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Val Grosina

La Val Grosina non offre solo numerose ed interessanti soluzioni per gli appassionati dell’escursionismo, ma anche diverse possibilità per i cultori della mountain-bike, che possono trovarvi percorsi remunerativi e di grande soddisfazione panoramica.
Il punto di partenza è Grosio (m. 656): oltrepassato il centro del paese, si trovano le indicazioni per la strada che sale in valle, raggiungendo innanzitutto Ravoledo (m. 864), frazione che si incontra dopo 2 km di salita. Al tornante prima di Ravoledo, però, fermiamoci ad osservare lo scenario che ci si offre: abbiamo di fronte la lunga dorsale monte Padrio (m. 2153)-monte Serottini (m. 2967), che separa la Provincia di Sondrio da quella di Brescia, e che mostra l’evidente depressione sulla quale è posto il passo del Mortirolo (m. 1896), che congiunge Valtellina e Valcamonica. Sulla destra vediamo la forra terminale del torrente Roasco, che, prima di gettarsi nell’Adda, corre per un tratto parallelamente al suo corso, per aggirare un bastione roccioso all’imbocco della valle. Scorgiamo chiaramente anche il bel castello di Grosio, così come suggestiva è la visuale sui paesi di Grosio e Grosotto.
All’uscita da Ravoledo ci attende un primo strappo fino ad un tornante sinistrorso; al successivo tornante destrorso vale la pena di effettuare un breve fuoriprogramma, lasciando la strada per scendere lungo una pista che se ne stacca sulla sinistra e, raggiunto un gruppo di case con una fontana, comincia a salire per un breve tratto, fino ad un secondo gruppo di case. Siamo in località Bedognolo, ed il motivo della digressione è la visita ad uno degli alberi monumentali di classe superiore della provincia di Sondrio, un castagno che, per la verità, non è in buone condizioni di salute, ma mostra ancora orgoglioso il tronco che vanta, in assoluto, la maggiore circonferenza fra tutti gli alberi della provincia, circonferenza che misura la bellezza di 12 metri! Il castagno ha il tronco cavo, il che gli conferisce un’aria misteriosa ed esoterica, quasi fosse stato scelto come dimora da qualche spirito del bosco.
Dopo la visita doverosa, torniamo sulla strada, che, dopo un paio di tornanti, valica la dorsale orientale della valle (che scende dalla cima Rossa al monte Storile) e comincia ad addentrarsi sul suo fianco, in corrispondenza della frazione di san Giacomo (m. 1054), la cui bella chiesetta risale al secolo XIV. Puntando a nord, la strada ci porta a Fusino, a 9 km da Grosio (m. 1203), posto nel punto in cui la valle ospita due invasi artificiali dell’AEM. Appena a monte del punto in cui la val Grosina occidentale si congiunge con il solco principale della valle. Una sosta nel piazzale della chiesa della Madonna delle Valli (costruita nel 1966 al posto di una cappelletta della Madonna del Buon Consiglio) ci permette di osservare l’imponente muraglia della diga superiore.
Ci si offrono ora due possibilità: possiamo proseguire sulla strada principale, che giunge fino ad Eita, oppure deviare a sinistra, addentrandoci nella val Grosina occidentale. Esaminiamole entrambe, partendo da quest’ultima. Imbocchiamo una strada dalla carreggiata piuttosto stretta, che ci porta nel cuore della valle, per poi risalire sul fianco settentrionale della val Grosina occidentale. Questa strada ci porterà fino all’alpe di Malghera, ad 11,2 km da Fusino, con un tracciato quasi interamente in asfalto e totalmente lineare (cioè senza tornanti), una carreggiata sempre stretta e tre punti nei quali repentine impennate della pendenza (anche se non per lunghi tratti) rendono la pedalata oltremodo difficile.
Il primo strappo si presenta proprio all’inizio, quando oltrepassiamo i prati della località Dosso (Dos Giuèl, m. 1270). In questo tratto aggiriamo il largo fianco che dal monte Alpisella (m. 2756), a nord, scende alla forra del Roasco occidentale. Salendo, nei tratti meno impegnativi possiamo osservare la diversa natura dei due versanti della valle: quello alla nostra destra, il settentrionale, è caratterizzato da ampi prati, interrotti da macchie di larici, ontani, betulle, robinie e noccioli; il versante opposto, invece, per la diversa esposizione al sole, è ricoperto da fitte abetaie. Vi si susseguono, da est, gli imbocchi delle laterali val Mozzana, valle Piana, val Guinzana e val di Pedruna. Dopo circa 3 km di percorso in val Grosina occidentale raggiungiamo la località Dossa (m. 1350), dove la strada si avvicina al torrente mentre, sulla destra, si stacca una pista che sale sul fianco meridionale del monte Alpisella (termine che significa “piccola alpe”) e raggiunge l’alpe Biancadin, o Biancadino, in cui si trova l’omonimo rifugio (m. 2253).
Avanti ancora, fino a Sacco (m. 1617) e Campo Pedruna (m. 1703), a 7,5 km da Fusino, dove lo scenario è ormai dominato dai pascoli di alta quota. Mancano 3,7 km dalla meta, Malghera: per raggiungerla, la strada comincia a volgere in direzione nord-ovest, dopo aver varcato il torrente che scende dalla valle di Pedruna. Superiamo anche le Baite della Pirla (denominate così perché si trovano presso una bella cascata, gemella della più famosa “pirla” di Eita), a 1830 metri, e giungiamo al punto in cui si apre, a nord, il solco della valle di Sacco, nella quale si prolunga la val Grosina occidentale.
Lo scenario è ampio, luminoso, bellissimo. La costiera che scende dalla punta di Sena (m. 3074) separa la valle di Sacco dalla valle di Malghera. Raggiungiamo il nucleo di baite di Malghera dopo aver superato su un ponticello anche il torrente Roasco occidentale. Ci accolgono il rifugio Malghera (m. 1937) e, in fondo, separata dalle baite, la bella chiesa della Madonna della Misericordia, o Madonna del Muschio, edificata nel 1888, dal nucleo di una cappella preesistente, eretta per ricordare il miracolo dell’apparizione della Vergine, sul muschio di una roccia, ad un pastore nel 1750. Spicca soprattutto il bel campanile, innalzato nel 1910. Una chiesa così elegante in un luogo, tutto sommato, così solitario suscita un’impressione singolare, ma ci ricorda anche non solo la devozione delle genti della valle, ma anche la ricchezza dei luoghi. In generale la Val Grosina è stata, ed in parte è ancora, uno dei luoghi dove l’allevamento del bestiame ha, nell’intera provincia, la maggiore rilevanza.
Volendo, possiamo proseguire ancora per un buon tratto, fino alla Casera di Sacco (m. 2008), dove la pista termina. Possiamo anche addentrarsi a piedi nel bellissimo pian di Mezzo e, volgendo a sinistra (nord-ovest), giungere in vista dell’ampio pianoro chiuso dal gradino roccioso in cima al quale è posto il bivacco Duilio Strambini (m. 2534).
Questo incontro con la Val Grosina occidentale ci consente, fra l'altro, di apprezzare la ricchezza delle sue dimore rurali. caratteristiche e ben conservate. Scrive, al rifuardo, Dario Benetti, nell’articolo “Abitare la montagna.Tipologie abitative ed esempi di industria rurale”, (in AA.VV., “Sondrio e il suo territorio”, Silvana Editoriale, Milano, 1995)
:
"L'importanza delle tipologie architettoniche tradizionali della val Grosina è strettamente legata alla posizione di confine di quest'area posta tra la media e l'alta Valtellina. La val Grosina sbocca nella valle dell'Adda appena sotto Grosio. Grosio ha sempre avuto il possesso della valle principale (detta «val de S-cen») con orientamento nord-sud e il versante sinistro orografico del ramo occidentale (detta «val de Dosa»), mentre a Grosotto appartiene tutto il versante destro orografico. Nella valle è diffusa la proprietà privata fino alle quote più elevate; le frazioni sono estremamente disperse e, nel complesso, si può affermare che vengono a costituire un vero e proprio insediamento diffuso di valle. La valle era abitata per quasi tutto l'anno, mentre ora il tempo di residenza si è ridotto.
Le dimore, riunite in piccoli gruppi, sono del tipo unitario: la parte rurale (stalla e fienile), però, è in genere solo giustapposta alla parte residenziale e a questa collegata tramite un cortile aperto, riparato da un tettuccio (vedi contrada Pensìn). La parte residenziale solitamente si sviluppa su due piani con cucina e soprastanti camere. Il fienile (tabià) il più delle volte è ricavato in un edificio apposito che ha il basamento in muratura di pietrame; in alcuni casi è sullo stesso piano delle camere (tabiezol), mentre la parte superiore è realizzata in legno con il sistema a travi incastrate. Il manto di copertura del tetto è in piode, anche se qua e là rimangono tracce dell'uso delle scandole (tegole) in legno.
Vicino all'edificio residenziale si trova quasi sempre una serie di costruzioni accessorie ad uso agricolo: tra di esse il casello (trela) per la conservazione del latte.


Val Verva

Torniamo ora repentinamente a Fusino, per raccontare il secondo possibile itinerario. Questo prosegue nella salita verso Eita, in un paesaggio che, sopra i 1300 metri, comincia ad essere caratterizzato da una serie di gradini rocciosi scavati dal torrente. La nuova strada, che ha sostituito una vecchia pista, passa a sinistra (per noi) del Roasco, mentre sul lato opposto restano le località Pugnalto (m. 1464) e Veradura (m. 1469). Alla fine, a 14,5 km da Grosio ed a 5,5 da Fusino, ecco la gentile Eita, quietamente distesa in un bel pianoro, dal quale possiamo osservare l’intero solco della valle, fino alla confluenza con la Valtellina.
Colpisce, innanzitutto, la chiesa dell’Immacolata di Lourdes, detta anche “Madonna di Eita”, con il caratteristico campanile staccato. Vicinissimo alla chiesa è il rifugio Eita (m. 1703). Non possiamo mancare di visitare la cascata che incarna l’immagine probabilmente più diffusa e nota della Val Grosina, cioè la famosa pirla, dove le acque scendono rabbiosamente, costrette da uno stretto corridoio nella roccia ad una duplice capovolta, una “pirla”, appunto.
E' interessante leggere la descrizione che Giorgio Sinigaglia, alpinista profondamente innamorato delle montagne di Val Grosina, dà di questi luoghi e della loro gente nel Bollettino CAI del 1897: "
Il dosso è abitato tutta l'estate da famiglie di pastori, di cui non si può abbastanza lodare l'onestà ed il carattere franco e aperto. Oltre alla solidità dei principii e ad una certa istintiva tendenza al bene, naturale in quei luoghi ove la civiltà, e di conseguenza i vizi, non si è ancora fatta strada, credo influisca molto la profondità delle convinzioni religiose. Nelle lunghe ore di pioggia mi compiacevo a conversare con quei bravi montanari, e .rimanevo sorpreso della franchezza e verità di tante loro risposte improntate di una certa filosofia.
Non credo inutile una descrizione del Rifugio di Eita, essendo ai soci, per non dire alla totalità degli alpinisti, sconosciuto. Esso è a due piani. Entrando si trova un vestibolo da cui parte una scala che sale ai due locali superiori. A sinistra vi è la cucina con ampio camino, in questi ultimi tempi provvista largamente d'ogni comodità. V'è un grosso armadio, e tavolo e sedie completano l'arredamento. Il sottoscala è stato opportunamente utilizzato come cantina.
A destra di chi entra un vasto locale è adibito a sagrestia e comunica con una graziosa cappella dove spesso salgono i preti a dire la messa; però la sagrestia serve da sala da pranzo comune nei giorni di grande affluenza. Salita la scaletta dopo aver ammirato i dipinti del collega Ghisi, si arriva al locale riservato al Club Alpino, con due letti... due veri letti. Tutto imbiancato, con un bel tavolo presso l'ampia finestra, seduti al quale si domina tutta la valle, esso è d'un "comfort" delizioso. L'altra stanza del primo piano contiene pure tre letti, ed è destinata ai sacerdoti, ma in caso di affluenza è aperta anche agli alpinisti."
(citato da "giorgio Sinigaglia", edito dal Centro Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 1998)
A questo punto possiamo scegliere di proseguire lungo una duplice direttrice. Se scendiamo al torrente e lo superiamo sfruttando un comodo ponte, possiamo imboccare una pista che sale sul lato orientale della valle. Ben presto incontriamo un bivio: la pista di sinistra all’alpe di Cassavrolo, dalla quale, con breve traversata a piedi verso nord-nord-ovest, al rifugio Falck (m. 2005). Se, invece, prendiamo a destra raggiungiamo, dopo circa 2,5 km, l’alpe Redasco (attenzione, però: ad un successivo bivio dobbiamo prendere a destra), ottimo terrazzo panoramico (particolarmente sulla valle di Avedo (dalla voce dialettale “avéd”, abete), laterale occidentale della Val Grosina, che si apre proprio di fronte), dove, a quota 1975, si trova l’omonimo rifugio.


Passo di Verva

Tornando ad Eita, possiamo scegliere di proseguire seguendo una pista che, rimanendo sul lato occidentale della valle (di sinistra, per noi), sale alla bella località denominata “Acque sparse”, dove, a quota 2000 circa, sotto l’arcigno sguardo del sasso Maurigno (m. 3062), è stato creato un laghetto artificiale con uno sbarramento di pietre sul torrente Rio di Verva. Siamo all’imbocco dell’estrema propaggine settentrionale della valle: in fondo si vede la facile sella del passo di Verva (m. 2301), alla cui sinistra si scorge la mole possente del pizzo di Dosdè (m. 3280). Dal passo si scende, a nord, in val Verva, nello splendido scenario offerto, ad est, dalla cima Piazzi (m. 3439), valle che confluisce nella val Viola Bormina, fino ad Arnoga (m. 1850), sulla strada per il passo del Foscagno, a 18 km da Bormio.

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