SANTI (clicca qui per aprire la pagina relativa a questo giorno dal sito www.santiebeati.it): S. Pelagia, Brigida, Ivano

PROVERBI

Utùbri, ka pò furà, fùrii (ottobre, chi si può affrettare, si affretti - Stazzona)
Sa 'l trùna in utùar, quiì chi gà tre vachi an na svèrnian dua
(se tuona in ottobre, di tre mucche sopravvivono all'inverno due - Poschiavo)
Vìn bon, formài végl, féma gióna
(il vino deve essere buono, il formaggio vecchio, la donna giovane – Livigno)
Cà vinada l’è mai famada (casa con vino non patisce mai la fame – Ponte)
Córa che l'àsen l'é pién, al fén l'é mùf (quando l'asino è sazio, il fieno sa di muffa - Sondalo)
Al sas che sòlta al fa mìga sü müs’cc (il sasso che salta non fa muschio - Tirano)
Aria de fesüra porta a la sepoltüra (aria di fessura porta alla sepoltura - Teglio)
D'ün regent al màl guvern nu l'è mai statc da gran düräda (il malgoverno non è mai durato a lungo - Val Bregaglia)
Poar e vec’, ma 'l ghé da peg! (poveri e vecchi, ma c'è di peggio! - Poschiavo)
O da giùan o da vec’ tüc' i gan sua part da carec’
(o da giovani o da vecchi tutti hanno la loro parte di carec', di fieno scadente - Poschiavo)

VITA DI UNA VOLTA

Nel prezioso volume di Aurelio Benetti, Dario Benetti, Angelo Dell'Oca, Diego Zoia, "Uomini delle Alpi - Contadini e pastori in Valtellina" (Jaca Book, 1982), leggiamo:
Così come la vite era l'arbusto per antonomasia, il castagno era definito semplicemente l'«arbul», l'albero, in tutta la valle. Diffuso quasi ovunque, ma soprattutto sul versante orobico fino a 1000 metri di quota, rappresentava la più grande ricchezza per il contadino, dopo la vite (e per le popolazioni del versante orobico la prima in senso assoluto). Amorevolmente curato e pulito il castagneto, la «selva» come viene e venne ovunque chiamato, ben ricompensava tali premure.
In primo luogo coi frutti (uno staio di castagne peste era equiparato a una staio di cereali nella valutazione per gli estimi e nella pratica corrente); la farina di castagne costituiva, con altre farine ma forse anche di più, la riserva per il durissimo inverno, il fogliame era uno strame eccellente e comodo (i castagneti erano spesso vicino agli abitati), il legname serviva per ricavarne i pali di sostegno per le vigne ed era ottimo ed estremamente duraturo (come il larice, l'altra pianta, questa volta «selvatica» che simboleggia la vita di montagna) per serramenti e travature, infine l'erba che cresceva sul terreno serviva per un comodo pascolo del bestiame nelle magre primavere. Ricchezza vera, dunque, anche e soprattutto per i poveri.

Una riprova dell'importanza di tale albero nella valutazione popolare è data da un fatto, magari banale, ma illuminante: ancora oggi è agevole trovare castagni plurisecolari, lasciati in vita fino allo sfinimento e passati indenni, nonostante il valore del legname e la comodità dell'esbosco e del taglio, attraverso carestie e guerre, che pur falcidiarono senza pietà i boschi, anche immaturi. La «selva» era, per il contadino, veramente l'ultima risorsa e la ricchezza più gelosamente conservata. Resta un solo rammarico: che quel che non fecero le guerre e carestie viene oggi fatto, tra l'indifferenza generale, dall'avidità di lucro.
Scarse erano comunque le disposizioni statutarie relative al castagneto (forse perché era già sufficiente il controllo dei proprietari): le uniche si riferiscono alla regolamentazione del pascolo e ad isolate disposizioni scritte (in genere la materia era regolata dalla tradizione), relative alla possibilità, dopo una certa data, della libera raccolta dei frutti all'approssimarsi dell'inverno. I castagneti erano, nella quasi totalità, di proprietà privata ed erano, in genere, curati direttamente dai proprietari…

In Scuffi, Sergio (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca, troviamo questa interessante scheda sulla castagna e la sua utilizzazione nella magra economia contadina di un tempo:
Nei tempi passati la castagna rappresentava uno degli alimenti fondamentali, largamente utilizzato sia per le persone, sia per gli animali. Si può quindi immaginare con quale attenzione si scegliessero le piante e si procedesse a collocarle nel castagneto (selva), praticando degli innesti a regola d'arte sulle piante selvatiche (salvadac), per ottenere le numerose varietà, che in passato tutti sapevano distinguere e riconoscere a colpo d'occhio: lüìin, narr, maroon, barücena, piatéra, ulparténa.
Altrettanto imponenti ed accurati erano i lavori tesi a consolidare il terreno del castagneto, con la costruzione di incredibili muraglie a secco (ancora oggi visibili in molte parti delle nostre pendici di mezza costa, sia pure abbandonate ed irrimediabilmente votate al degrado). Per queste opere veniva utilizzato il pietrame rinvenuto sul posto, non esclusi enormi macigni. che si stenta a credere potessero essere smossi con la sola forza delle braccia.
Si otteneva così una serie di terrazzamenti (bancìn), non dissimili da quelli che, ancora, si possono ammirare nei vigneti della vicina Valtellina o, per rimanere da noi, sulle pendici che sovrastano Chiavenna, verso Pianazzola. Non venivano trascurati nemmeno i castagni isolati, magari in mezzo alle balze rocciose: anch'essi sostenuti dal loro bravo muro a secco.


Il castagneto (bisognerebbe dire i castagneti, data la quantità di piccoli appezzamenti posseduti da ciascuna famiglia, in modo non dissimile da quanto succedeva anche per campi e prati, in conseguenza della consuetudine di suddividere l'eredità fra i vari figli) veniva tenuto sotto osservazione già dalla fioritura, e durante tutta l'estate, nel tentativo di indovinare la quantità e la qualità del raccolto. Si procedeva, nel contempo, a posizionare sulle pendici una serie di barriere fatte di frasche (rüüs), per trattenere le castagne che sarebbero cadute al momento della maturazione. Ciò al fine di evitare che, rotolando verso il basso, "sconfinassero", andando a finire nel terreno altrui o su strade e sentieri, e facendo venir meno, automaticamente, il diritto di proprietà: tradizionalmente, infatti, il frutto caduto non appartiene al proprietario della pianta, ma del terreno (e, se sulla strada, è di tutti).
Il raccolto iniziava in ottobre con la prima caduta (cruléda) e proseguiva fino ad autunno inoltrato: impegnava tutta la famiglia in lunghissime e faticose giornate che provocavano mal di schiena tre­mendi, svariate punture alle mani causate dai ricci (arísc) che si accumulavano anche in strati di un certo spessore (ariscéra) e che dovevano essere aperti uno alla volta, aiutandosi con un bastoncino o un coltello (pudétt, melìin); il tutto avveniva, spesso, in giornate fredde e umide, costringendo a lavorare con le mani intirizzite. Le brevi soste, compresa quella per un frugale pranzo, erano confortate da un fuoco che riscaldava momentaneamente, prima di riprendere quello che, specialmente per i bambini, era un lavoro noioso ma inevitabile. La sera si rientrava ciascuno con il proprio carico, anche notevole, sulle spalle.


Parte del raccolto veniva consumato già nel periodo autunnale, lessando le castagne che venivano chiamate farü (o belegòtt, e che si mangiavano durante le serate, anche per accompagnare lavori domestici quali la "sfogliatura" delle pannocchie di granoturco (sfujé i furmentóon). Una cottura particolarmente prelibata era quella delle castagne bruciate, mundée, che avveniva sul fuoco vivo, utilizzando la padéla dal mundée, un apposito recipiente con il fondo costituito da listelli di ferro, appeso alla catena e debitamente agitato per rimescolare il tutto ottenendo una cottura (meglio bruciatura!) uniforme. Le castagne cosi preparate, ripulite dal guscio annerito e bruciacchiato, venivano consumate anche a distanza di qualche giorno, magari dai pastorelli che accompagnavano le mucche nel "piano" per sfruttare l'ultima possibilità di pascolo. Quelle meno pregiate venivano destinate all'alimentazione dei maiali posti all'ingrasso (ciòn). La parte maggiore, tuttavia, veniva sistemata in una apposita cascina (grée, agrée), destinata all'essiccazione. Le castagne venivano posate sopra un pavimento a forma di graticcio, composto da tanti listelli affiancati e intervallati da un sottile spazio, tale da non far cadere le castagne ma che permetteva al fumo ed al calore di un fuoco acceso nel rustico focolare della casci­na sottostante di compiere lentamente la loro opera. Per alcune settimane qualcuno si occupava dell'accensione ed alimentazione del fuoco, curando che non si sviluppasse una fiamma viva, mentre doveva provocare una notevole quantità di fumo: si utilizzava, pertanto, legna non del tutto secca (frasche, ginestre, fogliame umido, segatura). Il risultato, ancora oggi visibile, oltre a quello dell'essiccazione, era un abbondante strato di caligia, fuliggine che anneriva completamente gli ambienti in questione"

STORIA

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AMBIENTE

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I PROVERBI SONO IN GRAN PARTE TRATTI DAI SEGUENTI TESTI:

Gaggi, Silvio, "Il volgar eloquio - dialetto malenco", Tipografia Bettini, Sondrio, 2011
Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996)
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003
Pier Antonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996
Pier Antonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999
Pier Antonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Pier Antonio Castellani, "Detti e citazioni della Valdidentro", I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Luigi Godenzi e don Reto Crameri, "Proverbi, modi di dire, filastrocche raccolti a Poschiavo, in particolare nelle sue frazioni", con la collaborazione di alcune classi delle Scuole di Avviamento Pratico, Tip. Menghini, Poschiavo (CH), 1987
Lina Lombardini Rini, "Favole e racconti in dialetto di Valtellina", Edizioni Sandron, Palermo-Roma, 1926
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)


Utilissima anche la consultazione di Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001

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PRINCIPALI TESTI CONSULTATI:

Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
Tullio Urangia Tazzoli, "La contea di Bormio – Vol. III – Le tradizioni popolari”, Anonima Bolis Bergamo, 1935;
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996);
Giuseppina Lombardini, “Leggende e tradizioni valtellinesi”, Sondrio, ed. Mevio Washington, 1925;
Lina Rini Lombardini, “In Valtellina - Colori di leggende e tradizioni”, Sondrio, Ramponi, 1950;
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese 1912, ristampa integrale nel 1967 a Bormio e II ristampa nel 1998 a Bormio a cura di Alpinia Editrice;
Glicerio Longa, "Vocabolario Bormino”, Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1913;
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – La nascita e l'infanzia” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2000);
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – Fidanzamento e matrimonio” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2004);
Luigi De Bernardi, "Almanacco valtellinese e valchiavennasco", II, Sondrio, 1991;
Giuseppe Napoleone Besta, "Bozzetti Valtellinesi", Bonazzi, Tirano, 1878;
Ercole Bassi, “La Valtellina (Provincia di Sondrio) ”, Milano, Tipografia degli Operai, 1890;
"Ardenno- Strade e contrade", a cura della cooperativa "L'Involt" di Sondrio;
"Castione - Un paese di Valtellina", edito a cura della Biblioteca Comunale di Castione, in collaborazione con il Sistema Bibliotecario di Sondrio;
don Domenico Songini, “Storie di Traona – terra buona”, vol. II, Bettini Sondrio, 2004;
don Domenico Songini, “Storia e... storie di Traona – terra buona”, vol. I, Bettini Sondrio, 2001;
Scuola primaria di Sirta: calendari 1986 e 1991 (a cura dell'insegnante Liberale Libera);
Luisa Moraschinelli, “Uita d'Abriga cüntada an dal so dialet (agn '40)”;
Giovanni Bianchini e Remo Bracchi, "“Dizionario etimologico dei dialetti della Val di Tartano”, Fondazione Pro Valtellina, IDEVV, 2003;
Rosa Gusmeroli, "Le mie care Selve";
Cirillo Ruffoni, "Ai confini del cielo - la mia infanzia a Gerola", Tipografia Bettini, Sondrio, 2003;
Cirillo Ruffoni, "Chi va e chi resta - Romanzo storico ambientato in bassa Valtellina nel secolo XV", Tipografia Bettini, Sondrio, 2000;
Cirillo Ruffoni, "In nomine Domini - Vita e memorie di un comune della Valtellina nel Trecento", Tipografia Bettini, Sondrio, 1998;
Mario Songini (Diga), "La Val Masino e la sua gente - storia, cronaca e altro", Comune di Val Masino, 2006;
Tarcisio Della Ferrera, "Una volta", Edizione Pro-Loco Comune di Chiuro, 1982;
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003;
Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001;
Associazione Archivio della Memoria di Ponte in Valtellina, "La memoria della cura, la cura della memoria", Alpinia editrice, 2007;
Luisa Moraschinelli, "Come si viveva nei paesi di Valtellina negli anni '40 - l'Aprica", Alpinia editrice, 2000;
Aurelio Benetti, Dario Benetti, Angelo Dell'Oca, Diego Zoia, "Uomini delle Alpi - Contadini e pastori in Valtellina", Jaca Book, 1982;
Patrizio Del Nero, “Albaredo e la via di San Marco – Storia di una comunità alpina”, Editour, 2001;
Amleto Del Giorgio, "Samolaco ieri e oggi", Chiavenna, 1965;
Ines Busnarda Luzzi, "Case di sassi", II, L'officina del Libro, Sondrio, 1994;
aa.vv. “Mondo popolare in Lombardia – Sondrio e il suo territorio” (Silvana editoriale, 1995) Pierantonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996 Pierantonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999 Pierantonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Pietro Ligari, “Ragionamenti d’agricoltura” (1752), Banca Popolare di Sondrio, Sondrio, 1988
Saveria Masa, “Libro dei miracoli della Madonna di Tirano”, edito a cura dell’Associazione Amici del Santuario della Beata Vergine di Tirano” (Società Storica Valtellinese, Sondrio, 2004)
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Galli Valerio, Bruno, "Materiali per la fauna dei vertebrati valtellinesi", Sondrio, stab. tipografico "Quadrio", 1890

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