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ANELLO DI SAOSEO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Prima giornata: Malghera-Pian di Baitìn-Bivacco Duilio Strambini-Passo di Sacco-Rif. Saoseo-Passo di Val Viola-Rifugio di Val Viola
8 h
1340
E
Seconda giornata: Rifugio di Val Viola-Val Cantone di Dosdé-Passo di Dosdé-Laghi di Tres-Passo di Vermolera-Malghera
8 h
1340
EE
SINTESI. PRIMA GIORNATA. Da Grosio, superata la chiesa di San Giuseppe e la successiva caratteristica “strecia de Ilda”, imbocchiamo, sulla sinistra (indicazioni per Ravoledo e Fusino) la carrozzabile della Val Grosina, che, superata la frazione di Ravoledo, dopo pochi tornanti, si addentra sul suo fianco orientale, passando per San Giacomo. Raggiunto il nucleo di Fusino, in corrispondenza dello spiazzo davanti alla chiesetta (m. 1203, il punto più comodo dove lasciare l’automobile: per proseguire in tutte le direzioni si deve inoltre acquistare un pass giornaliero), prendiamo a sinistra, imboccando la stretta stradina che porta al ponte sul torrente Roasco, poco a valle rispetto alla muraglia della diga di Fusino dell’AEM. Sul lato opporto la stradina piega leggermente a sinistra e comincia a salire su un ripido versante di prati e comincia un lungo traverso sul fianco della Val Grosina Occidentale, superando diversi nuclei e portando a Campo Pedruna. Nel tratto successivo la pendanza si fa molto severa e la stradina termina a Malghera (m. 1937), dove si trova il rifugio-ricovero omonimo, presso il santuario della Madonna del Muschio o della Neve. Ci incamminiamo sulla pista che si addentra in Val di Sacco (dir. nord), superando la sbarra e passando a lato della casera di Sacco (m. 2008). Ignoriamo le indicazioni per il passo di Vermolera (sentiero che scende a destra). Proseguiamo diritti sul fianco occidentale dell'imbocco della Val di Sacco (Pian di Mezzo) su marcato sentiero (dir. nord-nord-est), che dopo un buon tratto volge a sinistra (nord-ovest), portando in vista dell’ampio pianoro (Pian di Baitìn) chiuso dal gradino roccioso in cima al quale è posto il bivacco Duilio Strambini. Seguiamo i segnavia e, attraversato il pianoro verso nord-ovest, attacchiamo il crinale, seguendo il sentiero che risale il suo fianco sinistro. Raggiungiamo, così, un secondo e più modesto pianoro, che termina ben presto ai piedi di un canalone che si restringe alla sommità: dobbiamo risalirlo, piegando poi a destra (nord-est) per affacciarci alla piccola sella erbosa che ospita il bivacco Duilio Strambini, a 2535 metri. Proseguiamo, poi, verso nord, attaccando l'ampio canalone occupato da sfasciumi che si trova a nord del rifugio. Non esiste una vera e propria traccia di sentiero, ma dobbiamo destreggiarci fra massi di ogni dimensione, rimanendo sul lato destro. Qualche raro segnavia bianco-rosso ci aiuta ad individuare il percorso meno dispendioso e più sicuro. Passiamo a lato della conca sul lato opposto della quale, rispetto a noi, è adagiato il laghetto Zapelàsc (m. 2579). Per salire al passo di Sacco proseguiamo sul lato opposto della conca, rispetto al laghetto; sempre guidati da alcuni segnavia, lasciamo alla nostra destra un versante un po' ripido e, sfruttando un secondo canalino (che, per chi sale, dà l'impressione di terminare direttamente con il passo), saliamo ad un'ultima conca, ai piedi del passo. Alcuni tornantini, infine, in direzione nord-nord-est si fanno strada su un terreno di sassi mobili, fino alla sella del passo di Sacco (m. 2730), che si affaccia sulla Valle di Campo elvetica. Dal passo di Sacco scendiamo ora in Val di Campo (laterale della Val Poschiavina, in territorio elvetico), alla conca che ospita il lago ed il rifugio di Saoseo,  per poi salire fino al passo di Val Viola e tornare in territorio italiano. La discesa, per quanto non si sviluppi su terreno difficile, richiede attenzione e buona visibilità, per non perdere la traccia di sentiero. Non scendiamo nell’ampio vallone di sfasciumi che si apre davanti a noi, ma stiamo sul crestone che si stacca dal lato sinistro del passo. Seguendolo, procediamo per un buon tratto, in leggera discesa, verso nord-nord-ovest, fino a raggiungere i primi contrafforti della quota 2602. Qui pieghiamo decisamente a sinistra (sud-ovest), scendendo più decisamente su un versante di sfasciumi verso il centro di un ampio vallone. Prima di raggiugerlo, però, a quota 2500 pieghiamo a destra e proseguiamo la discesa verso nord-ovest, tagliando il fianco settentrionale del vallone. Sul suo lato opposto vediamo alcuni dossi morenici denominati “Cüni”. A quota 2380, sempre proseguendo diritti verso nord-ovest, ci allontaniamo dal centro del vallone. A quota 2300 raggiungiamo il ciglio del vallone e vediamo più in basso la splendida conca verde dell’alpe e del lago di Saoseo. Pieghiamo ora a destra e proseguiamo la discesa verso nord, superando una fascia di roccette e scendendo a zig-zag su un ampio dosso. A quota 2050 il sentiero volge leggermente a sinistra e la pendenza si smorza. Attraversato un piccolo corso d’acqua, raggiungiamo un bivio al quale andiamo a sinistra, trovando poco più avanti un secondo bivio. Qui lasciamo alla nostra destra il sentiero che sale al lago di Saoseo e prendiamo a sinistra e, descrivendo un ampio arco verso sinistra, in leggera discesa, raggiungiamo l’alpe Saoseo (m. 1973). Qui ci immettiamo sulla pista che, seguita verso destra, in leggera salita, porta alla splendida radura di Lungacqua, dove si trova il rifugio Saoseo (m. 1986) del Club Alpino Svizzero. Dal rifugio cominciamo a salire in Val Viola Poschiavina seguendo solo per breve tratto la pista con le indicazioni per il Rifugio-Ristoro Alpe Campo, per poi staccarcene sulla destra ed imboccare il sentiero segnalato per il lago di Saoseo. Percorriamo in leggera salita il sentiero immerso nel verde del bosco, verso nord-est, volgendo poi a destra (sud-est). In breve usciamo all’aperto e ci troviamo faccia a faccia con il lago di Saoseo (m. 2028). Torniamo poi sui nostri passi e ci riportiamo sulla pista, che percorriamo verso destra, salendo gradualmente all’alpe Campo, dove si trova il Rifugio-Ristorante Alpe Campo (m. 2064). Qui seguiamo le indicazioni del cartello per il lago ed il passo di Val Viola, imboccando il sentiero che procede in falsopiano verso est, fino all'imbocco della Val Viola Poschiavina. Dopo un buon tratto il sentiero piega a sinistra e prosegue, sempre pianeggiante, verso nord-est. Passiamo così appena sopra il Lagh di Scispadus (m. 2071), nella splendida cornice di pini cembri, larici e rododendri. Proseguiamo in leggera salita, dapprima verso nord poi, piegando a destra, verso est. Il bosco si apre e regala lo splendido scenario del lago di Val Viola (m. 2159). Ad un bivio prendiamo a destra e ci portiamo alle sue rive, presso una grande croce in legno. Ammirato il quadro suggestivo, arricchito dalla caratteristica isoletta boscosa, torniamo al bivio. Qui, seguendo le indicazioni per il passo di Val Viola, andiamo a destra (est), passando per la casetta di Pian di Giardin, fino ad un bivio al quale non andiamo a destra (ponticello), ma a sinistra, salendo verso nord-ovest e superando una picola gola, che ci fa accedere alla località Campasciöl (m. 2279). Proseguiamo passando fra la striscia di pascolo assediata da colate di sfasciumi e piegando gradualmente a destra (est). Ci portiamo così al Pian della Genzana ai piedi del Pizzo Confine (chiamato "Moton" sul versante elvetico). Superato un dosso, pieghiamo a destra (sud). Più in basso, alla nostra destra, vediamo il più alto dei laghi della Val Viola Bormina, il lago di Dugurale. Passiamo a sinistra del cocuzzolo di quota 2458 ed a sinistra della pozza di quota 2402, su terreno torboso. Ci raggiunge salendo da destra il sentierino che abbiamo lasciato al bivio del ponticello più in basso. Pieghiamo qui a sinistra e traversando verso nord-est raggiungiamo il corridoio che precede il passo di Val Viola (m. 2467), per il quale rientriamo in Italia, affacciandoci alla Val Viola Bormina. Scendiamo dal passo sfruttando una comoda pista che in pochi minuti ci porta nei pressi del rifugio Val Viola (m. 2314), che raggiungiamo su sentiero staccandocene sulla destra. Qui (o al vicino rifugio Federico in Dosdé) possiamo pernottare. SECONDA GIORNATA. Dal rifugio Val Viola ci riportiamo sulla pista e proseguiamo scendendo verso la media Val Viola, fino alla deviazione a destra per l'alpe Dosdé ed il rifugio Federico in Dosdé. Qui lasciamo la pista principale e scendiamo per una pista secondaria verso l'ingresso della Val Cantone di Dosdé, fino alle baite dell'alpe Dosdé. Sull'alto lato della valle, a poca distanza, vediamo il rifugio Federico in Dosdé. All'Alpe Dosdé troviamo diversi cartelli; quello che ci interessa segnala i percorsi 292/208, che portano, rispettivamente, al bivacco Caldarini, in un’ora, ed al passo e capanna Dosdé, in 2 ore e 40 minuti. Procediamo, dunque, a sinistra (nella direzione del cartello), su un sentiero che si dirige, con andamento pianeggiante, verso sud, per poi piegare a destra (andamento sud-ovest), rimanendo sempre a destra (per chi sale) del torrente Viola Bormina. Ignoriamo la deviazione segnalata alla nostra sinistra (sentiero che si porta sul lato opposto del torrente e sale al bivacco Caldarini). Superiamo così, salendo, la strettoia determinata dallo sbarramento della lunga morena frontale, originata in passato dalla lingua più avanzata della vedretta di Val Viola, e raggiungiamo la malridotta Baita del Pastore (2368 m). La traccia ora si fa meno marcata, ma è sempre ben segnalata, e sale fra ampi pascoli seguendo l’andamento della selvaggia e grandiosa Val Cantone di Dosdé, procedendo verso S, e restando sempre sul medesimo lato, cioè a destra del torrente. Giungiamo così di fronte alla testata della valle, a quota 2410 metri circa, ed il sentiero termina. Dobbiamo ora seguire segnavia ed ometti. Pieghiamo a sinistra, guadiamo il torrente da destra a sinistra e saliamo verso sud, seguendo una labile traccia che, dopo un ripido strappo, porta al dosso quotato 2570 metri. Salendo ancora, passiamo vicino ad un laghetto e pieghiamo ancora leggermente a sinistra, raggiungendo, a quota 2600 metri circa, l'imbocco di un ampio canalone di sfasciumi. Seguendo ometti e segnavia lo risaliamo, verso sud, fino alla valletta di quota 2750 metri, dove troviamo qualche nevaietto anche a stagione avanzata. Saliamo lungo la valletta, fra blocchi e roccette, fino a raggiungere i 2824 metri del passo di Dosdé, dove troviamo il rifugio Dosdé, dopo circa 2 ore e mezza di cammino dall'alpe Dosdé. Scendiamo ora in alta Valle d'Avedo. La discesa è ben segnalata da segnavia. Nel primo tratto ci spostiamo, dal rifugio, verso destra, per poi scendere, con lungo traverso, verso sinistra (ovest-sud-ovest), passando a destra di un piccolo laghetto quasi perso in unmare di sfasciumi. Poi il sentiero, raggiunta la soglia di un gradino glaciale, sul suo lato destro, piega a sinistra e lo discende, portandosi all’alpia conca che ospita lo splendido lago Negro (m. 2560), che, a dispetto del nome, mostra un aspetto di un blu intenso. Il sentiero procede, ora, con andamento sud-est nella solitaria Valle d’Avedo, raggiungendo un secondo gradino, questa volta sul suo lato di sinistra. Scendendo ancora, siamo alla bella piana che ospita i laghetti di Tres (m. 2186). Qui lasciamo il sentiero che prosegue la discesa verso le baite di Vermoleda e di Avedo, e prendiamo a destra (ovest-sud-ovest), tagliando la piana verso destra (segnalazione del Sentiero Italia) e portandoci al lato opposto, dove una debole traccia comincia a risalire il versante occidentale della Valle d'Avedo. La traccia si districa in un fascia di macereti, supera alcuni roccioni lisci ed approda alla conca che ospita il bel lago di Venere. Procediamo sulla traccia seguendo attentamente i segnavia bianco-rossi e passiamo, con qualche saliscendi, a destra del lago di Venere. La rsalita riprende su un ripido versante di sfasciumi e strisce di pascolo, e ci porta ad un'ampia conca morenica a quota 2500 m. I segnavia ci indirizzano ad una seconda rampa: attacchiamo un ampio canalone che termina ad un'invitante sella. Abbiamo l'impressione che quella sia la nostra meta, il passo di Vermolera. Così non è: più o meno all'altezza di un roccione con un grande segnavia e di una china erbosa (poco sotto quota 2600), dobbiamo lasciare la direzione sud-sud-ovest, piegare a destra (direzione ovest) ed infilarci nell'imbuto di un ripido canalone laterale, che sembra chiudersi ad imbuto, ma più in alto di apre e diventa molto largo. La salita è molto faticosa, perché il pendio è ripido. Conviene stare sul lato di destra, dove il pietrame è più rado o quasi assente. Al termine della salita ci affacciamo ad un ripiano ingombro di massi e grandi blocchi. Guidati dai segnavia percorriamo un simulacro di sentiero che la supera e ci porta finalmente al ripiano del passo di Vermolera (m. 2732), presidiato a nord dal puntuto pizzo Matto (m. 2993). Attraversiamo il ripiano e ci affacciamo sul lato opposto, tornando a vedere la Val di Sacco. Sempre seguendo con attenzione i segnavia scendiamo fra placche e roccioni ad un versante di sfasciumi. Giunti nei pressi del suo bordo, cerchiamo con attenzione un sentiero che scende ripido su un versante morenico scosceso, piegando poi a sinistra e tagliandolo in diagonale verso sud. La traccia è stretta ed in alcuni punti rovinata da smottamenti, per cui dobbiamo procedere con attenzione. Al termine della diagonale tocchiamo un terreno più tranquillo. Pieghiamo a destra e proseguiamo la graduale discesa verso ovest-nord-ovest, restando a poca distanza dal versante meridionale che scende dal pizzo Matto. Ci infiliamo così in un ampio corridoio, procedendo a ridosso di un piccolo corso d'acqua. Seguendo i segnavia su paletti e pietre, più in basso traversiamo a sinistra tagliando verso sud-ovest. Attraversato un corridoio fra gobbe erbose, ci portiamo ad un secondo corrodio, un vallone più stretto, e scendiamo restando sul suo lato destro, affacciandoci all'ampio ripiano che ospita il Lago di Pian del Lago (m. 2316) ed il bivacco Pian del Lago, presso le sue rive. Dobbiamo proseguire verso ovst-nord-ovest, attraversando in piano i prati e scovando la partenza del marcato sentiero che inizia la discesa verso il fondovalle, con diverse svolte, verso sud-sud-ovest. Tagliamo così un ripido dosso e scendiamo ad intercettare una pista sterrata. Seguendola in discesa tocchiamo il fondo della Valle di Sacco, nei pressi di un ponte che ci porta dal versante orientale a quello occidentale. Qui ci ritroviamo sulla parte iniziale della pista che il giorno prima abbiamo percorso salendo in Val di Sacco. Procedendo verso sinistra, in pochi minuti torniamo a Malghera, dove si chiude l'anello di Saoseo.


Santuario della Madonna del Muschio o della Neve a Malghera

La Val Grosina non offre solo numerose ed interessanti soluzioni per gli appassionati dell’escursionismo, ma anche diverse possibilità per i cultori della mountain-bike, che possono trovarvi percorsi remunerativi e di grande soddisfazione panoramica.
Il punto di partenza è Grosio (m. 656): oltrepassato il centro del paese, si trovano le indicazioni per la strada che sale in valle, raggiungendo innanzitutto Ravoledo (m. 864), frazione che si incontra dopo 2 km di salita. Al tornante prima di Ravoledo, però, fermiamoci ad osservare lo scenario che ci si offre: abbiamo di fronte la lunga dorsale monte Padrio (m. 2153)-monte Serottini (m. 2967), che separa la Provincia di Sondrio da quella di Brescia, e che mostra l’evidente depressione sulla quale è posto il passo del Mortirolo (m. 1896), che congiunge Valtellina e Valcamonica. Sulla destra vediamo la forra terminale del torrente Roasco, che, prima di gettarsi nell’Adda, corre per un tratto parallelamente al suo corso, per aggirare un bastione roccioso all’imbocco della valle. Scorgiamo chiaramente anche il bel castello di Grosio, così come suggestiva è la visuale sui paesi di Grosio e Grosotto.
All’uscita da Ravoledo ci attende un primo strappo fino ad un tornante sinistrorso; al successivo tornante destrorso vale la pena di effettuare un breve fuoriprogramma, lasciando la strada per scendere lungo una pista che se ne stacca sulla sinistra e, raggiunto un gruppo di case con una fontana, comincia a salire per un breve tratto, fino ad un secondo gruppo di case. Siamo in località Bedognolo, ed il motivo della digressione è la visita ad uno degli alberi monumentali di classe superiore della provincia di Sondrio, un castagno che, per la verità, non è in buone condizioni di salute, ma mostra ancora orgoglioso il tronco che vanta, in assoluto, la maggiore circonferenza fra tutti gli alberi della provincia, circonferenza che misura la bellezza di 12 metri! Il castagno ha il tronco cavo, il che gli conferisce un’aria misteriosa ed esoterica, quasi fosse stato scelto come dimora da qualche spirito del bosco.
Dopo la visita doverosa, torniamo sulla strada, che, dopo un paio di tornanti, valica la dorsale orientale della valle (che scende dalla cima Rossa al monte Storile) e comincia ad addentrarsi sul suo fianco, in corrispondenza della frazione di san Giacomo (m. 1054), la cui bella chiesetta risale al secolo XIV.


Ricovero Malghera

Puntando a nord, la strada ci porta a Fusino, a 9 km da Grosio (m. 1203), posto nel punto in cui la valle ospita due invasi artificiali dell’AEM, appena a monte del punto in cui la val Grosina occidentale si congiunge con il solco principale della valle. Una sosta nel piazzale della chiesa della Madonna delle Valli (costruita nel 1966 al posto di una cappelletta della Madonna del Buon Consiglio) ci permette di osservare l’imponente muraglia della diga superiore.
Imbocchiamo, ora, la deviazione a sinistra per la val Malghera: si tratta di una strada dalla carreggiata piuttosto stretta, che ci porta nel cuore della valle, per poi risalire sul fianco settentrionale della val Grosina occidentale. Questa strada ci porta fino all’alpe di Malghera, ad 11,2 km da Fusino, con un tracciato quasi interamente in asfalto e totalmente lineare (cioè senza tornanti) ed una carreggiata sempre stretta. Il transito richiede l'acquisto del pass nella piazzola vicino alla chiesetta di Fusino.


Val di Sacco

Il primo strappo si presenta proprio all’inizio, quando oltrepassiamo i prati della località Dosso (Dos Giuèl, m. 1270). In questo tratto aggiriamo il largo fianco che dal monte Alpisella (m. 2756), a nord, scende alla forra del Roasco occidentale. Salendo, nei tratti meno impegnativi possiamo osservare la diversa natura dei due versanti della valle: quello alla nostra destra, il settentrionale, è caratterizzato da ampi prati, interrotti da macchie di larici, ontani, betulle, robinie e noccioli; il versante opposto, invece, per la diversa esposizione al sole, è ricoperto da fitte abetaie. Vi si susseguono, da est, gli imbocchi delle laterali val Mozzana, valle Piana, val Guinzana e val di Pedruna. Dopo circa 3 km di percorso in val Grosina occidentale raggiungiamo la località Dossa (m. 1350), dove la strada si avvicina al torrente mentre, sulla destra, si stacca una pista che sale sul fianco meridionale del monte Alpisella (termine che significa “piccola alpe”) e raggiunge l’alpe Biancadin, o Biancadino, in cui si trova l’omonimo rifugio (m. 1980). Avanti ancora, fino a Sacco (m. 1617) e Campo Pedruna (m. 1703), a 7,5 km da Fusino, dove lo scenario è ormai dominato dai pascoli di alta quota. Mancano 3,7 km dalla meta, Malghera: per raggiungerla, la strada comincia a volgere in direzione nord-ovest, dopo aver varcato il torrente che scende dalla valle di Pedruna. Superiamo anche le Baite della Pirla (denominate così perché si trovano presso una bella cascata, gemella della più famosa “pirla” di Eita), a 1830 metri, e giungiamo al punto in cui si apre, a nord, il solco della valle di Sacco, nella quale si prolunga la val Grosina occidentale.
Lo scenario è ampio, luminoso, bellissimo. La costiera che scende dalla punta di Sena (m. 3074) separa la valle di Sacco dalla valle di Malghera. Raggiungiamo il nucleo di baite di Malghera dopo aver superato su un ponticello anche il torrente Roasco occidentale. Ci accolgono il ricovero Malghera (m. 1937; per informazioni tel. allo 333 925966 - Giacomo Besseghini - sito web: www.rifugiomalghera.it) e, in fondo, separata dalle baite, il santuario della Madonna della Misericordia (Madòna de la néf), o Madonna del Muschio, edificata nel 1888, dal nucleo di una cappella preesistente, eretta per ricordare il miracolo dell’apparizione della Vergine, sul muschio di una roccia, ad un pastore nel 1750.


Lago Sapelaccio

Spicca soprattutto il bel campanile, innalzato nel 1910. Una chiesa così elegante in un luogo, tutto sommato, così solitario suscita un’impressione singolare, ma ci ricorda anche non solo la devozione delle genti della valle, ma anche la ricchezza dei luoghi. In generale la Val Grosina è stata, ed in parte è ancora, uno dei luoghi dove l’allevamento del bestiame ha, nell’intera provincia, la maggiore rilevanza. Qui possiamo lasciare l'automobile.
Volendo, possiamo proseguire ancora per un buon tratto, fino alla Casera di Sacco (m. 2008), dove la pista termina. La casera è il punto di partenza per una bella escursione che ha come meta il passo di Sacco.


Bivacco Duilio Strambini

Colpisce l'aspetto glabro della valle, la quasi totale assenza di alberi. Interessante la spiegazione che l'alpinista e naturalista Bruno Galli Valerio offre in "Punte e passi" (a cura di Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, edito dal CAI di Sondio nel 1998): "La distruzione dei boschi della Val Grosina è dovuta in gran parte all'uso di una speciale calzatura che portano gli abitanti della valle. Sono zoccoli di legno la cui punta è fortemente curvata in alto, come nelle calzature cinesi. Un tempo, si fissavan al piede con un intreccio di stecche di legno ed eran conosciute col nome di cusp; ora si fissan con strisce di cuoio e si chiamano zupèi, Per la loro costruzione non serve che il ceppo delle piante. Ogni paio di zupèi reclama l'impiego di due alberi. La loro durata è di tre mesi, in modo che ogni persona consuma otto alberi all'anno per queste calzature. Il comune di Grosio aveva proibito l'uso dei zupèi per rimediare al disboscamento, ma questa decisione non fu approvata dalla Giunta Provinciale."


Apri qui una fotomappa della salita al bivacco Duilio Strambini ed al passo di Sacco

Ci addentriamo, quindi, a piedi nel bellissimo pian di Mezzo su marcato sentiero e, volgendo a sinistra (nord-ovest), giungiamo in vista dell’ampio pianoro chiuso dal gradino roccioso in cima al quale è posto il bivacco Duilio Strambini (m. 2534).


Il gruppo del Bernina visto dal passo di Sacco

Seguiamo, dunque, i segnavia e, attraversato il pianoro (il Pian di Baitìn), attacchiamo il crinale, seguendo il sentiero che risale il suo fianco sinistro. Raggiungiamo, così, un secondo e più modesto pianoro, che termina ben presto ai piedi di un canalone che si restringe alla sommità: dobbiamo risalirlo, per affacciarci alla piccola sella erbosa che ospita il bivacco Duilio Strambini, a 2535 metri. Il bivacco è intitolato alla guida alpina grosina, morta per un fulmine sulla Grigna, nel 1978. Siamo in cammino da circa due ore ed abbiamo superato oltre 600 metri di dislivello.
Proseguiamo, poi, attaccando l'ampio canalone occupato da sfasciumi che si trova a nord del rifugio. Non esiste una vera e propria traccia di sentiero, ma dobbiamo destreggiarci fra massi di ogni dimensione, rimanendo sul lato destro. Qualche raro segnavia bianco-rosso ci aiuta ad individuare il percorso meno dispendioso e più sicuro. Alla fine, eccoci ad una bellissima conca, sul lato opposto della quale, rispetto a noi, è adagiato il laghetto Zapelàsc (m. 2579), che rimane un po' più in basso rispetto al punto raggiunto dal sentiero. Per salire al passo di Sacco, infine, proseguiamo sul lato opposto della conca, rispetto al laghetto; sempre guidati da alcuni segnavia, lasciamo alla nostra destra un versante un po' ripido e, sfruttando un secondo canalino (che, per chi sale, dà l'impressione di terminare direttamente con il passo), saliamo ad un'ultima conca, ai piedi del passo.


Apri qui una fotomappa della salita al passo di Sacco

Alcuni tornantini, infine, si fanno strada su un terreno di sassi mobili, fino alla sella (m. 2730), dalla quale ottima è la visuale sulla Valle di Campo laterale della valle di Poschiavo, in territorio svizzero, ed in particolare sulla Val Viola Poschiavina, sua diramazione terminale.


Apri qui una fotomappa della traversata dal passo di Val Mera alla Val Viola Bormina

Possiamo concederci quindi una sosta leggendo la relazione della traversata dalla Val di Sacco Grosina alla Val di Campo in Valle di Poschiavo, effettuata l’8 agosto del 1908 da Bruno Galli Valerio, valente alpinista e naturalista, nell’opera “Punte e passi” (tradotta da Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, Sondrio, 1998): “Oggi finalmente, il cielo si rasserena un poco, ma soffia un vento impetuoso e freddo. Ci decidiamo a partire lo stesso pel Passo di Sacco e la valle di Campo o Val Viola Poschiavina. E verso le nove del mattino, preso congedo dai nostri ospiti di Malghera, la Signora Rochaz de Jongh, io e la nostra guida Rinaldi, ci avviamo lungo il sentiero di Val di Sacco. Nere nebbie danzano intorno al Saoseo, mentre la Punta di Lago Negro si rizza elegante sull'azzurro del cielo. Tenendo sempre la destra della valle tutta pascoli e gande e senza un albero, raggiungiamo l'anfitatro terminale. Là, passati sulla sinistra, per gande, coste erbose e cengie, rimontiamo verso il Passo di Sacco. Pioviggina e soffia un vento impetuoso, freddo. Il termometro, in un punto protetto contro vento segna 7°C.


Passo di Val Viola visto dal passo di Sacco

D'un tratto appare sulla nostra sinistra il Pizzo del Teo, una torre formidabile, diritta e nera. Raggiungiamo una specie di grande bacino il cui fondo è occupato da un lago ed è rinchiuso fra il Saoseo e il Ruggiolo (lago di Sappellaccio). Sulla nostra destra si vede il Passo di Sacco (2751 m.), che raggiungiamo all'una e venti. Il vento ci intirizzisce ed è talmente forte che è faticosissimo avanzare. D'un colpo il cielo si spazza di nebbie e uno dei più splendidi panorami che sia dato ammirare ci sta davanti. Sulla nostra destra, le elegantissime cime del Dugorale e del Corno di Dosdé; davanti la massa imponente del Sasso di Campo, il Corno di Campo, la Cima di Campo, le Cime di Val Nera e del Vago; sulla sinistra, magnifico, il gruppo del Bernina, scintillante di ghiaccio e, giù sotto di noi, i boschi, i pascoli e i laghi della Val di Campo. Uno di questi laghi, il Lago Turchino (lago di Saoseo, ndc), ha il colore di un turchese ed è incastonato in un bosco di larici e gembri.


La discesa dal passo di Sacco al rifugio Saoseo in Val di Campo

Pochi passi offrono un panorama sì bello e sì svariato. Lungo un sentiero a zig-zag, raggiungiamo i primi boschi e l'alpe Saoseo o alpe delle Monache. E' una grande prateria affatto piana, completamente circondata da boschi di conifere. Le acque limpidissime del fiume la costeggiano. Lo sfondo è costituito dai pizzi e ghiacciai di Verona, Cambrena, Palù. Un po' più in su della prateria, c'è una baita occupata dai contadini di Montagna in Valtellina: giù in fondo, un gran fienile di legno bruno. I proprietari del fienile, contadini di Poschiavo, gentilissimi, ci consegnano la chiave di quello che sarà il nostro albergo: Un albergo splendido per la sua posizione, pel suo panorama e perchè non c'è nessuno. Gli unici mobili che troviamo sono del fieno come letto e una priala rovesciata come tavolo (la priàla è un antico mezzo di trasporto del fieno in montagna.


Val Viola Poschiavina

E' costituita da un "carretto", che ha solamente le due ruote anteriori e due lunghe stanghe, ndc). I bravi contadini di Montagna mettono a loro volta a nostra disposizione la loro cucina, i loro utensili e ci forniscono di latte e farina di mais. E' la vera vita delle Alpi che stiamo per cominciare per qualche giorno, là, sulle rive del lago Turchino, così bello, così poetico, non ancora deturpato da alberghi alla moda e da gente annoiata in frac e abiti a strascico. Bisogna approfittarne perchè il posto è troppo bello per non venir presto deturpato. I colpi di mina che parton continuamente lungo la ferrovia del Bernina, ci avvertono che la così detta civiltà penetrerà presto anche in Val di Campo (la ferrovia del Bernina, che unisce Tirano con St Moritz, fu completata nel 1910, ndc)".


Alta Val di Campo

Alta Val di Campo

Lago di Saoseo

Lago di Saoseo

Dal passo di Sacco scendiamo ora in Val di Campo (laterale della Val Poschiavina, in territorio elvetico), alla conca che ospita il lago ed il rifugio di Saoseo,  per poi salire fino al passo di Val Viola e tornare in territorio italiano. La discesa, per quanto non si sviluppi su terreno difficile, richiede attenzione e buona visibilità, per non perdere la traccia di sentiero.
Non scendiamo nell’ampio vallone di sfasciumi che si apre davanti a noi, ma stiamo sul crestone che si stacca dal lato sinistro del passo. Seguendolo, procediamo per un buon tratto, in leggera discesa, verso nord-nord-ovest, fino a raggiungere i primi contrafforti della quota 2602. Qui pieghiamo decisamente a sinistra (sud-ovest), scendendo più decisamente su un versante di sfasciumi verso il centro di un ampio vallone. Prima di raggiugerlo, però, a quota 2500 pieghiamo a destra e proseguiamo la discesa verso nord-ovest, tagliando il fianco settentrionale del vallone. Sul suo lato opposto vediamo alcuni dossi morenici denominati “Cüni”.


Lago di Saoseo

Alta Val di Campo

A quota 2380, sempre proseguendo diritti verso nord-ovest, ci allontaniamo dal centro del vallone. A quota 2300 raggiungiamo il ciglio del vallone e vediamo più in basso la splendida conca verde dell’alpe e del lago di Saoseo. Pieghiamo ora a destra e proseguiamo la discesa verso nord, superando una fascia di roccette e scendendo a zig-zag su un ampio dosso. A quota 2050 il sentiero volge leggermente a sinistra e la pendenza si smorza. Attraversato un piccolo corso d’acqua, raggiungiamo un bivio al quale andiamo a sinistra, trovando poco più avanti un secondo bivio. Qui lasciamo alla nostra destra il sentiero che sale al lago di Saoseo e prendiamo a sinistra e, descrivendo un ampio arco verso sinistra, in leggera discesa, raggiungiamo l’alpe Saoseo (m. 1973). Qui ci immettiamo sulla pista che, seguita verso destra, in leggera salita, porta alla splendida radura di Lungacqua, dove si trova il rifugio Saoseo (m. 1986) del Club Alpino Svizzero (sezione Bernina).
La struttura, che attualmente può ospitare un’ottantina di persone, deriva dalla ristrutturazione di un edificio costruito su tre piani, nel 1935, da Erminio Dorizzi, la Casa Lungacqua. Si trova immerso nello splendido scenario dell’alta Val di Campo, laterale orientale e vero fiore all’occhiello della Valle di Poschiavo, luogo ideale per tranquille passeggiate fra pini cembri, larici e rododendri.


Alta Val di Campo

Rifugio Saoseo

Rifugio Saoseo e corno di Dosdé

Piana e cima di Saoseo

Dal rifugio cominciamo a salire in Val Viola Poschiavina, uno dei due rami (quello orientale) nel quale si divide la parte terminale della Val di Campo. Lo facciamo seguendo solo per breve tratto la pista con le indicazioni per il Rifugio-Ristoro Alpe Campo, per poi staccarcene sulla destra ed imboccare il sentiero segnalato per il lago di Saoseo. Percorriamo in leggera salita il sentiero immerso nel verde del bosco, verso nord-est, volgendo poi a destra (sud-est). Incorniciano la valle corno di Dosdé (m. 3233), punta di Dugurale (m. 3097) e cima di Saoseo (m. 3263) ad est, cioè alla nostra destra, mentre alle nostre spalle lo sguardo coglie in un profilo insolito il lontano pizzo Scalino, in Valmalenco. Alla nostra sinistra è la massiccia mole della Corna di Campo. In breve usciamo all’aperto e ci troviamo faccia a faccia con il lago di Saoseo (m. 2028), uno dei più bei laghetti alpini, famoso per l’intensità del colore delle sue acque, che vira dal blu cobalto al viola. Forse non è lontana dal vero l’ipotesi etimologica che riconduce il toponimo “Saoseo” al tedesco “See”, cioè, appunto, “lago”. Torniamo poi sui nostri passi e ci riportiamo sulla pista, che percorriamo verso destra, salendo gradualmente all’alpe Campo, dove si trova il Rifugio-Ristoro Alpe Campo (m. 2064), allo sbocco della Val Mera, la seconda laterale nella quale si divide l'alta Valle di Campo.


Il rifugio-ristorante Alpe Campo

Lago di Scispadus

Val di Campo Poschiavina

Lago Scispadus

Al Rifugio-Ristorante Alpe Campo (m. 2064) seguiamo le indicazioni del cartello per il lago ed il passo di Val Viola, imboccando il sentiero che procede in falsopiano verso est, fino all'imbocco della Val Viola Poschiavina. Dopo un buon tratto il sentiero piega a sinistra e prosegue, sempre pianeggiante, verso nord-est. Passiamo così appena sopra il Lagh di Scispadus (m. 2071), nella splendida cornice di pini cembri, larici e rododendri. Proseguiamo in leggera salita, dapprima verso nord poi, piegando a destra, verso est. Il bosco si apre e regala lo splendido scenario del lago di Val Viola (m. 2159).


Verso il lago di Val Viola

Il lago di Val Viola

Il lago di Val Viola

Il lago di Val Viola

Ad un bivio prendiamo a destra e ci portiamo alle sue rive, presso una grande croce in legno. Ammirato il quadro suggestivo, arricchito dalla caratteristica isoletta boscosa, torniamo al bivio. Qui, seguendo le indicazioni per il passo di Val Viola, andiamo a destra (est), passando per la casetta di Pian di Giardin, fino ad un bivio al quale non andiamo a destra (ponticello), ma a sinistra, salendo verso nord-ovest e superando una picola gola, che ci fa accedere alla località Campasciöl (m. 2279). Proseguiamo passando fra la striscia di pascolo assediata da colate di sfasciumi e piegando gradualmente a destra (est). Ci portiamo così al Pian della Genzana ai piedi del Pizzo Confine (chiamato "Moton" sul versante elvetico). Superato un dosso, pieghiamo a destra (sud). Più in basso, alla nostra destra, vediamo il più alto dei laghi della Val Viola Bormina, il lago di Dugurale. Passiamo a sinistra del cocuzzolo di quota 2458 ed a sinistra della pozza di quota 2402, su terreno torboso. Ci raggiunge salendo da destra il sentierino che abbiamo lasciato al bivio del ponticello più in basso. Pieghiamo qui a sinistra e traversando verso nord-est raggiungiamo il corridoio che precede il passo di Val Viola (m. 2467), per il quale rientriamo in Italia, affacciandoci alla Val Viola Bormina. Gettiamo dal passo un ultimo sguardo alla Val Viola Poschiavina: ci colpiscono, sul fondo, un'inedita immagine del pizzo Scalino e della sua vedretta, a sinistra, del piz Varuna e del Piz Palù, a destra.


Val Viola Poschiavina dal passo di Val Viola

Scendiamo dal passo sfruttando una comoda pista e passando a sinistra dei laghetti di Val Viola, In pochi minuti ci portiamo nei pressi del rifugio Val Viola (m. 2314), che raggiungiamo su sentiero staccandocene sulla destra. Qui (o al vicino rifugio Federico in Dosdé) possiamo pernottare.


Apri qui una panoramica sulla Val di Campo elvetica vista dal passo di Val Viola

Su questo rifugio Giovanni Peretti, nel volume “Rifugi alpini, bivacchi e itinerari scelti in alta Valtellina” (Alpinia Editrice. Bormio, 1987), scrive: “ll Rifugio Viola è situato in un ambiente di rara bellezza sia paesaggistica che naturalistica. I numerosi laghetti alpini che si trovano nell'ampia conca di origine glaciale, di cui il maggiore e più conosciuto è quel bellissimo lago di sbarramento morenico noto come Lago Viola, ricco di trote, costituiscono senza dubbio il principale elemento geomorfologico che caratterizza l'alta Val Viola. Il Rifugio è stato ricavato ristrutturando una vecchia Caserma militare risalente ai primi del '900, di cui si sono mantenute le severe caratteristiche. Sulle cartine topografiche compare ancora, generalmente, come 'Caserma di Val Viola”.
A sud-ovest del rifugio si impone la temibile mole del Corno di Dosdé (m. 3232), che da qui mostra il caratteristico corno roccioso che sembra staccarsi quasi dalla sua sommità e che ne spiega il nome. Sul lato opposto, in primo piano, il pizzo Bianco (m. 2827), la cui cima, si raccontava, era scenario dei sabba di streghe, stregoni ed animali maledetti, in realtà anime confinate (kunfinà) relegate nei posti più solitari e remoti di queste montagne. Dietro il pizzo Bianco si nasconde il più imponente pizzo Filone (m. 3133), mentre alla sua destra si riconosce la cima arrotondata del monte Foscagno (m. 3058); alla sua sinistra, infine, si intravede la punta Zembrasca (m. 3089).


Alta Val Viola Bormina e Corno di Dosdè (clicca qui per ingrandire)

È il momento giusto per ascoltare una leggenda legata al periodo del contrabbando; la riportiamo così come si legge nella bella raccolta dattiloscritta di Maria Pietrogiovanna “Le leggende in Alta Valtellina”, Valfurva, 27 giugno 1998:
“Le valli valtellinesi sono anguste ed avare per gli abitanti, i quali, non potendo trarre nemmeno il sufficiente per poter vivere dalla coltivazione delle proprie terre, spendono più di una notte, attraversando gli accidentati confini, per un poco di zucchero, di caffè, per la mamma, per la famiglia. Sovente accade che, al mattino, i doganieri rivedano nei campi, al lavoro paziente, i medesimi che sfuggirono, come scoiattoli, poco prima dell'alba... E lavorano così come se la notte l'avessero divinamente trascorsa, mentre l'han consumata in gita forzata, sudando, rischiando la pleura e sfidando il precipizio. Le vie percorse da questa povera gente sono sentieri della miseria e del coraggio, percorsi da gente eroica e pacifica, povera e dignitosa, che non chiede ed è pronta alla carità. E la lassù c'è anche la via aerea di Cirillo il Moro. Cirillo, pure, era una persona onesta, anche se dedita al contrabbando. Una sera lo Sgarba, un doganiere (finanziere), lo seguì. Cirillo continuò la sua strada, ma venne un temporale. Mentre il doganiere gli diceva di fermarsi, Cirillo, dopo aver indicato allo Sgarba il luogo adatto per sostare aspettando la fine del temporale, gli rispose che la legge è lassù, dietro il cielo, e saltò, quindi, sul lastrone di neve sottostante come aveva sempre saltato. L'acqua, però, aveva inzuppato i bordi pensili del seracco che si aprì e si chiuse sopra di lui. Lo Sgarba stette un'ora, due ore in quella nicchia e poi svenne. Non seppe mai quanto tempo passò, gli parve però di vedere Cirillo andar su come un arcangelo, di croda in croda, di cresta cresta. Gli parve di esser preso da lui per i capelli e posto luogo sicuro. Sognò che gli sorrideva e diceva: "Da questa parte ... da questa parte". Alla fine, quando il sole lo risvegliò, si ritrovò in fondo al ghiaione. Sul lastrone nevoso vide il piccolo sacco di Cirillo. Il finanziere scese, raccolse il sacco e lo portò alla madre del contrabbandiere morto. Da allora, quando uno Sgarba od uno Spallone percorrono quella via e vengon meno, si sa che sono presi per i capelli e tratti in salvo dall'anima onesta di Cirillo.”

Nella seconda giornata dal rifugio Val Viola ci riportiamo a Malghera salendo per la Val Cantone di Dosdé al passo di Dosdé, scendendo in Valle d'Avedo e salendo dai laghetti di Tres al passo di Vermolera, per ridiscendere infine alla Val di Sacco ed a Malghera. Dal rifugio dunque ci riportiamo sulla pista e proseguiamo scendendo verso la media Val Viola. Passiamo così vicino al lago di Val Viola (m. 2267): la pista passa alla sua sinistra, rimanendo un po’ più alta.
Su questo gentile e tranquillo laghetto, cui fa da sfondo il passo di Val Viola, che sta da qualche parte sulla larga sella erbosa che chiude la valle, leggiamo quanto riporta il bel volume “Laghi Alpini di Valtellina e Valchiavenna” (De Bernardi Riccardo, Fassin Ivan, Mosello Rosario e Pelucchi Enrico, CAI, sez. di Sondrio, 1993): “Il maggiore Lago di Val Viola (2267 m) è situato ai piedi dell'imponente Corno di Dosdè, dalle forme severe e irregolarmente piramidali: una veduta classica della zona del bormiese. Anche l'accesso avviene in una varietà di ambienti e paesaggi anche vegetali (foresta di abeti rossi e gembri, lariceto, praterie e fasce di rododendro e mugo) per diversi chilometri, in vista dapprima della Cima Piazzi, poi delle aspre vette della Valle Dosdè. Frequentata in passato non tanto da disinteressati escursionisti, ma da contrabbandieri che non temevano di affrontare anche nell'inverno il lunghissimo percorso da Arnoga al confine e oltre (e viceversa), ne resta una testimonianza nella dismessa casermetta della Guardia di Finanza proprio in fondo alla valle, negli ultimi ripiani sotto il passo.”


Val Cantone di Dosdè (clicca qui per ingrandire)

Più in basso incontriamo una deviazione a destra per l'alpe Dosdé ed il rifugio Federico in Dosdé (anche questo può essere punto di appoggio per il pernottamento), e la seguiamo, lasciando la pista principale per scendere su una pista secondaria, verso destra, in direzione dell'imbocco della Val Cantone di Dosdé.
La pista sterrata scende gradualmente, descrivendo un arco verso sinistra, attraversa, su un ponte, il torrente Viola Bormina, portandosi poi alle baite dell’alpe Dosdé. Qui prendiamo a sinistra, seguendo la prosecuzione della pista, che, con un paio di tornanti, scende ad attraversare il torrente della Val Cantone di Dosdé su un secondo ponte. Sul lato opposto la pista piega a destra e porta al ben visibile ed isolato edificio del rifugio, posto a 2129 metri s.l.m.
Il rifugio Federico in Dosdé (m. 2129), di proprietà del CAI di Bormio,è dedicato alla memoria di Federico Valgoi, giovane promessa dello sci alpino prematuramente scomparsa in un incidente occorso mentre arrampicava, nel 2002. E’ stato aperto nella stagione estiva del 2009, dal 20 giugno al 20 settembre, e può ospitare 25/30 persone per il pernottamento. Dispone di servizi igienici, docce e corrente elettrica.
Dal rifugio si può effettuare una bella escursione di collegamento che culmina al rifugio Dosdé, posto sul passo omonimo, che congiunge la Val Cantone di Dosdé (Val Viola) con la Valle d’Avedo (Val Grosina). Ecco come procedere.
Torniamo, dal rifugio, all'Alpe Dosdé. Qui troviamo diversi cartelli; quello che ci interessa segnala i percorsi 292/208, che portano, rispettivamente, al bivacco Caldarini, in un’ora, ed al passo e capanna Dosdé, in 2 ore e 40 minuti. Procediamo, dunque, a sinistra (nella direzione del cartello), su un sentiero che si dirige, con andamento pianeggiante, verso sud, per poi piegare a destra (andamento sud-ovest), rimanendo sempre a destra (per chi sale) del torrente Viola Bormina. Ignoriamo la deviazione segnalata alla nostra sinistra (sentiero che si porta sul lato opposto del torrente e sale al bivacco Caldarini), mentre davanti a noi lo splendido scenario della triade di cime costituita da cima Viola, cima di Lago Spalmo e Sasso di Conca, impreziosito dal ghiacciaio settentrionale di Lago Spalmo. Superiamo così, salendo, la strettoia determinata dallo sbarramento della lunga morena frontale, originata in passato dalla lingua più avanzata della vedretta di Val Viola, e raggiungiamo la malridotta Baita del Pastore (2368 m), dalla quale lo sguardo domina, sul lato destro (occidentale) della valle, la poderosa costiera che dal Corno di Dosdè sale alla cima di Saoseo.


Val Cantone di Dosdè

La traccia ora si fa meno marcata, ma è sempre ben segnalata, e sale fra ampi pascoli seguendo l’andamento della selvaggia e grandiosa Val Cantone di Dosdé, procedendo verso sud, e restando sempre sul medesimo lato, cioè a destra del torrente. Il panorama è dominato a nord dal ben noto Corno di Dosdé, cui seguono la Punta del Dugural (o Dugurale, m. 3099, sul lato ovest della valle) ed i ghiacciai della Cima di Saoseo (m. 3264, sull’angolo di sud-ovest della valle). Alla nostra sinistra, sull’angolo di sud-est della valle, si mostra, infine, la bella parete nord della cima Viola (m. 3374), la più alta del comprensorio.


Salendo in Val Cantone di Dosdé

Giungiamo di fronte alla testata della valle, a quota 2410 metri circa, ed il sentiero termina. Dobbiamo ora seguire segnavia ed ometti. Pieghiamo a sinistra, guadiamo il torrente da destra a sinistra e saliamo verso sud, seguendo una labile traccia che, dopo un ripido strappo, porta al dosso quotato 2570 metri. Salendo ancora, passiamo vicino ad un laghetto e pieghiamo ancora leggermente a sinistra, raggiungendo, a quota 2600 metri circa, l'imbocco di un ampio canalone di sfasciumi.


Apri qui una panoramica della salita al passo di Dosdè

Seguendo ometti e segnavia lo risaliamo, verso sud, fino alla valletta di quota 2750 metri, dove troviamo qualche nevaietto anche a stagione avanzata. Saliamo lungo la valletta, fra blocchi e roccette, fino a raggiungere i 2824 metri del passo di Dosdé, dove troviamo il rifugio Dosdé, dopo circa 2 ore e mezza di cammino dal rifugio Federico in Dosdé (il dislivello è di 695 metri).


Salendo in Val Cantone di Dosdé

Giovanni Peretti (vol. citato) ci offre queste notizie della capanna: “La Capanna Dosdé fu costruita, "solida costruzione in muratura costituita da un solo locale di metri 4 x 4 rivestito in legno", nel lontano 1890 dalla Sezione di Milano del CAI, che sostenne, allora, una spesa di L. 2.200 ("senza il mobiglio"). Promotore e principale artefice della sua costruzione fu l'alpinista Cav. Antonio Cederna (già Presidente della Sezione Valtellinese e, negli anni successivi, pure Presidente della Sezione di Milano), che ne determinò pure l'ubicazione, aiutato e consigliato dalla fida Guida G. Krapacher di Premadio, detto "Todeschin", già buon conoscitore delle Alpi di Val Grosina in quanto, negli anni precedenti, aveva sovente accompagnato nelle loro peregrinazioni sui monti i topografi del Regio Istituto Geografico Militare.


Val Cantone di Dosdè

Sentiero per il passo di Dosdè

Verso il passo di Dosdè

Verso il passo di Dosdè

Verso il passo di Dosdè

Verso il passo di Dosdè

Alla realizzazione diedero un disinteressato contributo anche i Grosini Caspani Angelo, Sassella Giovanni e la Guida Pietro Rinaldi, sotto la direzione di Don Cristoforo Pini, buon alpinista che collaborò egregiamente con la Sez. di Milano del CAI anche per la costruzione del Ricovero di Eita. Il 16 Agosto del 1891 trentacinque alpinisti parteciparono con molta soddisfazione all'inaugurazione della bella capanna.


Apri qui una panoramica sulla Val Cantone di Dosdè dal passo di Dosdé

Madrina della cerimonia fu nominata la 'valorosa alpinista' Maria Rognoni, giunta da S. Caterina. Alla Capanna fu presto applicata da Pietro Rinaldi la famosa "Vereinschloss", sorta di serratura universale, la cui chiave poteva essere ritirata a Grosio o presso lo stesso Rinaldi, o presso l'albergatore Gilardi. La tassa di pernottamento era di L. 1 per i Soci CAI e L. 2 per i non Soci (che dovevano pagare L. 1 per il solo ingresso). Dopo la II Guerra mondiale andò completamente in abbandono e fu ristrutturata nel 1955, "riconquistando il suo posto dignitoso fra le Capanne delle nostre Alpi".


Apri qui una panoramica sulla Valle d'Avedo dal passo e dalla capanna di Dosdé

Nei successivi anni settanta le intemperie e le inciviltà la resero nuovamente inservibile, ma nonostante questo i visitatori continuavano ad aumentare (dai 37 registrati nel 1968 si passò ai quasi 200 nel 1974). Rischiando di andare in completa rovina, ottimo punto d'appoggio per quel gruppo montuoso ma soprattutto baluardo della cultura alpinistica di queste montagne, fu acquistata per un prezzo simbolico dalla Sezione di Bormio del CAI che provvide, nel 1982 al suo completo rifacimento, lasciando inalterata la struttura esterna in muratura…


Il bivacco Dosdé

Attrezzatura: posti letto 14. stoviglie, fornello a gas. Acqua all'esterno della Capanna, a circa dieci minuti di cammino. sotto la morena che scende verso il Lago Negro in Val d'Avedo, sottostante.”


Apri qui una fotomappa del primo tratto di discesa dal rifugio ed dal passo di Dosdè

Dal passo possiamo scendere alta Valle d'Avedo e di qui in alta Val Grosina. La discesa è ben segnalata da segnavia bianco-rossi ed ometti, che dobbiamo seguire per evitare di perderci fra gli insidiosi sfasciumi. Nel primo tratto scendiamo dallo sperone sul quale è posto il rifugio, per porre piede in Valle d'Avedo e piegare verso destra. Dopo il primo tratto, pieghiamo leggermente a sinistra (ovest-sud-ovest), passando a destra di un piccolo laghetto quasi perso in un mare caotico di massi di ogni dimensione, increspato da onde pietrificate, piccole colline moreniche, un luogo che incute timore, la probabile cornice del supplizio dei confinati, cioè di quelle anime che né cielo né inferno vogliono, e che qui scontano la loro spregevole esistenza dando di mazza, durante la notte, ai massi, frantumati senza pausa e senza perché. Eppure lo scenario più grandioso è proprio qui: la cima Viola si mostra, alla nostra sinistra, in tutta la sua eleganza, con la sua sommità acuminata ed il ghiacciaietto che la presidia.


L'ultimo tratto della salita e la cima Viola

Poi il sentiero, raggiunta la soglia di un gradino glaciale, sul suo lato destro, piega a sinistra e lo discende, portandosi all’ampia conca che ospita lo splendido lago Negro (m. 2560), di orogine morenica, che, a dispetto del nome, mostra un aspetto di un blu intenso. Con i suoi 124.000 mq è il più grande lago della Val Grosina, ed in passato veniva chiamato anche "Lago Scuro". Lo specchio d’acqua, di un blu intenso, unito ai corrugati contrafforti della cima Viola, regala uno dei più affascinanti scorci di alta montagna del versante retico valtellinese. A stagione avanzata sulle sue rive si può trovare qualche pescatore che attende perso nei suoi pensieri che qualche pesce abbocchi. Solo a stagione avanzata, però, in quanto può capitare che anche nella seconda metà di luglio sia ricoperto di ghiaccio. Alla nostra destra (ovest) si eleva fiero il pizzo Ricolda, ed alla sua destra la grande mole del Sauseu, la cima di Saoseo (m. 3263, termine che deriva forse dal tedesco “see”, lago, o, secondo l’antica lezione “Sasseo”, da “sasso”), che chiude la valle.


Il lago Negro

Il sentiero si tiene a destra del lago, descrivendo un ampio arco di cerchio. Procedendo verso sud-est raggiunge un secondo gradino, per il quale si affaccia ad un ampio e desolato pianoro, al quale scende con qualche serpentina. Percorriamo, stando a destra del torrentello, un lungo corridodio glaciale con la caratteristica forma ad U. Siamo sempre nel regno della solitudine. Si tratta del pian del Fréc', che presenta tutte le caratteristiche degli scenari di alta quota, dove i pascoli sempre più magri cedono il passo ai massi ed agli sfasciumi. Ci assale, forse, un profondo senso di desolazione, perché l’impressione è che qui non sia più luogo per uomini, ma per spiriti senza quiete. Rabbrividiamo, e paghiamo il giusto tributo al nome della piana (piana del Freddo). Solo i segnavia bianco-rossi ci parlano di qualcosa di umano.
La piana ha comunque un andamento assai tranquillo. Alla nostra sinistra si impone l'aspro versante sud-occidentale della cima Viola (m. 3374), che da qui appare come un modesto corno che chiude a sinistra il fianco del massiccio.
A destra è invece il massiccio e caotico versante del Dosso Sabbione a restituire una sensazione velatamente opprimente.


Il Pian del Frec'

Il sentiero più avanti si porta a sinistra del torrentello e, dopo una breve salita, raggiunge il bordo della piana e si affaccia ad un'altra ampia conca, quella che ospita i laghetti di Tres (m. 2186).
La piana, baricentro della valle, è gentile e bucolica. Alla nostra destra (sud) è vegliata dal Sasso Campana, mentre ad est si profilano le tre puntute cime del Pizzo Matto. Alla sua destra il cupolone del Dosso Sabbione. A sinistra (nord), infine, incombe il poderoso versante meridionale del signore della valle, la cima Viola (m. 3374), che qui mostra un volto davvero impressionante, la sua parete meridionale, una parete di durissimo gneiss che precipita per seicento metri sul pianoro del lago Spalmo.


La piana di Tres

Sotto questo versante scende un ripido declivio di magri pascoli e terreno franoso. Si intuisce, alla sua sommità, una conca, che ospita l’invisibile lago Spalmo (lach Spalm, m. 2515), uno specchio d’acqua dal singolare colore grigio lattiginoso (per la grande quantità di terriccio in sospensione), ai piedi della cima di Lago Spalmo (scima del Lach Spalm) e della sua piccola vedretta (vedregia di Scimi del Lach Spalm). Un lago invisibile perché ben pochi si avventurano alla conca che lo ospita, in quanto non c’è sentiero che vi conduca e per raggiungerla bisogna risalire il ripido e faticosissimo versante. Se il lago è per questo “invisibile”, non lo sono le sue acque, che defluiscono a valle lungo una valletta intagliata proprio in questo versante, né lo è il suo nome, che si è riverberato sulle cime assai frequentate soprattutto dagli scialpinisti (che vi salgono però dal versante della Val Viola Bormina).


Laghetti di Tres

Torniamo al racconto della traversata. Seguendo il sentiero e restando sul lato sinistro della piana, ci portiamo alla baita più grande di Tres, dove troviamo un cartello segnala il Sentiero Italia ed il bivio per cui prendendo a destra si sale al passo di Vermolera (Sentiero Italia e Via Alpina), mentre proseguendo diritti si scende ad Eita.
Qui lasciamo il sentiero che prosegue la discesa verso le baite di Vermoleda e di Avedo, e prendiamo a destra (ovest-sud-ovest), tagliando la piana verso destra (segnalazione del Sentiero Italia) e portandoci al lato opposto, dove una debole traccia comincia a risalire il versante occidentale della Valle d'Avedo.
La traccia si districa in un fascia di macereti, supera alcuni roccioni lisci ed approda alla conca che ospita il bel lago di Venere.

Il lago di Venere

Procediamo sulla traccia seguendo attentamente i segnavia bianco-rossi e passiamo, con qualche saliscendi, a destra del lago di Venere. La rsalita riprende su un ripido versante di sfasciumi e strisce di pascolo, e ci porta ad un'ampia conca morenica a quota 2500 m. I segnavia ci indirizzano ad una seconda rampa: attacchiamo un ampio canalone che termina ad un'invitante sella.


Falso passo di Vermolera (al centro; il passo è a destra)

Abbiamo l'impressione che quella sia la nostra meta, il passo di Vermolera. Così non è: più o meno all'altezza di un roccione con un grande segnavia e di una china erbosa (poco sotto quota 2600), dobbiamo lasciare la direzione sud-sud-ovest, piegare a destra (direzione ovest) ed infilarci nell'imbuto di un ripido canalone laterale, che più in alto di apre e diventa molto largo.


Apri qui una fotomappa del percorso di salita al passo di Vermolera

La salita è molto faticosa, perché il pendio è ripido. Conviene stare sul lato di destra, dove il pietrame è più rado o quasi assente. Al termine della salita ci affacciamo ad un ripiano ingombro di massi e grandi blocchi. Guidati dai segnavia percorriamo un simulacro di sentiero che la supera e ci porta finalmente al ripiano del passo di Vermolera (m. 2732), presidiato a nord dal puntuto pizzo Matto (m. 2993).


Apri qui una fotomappa della salita dal lago di Venere al passo di Vermolera

Attraversiamo il ripiano e ci affacciamo sul lato opposto, tornando a vedere la Val di Sacco. Sempre seguendo con attenzione i segnavia scendiamo fra placche e roccioni ad un versante di sfasciumi. Giunti nei pressi del suo bordo, cerchiamo con attenzione un sentiero che scende ripido su un versante morenico scosceso, piegando poi a sinistra e tagliandolo in diagonale verso sud. La traccia è stretta ed in alcuni punti rovinata da smottamenti, per cui dobbiamo procedere con attenzione. Al termine della diagonale tocchiamo un terreno più tranquillo. Pieghiamo a destra e proseguiamo la graduale discesa verso ovest-nord-ovest, restando a poca distanza dal versante meridionale che scende dal pizzo Matto.
Ci infiliamo così in un ampio corridoio, procedendo a ridosso di un piccolo corso d'acqua.


Pian del Lago

Seguendo i segnavia su paletti e pietre, più in basso traversiamo a sinistra tagliando verso sud-ovest. Attraversato un corridoio fra gobbe erbose, ci portiamo ad un secondo corrodio, un vallone più stretto, e scendiamo restando sul suo lato destro, affacciandoci all'ampio ripiano che ospita il Lago di Pian del Lago (m. 2316) ed il bivacco Pian del Lago, presso le sue rive.


Discesa dal passo di Vermolera

Dobbiamo proseguire verso ovest-nord-ovest, attraversando in piano i prati e scovando la partenza del marcato sentiero che inizia la discesa verso il fondovalle, con diverse svolte, verso sud-sud-ovest. Tagliamo così un ripido dosso e scendiamo ad intercettare una pista sterrata. Seguendola in discesa tocchiamo il fondo della Valle di Sacco, nei pressi di un ponte che ci porta dal versante orientale a quello occidentale. Qui ci ritroviamo sulla parte iniziale della pista che il giorno prima abbiamo percorso salendo in Val di Sacco.
Procedendo verso sinistra, in pochi minuti torniamo a Malghera, chiudendo lo splendido anello di Saoseo.


Clicca qui per aprire una panoramica del Pian del Lago

CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la mappa on-line

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