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La seconda giornata dell’anello
(o la prima, per chi parte da Campo Tàrtano) è dedicata
ad un’interessante traversata dalla Val di Tàrtano
alla Val Madre, o meglio dalle laterali val Vicima e val Bernesca,
attraverso il passo di Vicima. Si tratta di uno dei cinque possibili
itinerari che congiungono le due valli, il più basso, o settentrionale.
Infatti interessa quella parte della Val di Tàrtano che è
ben visibile anche dalla zona della bassa Valtellina compresa fra
Talamona ed il morbegnese. Guardando da qui in direzione della Val
di Tàrtano si scorgono, da nord,
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il poco pronunciato Crap
del Mezzodì, il più alto Culmine di Campo, l’esile
cima della Zocca ed il solco della Val Vicima.
La traversata può avvenire in due modi, a seconda che si
decida di salire per l’intera val Vicima oppure di raggiungerne
il settore mediano con un ampio semicerchio, che ci permette di
salire alla cima della Zocca (o cima D’Assola, m. 2166). Raccontiamo per prima quest’ultima,
più lunga, ma anche più interessante e panoramica
possibilità. Lasciata l’automobile nella frazione di
Somvalle, appena oltre Campo, |
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cerchiamo, alle spalle della
graziosa piazzetta del borgo (dove una fresca fontana ci può
aiutare a rifornirci di un’adeguata scorta d’acqua),
il sentiero che sale all’alpe di Àssola. La prima parte
del sentiero si lascia alle spalle i prati che sovrastano le case,
supera un casello dell'acqua |
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e prosegue diritta per un buon
tratto, disegnando una lunga diagonale verso sud est e raggiungendo
il crinale di un largo dosso. La salita è piuttosto faticosa,
e qualche pausa permette non solo di riprendere fiato, ma anche
di godere di buoni scorci panoramici sul Culmine di Campo, su Campo
Tàrtano e sulla bassa Valtellina. |
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Improvvisamente, il sentiero
volge quindi ad est, |
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e troviamo una serie di nervosi
tornanti, che ci fanno guadagnare rapidamente quota, sempre rimanendo
nel bosco. |
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Dopo un ultimo tornante sinistrorso,
percorriamo un tratto verso nord-est, che ci porta proprio sullo
spigolo del dosso. Uno squarcio nella vegetazione ci regala un suggestivo
colpo d'occhio su Campo Tàrtano, che appare sotto di noi. |
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Poi abbandoniamo la luce per
addentrarci nella penombra di una fresca e fitta pineta, ed effettuare
un lungo traverso in direzione est, con un percorso semipianeggiante
lungo il fianco meridionale della valle d’Assola. |
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Alla fine usciamo dal bosco
per attraversare il corso d’acqua che scorre nel solco della
breve valle (per poi precipitare con una suggestiva cascata nell’alta
val Fabiòlo), e ci ritroviamo sul limite inferiore dell'alpe
omonima, alla quota approssimativa di 1700 metri. |
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Salendo verso le prime baite
(e rimanendo nei pressi del limite di sinistra dei prati dell'alpe),
possiamo osservare, verso sud est (alla nostra destra), |
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la Cima della Zocca, che domina
l'alpe. |
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Oltrepassata la prima baita, |
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saliamo alla cappelletta |
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che protegge l’alpe. |
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Salendo ancora, incontriamo
una nuova baita, mentre alle nostre spalle si fa più ampia la visuale
sulle montagne della Val Masino e sulla bassa Valtellina. |
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Oltre gli abeti ed i larici
dell'alpe, infatti, campeggia la testata della Val Masino (che mostra,
da sinistra, i pizzi Badile e Cengalo, i pizzi del Ferro, la cima
di Zocca, la Cima di Castello, i pizzi Torrone, il monte Sissone
ed il monte Disgrazia), |
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mentre verso ovest lo sguardo
raggiunge l'alto Lario. Poco prima del limite superiore dell'alpe
un sentiero si inoltra nel bosco. Seguendolo, saliamo per un tratto
verso nord est, svoltando a sinistra e sbucando, dopo un breve tratto,
presso la baita più alta, presso il crinale (m. 1930). |
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Lasciati alle spalle la baita
e l’albero rinsecchito che la veglia, risaliamo gli ultimi
prati, raggiungendo un sentiero che segue il crinale che separa
la valle dal versante della Valtellina sopra Selvetta, Alfaedo e
Rodolo, mentre appare, improvviso, il panorama della media Valtellina,
fino al gruppo dell'Adamello. |
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Il sentiero conduce ad un dosso,
che risaliamo in direzione di un primo grande ometto, fino a raggiungere
una piccola conca. |
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Se si dovesse perdere la traccia
di sentiero, si può prendere come punto di riferimento un secondo
grande ometto. |
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La conca è collocata
alle spalle della cima: da essa saliamo facilmente al crinale, superando
alcune facili roccette, e ci troviamo a pochi passi dalla cima erbosa
(m. 2166), |
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che rimane alla nostra destra,
ed è sormontata da una croce di legno. |
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Al superbo spettacolo della
testata della Val Masino si aggiunge, qui, un buon colpo d’occhio
su quella della Valmalenco. Ma la cima, per la sua posizione avanzata,
è un ottimo osservatorio anche sulla catena orobica, soprattutto
nella sua sezione occidentale. |
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Gustato il grandioso scenario,
proseguiamo scendendo all'alpe della Zocca, la cui conca è ben visibile
a sud est della cima. La discesa sfrutta una labile traccia di sentiero
che taglia la parte alta del brullo fianco sud-occidentale del crinale
che dalla cima si prolunga in direzione di alcune cime minori, fino
al roccioso pizzo di Presio. |
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Se non dovessimo trovare la
traccia, possiamo procedere a vista, perdendo quota gradualmente,
fino a raggiungere la parte alta di un evidente canalone erboso,
dove un sentierino, con diversi tornanti, ci conduce ai prati dell’alpe.
Continuiamo a scendere, fino al limite inferiore di un grande dosso
erboso, che segna il limite dell’alpe. Qui troviamo un sentiero
che si addentra in un bosco di abeti e scende a monte delle baite
della media val Vicima, poco al di sopra di quota 1600, intercettando
il sentiero che da queste sale verso la parte alta della valle e
dell'alpe omonima. |
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A questo punto, seguendolo
verso sinistra, ci incamminiamo alla volta del passo di Vicima.
Prima, però, di raccontare questa seconda salita vediamo
come si può giungere fin qui, per via più breve e
semplice, risalendo la bassa e media val Vicima.
Torniamo, dunque, a Campo Tartano. Mezzo chilometro circa oltre
Campo, in direzione di Tartano, troviamo una piazzola a lato della
strada, sulla destra, con un tavolo per la sosta. Pochi metri oltre
parte, sulla sinistra, il sentiero per la val Vicima. Dal primo
tratto del sentiero si domina la bassa val di Tartano, con Campo
Tartano. Sul versante opposto della val di Tartano si vedono le
case di Postareccio. Salendo per questa bella mulattiera e gettando
un ultimo sguardo a Campo Tartano si giunge al crinale di un dosso,
dove una piccola radura permette una piacevole sosta. Dal dosso
lo sguardo raggiunge, sul fondo della val Lunga, il passo di Tartano.
Il sentiero si inoltra, quindi, sul fianco settentrionale della
valle e raggiunge una cappelletta che sembra posta a guardia del
pauroso dirupo che si apre, alla nostra destra, sul fondovalle. |
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Il sentiero, infatti, è
largo e comodo, ma esposto su questo dirupo. In questo tratto il
sentiero è quasi pianeggiante e da qui scorgiamo anche l’audace
ponte di Vicima, che, sulla strada che porta a Tartano, supera la
selvaggia forra della bassa val Vicima. |
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Riprendiamo la salita: ben
presto si raggiungono le baite di Vicima (m 1505), a monte dei ripidi
prati che la sapienza contadina ha saputo sfruttare da tempi immemorabili.
Continuiamo, fino ad un secondo gruppo di baite, che raggiungiamo
dopo aver superato un piccolo corso d'acqua ed aver attraversato
una fascia di bassa vegetazione, dove ignoriamo una deviazione che
si stacca dal sentiero sulla nostra destra, scende al torrente della
valle e si porta sul suo lato opposto, per raggiungere l'alpeggio
del Barghèt: potremo utilizzare questo itinerario in un'altra occasione,
dedicata ad un'interessantissima traversata degli alpeggi della
bassa Val di Tàrtano (Assola, Vicima, Barghèt, Torrenzuolo, con
discesa finale a Tartano). E' a queste baite che ci conduce anche
il sentiero che scende dall'alpe della Zocca. |
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La salita successiva permette,
infine, di superare le ultime balze che ci separano dal pianoro
terminale dell’alpe di Vicima, dove, a 1933, troviamo la baita
abitata dai caricatori dell'alpe. |
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Tenendo la sinistra (per noi)
della valle senza però guadagnare quota, aggiriamo il recinto che
delimita lo spazio riservato agli animali e percorriamo a vista
il pianoro: manca, infatti, una vera e propria traccia di sentiero. |
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Superata un'ultima baita, risaliamo
il fianco del gradino roccioso che ci separa dallo strappo finale.
Siamo sempre sul lato sinistro della valle, |
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spostati verso il centro, quando
affrontiamo il sentiero ben marcato |
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che, con qualche stretta serpentina, |
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conduce |
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infine |
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al passo (m 2234), |
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riconoscibile anche da lontano
per il grande ometto e la croce che lo sormontano. |
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Oltre il passo, |
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scendiamo ad un breve pianoro,
che percorriamo (ignorando una deviazione che sale sulla destra
e che permette, con percorso un po' esposto, di tornare in Val di Tartano, scendendo all’alpe del Gerlo ed in Val Lunga), |
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fino ad affacciarci su un pianoro
più ampio, dove, inatteso, ci appare |
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il bellissimo laghetto di Bernasca
(m 2134), dominato, sulla destra, dalla mole del monte Seleron. |
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Scendiamo facilmente al laghetto |
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sfruttando un sentiero ben
marcato; raggiunto il suo lato opposto e percorso un breve tratto, |
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giungiamo poi a vedere lo sperone
roccioso denominato |
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Pizzolo e, nei suoi pressi,
una baita ristrutturata di recente (m. 2093). Siamo sul limite superiore
di destra dell’alpe di Bernasca, nella valle omonima, laterale
della Val Madre. |
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Dobbiamo ora scendere al suo
limite inferiore di sinistra, con una diagonale che lascia alla
nostra destra il Pizzolo ed oltrepassa la casera di Bernesca (m.
1982) ed il Baitone (m. 1887), fino a raggiungere l'ultima baita,
intorno a quota 1800. |
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Dalla baita troviamo un sentiero
(all’inizio poco evidente, poi più marcato) che prende
a sinistra ed in breve giunge a guadare il torrentello della valle,
per poi proseguire, in una fascia di bassa vegetazione, con alcuni
ampi tornanti. |
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Poi il sentiero si allontana
dal solco della valle, puntando decisamente a nord e raggiungendo,
dopo una breve salita, un bel bosco di abeti, |
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dove piega ancora, questa volta
a destra, |
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e comincia una lunga discesa,
che ci fa perdere 600 metri circa, sul crinale di un largo dosso
compreso fra la valle Sciesa, alla nostra destra, ed un vallone
laterale della valle del Pizzo, alla nostra sinistra. |
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Dopo un primo breve tratto
di discesa, attraversiamo la radura della piana (m. 1650 circa). |
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Poi il sentiero prosegue con
le sue serpentine all’ombra di un fiabesco ed incantevole
bosco di abeti. |
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Curiosamente, né la carta IGM
né quella della Kompass lo segnalano. |
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Alla fine, poco sotto il rudere
della baita Caprile (m. 1141), il sentiero volge a sinistra (attenzione
a non perdere la svolta proseguendo verso il fondovalle: ci si ritroverebbe
ai margini di un dirupo) ed iniziando l'ultimo lungo traverso sul
fianco occidentale della bassa Val Madre, selvaggio e scosceso. |
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Attraversiamo, così,
il solco dell’aspra ed impressionante valle del Pizzo (che
scende dal versante nord-orientale del pizzo di Presio), proprio
nel tratto in cui un salto roccioso forma un’interessante
cascata del torrentello (dopo piogge abbondanti o in tarda primavera
non si potrà evitare di ricevere il fresco spruzzo dell'acqua che
precipita dal salto). |
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Superato un secondo e
più modesto vallone, |
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che scende anch'esso dalle
pendici del pizzo, |
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ritorniamo a luoghi meno selvaggi: |
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ci ritroviamo, infatti, nell’amena
pianeta di Sovalzo (o Soalzo), ad 859 metri, dove ci accoglie un’edicola
del Parco delle Orobie Valtellinesi. E’ l’inizio della
fine, e di una fine un po’ monotona dell’escursione:
dobbiamo, infatti, percorrere un tratto su una carrozzabile sterrata,
che si immette in una seconda sterrata la quale, a sua volta, si
congiunge con la strada principale che sale da Colorina (chi volesse
effettuare l’anello in senso inverso tenga presente che per
raggiungere Sovalzo ci si deve staccare da questa strada alla terza
traversa a sinistra). |
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Non abbiamo altra alternativa
che percorrerla in discesa fino al paese, che raggiungiamo dopo
aver oltrepassato la bella chiesetta della Madonnina (m. 414). |
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Siamo in cammino da circa otto
ore (primo itinerario) o sei (secondo itinerario), ed abbiamo superato,
in salita, rispettivamente 1700 e 1200 metri circa. |
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