Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Prati della Costa- Alpe Entova-Alpe Sasso Nero-Rifugio Palù-Prati della Costa
4-5 h
700
E
SINTESI. Da Chiesa Valmalenco saliamo a San Giuseppe. Qui lasciamo la strada per Chiareggio e saliamo a destra, passando per il rifugio sasso Nero e proseguendo per i Barchi. Al secondo tornante dx, troviamo una pista che si stacca dalla strada sulla sinistra. La possiamo percorrere fino al parcheggio dei Prati della Costa. Ci incamminiamo sulla pista sterrata raggiungendo l'alpe di Entova (m. 1929). Qui lasciamo la pista per salire a sinistra delle baite, fino ad un cartello. Seguendo le indicazioni per l'alpe Sasso Nero prendiamo il sentiero di destra (332). Poco sopra, ad un secondo bivio stiamo a destra, superiamo su un ponticello il torrente Entovasco e risaliamo il versante montuoso fino ad intercettare la traccia della IV tappa dell'Alta Via della Valmalenco (tringoli gialli). Procedendo a destra, in breve siamo all'alpe Sasso Nero (m. 2304). Proseguendo sull'Alta Via, superiamo un vallone e ci affacciamo alla conce del lago Palù, alla quale scendiamo rapidamente in un bosco di pini mighi. Il sentiero porta all'alpe Roggione, dalla quale, prendendo a destra, scendiamo al rifugio lago Palù (m. 1947). Qui parte una pista che scende al rifugio Barchi, in località omonima. Dai Barchi parte la strada asfaltata che scende fino al punto nel quale sulla destra si stacca la pista per i Prati della Costa, seguendo la quale torniamo all'automobile.

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Alpe Sasso Nero

La tarda primavera e l'autunno esaltano la bellezza e la godibilità delle numerose passeggiate fra gli alpeggi meno noti dell'alta Valmalenco. Fra queste una delle più suggestive ha come meta l'alpeggio del Sasso Nero, ormai abbandonato, che si stende su un ripiano alle falde meridionali del Sasso Nero. Si tratta di un'escursione di medio impegno, che non comporta difficoltà, ma richiede un discreto allenamento.
Vediamo come procedere. Raggiunta Chiesa in Valmalenco, proseguiamo alla volta di San Giuseppe (m. 1433), dove lasciamo la strada, che prosegue per Prìmolo, salendo, sulla destra, in direzione dell’alpe Palù. Incontriamo ben presto il rifugio Sasso Nero (m. 1520), presso il quale si trova un ampio piazzale, dove è possibile lasciare l’automobile. Possiamo salire ancora un po’, verso i Barchi (barch, maggengo già citato in un documento del 1556 nella formula “ad barchos”, dal termine lombardo “barch”, che significa tettoia, ricovero per gli animali o deposito per gli attrezzi): in corrispondenza del secondo tornante destrorso troviamo la deviazione per il rifugio Longoni, che viene dato a due ore e mezza di cammino. Lasciata l’automobile in una piazzola appena sotto la deviazione, iniziamo la salita, che inizialmente sfrutta una comoda pista, chiusa al traffico non autorizzato.
La prima parte dell'escursione ci fa gustare lo splendido scenario dei Prati della Costa e dell’alpe Bracciascia (m. 1678).

Prati della Costa

Davanti a noi si apre, progressivamente, lo scenario della testata della Val Sissone (val de sisùm), con le cime di Rosso e di Vazzeda e, più a sinistra, il monte Sissone e le cime di Chiareggio. Ai lati della pista un bellissimo bosco di abeti sostituisce i prati dell’alpe. Questa piacevole salita, con pendenza regolare ed abbordabile, conduce ad un tratto ancora più dolce, dove la pista tocca l’alpe Èntova (curt d'éntua, m. 1929), le cui belle baite sembrano riposare tranquille sui dolci prati a destra della strada.

Alpe d'Entova

All'alpe d'Entova lasciamo la pista e ci dirigiamo ad un gruppo di cartelli non lontani dalle baite più occidentali dell'alpe. Il nostro riferimento è il sentiero 332, che porta in un'ora e 20 minuti all'alpe Sasso Nero ma anche, nel suo ramo occidentale, all'innesto con l'Alta Via della Valmalenco a quota 2350 metri. Prendiamo, dunque, a destra, lasciando a sinistra il sentiero che prosegue per il rifugio Longoni, e passiamo a monte delle baite, giungendo al bivio fra i due rami del sentiero 332 (m. 1960): mentre alla nostra sinistra un ramo sale ripido su un ampio costone morenico, noi percorriamo il ramo di destra (direzione est) e ben presto scendiamo ponticello che scavalca il torrente Entovasco (éntuàsch).


Salendo alle spalle dell'alpe d'Entova

Cominciamo quindi a salire, con andamento abbastanza ripido e qualche tornante, sul fianco orientale della valle dell'Entovasco, in direzione sud-est, attraversando macchie di conifere alternate a radure e pietraie. Intorno a quota 2070 il sentiero assume l'andamento sud-sud-est, piegando poi a sinistra a quota 2160 (andamento est). Ora risale, con diversi tornantini ed andamento più ripido, il fianco settentrionale dell'ampia balconata che sorregge l'alpe Sasso Nero.
Pieghiamo quindi a destra e raggiungiamo il ripiano sul quale sono posti i pochi resti delle baite dell'alpe Sasso Nero (m. 2304), intercettando il tracciato della quarta tappa dell'Alta Via della Valmalenco (ce ne accorgiamo perché cominciamo a vedere i caratteristici triangoli gialli), che seguiamo procedendo verso destra.


Salendo verso l'alpe Sasso Nero

Lo scenario è dominato, ad ovest, da un caratteristico torrione, denominato "Il Castello" e legato ad un'interessante leggenda, che riportiamo nella versione contenuta nell'opera di Ermanno Sagliani "Tutto Valmalenco" (Edizioni Press, Milano): "I pastori dell'alpe Sasso Nero, sanno di non avvicinarsi soli di notte allo spuntone roccioso di forme turrite detto il Castello. Potrebbero cadere improvvisamente delle pietre e colpirli.
Ai tempi delle calate barbariche delle orde Ungare, un soldato disertore, fuggendo, risalì la valle. Giunto all'alpe Sasso Nero, dove Cristina, giovane pastorella era intenta alle sue pecore, egli la ghermì e la portò seco sul Castello. Quando Antonio, suo promesso sposo, seppe la sventura della fanciulla, aiutato dai contadini, cautamente, di notte, diede assalto al Castello. Sorpreso nel sonno il barbaro fu incatenato e lassù morì di stenti. Cristina, liberata, tornò felice al suo amato. Nelle cupe notti di maltempo l'inquieto spirito del barbaro imprigionato sullo spuntone roccioso si vendica facendo rotolare pietre su chi per avventura passasse da quello che ancor oggi è chiamato il Castello.
"


L'alpe Sasso Nero

Attenzione, dunque, a quel che accade a monte del sentiero: se avvertiamo rumori sospetti, potrebbero essere i massi scagliati dal bieco guerriero. Oltrepassato lo sperone, si raggiunge l'alpe Sasso Nero (alp de sas négru, abbandonata, m. 2304), posta ai piedi del grande fianco sud-occidentale del Sasso Nero (umèt, m. 2919). L'alpe ispira un profondo senso di malinconia. I ricoveri sono costituiti da semplici muri a secco a ridosso di grandi massi aggettanti e sono disposti in un'ampio ripiano denominato localmente "curt de sas négru".

Il Castello

Inizia ora la seconda parte ell'escursione: potremmo tornare per la medesima via di salita, ma vale la pena di proseguire sul percorso dell'Alta Via e scendere al lago Palù. Proseguiamo, dunque, verso sud-est. Ad una discesa che ci permette di superare un valloncello segue una nuova, faticosa ma ultima risalita, che ci fa guadagnare di nuovo una quota di poco superiore ai 2300 metri, su un piccolo terrazzo dal quale, finalmente, si mostra lo scenario più gentile dell'alpe e del lago Palù (anticamente chiamato semplicemente ‘l làach o lèèch, oggi làach o lèèch di palö) .

Alpe Sasso Nero

A questo punto il sentiero piega a destra (sud-est) e scende deciso in un bosco di pini mughi. Ai pini mughi si sostituiscono gradualmente gli abeti, mentre il sentiero piega leggermente a destra. Lo scampanio delle mucche (se percorriamo l'alta via nel periodo estivo) sembra un ritorno alla vita dopo una traversata del deserto. Ecco infatti, al termine della discesa, l'alpe Roggione (m. 2007), dalle cui belle baite scendiamo verso destra, raggiungendo, in breve, il rifugio Palù ('l rifùgiu, m. 1947).


Apri qui una fotomappa della zona Sasso Nero-Lago Palù-Monte Motta

Non possiamo mancare di scendere sulle rive del bellissimo lago Palù (m. 1921), originato dallo sbarramento creato da una paleofrana. Il lago, a causa di infiltrazioni, è molto ridotto rispetto alle dimensioni passate: ai tempi di Melchiorre Gioia (1767-1829) lo sviluppo della riva era triplo, ed era necessaria un'ora e mezza per percorrerlo interamente. Era, inoltre, assai più pescoso, tanto da consentire a diverse famiglie di vivere praticando l'attività della pesca. Qui, se non c'è troppa gente, spira un senso di pace e di armonia che pervade nel profondo.

Rifugio Palù

Si tratta ora di ridiscendere ai Prati della Costa. Potremmo seguire il largo tratturo che passa per i Barchi, ma la via più breve si tiene più ad ovest. Imboccata la pista sterrata presso la riva settentrionale del lago, la lasciamo quasi subito prendendo a destra e seguendo le indicazioni di un cartello che segnala il largo sentiero per il Paluetto. Procediamo verso ovest e, dopo una breve discesa in pineta, siamo ai prati della Zocca (m. 1844). Qui siamo ad un bivio: ignoriamo il sentiero che traversa ai Barchi e proseguiamo la discesa sul sentiero segnalato (329) per il Barchetto (dato a 5 minuti) ed il Paluetto (dato a 25 minuti). La discesa prosegue in direzione ovest e porta in breve ai prati del Barchetto ed infine a quelli della splendida oasi del Paluetto. Da qui, in pochi minuti, torniamo alla sbarra che impedisce il transito ai veicoli non autorizzati sulla pista che parte dai Prati della Costa. Se l'abbiamo parcheggiata qui, ritroviamo l'automobile; altrimenti percorriamo per breve tratto la pista fino all'intersezione con la strada asfaltata che sale da San Giuseppe ai Barchi.

Lago Palù

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

GALLERIA DI IMMAGINI

APPENDICE: Viene qui di seguito riportata la relazione di Paolo Pero, professore di Storia Naturale al Liceo
“G. Piazzi” di Sondrio, sul lago del Palù (nella raccolta “I laghi alpini valtellinesi”, Padova , 1894).









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