CARTE DEI PERCORSI 1, 2


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La sesta tappa del Sentiero Italia Lombardia nord settore IV prevede due varianti: la più breve effettua la traversata dal ricovero malghera a quello di Eita per il passo di Vermolera, la più lunga prevede la traversata dal ricovero Malghera al rifugio Val Viola (o Federico in Dosdè) per i passi di Vermolera e di Dosdè. In entrambi i casi si transita per il passo di Vermolera e la discesa in Valle d'Avedo richiede cautela.

RICOVERO MALGHERA-RICOVERO EITA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Malghera-Pian del Lago-Passo di Vermolera-Laghetti di Tres-Avedo-Eita
6 h
820
EE
SINTESI. Da Grosio, superata la chiesa di San Giuseppe e la successiva caratteristica “strecia de Ilda”, imbocchiamo, sulla sinistra (indicazioni per Ravoledo e Fusino) la carrozzabile della Val Grosina, che, superata la frazione di Ravoledo, dopo pochi tornanti, si addentra sul suo fianco orientale, passando per San Giacomo. Raggiunto il nucleo di Fusino, in corrispondenza dello spiazzo davanti alla chiesetta (m. 1203, il punto più comodo dove lasciare l’automobile: per proseguire in tutte le direzioni si deve inoltre acquistare un pass giornaliero), prendiamo a sinistra, imboccando la stretta stradina che porta al ponte sul torrente Roasco, poco a valle rispetto alla muraglia della diga di Fusino dell’AEM. Sul lato opporto la stradina piega leggermente a sinistra e comincia a salire su un ripido versante di prati e comincia un lungo traverso sul fianco della Val Grosina Occidentale, superando diversi nuclei e portando a Campo Pedruna. Nel tratto successivo la pendanza si fa molto severa e la stradina termina a Malghera (m. 1937), dove si trova il rifugio-ricovero omonimo, presso il santuario della Madonna del Muschio o della Neve. Ci incamminiamo sulla pista che si addentra in Val di Sacco (dir. nord), superando la sbarra e passando a lato della casera di Sacco (m. 2008). Qui, seguendo un cartello, lasciamo la pista e scendiamo a destra a guadare il torrente su un ponte, proseguendo a salire, su pista, sul lato opposto della valle (orientale), verso nord-est. La pista termina alla baita della località Mandrie Vecchie (caséra de màndri vègi). Poco prima della baita, sulla destra, parte un tratturo che recentemente si è sovrapposto all'antico sentiero per il Pian del Lago, e risale il versante erboso con diversi tornanti e strappi anche ripidi. Ignoriamo una deviazione segnalata a destra. Dopo un tornante a destra giungiamo ad un pianoro e dobbiamo stare attenti perché dobbiamo lasciare il tratturo per prendere un sentiero che se ne stacca sulla sinistra e nel primo tratto quasi non si vede. Ci sono però tre ometti che lo segnalano. Dopo pochi metri la traccia del sentiero si fa marcata, sale ad aggirare un dosso erboso e piegando a destra si porta alle soglie dello splendido ripiano di Pian del Lago (sigla S.I. su un masso a terra). Superiamo un torrentello e siamo subito in vista del solitario bivacco di Pian del Lago (Baitèl del Pian del Laach, m. 2320). Ora dobbiamo stare attenti perché la marcia di avvicinamento al passo avviene non più su sentiero, ma per tracce, segnalate da ometti, paletti senza segnavia e qualche segnavia. Procediamo lasciando il lago alla nostra destra, puntando ad un risalto ed alla valletta in cui scorre il torrente che si immette nel lago stesso. Stiamo alla sinistra del torrente e saliamo ad un secondo pianoro. Qui dobbiamo stare attenti e tagliare decisamente a sinistra (direzione est-nord-est), passando a valle di una grande e regolare cupola erbosa ed avvicinandoci al versante montuoso che chiude a nord il Pian del Lago. Paletti, ometti a punta di lancia e segnavia ci indirizzano (vanno scrupolosamente seguiti in caso di scarsa visibilità) e ci portano al ramo più settentrionale del torrente di Pian del Lago. Su un grande masso nel cuore dell'alpe si trova anche una sbiadita bandierina rosso-bianco-rossa con la consueta sigla S.I. Guadiamo il torrente e poco più in alto su un masso un segnavia sbiadito ci segnala che dobbiamo volgere a destra, e cominciare a salire più o meno in parallelo con il versante montuoso alla nostra sinistra. Dopo un breve tratto di salita più marcata, torniamo a destra del torrentello e procediamo seguendone il corso, con pendenza modesta. Dopo diversi paletti ed ometti, procediamo fra il versante montuoso alla nostra sinistra ed una grande ganda alla nostra destra, in direzione di una ripida rampa morenica, di cui raggiungiamo il piede, sulla destra. Non fatichiamo a scorgere il sentiero che vi si inerpica, prima verso destra, poi con lunga diagonale verso sinistra. Essendo il versante molto ripido ed il sentiero molto esiguo e con fondo in antipaticissimo terriccio, stiamo attenti a non scivolare. Al termine della salita il sentiero si perde, ma gli ometti ci indicano che dobbiamo procedere diritti ancora per breve tratto. Lo ritroviamo e saliamo fra alcune facili roccette, fino all'anfiteatro terminale che si apre appena sotto il passo. Guidati dagli ometti, su traccia di sentiero ci portiamo al Passo di Vermolera (2732 m.). Attraversato il ripiano del passo, ci portiamo sul ciglio del versante della Valle D'Avedo. Guidati da segnavia e paletti perdiamo leggermente quota verso destra, trovando solo poche tracce di sentiero. Raggiunti l'ultimo paletto e l'ultimo segnavia, ci ritroviamo, a quota 2700, sul ciglio di un ripidissimo canalone, occupato da minuti sfasciumi, terriccio e qualche striscia d'erba (da affrontare solo in condizioni ideali di terreno). Scendiamo verso est seguendo i segnavia passiamo a sinistra di un roccione con segnavia già visibile all'inizio della discesa. Ci portiamo così ad un più ampio canalone e scendiamo ad una più tranquilla ed ampia conca morenica (2500 metri). Proseguendo verso nord-est ci infiliamo nella valletta dove scorre il torrentello che si immette nel lago di Venere (m. 2408), e scendiamo fino alla sua riva occidentale. Passiamo alla sua sinistra e, seguendo una traccia di sentiero, fra macereti, in una valletta del torrente, in direzione nord-est, approdiamo, infine, al fondo della Valle d'Avedo, e precisamente all'ampia ed acquitrinosa piana che ospita di laghetti di Tres (m. 2186). Attraversato il piano acquitrinoso ci portiamo sul lato opposto della valle, congiungendoci con il marcato sentiero che la risale (e con l'Alta Via della Magnifica Terra), in direzione del lago Negro, del passo e del rifugio di Dosdè. Scendiamo lungo il sentiero, verso destra, passando fra le baite dell'alpe. Nei pressi della baita più grande troviamo il cartello del Sentiero Italia. Il sentiero scavalca su un ponte il torrente, il Rio (o Roasco) d'Avedo, lasciandolo alla propria sinistra e prosegue affrontando in discesa un gradino di valle, fino alle baite dell'alpe Vermolera (m. 1927). Ci riportiamo a sinistra del torrente e proseguiamo la discesa toccando la località Stabini (o Stabine, m. 1821). Il sentiero si immette poi in una pista che passa a monte ed a sinistra dei prati di Avedo (o Avè, dalla voce dialettale “avéd”, abete, m. 1670). La pista in cemento prosegue nella discesa intercettando la strada asfaltata che sale ad Eita, poco prima della medesima località, dove si trova l'omonimo rifugio.


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Ill passo di Vermolera, per quanto impegnativo, rappresenta il più agevole collegamento fra la Val di Sacco (Val Grosina Occidentale, localmente "Val Dòsa") e la Val d'Avedo (Val d'Avé), quindi la Val Grosina, ovvero fra i nuclei di Malghera e di Eita, dove si possono trovare punti di appoggio (i ricoveri Malghera ed Eita, appunto). Di qui passano due importanti itinerari alpini, il Sentiero Italia (che coincide con l'Alta Via della Magnifica Terra) e la Via Alpina.
Il passo è noto localmente come Pas di Mat. Niente a che fare con lo squilibrio mentale: “Mat” significa ometto, ed infatti sono proprio gli ometti a rappresentare un punto di riferimento fondamentale, integrati dai segnavia, che però non sempre sono distribuiti capillarmente. Passo impegnativo, si è detto: in effetti si articola in uno scenario severo (prima parte della discesa dal passo in Valle d'Avedo) e pone problemi di orientamento in caso di scarsa visibilità (soprattutto nel tratto da Pian del Lago al passo).
Lo si percorre, canonicamente, dalla Val di Sacco alla Valle di Avedo (con ciò fruendo anche di uno sconto altimetrico non indifferente, perché si parte dai 1937 metri di Malghera, contro i 1630 della strada per Eita), ma c'è da dire che il tratto più ostico in quanto estremamente ripido, il primo della discesa verso la Val d'Avedo, è più agevole se percorso in salita, per cui molti preferiscono questa opzione. In ogni caso se non si vuol fruire dei punti di appoggio bisogna munirsi di due automobili che, pagato il pedaggio (3 Euro, estate 2015) a Fusino, vanno lasciate nei punti di partenza ed arrivo (Malghera, Strada per Eita).


Santuario della Madonna della Neve o del Muschio a Malghera

Saliamo, dunque, da Grosio a Fusino (9 km da Grosio, m. 1203), posto nel punto in cui la valle ospita due invasi artificiali dell’AEM, appena a monte del punto in cui la val Grosina occidentale si congiunge con il solco principale della valle. Acquistato il ticket giornaliero, imbocchiamo la deviazione a sinistra per la val Malghera: si tratta di una strada dalla carreggiata piuttosto stretta, che ci porta nel cuore della valle, per poi risalire sul fianco settentrionale della val Grosina occidentale. Attraversati i diversi nuclei del versante settentrionale della valle, con un ultimo tratto dalle pendenza molto severe siamo al parcheggio di Malghera, ad 11,2 km da Fusino. Ci accolgono il ricovero Malghera ed il sorprendente santuario della Madonna della Misericordia (Madòna de la néf), o Madonna del Muschio, edificata nel 1888, dal nucleo di una cappella preesistente, eretta per ricordare il miracolo dell’apparizione della Vergine, sul muschio di una roccia, ad un pastore nel 1750. Qui possiamo lasciare l'automobile.


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Imbocchiamo ora la pista sterrata alle spalle del santuario e, copo pochi metri, apriamo e scrupolosamente chiudiamo il cancello dell'alpe di Sacco. Proseguendo sulla pista, raggiungiamo in breve la Casera di Sacco (m. 2008), dove la pista termina.
Colpisce, da qui, l'aspetto glabro della Val di Sacco, per la quasi totale assenza di alberi. Una spiegazione ce la offre l'alpinista e naturalista Bruno Galli Valerio offre in "Punte e passi" (a cura di Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, edito dal CAI di Sondio nel 1998): "La distruzione dei boschi della Val Grosina è dovuta in gran parte all'uso di una speciale calzatura che portano gli abitanti della valle. Sono zoccoli di legno la cui punta è fortemente curvata in alto, come nelle calzature cinesi. Un tempo, si fissavan al piede con un intreccio di stecche di legno ed eran conosciute col nome di cusp; ora si fissan con strisce di cuoio e si chiamano zupèi, Per la loro costruzione non serve che il ceppo delle piante. Ogni paio di zupèi reclama l'impiego di due alberi. La loro durata è di tre mesi, in modo che ogni persona consuma otto alberi all'anno per queste calzature. Il comune di Grosio aveva proibito l'uso dei zupèi per rimediare al disboscamento, ma questa decisione non fu approvata dalla Giunta Provinciale."


Val di Sacco

Alla Casera di Sacco il cartello con numerazione 260, che dà il bivacco Pian del Lago ad un'ora e 10 minuti, Lavazé a 2 ore e 20 minuti e Biancadino a 3 ore e 15 minuti, ci fa scendere sulla destra su una pista che passa accanto ad un enorme masso erratico e raggiunge il ponte che scavalca il ramo della Val di Sacco (Val de Sach) del torrente Roasco (siamo qui all'imbocco della valle). Qui troviamo una pista che sale con andamento moderato verso nord-nord-est, proponendo anche un breve quanto suggestivo tratto elegantemente lastricato. Sul fondo della valle spiccano due punte rocciose rivolte al cielo, la cima Saoseo a sinistra ed il corno di Lago Negro a destra.
La pista termina alla baita della località Mandrie Vecchie (caséra de màndri vègi). Poco prima della baita, sulla destra, parte un tratturo che recentemente si è sovrapposto all'antico sentiero per il Pian del Lago, e risale il versante erboso con diversi tornanti e strappi anche ripidi. Ad una baita, siamo ad un bivio segnalato da cartelli: il sentiero 260 prosegue verso destra (Lavazé e Biancadino), mentre sul tratturo si va verso Pian del Lago, dato a 40 minuti, il passo di Vermulèra, dato a 2 ore, ed Eita, data a 4 ore e 45 minuti (sul cartello la sigla S.I. indica che si tratta di una tappa del Sentiero Italia). Proseguiamo, dunque, sul tratturo, in direzione nord-est.


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Dopo un tornante a destra giungiamo ad un pianoro e dobbiamo stare attenti perché dobbiamo lasciare il tratturo (che effettua una traversata alta agli alpeggi della Val Grosina occidentale) per prendere un sentiero che se ne stacca sulla sinistra e nel primo tratto quasi non si vede. Ci sono però tre ometti che lo segnalano. Dopo pochi metri la traccia del sentiero si fa marcata, sale ad aggirare un dosso erboso e piegando a destra si porta alle soglie dello splendido ripiano di Pian del Lago (sigla S.I. su un masso a terra). Superiamo un torrentello e siamo subito in vista del solitario bivacco di Pian del Lago (Baitèl del Pian del Laach, m. 2320), sempre aperto ed utilissimo in caso di maltempo. Poco prima del bivacco un cartello del Sentiero Italia dà il Passo di Vermolera ad un'ora e mezza, i laghi di Tres a 2 ore e 50 minuti ed Eita a 4 ore e 10 minuti. Alle spalle del bivacco il placido lago di Pian del Lago, sorvegliato sul lato destro dal Sasso Farinaccio. Alle spalle del lago, sul fondo, si vede un lungo e tranquillo crinale erboso. La speranza è che il passo sia lì, da qualche parte, ma in realtà scollinando dal crinale si scende agli alpeggi della Val Grosina Occidentale (Lavazé e Biancadino). Il passo è nascosto, sulla sinistra, ritagliato in uno scenario ben più aspro.


Pian del Lago

Ora dobbiamo stare attenti perché la marcia di avvicinamento al passo avviene non più su sentiero, ma per tracce, segnalate da ometti, paletti senza segnavia e qualche segnavia. Se la visibilità è buona non ci sono problemi, ma con visibilità scarsa l'orientamento può essere compromesso. Procediamo lasciando il lago alla nostra destra, puntando ad un risalto ed alla valletta in cui scorre il torrente che si immette nel lago stesso. Stiamo alla sinistra del torrente e saliamo ad un secondo pianoro. Qui dobbiamo stare attenti e tagliare decisamente a sinistra (direzione est-nord-est), passando a valle di una grande e regolare cupola erbosa ed avvicinandoci al versante montuoso che chiude a nord il Pian del Lago (attenzione, però, in caso di scarsa visibilità, a non raggiungere, stando troppo a sinistra, il ciglio dei salti rocciosi di quota 2417, presidiati da grandi ometti che qui fungono da segnale di pericolo).


Verso il passo di Vermolera

Paletti, ometti a punta di lancia e segnavia ci indirizzano e ci portano al ramo più settentrionale del torrente di Pian del Lago. Su un grande masso nel cuore dell'alpe si trova anche una sbiadita bandierina rosso-bianco-rossa con la consueta sigla S.I. Sotto lo sguardo vigile delle punte gemelle sul versante che scende verso ovest dal Pizzo Matto (nume tutelare di questi luoghi, è bene dirlo subito), siamo al torrente e lo oltrepassiamo. Poco più in alto su un masso un segnavia sbiadito ci segnala che dobbiamo volgere a destra, e cominciare a salire più o meno in parallelo con il versante montuoso alla nostra sinistra. Dopo un breve tratto di salita più marcata, torniamo a destra del torrentello e procediamo seguendone il corso, con pendenza modesta (ad un certo punto possiamo vedere, per breve tratto, qualche centinaio di metri alla ostra destra, un secondo e più piccolo laghetto). Dopo diversi paletti ed ometti, procediamo fra il versante montuoso alla nostra sinistra ed una grande ganda alla nostra destra, in direzione di una ripida rampa morenica, di cui raggiungiamo il piede, sulla destra.


Laghetti sopra Pian del Lago

Non fatichiamo a scorgere il sentiero che vi si inerpica, prima verso destra, poi con lunga diagonale verso sinistra. Ora lo sguardo che ci segue è quello del Sasso Campana, dritto sopra il nostro naso. Essendo il versante molto ripido ed il sentiero molto esiguo e con fondo in antipaticissimo terriccio, stiamo attenti a non scivolare, perché è uno di quei versanti dove, come ebbe a dire qualcuno, quando metti il c… a terra non ti fermi più per un bel pezzo. Al termine della salita il sentiero si perde, ma gli ometti ci indicano che dobbiamo procedere diritti ancora per breve tratto. Lo ritroviamo e saliamo fra alcune facili roccette, fino all'anfiteatro terminale che si apre appena sotto il passo.


Pizzo Matto

È il Pizzo Matto (Piz Mat) ad accoglierci, con il suggestivo profilo delle sue due punte che sembrano dita rivolte al cielo. Ora individuiamo facilmente il passo: si tratta della più marcata depressione a destra dal Pizzo Matto. Guidati dagli ometti, su traccia di sentiero lo raggiungiamo senza difficoltà, passando a sinistra di alcuni roccioni. Il passo è costituito da un singolarissimo pianoro, non molto ampio, ma molto regolare, con alcuni grandi massi sul lato destro. Il pianoro è intagliato fra il Pizzo Matto ed il crinale che scende verso nord-pvest dal Sasso Campana (Sas Campana). Su un cartello leggiamo “Passo di Vermolera 2732 m.” C'è anche una targa della Via Alpina ed un cartello che dà i laghi di Tres ad un'ora e 10, Vermuléra ad un'ora e 45 minuti ed Eita a 2 ore e 40 minuti (numerazione 201, S.I.).


Passo di Vermolera

Avvicinandoci al versante della Valle d'Avedo scorgiamo subito, in basso, il gentile lago di Venere, adagiato, a lato di satelliti minori, nella piana scandita da roccioni levigati. Pochi passi più in là, però, ci attende l'antipasto di un menù che sicuramente non è facile da digerire: si tratta di attraversare una faticosa ganda costituita da grandi blocchi. Guidati da segnavia e paletti perdiamo leggermente quota verso destra, trovando solo poche tracce di sentiero. Raggiunti l'ultimo paletto e l'ultimo segnavia, ci ritroviamo, a quota 2700, sul ciglio di un ripidissimo canalone, occupato da minuti sfasciumi, terriccio e qualche striscia d'erba (da affrontare solo in condizioni ideali di terreno). Ecco il piatto forte del menù. Ma, come si dice, o mangia questa minestra, o salta dalla finestra. Anzi, visto il contesto, di salti è proprio meglio non parlare. Se guardiamo in fondo al canalone, vedremo una parete rocciosa verticale, alla cui base si scorge un segnavia. Ecco, lì dobbiamo arrivare.


Apri qui una fotomappa della discesa dal passo di Vermolera

Lavorando molto di racchette e ed appoggiandoci sul fianco destro del canalone (come ci suggeriscono i segnavia su alcuni massi) scendiamo verso est. Intorno a quota 2600 il canalone sembra terminare con un imbuto; in realtà si restringe per aprirsi di nuovo più in basso. Seguendo i segnavia, pieghiamo a sinistra (direzione nord-nord-est) e passiamo a sinistra del roccione con segnavia che abbiamo visto dall'alto, confluendo in un più ampio canalone e portandoci finalmente ad un'ampia conca morenica (2500 metri), dove terminiamo le nostre sofferenze.
Una nota per chi affronta il passo salendo da qui: dalla conca morenica si attacca il più ampio canalone e si ha l'impressione di dover salire diritti, in direzione di un'invitante sella, ma, più o meno all'altezza della parete con il segnavia e di una china erbosa (poco sotto quota 2600), bisogna lasciare la direzione sud-sud-ovest, piegare a destra (direzione ovest) ed infilarsi nell'imbuto del ripido canalone, che più in alto si apre.


Lago di Venere

Torniamo al racconto della discesa. Proseguendo nella medesima direzione, ci infiliamo nella valletta dove scorre il torrentello che si immette nel lago di Venere (m. 2408), e scendiamo fino alla sua riva occidentale. Curioso il nome del laghetto. Che sia un omaggio alla ben nota bellezza delle donne grosine? O l'implicito rimando al monito: Bacco, tabacco e Venere riducono l'uomo in cenere? Forse è solo la cattiva italianizzazione del locale "Lach Véner", il cui significato non è chiaro.


Il lago di Venere

Passiamo alla sua sinistra e, seguendo una traccia di sentiero, fra macereti, in una valletta del torrente, in direzione nord-est, approdiamo, infine, al fondo della Valle d'Avedo, e precisamente all'ampia ed acquitrinosa piana che ospita di laghetti di Tres (m. 2186).
Siamo nel baricentro della selvaggia ed arcigna Valle d'Avedo, ed è tempo di conoscerne qualcosa in più.


Discesa dal passo di Vermolera alla piana del lago di Venere

Le valli della Val Grosina propongono scenari aperti e luminosi. Tutte tranne una, la Valle d’Avedo, posta proprio nel suo cuore, incastonata com’è fra i suoi due grandi rami, la Valle di Eita ad est e la Val Grosina Occidentale a sud. È stretta, a tratti incassata, non tetra, ma selvaggia ed aspra. Una valle che propone peraltro diverse soluzioni escursionistiche, in quanto possiamo risalirla fermandoci all’incantevole piana dei laghi di Tres, oppure proseguendo fino allo splendido lago Negro o, infine, raggiungendone il fondo dove si collocano il rifugio ed il passo di Dosdé, che si affaccia sulla Val Cantone di Dosdé. Per questa valle passando due importanti traversate in più tappe, il Sentiero Italia Lombardia V e la Via Alpina.


Laghi di Tres

La valle è denominata localmente Val de Avé o anche Val de Vérmulèra. La prima denominazione deriva da quello dell’alpeggio posto al suo ingresso, che a sua volte deriva da “avéd”, cioè “abete”, (la parte inferiore della valle è caratterizzata da fitte abetaie). La seconda denominazione, invece, pare si possa ricondurre all’erba vermulèra, cioè alla scrofularia maggiore, chiamata così perché considerata ottimo rimedio contro i vermi nei bambini.


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La valle, tributaria del ramo principale della Val Grosina, o Valle di Eita (nella quale confluisce da ovest poco sotto la piana di Eita), si sviluppa da est ad ovest, scandita da diversi gradini o soglie modellati dai ghiacciaio quaternari. A sud è delimitata dalla costiera che la separa dalla Val Grosina Occidentale e sale dal monte Saline (m. 2631), toccando il monte Alpisella (m. 2756), il Sasso Campana (m. 2913), il passo di Vermolera (m. 2782), il pizzo Matto (m. 2993), il Dosso Sabbione (m. 2980), il Corno di Lago Negro (m. 2927), il pizzo Ricolda (m. 2962) e, al vertice occidentale, la cima Saoseo (m. 3263). Da qui parte, verso est, la costiera settentrionale, che la separa dalla Val Cantone di Dosdé e che propone, ad est del passo di Dosdé (m. 2824), la cima Viola (m. 3374, massima elevazione della valle), la cima di Lago Spalmo meridionale (m. 3291) ed il Sasso di Conca (m. 3150). La salita in valle parte da un parcheggio sulla carrozzabile che risale la Val Grosina fino ad Eita, posto poco prima di Eita. Possiamo transitare su questa carrozzabile acquistando il pass giornaliero ad una macchina erogatrice al parcheggio di Fusino. Ma vediamo più in dettaglio come procedere.


Laghi di Tres, sovrastati dal Pizzo Matto e dal Dosso Sabbione

Siamo dunque alla piana dei laghetti di Tres ("lach di Trés", m. 2186, chiamati in passato anche "Laghi di Avedo"), posti poco a sud delle baite omonime. I laghi di Tres, a dispetto del nome, sono due e, nelle belle giornate, raccolgono i colori dei versanti circostanti regalando suggestivi giochi cromatici. Per la verità è probabile che un tempo effettivamente ci fosse un terzo laghetto, oggi interrato, ed allora i conti tornerebbero. Di questo comunque non si preoccupano i pescatori che amano salire fin qui per pescare nelle loro tranquille acque.
La piana, baricentro della valle, è gentile e bucolica. Alla nostra sinistra (sud) è vegliata dal Sasso Campana, mentre ad est si profilano le tre puntute cime del Pizzo Matto. Alla sua destra il cupolone del Dosso Sabbione. A destra (nord), infine, incombe il poderoso versante meridionale del signore della valle, la cima Viola (m. 3374), che qui mostra un volto davvero impressionante, la sua parete meridionale, una parete di durissimo gneiss che precipita per seicento metri sul pianoro del lago Spalmo.


La piana di Tres

Sotto questo versante scende un ripido declivio di magri pascoli e terreno franoso. Si intuisce, alla sua sommità, una conca, che ospita l’invisibile lago Spalmo (lach Spalm, m. 2515), uno specchio d’acqua dal singolare colore grigio lattiginoso (per la grande quantità di terriccio in sospensione), ai piedi della cima di Lago Spalmo (scima del Lach Spalm) e della sua piccola vedretta (vedregia di Scimi del Lach Spalm). Un lago invisibile perché ben pochi si avventurano alla conca che lo ospita, in quanto non c’è sentiero che vi conduca e per raggiungerla bisogna risalire il ripido e faticosissimo versante. Se il lago è per questo “invisibile”, non lo sono le sue acque, che defluiscono a valle lungo una valletta intagliata proprio in questo versante, né lo è il suo nome, che si è riverberato sulle cime assai frequentate soprattutto dagli scialpinisti (che vi salgono però dal versante della Val Viola Bormina).
Torniamo al racconto della traversata. Attraversata la piana, ci portiamo alla baita più grande di Tres, dove troviamo un cartello segnala il Sentiero Italia ed il bivio per cui prendendo a sinistra si sale al passo di Dosdè, mentre prendendo a destra si scende ad Eita. Prendiamo dunque a destra.


Scendendo dai laghi di Tres a Stabine

Il sentiero scavalca su un ponte il torrente, il Rio (o Roasco) d'Avedo, lasciandolo alla propria sinistra e prosegue affrontando in discesa un gradino di valle, fino alla piana ed alle baite dell'alpe Vermolera (m. 1927). Qui un ponticello ci riporta sinistra del torrente e proseguiamo la discesa toccando la località Stabini (o Stabine; localmente "i Stabini", m. 1821, nucleo citato in un documento del 1787: "monte alle stabine in Vermolera").


La piana di Vermolera

Il sentiero si immette poi in una pista che passa a monte ed a sinistra dei prati di Avedo (o Avè, dalla voce dialettale “avéd”, abete, m. 1670; si tratta in realtà di un maggese già citato in un documento del 1398), che vediamo alla nostra destra, mentre guardando a sinistra si aprono diversi scorci panoramici su Eita, riconoscibile per il caratteristico campanile.


Vermolera

Le baite del maggese rispecchiano le caratteristiche di quelle dell'intera Val Grosina, con tratti intermedi fra la tipologia dell'alta Valtellina e quella della media e bassa valle. Presentano una base in muratura sopra la quale le pareti sono costituite da tronchi di legno con incastro negli angoli, secondo la tecnica chiamata "cardana" o "blockbau". Al pianoterra si trovano stalla e cucina, al primo piano fienile e camera da letto.


L'alpe Avedo

La pista in cemento prosegue nella discesa intercettando la strada asfaltata che sale ad Eita, poco prima della medesima località, dove si trova l'omonimo rifugio, al quale può terminare la lunga traversata, che richiede 6 ore di cammino (il dislivello in salita è di circa 800 metri).


Eita

RICOVERO MALGHERA-RIFUGIO VAL VIOLA (ALTA VIA DELLA MAGNIFICA TERRA 2)

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Malghera-Pian del Lago-Passo di Vermolera-Laghetti di Tres-Passo e rifugio Dosdè-Rifugio Val Viola
9 h
1600 (700 in discesa)
EE
SINTESI. Da Grosio, superata la chiesa di San Giuseppe e la successiva caratteristica “strecia de Ilda”, imbocchiamo, sulla sinistra (indicazioni per Ravoledo e Fusino) la carrozzabile della Val Grosina, che, superata la frazione di Ravoledo, dopo pochi tornanti, si addentra sul suo fianco orientale, passando per San Giacomo. Raggiunto il nucleo di Fusino, in corrispondenza dello spiazzo davanti alla chiesetta (m. 1203, il punto più comodo dove lasciare l’automobile: per proseguire in tutte le direzioni si deve inoltre acquistare un pass giornaliero), prendiamo a sinistra, imboccando la stretta stradina che porta al ponte sul torrente Roasco, poco a valle rispetto alla muraglia della diga di Fusino dell’AEM. Sul lato opporto la stradina piega leggermente a sinistra e comincia a salire su un ripido versante di prati e comincia un lungo traverso sul fianco della Val Grosina Occidentale, superando diversi nuclei e portando a Campo Pedruna. Nel tratto successivo la pendanza si fa molto severa e la stradina termina a Malghera (m. 1937), dove si trova il rifugio-ricovero omonimo, presso il santuario della Madonna del Muschio o della Neve. Ci incamminiamo sulla pista che si addentra in Val di Sacco (dir. nord), superando la sbarra e passando a lato della casera di Sacco (m. 2008). Qui, seguendo un cartello, lasciamo la pista e scendiamo a destra a guadare il torrente su un ponte, proseguendo a salire, su pista, sul lato opposto della valle (orientale), verso nord-est. La pista termina alla baita della località Mandrie Vecchie (caséra de màndri vègi). Poco prima della baita, sulla destra, parte un tratturo che recentemente si è sovrapposto all'antico sentiero per il Pian del Lago, e risale il versante erboso con diversi tornanti e strappi anche ripidi. Ignoriamo una deviazione segnalata a destra. Dopo un tornante a destra giungiamo ad un pianoro e dobbiamo stare attenti perché dobbiamo lasciare il tratturo per prendere un sentiero che se ne stacca sulla sinistra e nel primo tratto quasi non si vede. Ci sono però tre ometti che lo segnalano. Dopo pochi metri la traccia del sentiero si fa marcata, sale ad aggirare un dosso erboso e piegando a destra si porta alle soglie dello splendido ripiano di Pian del Lago (sigla S.I. su un masso a terra). Superiamo un torrentello e siamo subito in vista del solitario bivacco di Pian del Lago (Baitèl del Pian del Laach, m. 2320). Ora dobbiamo stare attenti perché la marcia di avvicinamento al passo avviene non più su sentiero, ma per tracce, segnalate da ometti, paletti senza segnavia e qualche segnavia. Procediamo lasciando il lago alla nostra destra, puntando ad un risalto ed alla valletta in cui scorre il torrente che si immette nel lago stesso. Stiamo alla sinistra del torrente e saliamo ad un secondo pianoro. Qui dobbiamo stare attenti e tagliare decisamente a sinistra (direzione est-nord-est), passando a valle di una grande e regolare cupola erbosa ed avvicinandoci al versante montuoso che chiude a nord il Pian del Lago. Paletti, ometti a punta di lancia e segnavia ci indirizzano (vanno scrupolosamente seguiti in caso di scarsa visibilità) e ci portano al ramo più settentrionale del torrente di Pian del Lago. Su un grande masso nel cuore dell'alpe si trova anche una sbiadita bandierina rosso-bianco-rossa con la consueta sigla S.I. Guadiamo il torrente e poco più in alto su un masso un segnavia sbiadito ci segnala che dobbiamo volgere a destra, e cominciare a salire più o meno in parallelo con il versante montuoso alla nostra sinistra. Dopo un breve tratto di salita più marcata, torniamo a destra del torrentello e procediamo seguendone il corso, con pendenza modesta. Dopo diversi paletti ed ometti, procediamo fra il versante montuoso alla nostra sinistra ed una grande ganda alla nostra destra, in direzione di una ripida rampa morenica, di cui raggiungiamo il piede, sulla destra. Non fatichiamo a scorgere il sentiero che vi si inerpica, prima verso destra, poi con lunga diagonale verso sinistra. Essendo il versante molto ripido ed il sentiero molto esiguo e con fondo in antipaticissimo terriccio, stiamo attenti a non scivolare. Al termine della salita il sentiero si perde, ma gli ometti ci indicano che dobbiamo procedere diritti ancora per breve tratto. Lo ritroviamo e saliamo fra alcune facili roccette, fino all'anfiteatro terminale che si apre appena sotto il passo. Guidati dagli ometti, su traccia di sentiero ci portiamo al Passo di Vermolera (2732 m.). Attraversato il ripiano del passo, ci portiamo sul ciglio del versante della Valle D'Avedo. Guidati da segnavia e paletti perdiamo leggermente quota verso destra, trovando solo poche tracce di sentiero. Raggiunti l'ultimo paletto e l'ultimo segnavia, ci ritroviamo, a quota 2700, sul ciglio di un ripidissimo canalone, occupato da minuti sfasciumi, terriccio e qualche striscia d'erba (da affrontare solo in condizioni ideali di terreno). Scendiamo verso est seguendo i segnavia passiamo a sinistra di un roccione con segnavia già visibile all'inizio della discesa. Ci portiamo così ad un più ampio canalone e scendiamo ad una più tranquilla ed ampia conca morenica (2500 metri). Proseguendo verso nord-est ci infiliamo nella valletta dove scorre il torrentello che si immette nel lago di Venere (m. 2408), e scendiamo fino alla sua riva occidentale. Passiamo alla sua sinistra e, seguendo una traccia di sentiero, fra macereti, in una valletta del torrente, in direzione nord-est, approdiamo, infine, al fondo della Valle d'Avedo, e precisamente all'ampia ed acquitrinosa piana che ospita di laghetti di Tres (m. 2186). Saliamo ora verso l'alta valle e p ieghiamo a sinistra (nord-ovest), tagliando in diagonale l'ampio versante settentrionale a monte della piana e guadagnando quota con molta gradualità. Al termine della salita, aggiriamo un dosso e si apre di fronte a noi il lungo pianoro che precede un nuovo e modesto gradino, superato il quale, sempre verso ovest-nord-ovest, siamo alla conca che ospita il bellissimo lago Negro (m. 2560). Passiamo alla sua sinistra seguendo la riva meridionale e quella occidentale. Seguiamo ora con attenzione i segnavia e procediamo verso nord-nord-ovest: superato il primo breve gradino, pieghiamo a destra (nord-est), raggiungiamo alcuni modesti specchi d'acqua, e ci accingiamo agli ultimi sforzi, portandoci sul versante sinistro del canalone. Passiamo così proprio ai piedi del terrazzo roccioso al di sopra del quale si mostra il rifugio Dosdè. La salita diretta non è possibile, per cui dobbiamo aggirare l'ostacolo proseguendo verso la sella del passo e lasciando il rifugio alla nostra sinistra, per poi piegare a sinistra e raggiungerlo con un ultimo traverso. In breve raggiungiamo, così, la croce posta sui 2824 metri del passo di Dosdè ("Pas Dosdé") che ospita il rifugio o capanna di Dosdè. La discesa in Val Cantone di Dosdè non è difficile, ma richiede attenzione ai segnavia. Procediamo verso nord, in uno scenario dominato dal corno di Dosdè, alla nostra sinistra, e dopo il primo tratto ci portiamo da destra a sinistra rispetto al torrente che solca la valle. Piegando gradualmente a sinistra e seguendo l'andamento della valle procediamo verso nord-est e poi est. A quota 2361 su un ponticello torniamo a destra del torrente della valle, dal quale per un tratto ci allontaniamo. Poi pieghiamo a sinistra (dir. nord), ci riportiamo al torrente e ripassiamo da destra a sinistra dello stesso. Procedendo verso nord ci avviciniamo all'uscita dalla valle ed alla confluenza nell'alta Val Viola Bormina, raggiungendo le baite dell'alpe Dosdè (m. 2129). Ora dobbiamo scegliere il rifugio dove pernottare: alla nostra destra, più in alto, vediamo il rifugio Federico in Dosdè, al quale possiamo salire in pochi minuti. Possiamo anche scegliere il rifugio Val Viola, nei pressi del lago omonimo. In tal caso dalle baite dell'alpe Dosdè, su comoda pista, saliamo ad intercettare la pista sterrata principale che risale la Val Viola; percorrendola verso sinistra, giungiamo in vista del lago di Val Viola e del rifugio Val Viola (m. 2134), al quale scendiamo facilmente su un sentiero che si stacca dalla pista sulla sinistra.

Vediamo ora come procedere se scegliamo di concludere questa tappa in Val Viola Bormina. In tal caso ci portiamo alla baita più grande ed al cartello del Sentiero Italia, prendendo a sinistra, cioè cominciando la salita verso l'alta Valle di Avedo.
Tagliamo così in diagonale l'ampio versante settentrionale a monte della piana (Gras del Maté) e guadagnando quota con molta gradualità. Alto, alla nostra destra, un dossone dal nome gentile di Dosso dei Camosci (Pala di Camosc’, m. 2601).


Il Pian del Frec'

Procediamo diritti verso ovest-nord-ovest e ci accingiamo ad aggirare il dosso che nasconde alla vista il segmento più alto della valle; ci accompagna qualche segnavia bianco-rosso. C'è ancora parecchia strada da fare: al termine della salita, infatti, si apre di fronte a noi il lungo pianoro che precede un nuovo e modesto gradino, un lungo corridodio glaciale con la caratteristica forma ad U. Siamo ormai nel regno della solitudine: il pian del Fréc' presenta tutte le caratteristiche degli scenari di alta quota, dove i pascoli sempre più magri cedono il passo ai massi ed agli sfasciumi. Ci assale, forse, un profondo senso di desolazione, perché l’impressione è che qui non sia più luogo per uomini, ma per spiriti senza quiete. Rabbrividiamo, e paghiamo il giusto tributo al nome della piana (piana del Freddo). Solo i segnavia bianco-rossi ci parlano di qualcosa di umano.
La piana ha comunque un andamento assai tranquillo. Il sentiero doo una breve discesa si avvicina al torrente e poco più avanti si riporta alla sua sinistra. Alla nostra destra si impone l'aspro versante sud-occidentale della cima Viola (m. 3374), che da qui appare come un modesto corno che chiude a sinistra il fianco del massiccio.
A sinistra è invece il massiccio e caotico versante del Dosso Sabbione a restituire una sensazione velatamente opprimente.


Il lago Negro

Dopo il lungo tratto diritto, saliamo con qualche serpentina un ulteriore modesto gradino glaciale, che ci fa accedere alla conca del bellissimo lago Negro (lac Négru, m. 2560, il più grande, con i suoi 124.000 mq, della Val Grosina, chiamato in passato anche "Lago Scuro"). Lo specchio d’acqua, di un blu intensi, unito ai corrugati contrafforti della cima Viola, regala uno dei più affascinanti scorci di alta montagna del versante retico valtellinese. Anche qui, a stagione avanzata, si può trovare qualche pescatore che attente perso nei suoi pensieri che qualche pesce abbocchi. Solo a stagione avanzata, però, in quanto può capitare che anche nella seconda metà di luglio sia ricoperto di ghiaccio.
Il sentiero percorre buona parte del perimetro del lago, di origine morenica. Passiamo alla sua sinistra e ci portiamo sul lato suo occidentale, dal quale si mostra in tutta la sua ampiezza e bellezza. Alla nostra sinistra (ovest) si eleva fiero il pizzo Ricolda, ed alla sua destra la grande mole del Sauseu, la cima di Saoseo (m. 3263, termine che deriva forse dal tedesco “see”, lago, o, secondo l’antica lezione “Sasseo”, da “sasso”), che chiude la valle.


Il lago Negro

Lo scenario è ancora mutato. Non più il malinconico deserto della piana del Freddo, ma un mare caotico di massi di ogni dimensione, increspato da onde pietrificate, piccole colline moreniche, un luogo che incute timore, la probabile cornice del supplizio dei confinati, cioè di quelle anime che né cielo né inferno vogliono, e che qui scontano la loro spregevole esistenza dando di mazza, durante la notte, ai massi, frantumati senza pausa e senza perché. Eppure lo scenario più grandioso è proprio qui: la cima Viola si mostra finalmente in tutta la sua eleganza, con la sua sommità acuminata ed il ghiacciaietto che la presidia.


L'ultimo tratto della salita e la cima Viola

Ci sono ancora un paio di gradini da risalire, prima di guadagnare il passo. Il sentiero si lascia alle spalle il lago e sale verso nord-nord-ovest, con una traccia che si fa sempre più labile, per cui dobbiamo prestare molta attenzione ai segnavia ed agli ometti, per evitare fatiche inutili nel caotico dedalo dei massi di ogni dimensione che occupano il versante che ci separa dal passo. Superato il primo breve gradino, pieghiamo a destra (nord-est), raggiungiamo alcuni modesti specchi d'acqua e ci accingiamo agli ultimi sforzi. Ci portiamo sul versante sinistro del canalone, passando proprio ai piedi del terrazzo roccioso al di sopra del quale si mostra il rifugio. La salita diretta non è possibile, per cui dobbiamo aggirare l'ostacolo proseguendo verso la sella del passo e lasciando il rifugio alla nostra sinistra, per poi piegare a sinistra e raggiungerlo con un ultimo traverso.


Apri qui una panoramica sulla Valle d'Avedo dal passo e dalla capanna di Dosdé

In breve raggiungiamo, così, la croce in legno posta sui 2824 metri del passo di Dosdè ("Pas Dosdé"), ed il rifugio, o capanna di Dosdè ("Capàna Dusdé"), del CAI di Bormio. Interessante la storia di questa struttura, costruita nel 1890 dalla sezione di Milano del CAI, con una spesa complessiva di 2200 lire, grazie all’interessamento dell’alpinista cavalier Antonio Cederna, presidente della sezione valtellinese del CAI e poi di quella milanese. Fu ristrutturata nel 1955 e poi, a cura del CAI di Bormio che l’aveva acquistata, nel 1982. Attualmente è sempre aperta, e quindi funziona come bivacco, ma è sempre bene informarsi sulle condizioni di apertura presso il CAI di Bormio. (tel. 0342 903300). Vi troviamo 12 posti letto, materassi e coperte, un tavolo, panche, un fornello, una bombola di gas, stoviglie ed una cassetta di pronto soccorso. Si può trovare acqua di fusione sulla morena attraversata dal percorso di salita al passo.


Apri qui una panoramica sulla Val Cantone di Dosdè dal passo di Dosdé

La posizione del rifugio è strategica non solo in funzione delle ascensioni alpinistiche, ma anche delle lunghe traversate che passano da questo passo. Sul versante opposto del passo si apre l’alta Val Cantone di Dosdé, presidiata dal gigantesco Corno di Dosdé, cima, come vuole un’antica leggenda, di giganti, in una terra di giganti. “Dosdé”, come “Dusdei” (nome di famiglia e di un vicolo a Sondrio), deriva dal latino “domus dei” (casa di Dio: in effetti una leggenda parla proprio del Dio Dosdé e del monte che da lui prende il nome).


Apri qui una fotomappa dell'ultimo tratto di salita al rifugio ed al passo di Dosdè

Giovanni Peretti (in “Rifugi alpini, bivacchi e itinerari scelti in alta Valtellina”, Tipografia Bonazzi, Sondrio, 1987) ci offre queste notizie della capanna: “La Capanna Dosdé fu costruita, "solida costruzione in muratura costituita da un solo locale di metri 4 x 4 rivestito in legno", nel lontano 1890 dalla Sezione di Milano del CAI, che sostenne, allora, una spesa di L. 2.200 ("senza il mobiglio"). Promotore e principale artefice della sua costruzione fu l'alpinista Cav. Antonio Cederna (già Presidente della Sezione Valtellinese e, negli anni successivi, pure Presidente della Sezione di Milano). che ne determinò pure l'ubicazione, aiutato e consigliato dalla fida Guida G. Krapacher di Premadio, detto "Todeschin", già buon conoscitore delle Alpi di Val Grosina in quanto, negli anni precedenti, aveva sovente accompagnato nelle loro peregrinazioni sui monti i topografi del Regio Istituto Geografico Militare. Alla realizzazione diedero un disinteressato contributo anche i Grosini Caspani Angelo, Sassella Giovanni e la Guida Pietro Rinaldi, sotto la direzione di Don Cristoforo Pini, buon alpinista che collaborò egregiamente con la Sez. di Milano del CAI anche per la costruzione del Ricovero di Eita. Il 16 Agosto del 1891 trentacinque alpinisti parteciparono con molta soddisfazione all'inaugurazione della bella capanna.


Scendendo in Val Cantone di Dosdé

Madrina della cerimonia fu nominata la 'valorosa alpinista' Maria Rognoni, giunta da S. Caterina. Alla Capanna fu presto applicata da Pietro Rinaldi la famosa "Vereinschloss", sorta di serratura universale, la cui chiave poteva essere ritirata a Grosio o presso lo stesso Rinaldi, o presso l'albergatore Gilardi. La tassa di pernottamento era di L. 1 per i Soci CAI e L. 2 per i non Soci (che dovevano pagare L. 1 per il solo ingresso). Dopo la II Guerra mondiale andò completamente in abbandono e fu ristrutturata nel 1955, "riconquistando il suo posto dignitoso fra le Capanne delle nostre Alpi".
Nei successivi anni settanta le intemperie e le inciviltà la resero nuovamente inservibile, ma nonostante questo i visitatori continuavano ad aumentare (dai 37 registrati nel 1968 si passò ai quasi 200 nel 1974). Rischiando di andare in completa rovina, ottimo punto d'appoggio per quel gruppo montuoso ma soprattutto baluardo della cultura alpinistica di queste montagne, fu acquistata per un prezzo simbolico dalla Sezione di Bormio del CAI che provvide, nel 1982 al suo completo rifacimento, lasciando inalterata la struttura esterna in muratura… Attrezzatura: posti letto 14. stoviglie, fornello a gas. Acqua all'esterno della Capanna, a circa dieci minuti di cammino. sotto la morena che scende verso il Lago Negro in Val d'Avedo, sottostante.”


Scendendo in Val Cantone di Dosdé

Per chiudere la tappa dobbiamo ora scendere in Val Cantone di Dosdè. La discesa non è difficile, ma richiede attenzione ai segnavia. Nella prima parte della discesa dal passo ci muoviamo fra blocchi e sfaciumi, poi raggiungiamo una più tranquilla traccia che scende gradualmente fra magri pascoli e pietrame. Siamo sul lato di sinistra (per noi) della valle e ne assecondiamo l'andamento volgendo gradualmente a destra.


Discesa dal passo di Dosdè

Discesa dal passo di Dosdè

Discesa dal passo di Dosdè

Discesa dal passo di Dosdè

Discesa in Val Cantone di Dosdè

Val Cantone di Dosdè

Raggiunto il punto mediano della passiamo da sinistra a destra del torrente che corre al suo centro, raggiungendo la malandata Baita del Pastori (m. 2361). Qui ignoriamo la deviaizone a destra per il bivacco Caldarini e seguendo le indicazioni di un cartello proseguiamo sul largo sentiero che scende gradualmente a destra del torrente, verso nord. A quota 225 un ponte ci riporta sul lato sinistro della valle e procediamo in direzione dell'alpe Dosdè. Alla nostra destra, leggermente rialzato, il rifugio Federico in Dosdè, al quale possiamo portarci per pernottare.


Il rifugio Federico in Dosdè (clicca qui per ingrandire)

Se preferiamo il rifugio Val Viola, proseguiamo verso le baite dell'alpe Dosdé (m. 2129). Seguiamo poi la stradella che supera il torrente di Val Viola e sale ad intercettare la pista principale che risale l'intera Val Viola Bormina. Seguendola verso sinistra, saliamo gradualmente al ripiano terminale, poco sotto il passo di Val Viola, che ospita i laghi di Val Viola ed il rifugio Val Viola (m. 2315).


Apri qui una panoramica della Val Cantone di Dosdé

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

MALGHERA-PASSO DI VERMOLERA

VARIANTE A: PASSO DI VERMOLERA-EITA

VARIANTE B: PASSO DI VERMOLERA-PASSO DI DOSDE'

VARIANTE B: PASSO DI DOSDE'-RIFUGIO VAL VIOLA (O FEDERICO IN DOSDE')

Mappa del percorso - elaborata su un particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

GALLERIA DI IMMAGINI

   

APPENDICE: Viene qui di seguito riportata la relazione di Paolo Pero, professore di Storia Naturale al Liceo
“G. Piazzi” di Sondrio, sul lago del Palù (nella raccolta “I laghi alpini valtellinesi”, Padova , 1894).







APPENDICE: Viene qui di seguito riportata la relazione di Paolo Pero, professore di Storia Naturale al Liceo “G. Piazzi” di Sondrio, sul lago Nero e sui laghi di Tres (nella raccolta “I laghi alpini valtellinesi”, Padova , 1894)




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