CARTA DEL PERCORSO in Val Lesina sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la mappa on-line


La seconda giornata del sentiero prevede la traversata dell’intera Val Lésina e l’ingresso, dopo un breve passaggio sul versante orobico che dà direttamente sulla bassa Valtellina, in Val Geròla. Si tratta di una tappa caratterizzata, almeno nella prima parte, da silenzi, da un senso di solitudine profonda ed insieme di ritorno alle origini. Una montagna nascosta, non aspra, ma severa, lontana dagli scenari familiari a chi ha negli occhi frotte di turisti ed attrattive che rendano gradevole il soggiorno montano. Qui tutto parla ancora della durezza che, da sempre, anche se in misura diversa, segna il vivere in montagna.
Muoviamo, dunque, i primi passi, al cospetto della dirupata parete nord del monte Legnone, il cui corno massiccio segna il limite occidentale della catena orobica. Lasciata l’alpe Legnone, attraversiamo, rimanendo in quota, l’alta val Galida, ignoriamo la deviazione che sale, con un percorso ardito, verso la bocchetta del Legnone (si tratta della prosecuzione della mulattiera militare risalente alla Prima Guerra Mondiale, che abbiamo seguito dall’alpe Piazza Calda), ed affrontiamo, salendo leggermente, le propaggini di un lungo dosso (il Dosson di Zocche),
per poi scendere, con stretti tornanti, all’alpe Cappello, rimanendo più alti rispetto alle baite dell’alpe e passando nei pressi del ben visibile Baitone (m. 1640), al quale giunge anche un sentiero che sale dall’alpe. Si tratta di una zona soggetta a slavine, come testimonia un paravalange costruito per riparare l’edificio. Una seconda salita si rende necessaria per tagliare il dosso che scende dal Pizzo Val Torta (m. 1898), a sua volta propaggine dello sperone roccioso che scende verso nord-est dalla cima di Moncale (m. 2306).
Ci riportiamo, quindi, ad una quota che si aggira intorno ai 1730 metri, per poi tornare a scendere, fino ai 1557 metri della casera di Luserna, posta al centro dell’anfiteatro di origine glaciale che si distende ai piedi della cima del Cortese (m. 2512). Ci attende ora una traversata verso il crinale di un terzo dosso, ai piedi del Dosso (m. 1909), propaggine dello sperone che scende, verso nord-ovest, dal Pizzo Stavello di Luserna (m. 2259). Sul crinale troviamo un primo possibile punto di appoggio attrezzato per il pernottamento, la casera del Dosso (m. 1513).
Il sentiero passa sopra le baite e prende a salire verso sud per una trentina di metri, prima di iniziare un nuovo traverso in direzione est e, superato un dosso, sud-est. Mantenendosi intorno alla quota 1540, raggiunge, dopo aver oltrepassato un vallone e piegato verso nord-est, la casera di Stavello (m. 1551), anch’essa possibile punto di appoggio per il pernottamento.
Manca all’appello un’ultima baita, nella compagine delle diverse casere che testimoniano una ricca tradizione casearia ancora oggi parzialmente viva nella valle: si tratta della casera di Mezzana (m. 1430), alla quale scendiamo tagliando un dosso ed attraversando il fianco boscoso che costituisce il versante settentrionale delle propaggini di nord-est del pizzo Stavello.
Completiamo così la traversata degli alpeggi della valle, calando nel cuore del più orientale fra i suoi rami superiori (che conserva il nome dell’intera valle). Alla casera, nel periodo estivo, troveremo i pastori che caricano l’alpe, raggiungendola con l’aiuto di qualche motocicletta.
Scendiamo, quindi, al ponticello che attraversa il torrente
e, seguendo le indicazioni, imbocchiamo un sentierino che taglia, verso nord-nord-est (sinistra), il lungo e selvaggio fianco montuoso occidentale che scende dai pizzi Olano (m. 2267) e dei Galli (m. 2217). La traccia non è sempre evidente, ma, con un po’ di attenzione, non la possiamo perdere. Nella traversata valichiamo il solco della val Tremina
e della val Pescia,
e possiamo avvalerci,
in un punto che richiede maggiore attenzione,
dell’ausilio di corde fisse.
La traversata di questi luoghi veramente selvaggi ci porta al limite inferiore del Dosso Paglieron (Paierùn, in dialetto, dalla caratteristica erba di colore paglierino che si trova assai frequentemente alle quote alte).
Qui troviamo, a quota 1633, una baita, avamposto dell’alpe Piazza, che raggiungiamo guadagnando, con qualche tornante, il bellissimo crinale che scende verso nord-ovest dal pizzo dei Galli.
Eccoci, dunque, a quota 1844: da questo poggio panoramico possiamo gettare uno sguardo alla valle che ci accingiamo a lasciare, per poi ammirare l’imponente scenario retico che si para di fronte ai nostri occhi, e che, nel prosieguo del cammino, avremo modo di contemplare da molti altri suggestivi osservatori.
L’impressione è quella di chi, improvvisamente, esce all’aperto e guadagna, dopo un lungo cammino nel cuore di una montagna suggestiva, ma raccolta e chiusa, un respiro più ampio. Dobbiamo, ora, scendere, verso nord-est (destra), all’alpe Tagliata, sul versante Valtellinese sopra Cosio Valtellino. Presso la casera dell’alpe (m. 1523), lasciamo la strada, che prosegue nella discesa verso i Bagni dell’Orso (per poi ricongiungersi con la strada che da Morbegno sale in Val Gerola), e, prendendo a destra, in direzione sud est, iniziamo, in graduale salita, una nuova traversata, all’ombra di un fresco bosco di abeti,
raggiungendo il solco della Valle di Cosio Valtellino, dove troviamo anche, a quota 1703, le baite di una piccola alpe.
La traversata prosegue sul lato opposto della valle, guadagnando quota 1750,
per poi tornare a scendere ai 1700 metri circa dell’alpe Olano.
Piegando a destra, passiamo poco sopra i 1702 metri del monte Olano, segnalato da una ben visibile croce
e caratterizzato da un delizioso microlaghetto,
e saliamo in direzione
della casera di Olano (m. 1792, nella conca ai piedi del pizzo di Olano), fino ad incontrare la deviazione, sulla sinistra, che permette di superare, intorno a quota 1750, la valle denominata Il Fiume, raggiungendo, dopo una traversata sul versante opposto, la Baita del Prato (m. 1715). Siamo ormai decisamente entrati in Val Gerola, e siamo sul largo dosso che scende, verso nord-est, dalla ben visibile Cima della Rosetta (m. 2142).
Il sentiero prosegue, ora, verso il solco della Val Mala, in direzione dell’alpe Ciof, cioè verso sud, iniziando la lunga traversata degli alpeggi del versante occidentale della Val Gerola, fino al rifugio di Trona Soliva. Possiamo però riservare questo ulteriore segmento del nostro cammino alla terza giornata e scendere a pernottare al rifugio Bar Bianco (m. 1506). La facile discesa avviene seguendo il crinale del dosso, in direzione nord-est. Ci attendono ora orizzonti più gentili. Ma quello che ci attende, nell’immediato, è un sonno ristoratore, quel che ci vuole dopo circa 6 ore di cammino ed un dislivello in salita di circa 700 metri. Per sapere cosa ci riserva a prosecuzione del sentiero, apri la presentazione della terza giornata.

 

 

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