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Apri qui una panoramica dalla cima del Sasso Alto

Il monte Motta, detto anche Sasso Alto (“sas òlt”), è la cima che, con i suoi 2336, sovrasta Chiesa Valmalenco (sgésa), ed è raggiunta dalla cabinovia che permette agli sciatori di raggiungere la parte alta delle piste del Palù. Intorno a questa cima si possono descrivere due interessanti anelli, uno di mountain-bike ed uno escursionistico. Entrambi hanno come punto di partenza ed arrivo il paese di Chiesa, baricentro della Valmalenco, posto, a 960 metri, alla confluenza del Màllero, che scende dall’alta Valmalenco (val del màler), e del torrente Lanterna, che scende dalla valle omonima, a 15,5 km da Sondrio.


Apri qui una fotomappa dei sentieri intorno al lago Palù

L’anello di mountain-bike, quasi interamente ciclabile, è ampio e sfrutta il passo di Campolungo (m. 2167), immediatamente a nord del monte Motta, per passare dall’alpe Palù, sul versante dell’alta Valmalenco, ad ovest, all’alpe Campolungo, sul versante della val Lanterna, ad est. L’alpe Palù, poi, è raggiunta comodamente sfruttando la strada asfaltata che sale da Chiesa a San Giuseppe (san giüsèf o giüsèp), proseguendo sulla pista per i Barchi (barch, maggengo già citato in un documento del 1556 nella formula “ad barchos” – dal termine lombardo “barch”, che significa tettoia, ricovero per gli animali o deposito per gli attrezzi) ed il rifugio Palù e traversando da questo all’alpe; dall’alpe Campolungo, invece, si scende su pista al Dosso dei Vetti (dus di vét), si prosegue la discesa con la bici in spalla fino a Campo Franscia (localmente solo “franscia”; l’aggiunta di “Campo-“ si deve ad una situazione curiosa: la Guardia di Finanza progettò di costruire a Campomoro una caserma; il progetto, però, mutò e la scelta cadde su Franscia, ma nei documenti, già pronti, venne cancellato solo –moro, sostituito con –franscia; così nacque il toponimo “Campofranscia”) e si risale in sella per tornare a Chiesa sulla strada asfaltata che risale la Val Lanterna.


Apri qui una fotomappa della zona Sasso Nero-Lago Palù-Monte Motta

Partiamo, dunque, da Chiesa in Valmalenco, imboccando la strada che, dal suo limite nord-occidentale, sale a San Giuseppe e prosegue per Chiareggio. Nel primo tratto passiamo, su un ponte (m. 1141), dal lato sinistro (per noi) a quello destro del Mallero (màler), ed attraversiamo la zona dei giuèl (così si chiamavano le cave, dove lavoravano i giuelè, gruppi di cavatori costituiti dalle tre alle dieci unità), dove la valle si fa più stretta ed il paesaggio è segnato dalle cave di serpentino scisto (giuèl del sas di còrf). La strada comincia, poi, ad inanellare una serie di tornanti ed a guadagnare rapidamente quota, passando per la località di Val Rosera (m. 1279) e superando l’alto gradino che separa la piana di Chiesa dall’ampia e gentile piana di San Giuseppe, che raggiungiamo dopo 6 km.


Apri qui una fotomappa del versante orientale del Monte Motta

La località è costituita da un nucleo di case e baite, con una chiesetta costruita nel 1926, sul lato sinistro della strada. Il panorama è dominato, verso nord, dalla triade di cime costituita, da destra, dal Sasso d’Entova (sasa d’éntua, m. 3329), dal pizzo Malenco (m. 3438) e dal pizzo delle Tre Mogge (piz di tremögi, m. 3441; le tre vette, nel loro insieme, erano chiamate, localmente, “tremögi”; la denominazione distinta deriva da un interesse alpinistico).


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Superata la chiesetta, troviamo, sulla destra, la deviazione per il rifugio Sasso Nero e per i Barchi. La strada conduce all’ampio piazzale del rifugio Sasso Nero, proseguendo, poi, fino ai Barchi (barch, maggengo già citato in un documento del 1556 nella formula “ad barchos” – da “barch”, tettoia di uso agricolo -), dove si trova il rifugio omonimo (m. 1698), a 2,5 km da S. Giuseppe. La salita continua su una pista sterrata che porta al rifugio Palù (m. 1947), collocato, in posizione leggermente rialzata, nei pressi del grande lago omonimo (m. 1921), a 2 km dai Barchi.


Lago Palù

Prima di raggiungere il rifugio, però, troviamo una pista che si stacca sulla destra e passa ad ovest del lago: dobbiamo imboccarla e percorrerla interamente, nel suggestivo scenario della splendida pineta del Palù, fino a raggiungere l’alpe Palù (m. 2007), dopo 1,5 km circa dalla deviazione. La pista piega quindi a sinistra e passa a sud delle baite dell’alpe, poste in una bella conca di prati. Percorrendola, tagliamo una pista di sci e puntiamo alla ben visibile sella del passo di Campolungo (m. 2167), posto fra il monte Motta, a sud (cioè alla nostra destra) ed il monte Roggione (crèsta del rungiùm, m. 2361) a nord (cioè alla nostra sinistra).

Rifugio Motta

Se interrompiamo per una breve sosta la pedalata verso il passo, possiamo ammirare lo scenario molto ampio che si è aperto alle nostre spalle, cioè ad ovest: sulla sinistra, cioè verso sud-ovest, fanno capolino il pizzo di Cassandra (m. 3226) e la cima del monte Disgrazia (m. 3678), coperto dal massiccio monte Braccia (còrgn de bracia, m. 2909), sul versante orientale della Val Orsera (val d'ursàra o d'ursèra), e dalla cima del Duca (m. 2953) e dalla punta Rosalba (m. 2803), sul suo versante occidentale. A destra della punta Rosalba si distingue la sella del bocchel del Cane (m. 2551), per la quale si può effettuare la traversata dalla Val Orsera (val d'ursàra o d'ursèra) alla Val Ventina (val de la venténa), cioè da San Giuseppe a Chiareggio. Più a destra, si apre un suggestivo scorcio dell’alta Valmalenco: si mostra la Val Bona (val buni), con la bocchetta del Forno (“buchèl bas”, in passato, “la buchèta”, “buchèta del fùren” o “buchèta del fórn”, più recentemente; m. 2775) e, alla sua destra, il monte omonimo (m. 3214). Proseguiamo nella carrellata in senso orario: a destra della Val Bona si impone il massiccio bastione del Sasso di Fora (sasa de fura o sasa ffura, m. 3318), da cui scendono le valli Nevasco (navàsch) e Forasco (furàasch). Dopo un’ampia depressione sul crinale italo-svizzero, sulla quale è posto il passo di Tremoggia (buchèta o pas di tremögi, m. 3014), ritroviamo la triade Tremoggia-Malenco-Entova. Più a destra, la mole massiccia del Sasso Nero (m. 2921) chiude l’orizzonte settentrionale. Ai suoi piedi, si stende la pineta del Palù ed il lago omonimo, che da qui dominiamo.


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Riprendiamo la salita al passo: troveremo, sulla destra, una deviazione, con un cartello che segnala il rifugio Motta (m. 2236), cui possiamo salire dopo un breve tratto caratterizzato dalla pendenza accentuata. Il rifugio è posto sul balcone roccioso che si affaccia sulla bassa Valmalenco, che possiamo, quindi, in gran parte abbracciare con lo sguardo. Eccellente il panorama. Possiamo ammirare a sud-ovest il pizzo di Cassandra (m. 3226) e la cima del monte Disgrazia (m. 3678), che emerge dal massiccio monte Braccia (còrgn de bracia, m. 2909), sul versante orientale della Val Orsera (val d'ursàra o d'ursèra), e dalla cima del Duca (m. 2953) e dalla punta Rosalba (m. 2803), sul suo versante occidentale. A destra della punta Rosalba si distingue la sella del bocchel del Cane (m. 2551), per la quale si può effettuare la traversata dalla Val Orsera (val d'ursàra o d'ursèra) alla Val Ventina (val de la venténa), cioè da San Giuseppe a Chiareggio. Più a destra, si apre un suggestivo scorcio dell’alta Valmalenco: si mostra la Val Bona (val buni), con la bocchetta del Forno (“buchèl bas”, in passato, “la buchèta”, “buchèta del fùren” o “buchèta del fórn”, più recentemente; m. 2775) e, alla sua destra, il monte omonimo (m. 3214). Proseguiamo nella carrellata in senso orario: a destra della Val Bona si impone il massiccio bastione del Sasso di Fora (sasa de fura o sasa ffura, m. 3318), e la triade Tremoggia-Malenco-Entova. Più a destra, la mole massiccia del Sasso Nero (m. 2921).

Panorama dal monte Sasso Alto

Proseguendo in senso orario, a nord, dietro monte delle Forbici, cime di Musella (m. 2990, 3079, 3094), cima di Caspoggio (m. 3136) e Sasso Moro (m. 3108) ecco emergere, ben visibili, le grandi cime della testata della Valmalenco, cioè il pizzo Roseg (m. 3936), il pizzo Scerscen (m. 3971), il pizzo Bernina (m. 4049), la Cresta Güzza (m. 3869), il pizzo Argient (m. 3945), il pizzo Zupò (m. 3995), mentre restano nascoste dietro il Sasso Moro le tre cime del pizzo Palù (m. 3823, 3906 e 3882). Infine, a nord-est, ancora e sempre il pizzo Scalino (m. 3323) sembra bearsi della sua singolare eleganza. Molto interessante è anche il panorama a sud, che mostra, lontana, la sezione centrale della catena orobica. Più vicina è invece la grande conca di Chiesa Valmalenco, Caspoggio e Lanzada, ma attenzione a non sporgersi troppo per ammirarla, perché il versante meridionale del Sasso Alto è ben diverso da quello che abbiamo salito, in quanto, come indica il nome stesso, propone verticali salti di roccia.


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Tornati alla pista per il passo di Campolungo (che dista 1,3 km circa dall’alpe Palù), lo raggiungiamo in breve tempo, passando dall’alta Valmalenco alla Val Lanterna. Un ultimo sguardo ad ovest ci permette di salutare, sulla sinistra, la cima del monte Disgrazia, ora meglio visibile, mentre più a destra, lontane, si possono riconoscere le cime di Rosso (m. 3369) e di Vazzeda (m. 3297), che chiudono ad ovest la Val Sissone (val de sisùm).
Il passo di Campolungo (m. 2167) è sorvegliato, a nord, dall’aspro spigolo meridionale del monte Roggione, e ci introduce all’amena e verdeggiante conca dell’alpe Campolungo (m. 2110). Altre cime si offrono, ora, al nostro sguardo: da sinistra, le cime di Musella (m. 2990, 3079, 3094; alla loro destra, la cima di Caspoggio, m. 3136; queste vette sono chiamate, però, localmente, nel loro complesso, “sas di fòrbes”), che chiudono la parte alta dell’omonima alpe, e, alla loro destra, la cima di Caspoggio (m. 3136) ed il Sasso Moro (m. 3108). Si tratta di una bella cornice alpina, che però ci impedisce di ammirare interamente le più possenti cime della testata della Valmalenco, che si intravedono alle loro spalle, cioè i pizzi Roseg (da “rösa” o “rosa”, massa di ghiaccio), Scerscen, Bernina, Argient e Palù. Proseguendo verso destra, cioè in guardando verso nord-est ed est, due cime si impongono allo sguardo, il monte Spondascia (m. 2867), che domina la diga di Campomoro (dighe de cammòor), ed il pizzo Scalino (m. 3323), ai cui piedi si stende l’alpe Prabello. Se guardiamo, infine, a sud vediamo il punto di arrivo degli impianti di risalita del Palù, che corrisponde alla cime del monte Motta.

Alpe Campolungo

La pista scende alle baite dell’alpe Campolungo (canlùunch, m. 2110), collocate in falsopiano sulle pendici orientali del monte Roggione; quest'alpeggio, nella divisione degli alpeggi del 1544, venne assegnato alle squadre di Milirolo e Campo (Torre S. Maria), ed è stato caricato, fino agli anni sessante del secolo scorso, da alpeggiatori della frazione Ciappanìco di Torre. La pista prosegue, quindi, con tratti anche piuttosto ripidi, nella cornice di splendidi boschi di conifere. A quota 1830 metri ci troviamo ad un trivio, segnalato da un cartello, in quanto confluiscono nella pista il sentiero che scende dal bocchel del Torno (buchèl di tórn, o tùrn) e la bella mulattiera che proviene dall’alpe Campascio (campàasc). Il bocchel del Torno (m. 2203) è, in un certo senso, il passo gemello rispetto a quello di Campolungo, in quanto è posto, simmetricamente, a nord del monte Roggione. Un sentiero che parte dal rifugio Palù e passa per l’alpe Roggione (m. 2007) lo raggiunge, e poi scende fino al trivio che abbiamo raggiunto: è il primo tratto della quinta tappa dell’Alta Via della Valmalenco, dal rifugio Palù al rifugio Marinelli. La quinta tappa prosegue sulla mulattiera per l’alpe Campascio (campàasc, m. 1844), che punta a nord e raggiunge la piana dell’alpe dopo aver superato il torrente Scerscen su un ponte di legno.
Noi, invece, proseguiamo sulla pista in direzione sud-est, passando, dopo un breve tratto, a destra di un ameno cocuzzolo e raggiungendo l’edificio dell’ex-rifugio Scerscen (m. 1813, a 2 km. circa dal passo di Campolungo), cui fa da cornice, ad est, l’inconfondibile piramide del pizzo Scalino. Qui la pista termina, lasciando il posto ad una mulattiera con fondo irregolare.
L’ulteriore discesa in mountain-bike è ostacolata non solo dall’irregolarità del fondo, ma anche dai canaletti per la regimentazione delle acque piovane, che hanno un bordo rialzato in pietra. Ci conviene, dunque, scendere, con calma, a piedi, lungo il Dosso dei Vetti (dus di vét), in direzione della conca di Campo Franscia, posta in alta Val Lanterna, alla confluenza del vallone di Scerscen, ad ovest, e della valle di Campo Moro, ad est.
Raggiunte le case alte di Campo Franscia, possiamo risalire in sella, scendendo ad intercettare, a 1521 metri, la strada che sale da Lanzada e prosegue per la diga di Campo Moro. Non ci resta, ora, che scendere su questa strada, per 8 km, fino a Lanzada (prestando attenzione in alcune gallerie non illuminate: indossiamo indumenti catarifrangenti per renderci visibili ai veicoli). Un paio di chilometri ancora, e l’anello è chiuso: da Lanzada, infatti, torniamo a Chiesa, dove recuperiamo l’automobile.
Abbiamo percorso circa 26 km in sella, cui vanno aggiunti circa 2,5 km a piedi, superando un dislivello in altezza approssimativo di 1210 metri. Il tempo necessario può essere valutato in 4 ore.

ANELLO DEL MONTE MOTTA

Punti di partenza ed arrivo (anello escursionistico)
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Curlo-Albareda-Piazzetto-Alpe Palù-Rif. Motta-Cima Sassa-Ponte-Curlo
6 h
1180
E
SINTESI DELL'ANELLO ESCURSIONISTICO. Portiamo alla frazione Curlo di Chiesa in Valmalenco. Alle spalle delle ultime case, sul lato di nord-ovest del paese, parte, dalla quota di circa 1060 metri, un sentiero, segnalato da un cartello della Comunità Montana Valtellina di Sondrio, per la località Albareda un nucleo di baite a 1450 metri. Il sentiero in diversi punti si fa stretto e labile, ma non lo si può perdere. Superato un primo gruppo di baite, passiamo accanto ad un grande roccione nerastro, dalla superficie cava ed arrotondata. Il sentiero continua la sua salita, oltre le baite, raggiungendo la parte alta delle cave di serpentino. Vicino ad un roccione con un segnavia rosso-bianco-rosso troviamo un cartello che indica la prosecuzione del sentiero, che passa per Agnisci e Piazzetto, per terminare a Palù. Una scala metallica ci aiuta a superare un nuovo roccione, raggiungendo il limite superiore delle cave. Il sentiero, oltrepassate le case di Ca’ Agnisci (m. 1519), effettua una breve traversata in una macchia, uscendone in corrispondenza delle baite del Piazzetto (m. 1679). Superate le ultime baite, rientra in pineta. I segnavia rosso-bianco-rossi ci guidano quando la traccia comincia a salire: ignorando alcune deviazioni a sinistra, guadagniamo ulteriormente quota, in direzione est, fino ad uscire dalla pineta poco a valle degli impianti di risalita del Palù, che raggiungiamo percorrendo una ripida pista sterrata. Salendo ancora, ci congiungiamo con la pista che proviene dal lago Palù. Seguendola, passiamo a destra della piana dell’alpe Palù e, imboccando la deviazione a destra, possiamo raggiungiamo il rifugio Motta (m. 2236). A poca distanza dal rifugio, in direzione est (cioè in direzione della cima del monte Motta), troviamo il cartello che indica la partenza del sentiero che scende a destra per Ponte, Lanzada e Curlo. Nel primo tratto il sentiero supera una fascia di rocce e, in alcuni tratti esposti, è servito da corde fisse. Raggiungiamo, così, una fascia di prati, che attraversiamo in discesa, prima di entrare in una pineta. Il sentiero, scendendo in direzione sud-est, conduce ai prati di Cima Sassa (m. 1721). Da Cima Sassa il sentiero (o la più lunga pisa sterrata) prosegue nella discesa, volgendo ora ad ovest, fino alla conca dei prati di Ponte, dove si trova il rifugio Ponte. Scesi sul limite basso di destra dei prati, cerchiamo il sentiero che scende in direzione sud-ovest, sul filo di un dosso, piegando bruscamente a destra (nord-ovest) a quota 1300, per poi uscire dal bosco, sperare il vallone del Rovinone e tornare a Curlo.

Vediamo, ora, l’anello escursionistico, anch’esso centrato sul monte Motta, con partenza ed arrivo a Chiesa Valmalenco. In questo caso dobbiamo portarci alla frazione del Curlo (córlu, o cùrlu). Per farlo, portiamoci alla rotonda fra Lanzada e Chiesa, svoltiamo per Chiesa, passando nei pressi del punto di partenza della cabinovia che sale al monte Motta e, prima di salire a Chiesa, svoltiamo a destra, seguendo le indicazioni per il Curlo e salendo nel cuore della frazione per qualche tornante, fino a trovare un piccolo parcheggio dove possiamo lasciare l’automobile.
Alle spalle delle ultime case, sul lato di nord-ovest del paese, parte, dalla quota di circa 1060 metri, un sentiero, segnalato da un cartello della Comunità Montana Valtellina di Sondrio, per la località Albareda ("l bareda", maggengo a monte del "giuèl del sas di còrf"; il termine deriva probabilmente, come Albaredo, da “arboretum” e da “arbor”, pioppo). Si tratta di un nucleo di baite, a 1450 metri, arroccate sul ripido versante di prati e roccioni che si affaccia, a precipizio, da nord-est, sul solco del Mallero (màler). Il sentiero in diversi punti si fa stretto e labile, ma non lo si può perdere.
Superato un primo gruppo di baite, passiamo accanto ad un grande roccione nerastro, dalla superficie cava ed arrotondata, che ha tutta l’aria di nascondere qualche fascinoso antichissimo enigma. Verso ovest, cioè alla nostra sinistra, è, invece, ben visibile il monte Braccia (m. 2909). Il sentiero continua la sua salita, oltre le baite, raggiungendo la parte alta delle cave di serpentino.

 

Avvicinandoci ai roccioni a monte dei prati, troviamo anche un singolare e suggestivo incontro con la storia. Un masso squadrato infisso su un lato, con la riproduzione della testa di un soldato inscritta in uno scudo. Sopra, in testo in greco. E' la riproduzione di una lapide che commemora i 300 spartani morti alle Termopili (cfr. film Trecento), con testo composto dal poeta Simonide:

«ω ξεῖν᾿, αγγέλλειν
Λακεδαιμονίοις οτι τοδε
κείμεθα, τοις κείνων
ρήμασι πειθόμενοι»

«O straniero, annuncia
agli Spartani che qui
noi giacciamo in ossequio
alle loro leggi»

La vicenda del sacrificio eroico dei Trecento Spartani che sbarrarono alla strada all’esercito Persiano sfruttando lo stretto passaggio nella roccia delle Termopili è fra le più note e celebrate della storia greca. In questo luogo solitario, un po’ arcano, l’improvviso slittamento temporale evoca una potente suggestione. La legger spartana, menzionata nei versi poetici, chiede ad ogni soldato di cadere piuttosto che fuggire di fronte al nemico. “Sullo scudo o con lo scudo”, pare dicessero le madri spartane ai loro figli in partenza per una campagna militare, auspicando che tornassero da morti o da vincitori, mai da fuggitivi. Cambia, nei secoli, anche la modalità dell’essere madri…

Vicino ad un roccione con un segnavia rosso-bianco-rosso troviamo un cartello che indica la prosecuzione del sentiero, che passa per Agnisci e Piazzetto, per terminare a Palù. Una scala metallica ci aiuta a superare un nuovo roccione, raggiungendo il limite superiore delle cave. Il sentiero, oltrepassate le case di Ca’ Agnisci (m. 1519), effettua una breve traversata in una macchia, uscendone in corrispondenza delle baite del Piazzetto (m. 1679), alle quali giunge anche una pista sterrata che si stacca dalla strada Chiesa-San Giuseppe. Se guardiamo dal Piazzetto in direzione nord-ovest possiamo riconoscere, in una breve finestra che si apre sull’alta Valmalenco, dove domina la massiccia mole del Sasso di Fora (m. 3318), mentre alla sua sinistra, defilata, si mostra l’elegante piramide del monte del Forno (fùren, o fórn, ma anche munt rus, m. 3214). A sinistra del monte del Forno si riconosce il bocchel del Cane, in Val Orsera (val d'ursàra o d'ursèra), ed ancora più a sinistra la punta Rosalba (m. 2803). Verso ovest il panorama è chiuso dal monte Braccia (m. 2909), sul cui ripido versante orientale è posta l’alpe Girosso (giròos).
Il sentiero, superate le ultime baite, rientra nel bosco. Si tratta di una splendida pineta. I segnavia rosso-bianco-rossi ci guidano quando la traccia comincia a salire: ignorando alcune deviazioni a sinistra, guadagniamo ulteriormente quota, in direzione est, fino ad uscire dalla pineta poco a valle degli impianti di risalita del Palù, che raggiungiamo percorrendo una ripida pista sterrata.
Salendo ancora, ci congiungiamo con la pista che proviene dal lago Palù e che abbiamo già menzionato nella relazione sul percorso di mountain-bike. Seguendola, passiamo a destra della piana dell’alpe Palù e, imboccando la deviazione a destra, possiamo, così, raggiungere il rifugio Motta (m. 2236), dopo circa 3 ore di cammino, necessarie per superare 1180 metri di dislivello.
Se siamo saliti al rifugio, ci conviene chiudere l'anello con una variante breve, che lascia la cima del monte Motta alla nostra sinistra e prevede una discesa diretta dal rifugio alla località di Cima Sassa (m. 1721) e di qui alla località Ponte (m. 1521), dalla quale parte un sentiero che scende direttamente alla frazione del Curlo. Se optiamo per questa soluzione, dobbiamo cercare, a poca distanza dal rifugio, in direzione est (cioè in direzione della cima del monte Motta), il cartello che indica la partenza del sentiero per Ponte, Lanzada e Curlo.

Alpe Campolungo

Nel primo tratto il sentiero supera una fascia di rocce e, in alcuni tratti esposti, è servito da corde fisse. Raggiungiamo, così, una fascia di prati, che attraversiamo in discesa, prima di entrare in una pineta. Il sentiero, scendendo in direzione sud-est, conduce ai prati di Cima Sassa (m. 1721), ameno nucleo di baite sorvegliato dal pizzo Scalino, che chiude il panorama a nord-est. Alla Cima Sassa giunge anche un sentiero, segnalato da un cartello, che proviene da Campo Franscia, e che possiamo utilizzare se scegliamo di percorrere la variante più ampia dell’anello.
Da Cima Sassa il sentiero prosegue nella discesa, volgendo ora ad ovest, fino alla conca dei prati di Ponte, dove si trova il rifugio omonimo. A Ponte giunge anche una pista sterrata che parte dall’ultimo tornante destrorso (per chi sale) della strada asfaltata che da Lanzada conduce a Campo Franscia, ma a noi, a meno che non disponiamo di una seconda automobile parcheggiata nella piazzola sul tornante, questa non interessa. Dobbiamo, invece, sfruttare il sentiero che lascia Ponte per scendere al Curlo, superando alcune vallecole ed il vallone del Rovinone (acqua de zumpràa).
Anche la variante più ampia dell’anello passa per Cima Sassa e Ponte, ma raggiunge la prima località per un giro più ampio, cioè sfruttando un sentiero che si stacca, sulla destra, dalla mulattiera che dal Dosso dei Vetti (dus di vét) scende a Campo Franscia. In questo caso, dunque, dobbiamo salire al passo di Campolungo per la sterrata che passa presso l’alpe Palù (la deviazione per il rifugio Motta è, dunque, un fuori-programma non necessario), seguendo, poi, in discesa il medesimo itinerario descritto per l’anello di mountain-bike, fino a trovare, poco sopra Campo Franscia, una deviazione a destra, segnalata, per la località Piodè, che si trova, a 1655 metri, sopra le cave di amianto a sud di Campo Franscia. Da Piodè il sentiero prosegue, assumendo la direzione ovest-sud-ovest, fino ad intercettare un sentiero che proviene da destra. Piega, poi, leggermente a sinistra (direzione sud-ovest) e comincia a scendere fino al limite dei prati di Cima Sassa.
Se, infine, disponiamo di una seconda automobile a Campo Franscia, possiamo chiudere qui il secondo anello, ignorando la deviazione per Piodè e scendendo alle case di questa località.
L’anello Curlo-Campolungo-Curlo comporta, nella versione breve, un dislivello in altezza di 1180 metri e circa 4 ore e mezza di cammino. La versione più lunga comporta, invece, un dislivello minore (1100 metri circa), ma richiede più tempo, vale a dire circa 5 ore e mezza di cammino.


Campo Franscia

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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