridoio, ci troviamo sulla pista sterrata che proviene da Campomoro, e di cui già abbiamo percorso un tratto salendo dall’alpe Foppa (fópo) verso l’alpe Musella. Percorriamo, dapprima in discesa, poi in salita, la pista, fino a tornare al punto cui giunge, da destra, la mulattiera che sale dall’alpe Foppa (fópo).
Scendiamo, ora, all’alpe Foppa (fópo), ripercorrendo in parte il percorso già effettuato, Raggiunta l’alpe, prendiamo, però, a destra, fino al suo limite occidentale, dove troviamo, aiutati dai triangoli gialli, un sentierino che si dipana fra alcuni grandi massi e comincia a scendere verso ovest-sud-ovest, con un andamento in diversi punti piuttosto ripido. La traccia è incerta, per cui non dobbiamo perdere il riferimento dei segnavia.
Il primo tratto della discesa si mantiene a destra di un vallone secondario: poi, raggiunta una sorta di porta nella roccia, pieghiamo decisamente a destra, assumendo la direzione sud-est. Alla nostra sinistra incombe un minaccioso fronte di roccioni strapiombanti, mentre a destra intravediamo la profonda e scura forra che il torrente Scerscen si è scavato nel suo corso impetuoso. Si tratta delle gole dello Scerscen, profonde e selvagge, che raggiungono in alcuni punti l’altezza di cento metri. In alcuni punti ne possiamo scorgere uno spaccato impressionante. Proseguendo nella medesima direzione e piegando, alla fine, leggermente a destra, il sentierino ci porta ad una fascia di rocce levigate, discese le quali intercettiamo la mulattiera Franscia-Musella, già percorsa in salita, poco sopra il punto di partenza. Abbiamo percorso, nella discesa dall’alpe Foppa (fópo), il sentiero di interesse naturalistico segnalato con la lettera D, che troviamo segnata su alcuni massi. Alla fine, dopo circa 2 ore ed un quarto di cammino (necessario per superare 510 metri di dislivello in salita), ci ritroviamo al punto nel quale abbiamo lasciato l’automobile.
Dall’alpe Campascio (campàasc), possiamo tornare a Campo Franscia anche per una diversa e più lunga via, che ricalca, per un buon tratto, il percorso della V tappa dell’alta via della Valmalenco.


L'alpe Campascio

Dobbiamo, in questo caso, raggiungere il limite meridionale dell’alpe Campascio (campàasc) e, seguendo le indicazioni, piegare leggermente a destra, fino ad un ponte di legno sul torrente Scerscen. Sul lato opposto del ponte troviamo la larga e comoda mulattiera che, con andamento sostanzialmente pianeggiante, attraversa uno splendido bosco di larici e confluisce nella pista sterrata che scende dal passo di Campolungo. Qui confluisce anche, come indica un cartello, da destra il sentiero che scende dal bocchel del Torno (buchèl di tórn, o tùrn), e che costituisce la prosecuzione della V tappa per chi, sceso dalla Marinelli, prosegua verso il rifugio Palù.
Noi, invece, dobbiamo scendere sulla pista, che passa vicino al Dosso dei Vetti (dus di vét) e si conclude, poco sotto, in prossimità dell’ex-rifugio Scerscen (m. 1813). Alla pista si sostituisce una larga mulattiera, che scende fino alle case alte di Campo Franscia, dalle quali, percorrendo la strada asfaltata, torniamo all’automobile, dopo circa 3 ore di cammino (il dislivello, invece, rimane di circa 510 metri).
Ecco, infine, come si può effettuare l’anello di mountain-bike. Partendo da Campo Franscia, sfruttiamo, nella salita, la strada asfaltata per Campomoro, che passa per l’alpe Largone (o Argone, probabilmente dal termine ligure “arg”, che significa “bianco”) inferiore e la località Sasso dell’Agnello, raggiungendo la diga di Campomoro, a 1943 metri, dopo 9 km. La strada è estremamente panoramica: in alcuni tratti la visuale sul monte Disgrazia (m. 3678) è davvero splendida. Ottimi sono anche alcuni scorci sulla Val Lanterna, che dominiamo con lo sguardo, e sul suo fianco occidentale, sulla cui parte alta si individuano facilmente l’alpe ed il passo di Campolungo (m. 2167).
Raggiunta la località Campomoro, dove si trova il rifugio omonimo, stacchiamoci dalla strada, sulla sinistra, proprio nei pressi del rifugio, per scendere lungo una pista sterrata, che taglia il fianco roccioso del gradino glaciale che sostiene la piana dell’invaso. La pista confluisce in una seconda pista, che scende dallo spiazzo ai piedi del limite occidentale del muraglione della diga. Prendiamo, ora, a sinistra, scendendo per un tratto, per poi salire fino ad intercettare la mulattiera Franscia-Foppa-Musella.
Ora possiamo scegliere se salire all’alpe Musella, oppure tagliarla fuori. Nel primo caso, dobbiamo scendere di sella per un buon tratto, seguendo il percorso già descritto, per poi risalire in sella nella seconda parte del percorso che ci porta all’alpe Musella. La discesa Musella-Campascio, sul sentiero già descritto, è ciclabile, anche se richiede attenzione. Nel secondo caso, proseguiamo sulla pista, che torna a scendere, per poi proporre un nuovo tratto in salita, fino all’ultima discesa che conduce al limite sud-orientale dell’alpe Campascio (campàasc). Dall’alpe Campascio (campàasc) raggiungiamo il ponte sullo Scerscen e percorriamo la mulattiera che confluisce nella pista che scende dal passo di Campolungo, per poi seguirla fino all’ex-rifugio Scerscen. Fin qui possiamo rimanere in sella, ma nell’ultima parte della discesa fino alle case alte di Campo Franscia ci tocca scendere, perché il fondo è molto irregolare.
L’anello si chiude, così, dopo circa due ore. Il dislivello in salita è di circa di 570 metri.


L'alpe Campascio

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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