GALLERIA DI IMMAGINI; CARTA DEL PERCORSO; APPROFONDIMENTO: MONTESPLUGA ED IL PASSO DELLO SPLUGA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Passo dello Spluga-Lago Berseeli-Lago Azzurro-pizzo della Casa
2h
410
EE
Passo dello Spluga-Lago Berseeli-Lago Azzurro-pizzo della Casa-Vallone della Zocapèl-Montespluga-Passo dello Spluga
4 h e 30 min.
620
EE
SINTESI. Parcheggiata l'automobile al passo dello Spluga (m. 2115), ci portiamo sul lato orientale del passo dove parte, in corrispondenza del confine, un marcato sentiero che ne risale il versante, in territorio elvetico,verso est. Il sentiero, bel segnalato e marcato, porta ad un ripiano, poi riprende la salita più ripido, con diversi tornanti, infilandosi infine nel corridodio che porta al ripiano del lago Berseeli (m. 2312). Restando a destra del lago proseguiamo piegando gradualmente a destra, in direzione del selvaggio vallone che chiude il pianoro a sud. Seguendo i segnavia bianco-rosso-bianchi, saliamo faticosamente fra grandi blocchi e nevaietti, stando sul lato destro del vallone. L'ultima parte della salita è la più ostica, perché ci muoviamo fra roccette talora un po' esposte ed anche bagnate. Un traverso a sinistra su una modesta cornice un po' esposta e bagnata ci porta al limite di un nevaietto che risaliamo diritti per pochi metri, prima di toccare finalmente la soglia del ripiano del lago Azzurro (m. 2445; memorizziamo il percorso per l'eventuale ritorno). Rientriamo in territorio italiano (segnavia bianco-rossi) ed ignoriamo i segnavia che ci portano a sinistra. Restiamo così a destra del lago (indicazione C15, per Monte Spluga), traversando il ripiano nei pressi della sua riva occidentale, verso sud-est, fino al suo limite meridionale (qui una strozzatura lo divide da un laghetto satellite). In corrispondenza della strozzatura lasciamo la via dettata dai segnavia e pieghiamo a destra, salendo per facili balze in direzione del crinale che scnde verso nord-est dal pizzo della Casa. Poco sotto il crinale proseguiamo traversando con qualche saliscendi (qualche ometto ci aiuta, ma non ci sono segnavia), fino ad un grande vallone battuto da slavine, dove pieghiamo decisamente a sinistra e ci portiamo all'ampio ripiano che ospita la modesta e panoramiccisima cima del pizzo della Casa (m. 2522), che raggiungiamo procedendo con attenzione fra grandi blocchi. Tornati sulle rive del lago, scegliamo se ridiscendere per la medesima via di salita oppure per la più lunga via del vallone della Caurghetta, o Zocapèl (segnavia biancorossi del percorso C15). In questo secondo caso prendiamo a destra e dopo un arco di cerchio ci affacciamo al ripido vallone, che il sentiero piegando a destra (sud-ovest) scende fra grandi blocchi (attenzione), Dopo il primo tratto il sentiero assume la direzione sud. A quota 2350 la pendenza si addolcisce. Poi pieghiamo a destra e proseguiamo la discesa fra le ultime pietraie e le balze erbose, fino alla sospiratissima ss 36 dello Spluga, seguendo la quale raggiungiamo Montespluga. Sfruttando lantico tracciato della via dello Spluga di qui saliamo al passo dello Spluga.



Apri qui una fotomappa del percorso dal passo dello Spluga al bivacco Suretta

Dal passo dello Spluga (m. 2115) è possibile effettuare un'escursione relativamente breve ma non banale a due splendidi laghetti che occupano altrettanti ripiani adagiati sull'ampio versante occidentale del gruppo del Suretta. Si tratta del Bergseeli, in territorio elvetico, e del lago Azzurro, in territorio italiano. L'escursione, infatti, si articola intorno al confine fra i due stati.


Il passo dello Spluga (clicca per ingrandire l'immagine)

Saliti da Chiavenna al passo dello Spluga (m. 2115), parcheggiamo l'automobile nei pressi del casello sul confine italiano e varchiamo a piedi la frontiera. Pochi passi oltre il confine, sulla destra, troviamo, accanto ad una carta della Rheinwald elvetica, una serie di cartelli, uno dei quali indica la partenza dell'evidente sentiero che sale al lago Bergseeli (30 minuti) ed al lago Azzurro (un'ora). Diciamo subito che le indicazioni di tempo possono funzionare per il primo laghetto, mentre per il secondo sono decisamente ristrette, perché se il dislivello è contenuto, il terreno sul quale si procede è una scorbutica ed impegnativa pietraia.


Il passo dello Spluga (clicca per ingrandire l'immagine)

Comunque fino al Bergseeli il sentiero è largo, anche se, dopo il primo tratto, diventa abbastanza ripido e risale con serpentine il versante erboso ad oriente del passo, in direzione est-nord-est. Ci accompagnano i segnavia svizzeri, bianco-rosso-bianchi. La monotonia della salita è stemperata dall'ottimo colpo d'occhio sulla Valle Spluga elvetica e sulle pallide cime che sovrastano il nucleo di Splügen. Nell'ultimo tratto il sentiero propone alcuni passaggi esposti, ma con la dovuta attenzione procediamo sicuri. Ci avviciniamo così alla soglia dell'ampio ripiano del Bergseeli, ma prima di accedervi dobbiamo superare uno scorbutico passaggio su un breve corpo franoso, piccola anticipazione di quanto ci attende nella salita dal Bergseeli al lago Azzurro. Intanto alle nostre spalle emerge imponente, alto sopra il passo dello Spluga dal lato opposto rispetto al nostro, il pizzo Tambò (m. 3279), massima elevazione della Valle Spluga, mentre alto davanti a noi comincia a profilarsi il pizzo Suretta.


Il lago Berseeli (clicca qui per ingrandire l'immagine)

Dopo un tratto in piano, ecco su un masso l'indicazione del lago Bergseeli (m. 2309), che pochi passi più avanti si fa finalmente vedere, con la sua forma arrotondata e l'aspetto tranquillo. Neppure l'insistente sguardo del Suretta sembra scomporlo. Il sentiero passa nei pressi della sua riva meridionale e l'invito ad una sosta è forte. Guardando verso nord, vediamo le pallide cime che sovrastano Splügen, lo Steilerhorn, l'Alperschellihorn, i pizzas d'Annarosa e il piz Béverin. Più a destra vediamo lo scuro profilo degli Schwarzhörner (Corni Neri), che si connettono con la cresta del Suretta. A sud-est vediamo poi il versante franoso che precede la soglia al più alto ripiano del lago Azzurro.


Il lago Berseeli (clicca qui per ingrandire l'immagine)

Proseguendo sul sentiero, scopriamo ben presto che questo tende a dileguarsi. Restano i segnavia, che suggeriscono il percorso più razionale fra i massi caotici che occupano il lato destro del versante. Procediamo verso sud-est e poi sud, avvicinandoci al fianco destro del vallone, presso un nevaietto. Si sale usando anche un po' il naso, e con la massima attenzione, perché a tratti che propongono un'agevole scalinatura si alternano tratti in cui ci si deve muovere con cautela, per evitare di svicolare e finire con caviglia e gamba in qualche buco. Un episodio curioso che ho avuto modo di osservare conferma l'insidia del percorso. Giunto a metà della salita, sento alle mie spalle dei guaiti. Due escursionisti procedevano, più in basso, con due bei cani neri, di taglia media. Uno di questi aveva cominciato a guaire impaurito; se ne stava arroccato su un masso, tentando timidamente di procedere, ma desistendo ad ogni tentativo. Il padrone gli allungava le mani per aiutarlo, ma questo non ne voleva sapere. Così i due se ne sono tornati a valle. L'ultima parte della salita è la più ostica, perché ci muoviamo fra roccette talora un po' esposte ed anche bagnate. Un traverso a sinistra su una modesta cornice un po' esposta e bagnata ci porta al limite di un nevaietto che risaliamo diritti per pochi metri, prima di toccare finalmente la soglia del ripiano del lago Azzurro. Memorizziamo questo passaggio per il ritorno e procediamo fra rocce arrotondate.


Il lago Azzurro (clicca qui per ingrandire l'immagine)

Lasciamo alla nostra sinistra i segnavia che portano sul versante ad oriente del lago (si tratta del percorso che traversa al bivacco Suretta) e procediamo verso destra, nella direzione indicata da una segnalazione su un masso sovrastato da un ometto (Monte Spluga C15). Stiamo rientrando in Italia, ed un cippo di confine ce lo ricorda. In breve giungiamo in vista dello splendido lago Azzurro (m. 2445), che occupa buona parte dell'ampio pianoro ai piedi del versante occidentale degli Schwarzhörner (Corni Neri), nel gruppo del Suretta. Tocchiamo la sua riva settentrionale, ed il luogo sembra davvero favorire un'ampia pausa di riposo e meditazione. Mentre alla nostra sinistra sono sempre i cupi Schwarzhörner, nel gruppo del Suretta, ad affermare la loro signoria su questi luoghi, a destra il pizzo Tambò mostra tutto il suo splendore. A sinistra del pizzo vediamo una larga gobba di roccette che pare insignificante. In realtà si tratta di un pizzo (non lo si direbbe davvero da qui), il pizzo della Casa, che, visto da Montespluga, appare un aspro torrione che sovrasta, appunto, la “Casa” per eccellenza, la Cantoniera dello Spluga. Può costituire la meta dell'escursione.
I segnavia (che ora sono bianco-rossi) ci indicano la traccia intermittente di sentiero che contorna la riva occidentale del lago. Passiamo così a sinistra di un ricovero in pietra addossato ad un grande masso. Con qualche saliscendi, raggiungiamo la riva meridionale del lago, dove una strozzatura separa lo specchio più ampio del lago, a nord, dalla sua propaggine meridionale. I segnavia proseguono verso la bocchetta della Zocapèl, che si affaccia sul vallone omonimo.


Il lago Azzurro (clicca qui per ingrandire l'immagine)

Più o meno all'altezza della strozzatura fra i due segmenti del lago li lasciamo, però, alla nostra sinistra e pieghiamo a destra, per salire in cima al panoramicissimo pizzo della Casa. Nessun segnavia, solo qualche ometto, qua e là. La salita avviene dunque senza percorso obbligato, ma su un terreno non difficile.


Panorama dal sentiero di salita al pizzo della Casa (clicca qui per ingrandire l'immagine)

Portiamoci quasi a ridosso della crestina rocciosa che scende a nord-est dal pizzo. Procediamo poi con tratti in piano e brevi salite, fra nevaietti, corridoi erbosi e facili canalini. Se perdiamo gli ometti, prendiamo come riferimento un largo canalone spianato dalle slavine: quando giungiamo sul suo bordo, pieghiamo a sinistra e, salendo fra facili roccette, guadagniamo la spianata che precede la cima del pizzo della Casa. Ci accoglie un grande ometto. Poco oltre, la modesta gobba che segna la cima del pizzo, sul quale è posto un treppiedi per le rilevazioni trigonometriche. Prima di raggiungerlo dobbiamo superare una crestina di massi esposta, soprattutto sul lato destro. Ancora una volta facciamo ricorso a tutta la cautela del caso, e siamo infine ai 2522 metri della cima del pizzo della Casa.


Panorama dal pizzo della Casa (clicca qui per ingrandire l'immagine)

Il panorama è decisamente interessante. A sud si apre il solco della Valle Spluga e della Val Chiavenna (ma non si vede il fondovalle), incorniciate dal monte Legnone, propaggine occidentale della catena orobica. Più a destra vediamo le più importanti cime delle Lepontine, pizzo Quadro, pizzo Ferrè e pizzo Tambò. A nord le già citate cime della Valle Spluga elvetica ed il gruppo del Suretta. Ad est i pizzi Emet, Mater e Groppera. Le due ore approssimative di cammino sono dunque adeguatamente ripagate.


Discesa dal pizzo della Casa e lago Azzurro (clicca qui per ingrandire l'immagine)

Il ritorno può ovviamente sfruttare la via di salita, ma c'è anche la possibilità di un percorso ad anello, per la verità abbastanza faticoso. Tornati sulle rive del lago Azzurro possiamo, infatti, proseguire verso destra, seguendo i segnavia che ci portano alla già citata bocchetta della Zocapèl. Dalla bocchetta ottimo è il colpo d'occhio sul lago di Montespluga. Il sentierino traversa alto su un ripido versante erboso, poi piega a destra e scende lungo un ripido canalino, che introduce allo scorbutico vallone della Zocapèl (vallone della Caurghetta sulla carta IGM), in gran parte occupato da sfasciumi, procediamo, così, verso sud, seguendo i segnavia che dettano il percorso meno difficoltoso. Anche qui la cautela deve essere massima, perché uno scivolone è sempre dietro l'angolo. A quota 2350 la pendenza si addolcisce. Poi pieghiamo a destra e proseguiamo la discesa fra le ultime pietraie e le balze erbose, fino alla sospiratissima ss 36 dello Spluga, che tocchiamo a poca distanza dall'ingresso al nucleo di Montespluga.
Bisogna però tornare al passo, e ci attende quindi un'oretta di cammino. Raggiunta Montespluga, possiamo procedere sulla strada statale oppure sulla più breve e diretta Via Spluga, fino al colle del passo dello Spluga, dove ritroviamo l'automobile. L'intera escursione ad anello richiede circa 4 ore e mezza (dislivello in altezza: 620 metri circa).


Vallone della Zocapèl o della Caurgetta

Per evitare l'antipatica salita terminale, è però consigliabile tornare per la medesima via di salita, dopo aver ben memorizzato l'itinerario di salita dal lago Bergseeli al lago Azzurro.


Apri qui una fotomappa della discesa dal Vallone dello Zocapèl (o della Caurghetta)


Apri qui una fotomappa dei sentieri nella zona di Montespluga

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CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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APPROFONDIMENTO: MONTESPLUGA ED IL PASSO DELLO SPLUGA


Apri qui una panoramica del lago di Montespluga

Mntespluga ed il passo dello Spluga sono fra i più interessanti luoghi dell'arco alpino centrale. La loro storia riserva numerosi elementi di interesse e suggestione.
A Montespluga un pannello illustrativo racconta la sua storia: “La località fu nota fino agli inizi del XIX secolo come «Ca' de la montagna» per l'osteria-ospizio qui esistente fin dall'alto Medioevo, ma documentata solo a partire dal XIV secolo (oggi è l'albergo Vittoria). Uno scrittore degli inizi del Seicento annota «Uomini e giumenti troppo spesso perderebbero la loro vita su questo monte, se non vi fosse questo ricovero». Qui, quando infuriavano le bufere di neve si suonava una campana «per orientare i viaggiatori smarriti e chiamarli a pietoso rifugio durante la tempesta». L'ospizio fu poi ampliato nel XVIII secolo, e vi si ricavò una cappella, che fu posta sotto la giurisdizione della sede apostolica. Nel 1823, quando fu aperta la nuova carrozzabile dello Spluga da parte del regno lombardo-veneto sotto l'Austria, fu ristrutturata la dogana e sul lato opposto della strada fu costruita nel 1825 la chiesetta di San Francesco con pala del santo patrono che riceve le stimmate, firmata nel 1841 da Giovanni Pock. Alla Ca' i vettori dei «Porti» di Val del Reno e quelli di Val San Giacomo si scambiavano le merci dirette rispettivamente a sud e a nord del valico. Qui sostava e faceva dogana la corriera di Lindau, che già nel 1823 in trentasei ore correva dal Lago di Costanza a Milano.”


Montespluga

Riportiamo anche le notazioni di Giovanni Guler von Weineck, che, nell’opera “Rhaetia” (Zurigo, 1616), scrive: “Salendo dal villaggio di Spluga in cima al passo e scendendo poi un poca per il versante italiano, s'incontra un edificio in muratura detto Alla-casa, dove, durante le furiose tormente,si rifugiano le bestie da soma e di viandanti. Uomini e giumenti troppo spesso perderebbero la loro vita su questi monti, se non vi fosse questo ricovero. Il luogo circostante è cosi elevato, selvaggio e gelido, che non produce legna di sorta. Perciò la legna. necessaria per la cucina e per il riscaldamento, vi deve essere condotta a soma dal basso dl ambedue i versanti. Davanti al ricoverosi stende una pianura discretamente larga, che per otto mesi all'anno è coperta da un bianco strato di neve, mentre negli altri quattro mesi vi cresce un poco di erba e di pascolo.”


Lago di Montespluga

G. B. Crollalanza, nella sua monumentale “Storia del contado di Chiavenna” (Milano, 1867), a sua volta così descrive questi luoghi:
A Teggiate s'incontra la prima Casa Cantoniera stabilita e mantenuta dal governo per dar ricovero e soccorso ai viaggiatori assaliti dalla tempesta, e alla Stuetta una seconda Cantoniera, dopo la quale si apre una spaziosa ma deserta pianura, in fondo a cui sorge la Casa detta della Montagna a 1904 metri sul livello del mare, antica dogana italiana, oggi semplice posto di guardie doganali. Quivi presso sorgono altre fabbriche ben costruite, fra le quali la chiesa, la casa del R. Cappellano, l'abitazione per l'Ingegnere di riparto e per gli altri inservienti della strada, ed un comodo albergo. In questo punto non è cosa rara che nell'inverno vi sia della neve che giunge fino alle finestre del primo piano, e duranti le tempeste si suona la campana della chiesa per guidare i viaggiatori.


Lago di Montespluga

Poco lungi dalla casa della Montagna s'incontra la terza Cantoniera, e quindi subito dopo la sommità dello Spluga, ove in quel luogo che à forma di piazza è marcato il confine fra l'Italia e la Svizzera. La elevatezza di questo punto sul livello del mare è di 2117 metri, e su quello del lago di Como è di 1919; ed una vecchia torre si trova alla sommità del passaggio, da dove volgendo le sguardo al ponente si scorge la bella aguglia di Tambohorn che servì di segnale trigonometrico con stupendi feldispati bianchi e turchini, e talco e clorite color d'uliva, in mezzo al gneis stratificato verticalmente, cui poi verso l'alpe di Loga congiungonsi la tormalina, la quarzite, l'orniblenda. Superata la vetta dello Spluga, la strada discende sino al paese grigione di questo nome, donde per la valle del Reno si va a Coira.”
Lo scenario, in passato, doveva, quindi, essere assai più severo: la convergenza e la circolazione delle correnti favorivano, nella zona del passo, abbondanti precipitazioni, per cui qui si poteva davvero sperimentare quanta fatica costasse all’uomo riuscire a convivere con le asperità del clima e della montagna. Oggi tutto appare più addomesticato ed ingentilito.


Apri qui una panoramica del passo dello Spluga

La Guida alla Valtellina edita dal CAI di Sondrio nel 1884 (II edizione), a cura di Fabio Besta, così presenta il passo dello Spluga: "Lo Spluga è fra i valichi delle Alpi conosciuti dai Romani, ma fino al 1818 non era sormontato che da una strada mulattiera. Federico Barbarossa nella sua quarta calata in Italia, prima della ricostruzione di Milano, passò questo valico e si fermò a Chiavenna. V'è un quadro nella Pinacoteca di Roma che ricorda questa presenza di Barbarossa in Chiavenna. Più tardi Macdonald dal 27 novembre al 4 dicembre 1800 fece valicare questo passo da una intera divisione destinata a coprire i fianchi dell'armata d'Italia... Intere valanghe furono da valanghe staccatesi dal monte trascinate in un burrone mentre tentavano attraversare la gola di Cardinello. La bella strada internazionale che attraversa lo Spluga venne costrutta per ordine del governo austriaco dal 1819 al 1821 sugli studi dell'ing. Carlo Donegani. Oltrepassato il giogo dello Spluga e la Terza Cantoniera (2067 m.) si giunge al piano della Casa, dove v'ha la dogana e una modesta osteria. La valle, qui sterile e tetra, è circondata da alte e scoscese montagne. Nell'invernola neve vi cade alta tanto da innalzarsi al di sopra del primo piano; cosicchè a volte per mettere in comunicazione la dogana colla vicina osteria è mestieri scavare entro la stessa neve una galleria."


Apri qui una panoramica del passo dello Spluga

Queste note danno solo una prima ed approssimativa idea dell'importanza del passo dello Spluga, il quale, per la sua posizione centrale nell'arco alpini, costituì la più diretta via di comunicazione fra paesi di lingua germanica e bacino padano. Molto probabilmente fu valicato prima ancora degli albori della storia. I ritrovamenti nei siti del vicino Pian dei Cavalli attestano infatti la presenza di nuclei di cacciatori nomadi nel Mesolitico, cioè circa 10.000 anni fa. Questi cacciatori salivano al Pian dei Cavalli partendo da campi-base posti sul fondovalle (ma può darsi che venissero anche dal versante opposto della catena alpina), accendendo fuochi e collocando tende. Questo luogo consentiva loro di dominare la valle sottostante, avvistando le prede più ambite, i cervi. In epoca storica furono i Romani a sfruttare il valico nel contesto della campagna militare posta in atto tra il 16 ed il 7 a. C. per sottomettere le popolazioni retiche.


Apri qui una panoramica del passo dello Spluga

Due documenti di età imperiale romana, infatti, riportano la via dello Spluga: si tratta dell'Itinerarium Antonini, redato al tempo di Diocleziano, e della Tavola Peutingeriana, copia medievale di una carta romana di età imperiale. Vi si menzionano Tarvedese, probabilmente Campodolcino, dove la strada vera e propria terminava, lasciando il posto alla mulattiera percorsa appunto da muli, che superava l'aspro versante della Valle del Cardinello e raggiungeva Cunu Areu, cioè Montespluga, pero pi salire al passo. Fino all'età medievale fu questa l'unica via per valicare il passo. Ad essa dal 1223 si affiancò quella che da Campodolcino saliva a Madesimo ed al passo di Emet. La prima rimase però la più utilizzata nella stagione invernale.


Isola

Al transito dei soldati seguì, per i passi dello Spluga, del San Bernardino e del Settimo, quello dei mercanti, che salivano per l'importante arteria che percorreva il lato occidentale del lago di Como, proseguiva fino a Chiavenna e di qui a Campodolcino, per lasciare poi il posto ad una larga mulattiera che forse veniva percorsa anche da piccoli carri. Raggiunto il passo dello Spluga, tenuto aperto anche d'inverno, il percorso scendeva fino alla valle del Reno Posteriore ed a Coira, seguendo la Viamala. Questo fu l'itinerario percorso per secoli dalle merci più diverse, fra cui cereali, riso, sale, latticini, vino, pelli, cuoio, tessuti, argenteria, armi, armature, spezie. La sua importanza economica indusse nel 1473 a porre in atto lavori per porre in sicurezza il transito attraverso la profonda forra della Viamala, mentre nel 1643 fu tracciata una via più sicura in un altro nodo critico di passaggio, la valle del Cardinello. I commerci venivano gestiti fin dal basso Medioevo da corporazioni di contadini-someggiatori, chiamate Porti, che ne detenevano il monopolio e curavano la manutenzione di strade e ponti. I trasporti venivano poi scanditi dalle soste, dove le merci venivano trasbordate a cura di operatori locali.
In quel periodo giungevano a Splügen, sul versante elvetico ai piedi del passo, da 300 a 400 animali da carico, che procedevano nelle "stanghe" composte da 6 o 7 bestie collegate da una speciale imbastatura e guidate da un somiere.


Apri qui una panoramica sul passo dello Spluga

Solo nel primo quarto dell'Ottocento la costruzione della carrozzabile del San Bernardino e di quella tracciata dall'ingegner Carlo Donegani allo Spluga fra il 1818 ed il 1823 modificò profondamente questo sistema. Sul versante italiano la strada dello Spluga abbandonava le pericolose gole del Cardinello sfruttando un percorso più sicuro con l'ardito tracciato che saliva a Pianazzo. Dopo l'alluvione del 1834 che ne danneggiò gravemente diversi tratti da Campodolcino ad Isola, venne costruito l'arditissimo tratto che coincide con il tracciato attuale, e che da Madesimo sale direttamente a Pianazzo, tagliando fuori Isola e risalendo il vertiginoso versante dello Scenc'. La nuova strada, aperta nel 1838, diede un grande impulso ai transiti commerciali e turistici, regalando per qualche decennio al passo dello Spluga il primato indicusso fra i valichi delle Alpi Centrali, tanto da giustificare i non indifferenti sdorzi per tenerlo aperto lungo l'intero arco dell'anno.


Il passo dello Spluga

Il tramonto della sua centralità strategica fu poi segnato dall'apertura delle gallerie del Brennero (1867), del Moncenisio (1872) e del San Gottardo (1882). Per ovviare a questo delino venne formulato il progetto del traforo dello Spluga, che però non si concretizzò mai. I transiti commerciali terminarono, lasciando però il posto ai più diradati ma anche suggestivi transiti di turisti e viaggiatori. Non pochi furono gli artisti, gli scienziati ed i pensatori famosi che passarono per lo Spluga, da Erasmo da Rotterdam nel 1509 a Johann Wolfgang Goethe nel 1788, da William Turner nel 1843 a Friedrich Nietzsche nel 1872, da Jacob Burckhardt nel 1878 a Henry James, da Giosuè Carducci, che visitò il passo più volte durante i suoi soggiorni estivi a Madesimo tra il 1888 ed il 1905, ad Albert Einstein nel 1901, per citare solo i più famosi. In particolare, il sommo poeta tedesco Goethe varcò lo Spluga, di ritorno dal suo viaggio in Italia, alla volta di Weimer. Andersen vi passò qualche decennio dopo e, sceso a Chiavenna, si vide rifiutare una tazza di caffè e latte perché si era di venerdì ed il latte era proibito dal precetto del magro. Nel 1922 il celebre poeta Giovanni Bertacchi , nel discorso scritto per le celebrazioni del centenario della nuova strada dello Spluga, con queste parola descrive il mesto tramonto della più antica via del Cardinello: "Ora il passo del Cardinello è abbandonato, la vecchia mulattiera si viene in più tratti sgretolando, mentre qualche solingo viandante rifà la yraccia antica, ammira la scena mirabimente selvaggia, ascolta le voci arcane della montagna, se mai vi riecheggia ancora il tumulto del passaggio di MacDonald, recante fra stenti di ogni sorta, nel dicembre dell'800, i soccorsi incovaci dal Bonaparte."


Apri qui una panoramica verso nord dal passo dello Spluga

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