SANTI (clicca qui per aprire la pagina relativa a questo giorno dal sito www.santiebeati.it): S. Costantino
PROVERBI
Màarz a l'è fiö de 'na se'valdóc(h)ia: o c(h)e la pìsa o che la fiòca
(marzo è figlio di una matacchiona: o piove o nevica - Samolaco)
Né dònn né tela al ciar de la candéla (non stimare né donne né tessuti al chiaro di candela)
Vàn in piàza a tör conséi, torna a cà, fa quel ch'é méi
(vai in piazza a chieder consiglio, torna a casa e fai quel che è meglio - Sondalo)
Indóa ke n’è, gh’an vè (dove ce n'è, altro si agigunge - Samolaco)
I ùltim tre dì dela luna de mars e de quéla de setémbre í domina sés més per un
(le condizioni di tempo degli ultimi tre giorni della luna di marzo e di quella di settembre influenzano l'andamento meteorologico dei rispettivi sei mesi successivi - Grosio)
Frecc' e fam , al fè un brüt pelam (freddo e fame fanno una brutta pelle - Fraciscio)
Al cötc e l net i pon veir tütc i povret (cibi cotti e pulizia li possono avere tutti i poveretti - Val Bregaglia)
Sa ta vos ta fa amà, fat desiderà! (se ti vuoi far amare, fatti desiderare! - Poschiavo)
L'amur e 'l dulùr al la sent ogni por laùr (amore e dolore li sente ogni poveretto - Poschiavo)
Marz
Marz: un pit al plòf
e 'n àltro pit al cèsa,
al plòf amó, al sc'plòf
al sól al rit co l'àqua.
Esa al gh'é cél turchìn,
ésa al gh'é l'ària néira,
`na tempèsc'ta d'invèrn,
és ària de premöira.
`N usgèlintremurtì
al sc'péita fòra al sól.
Sóra al terén frughi
al sosc'pìra li cigàmula.
Cùse vòsc mai de plù?
Capìscium, la mia ti!
Marz, ti te 'l sasc, t'ésc ti,
sc't usgelin sóm mi...
Marzo
Marzo: un po' piove,
e un po' smette,
piove di nuovo e poi spiove:
il sole ride con l'acqua.
Ora si spalanca un cielo turchino,
ora incombe un'aria nera;
d'improvviso una tempesta d'inverno,
E subito brezza di primavera.
Un uccellino infreddolito
aspetta i primi timidi raggi di sole.
Sopra il terreno gelato
sospirano i crochi.
Cosa vuoi di più?
Comprendimi, anima mia!
Marzo, tu lo sai, sei tu,
e questo uccellino sono io...
(Dalla raccolta di Giuseppina Martinelli, pubblicata sul Bollettino della Società Storica dell’Alta Valtellina del 1999, nell’articolo “Mi me rigòrdi…”, di Michela Pola)
Rosa Gusmeroli, ne "Le mie care Selve", così descrive l'alimentazione contadina di poco più di mezzo secolo fa:
"L'orario dei pasti era diverso dall'attuale: il pasto
principale si faceva alle nove, generalmente a
base di polenta, seguiva l'altro pasto alle quindici
a base di polenta fredda con formaggio o castagne e alla sera un po' di minestra rara cioè con
poca pasta. L'orario era quello degli alpeggi, dove
era necessario accudire le mucche prima di mangiare.
Gli alimenti base erano la polenta e le castagne.
La polenta era mangiata con "diuèrsi cumpanàtich che ala fìi iera pò sempre stess: lacc, lacc del büteer, fumai" (diversi companatici che alla fine
erano poi sempre gli stessi: latte, latte del burro,
formaggio). Era una vera leccornìa poterla sporcare con un po' di marmellata o un po' di panna
o un cucchiaino di miele. La polenta si mangiava
tanto calda che fredda a colazione, a pranzo e
a cena. La mole della polenta però in certe annate non era in base alla fame o alle bocche da
sfamare, ma in ragione della quantità di farina
a disposizione. Appena la polenta era in tavola
succedeva di calcolare velocemente la grandezza
della fetta che ci sarebbe toccata (eh sì, perché
ognuno aspettava che gli venisse assegnata dalla
mamma o da chi comandava in quel momento e
mai la prendeva da solo) e calcolava anche quanta
fame gli sarebbe rimasta.
Solo d'estate con la polenta si poteva combinare
qualche verdura: insalata, cicoria e magari un po'
di latte "àgru" inacidito col caldo: non essendoci
nient'altro non ci sfiorava proprio l'idea di non
mangiare quel latte andato a male.
Quando si cagliava si faceva sempre anche il "fiurìi", una sostanza semisolida che si otteneva
aggiungendo al siero allume di rocca o "l'agra" (una specie di siero acido) e scaldandolo affiorava questa sostanza. Ul fiurìi se mangiato fresco
aveva un sapore delicato e si diceva "al sembrapana" (sembra panna), forse lo si diceva per ingannarci; se alla panna si riusciva ad aggiungere
qualche crosta staccata "dal paròol dela pulenta" sembrava di mangiare il più gustoso dei manicaretti. Si litigava anche per avere "i bruuss" cioè
le croste. Se la polenta era poca, figuriamoci il companatico! Succedeva a volte di toccare solo il formaggio sulla polenta per darle il sapore e si
evitava di mettere il pezzo in bocca per farlo durare più a lungo possibile.
Che buona la polenta intinta nel brodo di cottura
delle salsicce! Per le grandi feste, Natale Pasqua e
matrimoni, si faceva "la pulenta taragna".
Di tanto in tanto si faceva la polenta "cunscia" cioè condita: in una terrina si metteva la polenta tagliata a fettine, nel frattempo si friggeva un
po' di burro con cipolla e si versava il tutto sulla
polenta, si copriva con formaggio grattugiato o
molle a fettine, si mescolava e si serviva.
Molto buono con la polenta era il "pench" (o burro
nero, era ciò che restava sul fondo della pentola
dopo aver tolto il burro cotto) o "ul cùnsc" cioè
burro cotto con ricotta stagionata e grattugiata.
Con la polenta appena scodellata si faceva "la bacia" cioè una palla riempita di formaggio tenero "formài che, fila" e poi si metteva a scaldare sulla brace per cinque o dieci minuti fino a quando il formaggio fondeva. Particolarmente buone erano
le palle "cul furmài de muut" (col formaggio di monte).
Le castagne potevano essere cotte in diversi modi.
Bollite nell'acqua appena raccolte erano le ballotte 'ferùdi". Con queste si riempivano le tasche
prima di fare un viaggio, di andare a scuola o di
andare al pascolo con le mucche. Bollite con il
guscio, quando erano secche, erano i "belegocc"
(si preparavano obbligatoriamente la vigilia
dell'Epifania). Cotte nel forno o sulla stufa "quantièra un pöo pàsi" (quando erano un po' appassite)
erano le caldarroste. Era pericoloso cuocerle con
questo sistema se erano state appena raccolte perché scoppiavano mandando polpa in tutte le direzioni; se non si stava attenti potevano scoppiare anche in bocca. Queste si preparavano alla sera, mentre si mangiava la minestra, per consumarle
subito dopo. Le più richieste erano però i "braschèer". Una bella padella al mattino poteva essere la colazione per tutta la famiglia. A volte succedeva che le castagne non bastassero, allora ci si
allontanava "da la padèla cun 'na bela fàm".
Durante i lunghi pomeriggi autunnali e invernali
si cuocevano pentole e pentole di castagne secche. Queste venivano mangiate per merenda, o
aggiunte alla minestra per darle un sapore diverso,
nel latte della colazione al posto del pane o della
polenta, in insalata con olio e aceto, arrostite...
in mille modi secondo i gusti. Con queste castagne stracotte si faceva la polenta, si aggiungeva
qualche fagiolo e si "taràua" come si rimestava
la polenta di farina. Si lasciava raffreddare e si
tagliava a fette, era proprio gustosa. Con i pizzìi macinati si faceva il castagnaccio.
Non si usava pastina per la minestra, ma una pasta
più grossa, forse perché non si spappolava quando veniva più volte riscaldata (per risparmiare si
preparava per due o tre giorni). Si usava quasi
sempre la pasta "ruta" cioè rotta, di scarto perché
costava molto meno. La pasta si acquistava dal Villa a Morbegno a sacchi di dieci chili.
Poche volte si riusciva a fare pastasciutta o risotto.
Col latte rosso delle mucche che avevano appena
partorito si faceva la "pusa" cioè lo si metteva a
bollire scuotendolo fortemente "cul scuèt" perché non si formassero grumi. Quando era cotta si serviva con un pizzico di sale o di zucchero.
Un altro piatto tipico era la "papa": si prendeva
un po’ di latte, un po' di farina gialla e un po' bianca e si cuoceva mescolando sempre per evitare
i grumi, ultimamente si faceva anche con il riso
macinato e si aggiungeva un po' di formaggio
molle che filava.
Si preparavano pentoloni di trippa, di minestroni
e di minestre di orzo, "urgiàda", che duravano diversi giorni. Venivano mangiate anche le interiora
delle galline.
Col passare del tempo anche l'orario dei pasti
cambiò; fecero comparsa altri cibi, altri sistemi
di conservazione e la fame fu debellata. Nella
famiglia patriarcale sorgevano molto spesso dei
problemi inerenti alla fame e al cibo. C'era sempre chi era più furbo e lesto di altri e si prendeva
la polenta prima che fosse addirittura cotta e la
nascondeva.
Sebbene povera, però, l'alimentazione era migliore di quella di un secolo prima, se è vero quello
che scrive lo storico Gioia: "Fieno selvatico cottoe condito con poco sale, semi d'uva triturati misti a granoturco per, farne pane, tutoli macinati insieme ai chicchi di grano per far la polenta, polentamangiata senza sale... e ci fu anche una grande morìa di pecore per mancanza di sale".
Da Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore):
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I PROVERBI SONO IN GRAN PARTE TRATTI DAI SEGUENTI TESTI:
Gaggi, Silvio, "Il volgar eloquio - dialetto malenco", Tipografia Bettini, Sondrio, 2011
Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996)
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003
Pier Antonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996
Pier Antonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999
Pier Antonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Pier Antonio Castellani, "Detti e citazioni della Valdidentro", I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Luigi Godenzi e don Reto Crameri, "Proverbi, modi di dire, filastrocche raccolti a Poschiavo, in particolare nelle sue frazioni", con la collaborazione di alcune classi delle Scuole di Avviamento Pratico, Tip. Menghini, Poschiavo (CH), 1987
Lina Lombardini Rini, "Favole e racconti in dialetto di Valtellina", Edizioni Sandron, Palermo-Roma, 1926
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed
IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca.
Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970
Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Utilissima anche la consultazione di Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001
PRINCIPALI TESTI CONSULTATI:
Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
Tullio Urangia Tazzoli, "La contea di Bormio – Vol. III – Le tradizioni popolari”,
Anonima Bolis Bergamo, 1935;
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996);
Giuseppina Lombardini, “Leggende e tradizioni valtellinesi”, Sondrio, ed. Mevio Washington, 1925;
Lina Rini Lombardini, “In Valtellina - Colori di leggende e tradizioni”, Sondrio, Ramponi, 1950;
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese 1912, ristampa integrale nel 1967 a Bormio e II ristampa nel 1998 a Bormio a cura di Alpinia Editrice;
Glicerio Longa, "Vocabolario Bormino”, Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1913;
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – La nascita e l'infanzia” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2000);
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – Fidanzamento e matrimonio” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2004);
Luigi De Bernardi, "Almanacco valtellinese e valchiavennasco", II, Sondrio, 1991;
Giuseppe Napoleone Besta, "Bozzetti Valtellinesi", Bonazzi, Tirano, 1878;
Ercole Bassi, “La Valtellina (Provincia di Sondrio) ”, Milano, Tipografia degli Operai, 1890;
"Ardenno- Strade e contrade", a cura della cooperativa "L'Involt" di Sondrio;
"Castione - Un paese di Valtellina", edito a cura della Biblioteca Comunale di Castione, in collaborazione con il Sistema Bibliotecario di Sondrio;
don Domenico Songini, “Storie di Traona – terra buona”, vol. II, Bettini Sondrio, 2004;
don Domenico Songini, “Storia e... storie di Traona – terra buona”, vol. I, Bettini Sondrio, 2001;
Scuola primaria di Sirta: calendari 1986 e 1991 (a cura dell'insegnante Liberale Libera);
Luisa Moraschinelli, “Uita d'Abriga cüntada an dal so dialet (agn '40)”;
Giovanni Bianchini e Remo Bracchi, "“Dizionario etimologico dei dialetti della Val di Tartano”, Fondazione Pro Valtellina, IDEVV, 2003;
Rosa Gusmeroli, "Le mie care Selve";
Cirillo Ruffoni, "Ai confini del cielo - la mia infanzia a Gerola", Tipografia Bettini, Sondrio, 2003;
Cirillo Ruffoni, "Chi va e chi resta - Romanzo storico ambientato in bassa Valtellina nel secolo XV", Tipografia Bettini, Sondrio, 2000;
Cirillo Ruffoni, "In nomine Domini - Vita e memorie di un comune della Valtellina nel Trecento", Tipografia Bettini, Sondrio, 1998;
Mario Songini (Diga), "La Val Masino e la sua gente - storia, cronaca e altro", Comune di Val Masino, 2006;
Tarcisio Della Ferrera, "Una volta", Edizione Pro-Loco Comune di Chiuro, 1982;
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003;
Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001;
Associazione Archivio della Memoria di Ponte in Valtellina, "La memoria della cura, la cura della memoria", Alpinia editrice, 2007;
Luisa Moraschinelli, "Come si viveva nei paesi di Valtellina negli anni '40 - l'Aprica", Alpinia editrice, 2000;
Aurelio Benetti, Dario Benetti, Angelo Dell'Oca, Diego Zoia, "Uomini delle Alpi - Contadini e pastori in Valtellina", Jaca Book, 1982;
Patrizio Del Nero, “Albaredo e la via di San Marco – Storia di una comunità alpina”, Editour, 2001;
Amleto Del Giorgio, "Samolaco ieri e oggi", Chiavenna, 1965;
Ines Busnarda Luzzi, "Case di sassi", II, L'officina del Libro, Sondrio, 1994;
aa.vv. “Mondo popolare in Lombardia – Sondrio e il suo territorio” (Silvana editoriale, 1995)
Pierantonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996
Pierantonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999
Pierantonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed
IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Pietro Ligari, “Ragionamenti d’agricoltura” (1752), Banca Popolare di Sondrio, Sondrio, 1988
Saveria Masa, “Libro dei miracoli della Madonna di Tirano”, edito a cura dell’Associazione Amici del Santuario della Beata Vergine di Tirano” (Società Storica Valtellinese, Sondrio, 2004)
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca.
Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970
Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Galli Valerio, Bruno, "Materiali per la fauna dei vertebrati valtellinesi", Sondrio, stab. tipografico "Quadrio", 1890
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(Massimo Dei Cas, www.paesidivaltellina.it)