SANTI (clicca qui per aprire la pagina relativa a questo giorno dal sito www.santiebeati.it): S. Camillo de Lellis

PROVERBI

Fén in fiór, digoir in colór
(se si falcia il primo fieno troppo maturo, il secondo non matuterà a sufficienza - Bormio)
A fa tòch se fa pitòch (a dividere la ricchezza si crea povertà)
L'é più fàcil vedér un bùsch in di öc di altri che 'na bòra in di sei
(è più facile vedere un bruscolino negli occhi degli altri che un tronco nei propri - Sondalo)
An pòo de ùrdan al sta bée ànca a cà del diàu (un po' di ordine sta bene anche in casa del diavolo - Tirano)
Quant l’è nòc’ l’è scüür (quanto è notte, è buio - Val Tartano)
I dèbac' dal cumü ae da tüc' e da nigü (i debiti del comune sono di tutti e di nessuno - Aprica)
La tròppà confidénzä la fa pert la riverénzä (la troppa confidenza fa perdere il rispetto - Villa di Chiavenna)
Ogni bun ladrùun al g'ha la sò confisciùun (ogni buon ladrone ha la sua confessione - Villa di Chiavenna)
Dopo al riar al vegn al grignar (dopo il riso viene il pianto - Val Bregaglia)
In ogni cà al ghé la pas sa 'l gal al canta e la galina la tas
(in ogni casa c'è pace se il gallo canta e la gallina tace - Poschiavo)

VITA DI UNA VOLTA

La metà di luglio è il periodo nel quale un tempo si raccoglieva la segale, con la quale si coceva poi il caratteristico pane di segale. Ines Busnarda Luzzi, nel suggestivo libro di ricordi della propria infanzia a Naguarido, "Case di sassi" (II, L'officina del Libro, Sondrio, 1994), racconta:
Segale e grano saraceno erano due colture tipiche del mio paese e per una vasta zona di tutto il versante sud delle Alpi Retiche. Le due colture si intercalavano: il grano saraceno veniva seminato nello stesso anno e sullo stesso terreno, dopo che la segale era stata mietuta. Per la segale, che viene seminata nel tardo autunno, sembrano valere le parole del Vangelo: "Se il seme non muore, non porta frutto".
Veramente i semi della segale germinano prima dei freddi e delle nevi invernali e le piantine generalmente riescono a formare degli spessi tappeti di verde cupo, ma poi i teneri germogli sembra vengano "bruciati" dal gelo, specie se non viene sufficiente neve a tenerli caldi sotto il suo mantello. La loro è una morte apparente: a primavera riprendono a crescere con un verde più tenero e chiaro, come ricominciassero una nuova infanzia? Appena le piantine sono alte dai dieci ai venti centimetri vanno sarchiate ed il periodo giusto coincide quasi sempre con le feste pasquali.
La sarchiatura di ortaggi e cereali era "un lavoro da donna", perciò le donne del mio paese durante la settimana di pasqua, o "settimana santa", prima e dopo le funzioni religiose, andavano nei campi in manica di camicia e senza calze, a sarchiare la segale. Era un lavoro faticoso, che obbligava a tenere la schiena arcuata, sia perché il sarchiello usato, o zappetta, aveva un manico corto, sia perché fra le piantine, anche se cresciute spesse, aveva sempre trovato posto e riparo molta erbaccia, che doveva essere strappata con cura per non rovinare la segale.
Così, sia per l'uno che per l'altro motivo, le sarchiatrici dovevano star sempre chine con i piedi piantati negli spazi occasionali fra le piantine, a volte ben lontani l'uno dall'altro. Una posizione che a lungo spezzava la schiena ed i reni. Dopo un po' che si lavorava cominciava a pesare la testa e il campo a girare davanti agli occhi; allora si doveva rialzare il busto e puntare le mani ai fianchi per sorreggersi e non barcollare. Circa un mese dopo questa sarchiatura, c'era l'uso di estirpare le erbacce cresciute nel frattempo, adoperando poco o niente la zappetta, ma la mia mamma non lo faceva, senza danno per il raccolto.

All'epoca della maturazione i campi di segale offrivano uno spettacolo meraviglioso: le pesanti spighe, rette dai gambi alti e sottili della pianta, si muovevano simili a onde su un mare dorato, costellato dalle macchie rosso vivo dei papaveri e da quelle delicatamente frastagliate dei fiordalisi, azzurri come un cielo illuminato dal sole. Una bellezza che forse solo i bambini scoprivano, gustavano e avrebbero voluto cogliere. L'attrazione principale veniva dai papaveri e dai fiordalisi, ma ci era vietato entrare nei campi a coglierli. Al nostro passaggio la segale si sarebbe potuta spezzare e le spighe cadere, o più facilmente le piante sottili, che si sorreggevano le une alle altre, formando un'immensa chioma, si sarebbero divise scapigliandosi e ciò avrebbe reso difficile la mietitura.
Solitamente però io ed i miei compagni di scuola riuscivamo a coglierne qualche mazzetto, girando al limitare dei campi. Li portavamo a scuola e la maestra li disponeva con cura in un vaso; ci faceva notare la diversità delle singole parti dei due fiori e dopo una lezioncina di botanica ce li lasciava disegnare dal vero.
Finalmente, quando le campane di Naguarido suonavano a festa per la nostra Madonna del Carmine, che ricorre il 16 luglio, la segale era matura, pronta per la mietitura, che si faceva a mano, generalmente dalle donne, con le corte falci messorie. Gli uomini raccoglievano e legavano i covoni che esse avevano formato con varie manciate della segale recisa alla base e adagiata nel campo, con cura per non far uscire i chicchi dalle spighe. Con i covoni legati gli uomini formavano mete non troppo grandi, che poi caricavano e legavano sulle apposite gerle, le "gerline", che servivano solo per il trasporto della segale e delle fascine di legna sottile.
La segale veniva portata nei solai ben arieggiati ed i covoni venivano appoggiati ai muri, in piedi, con le spighe in alto, per far essiccare i chicchi. Quando non si potevano più scalfire con le unghie erano pronti per la trebbiatura, o "battitura", fatta a mano, come per ogni processo di lavorazione agricola d'allora.
I covoni venivano battuti su una porta tolta dai cardini ed appoggiata per terra su due massi, in modo da formare un piano inclinato. Il lavoro doveva essere fatto preferibilmente in un locale grande e ben ventilato, in modo che la polvere che veniva prodotta dalla battitura non ristagnasse troppo. I locali più adatti erano le aie, ma in mancanza di esse si lavorava nei solai ed in quel caso tutta la casa rintronava dei colpi dei battitori…

La trebbiatura della segale era un lavoro pesante e molto fastidioso, tanto che non si trovava mai gente disposta a lavorare in giornata, anzi non si osava nemmeno chiederlo. Noi per fortuna ne avevamo poca, comunque il giorno che i miei genitori trebbiavano io mi trovavo a disagio e quasi in colpa, per non parteciparvi sebbene fossero loro a non volere la mia collaborazione. Andavo ogni tanto a vedere a che punto fossero e a chiedere se volevano qualcosa da bere. Ma generalmente non volevano niente finché non si erano puliti dalla polvere che avevano indosso e liberati dei vestiti pieni di fastidiose e pungenti ariste che penetravano fino alla pelle. Poi, dopo aver liberato anche la gola ed il naso dalla polvere sottile e pruriginosa, bevevano, bevevano, acqua con vino, caffè con limone e zucchero per riprendersi un po'.
Prima di iniziare il lavoro si stringevano tutti e due un fazzoletto sul capo e mio padre ne annodava uno anche intorno al collo per impedire alle ariste di scendere lungo la schiena e sul petto. Mentre battevano con forza i covoni ad uno ad uno su una larga e vecchia porta che serbavamo per quell'uso, l'aia sembrava una bolgia di rumori e di polvere che avvolgeva tutto in una nube fitta. I chicchi sprizzavano dagli alveoli delle spighe, rimbalzando sul piano inclinato e andando ad ammucchiarsi sul pavimento del locale, insieme ad una parte di spighe vuote e paglia sminuzzata. Quando tutti i covoni erano trebbiati, si procedeva alla pulitura dei chicchi: con un'apposita scopa di rami di betulla o di ginestra, si liberavano dal tritume di paglia poi si vagliavano con i larghi vagli.
La vagliatura era un altro lavoro che spettava alle donne, e non era una fatica da poco. Il vaglio doveva essere mosso con ampi movimenti che comportavano una grande perizia per rimuovere dai chicchi tutta la polvere e il minimo tritume rimasto, senza farli sprizzar fuori. I movimenti, oltre a perizia, esigevano sforzo dei muscoli delle braccia, delle spalle, del petto, della schiena e del bacino….
I chicchi di segale usciti dalla vagliatura lucidi e frizzanti come esseri vivi, venivano insaccati o deposti nelle "scranne", cassoni a volte enormi, con scomparti per la conservazione dei singoli cereali. Qualche volta la segale veniva intaccata da un fungo ascomicete: i chicchi delle piante intaccate producevano due filamenti duri, le corna, che dava appunto la segale cornuta. Per fortuna in un seminato generalmente la malattia intaccava poche piante, per cui i semi o venivano messi a parte o si liberavano da un po' di "corna". Ci fu un tempo in cui la segale cornuta era ricercata per usi farmaceutici. La segale, portata al mulino un po' per volta e macinata, ci dava la farina per il pane, che bastava ad ogni famiglia più o meno per metà dell'anno…
Ai tempi in cui ero piccola c'erano ancora due mulini a Chempo, che andavano ad acqua, presa dal Tovate: uno era dei Marchesi del Tovate e l'altro dei Mottini. Il pane si faceva in casa, meglio nell'unico grande antico forno che c'era in paese: il forno che Desolina aveva ereditato dai Togna di suo marito.”

STORIA

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AMBIENTE

 

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I PROVERBI SONO IN GRAN PARTE TRATTI DAI SEGUENTI TESTI:

Gaggi, Silvio, "Il volgar eloquio - dialetto malenco", Tipografia Bettini, Sondrio, 2011
Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996)
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003
Pier Antonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996
Pier Antonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999
Pier Antonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Pier Antonio Castellani, "Detti e citazioni della Valdidentro", I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Luigi Godenzi e don Reto Crameri, "Proverbi, modi di dire, filastrocche raccolti a Poschiavo, in particolare nelle sue frazioni", con la collaborazione di alcune classi delle Scuole di Avviamento Pratico, Tip. Menghini, Poschiavo (CH), 1987
Lina Lombardini Rini, "Favole e racconti in dialetto di Valtellina", Edizioni Sandron, Palermo-Roma, 1926
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)


Utilissima anche la consultazione di Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001

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PRINCIPALI TESTI CONSULTATI:

Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
Tullio Urangia Tazzoli, "La contea di Bormio – Vol. III – Le tradizioni popolari”, Anonima Bolis Bergamo, 1935;
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996);
Giuseppina Lombardini, “Leggende e tradizioni valtellinesi”, Sondrio, ed. Mevio Washington, 1925;
Lina Rini Lombardini, “In Valtellina - Colori di leggende e tradizioni”, Sondrio, Ramponi, 1950;
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese 1912, ristampa integrale nel 1967 a Bormio e II ristampa nel 1998 a Bormio a cura di Alpinia Editrice;
Glicerio Longa, "Vocabolario Bormino”, Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1913;
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – La nascita e l'infanzia” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2000);
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – Fidanzamento e matrimonio” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2004);
Luigi De Bernardi, "Almanacco valtellinese e valchiavennasco", II, Sondrio, 1991;
Giuseppe Napoleone Besta, "Bozzetti Valtellinesi", Bonazzi, Tirano, 1878;
Ercole Bassi, “La Valtellina (Provincia di Sondrio) ”, Milano, Tipografia degli Operai, 1890;
"Ardenno- Strade e contrade", a cura della cooperativa "L'Involt" di Sondrio;
"Castione - Un paese di Valtellina", edito a cura della Biblioteca Comunale di Castione, in collaborazione con il Sistema Bibliotecario di Sondrio;
don Domenico Songini, “Storie di Traona – terra buona”, vol. II, Bettini Sondrio, 2004;
don Domenico Songini, “Storia e... storie di Traona – terra buona”, vol. I, Bettini Sondrio, 2001;
Scuola primaria di Sirta: calendari 1986 e 1991 (a cura dell'insegnante Liberale Libera);
Luisa Moraschinelli, “Uita d'Abriga cüntada an dal so dialet (agn '40)”;
Giovanni Bianchini e Remo Bracchi, "“Dizionario etimologico dei dialetti della Val di Tartano”, Fondazione Pro Valtellina, IDEVV, 2003;
Rosa Gusmeroli, "Le mie care Selve";
Cirillo Ruffoni, "Ai confini del cielo - la mia infanzia a Gerola", Tipografia Bettini, Sondrio, 2003;
Cirillo Ruffoni, "Chi va e chi resta - Romanzo storico ambientato in bassa Valtellina nel secolo XV", Tipografia Bettini, Sondrio, 2000;
Cirillo Ruffoni, "In nomine Domini - Vita e memorie di un comune della Valtellina nel Trecento", Tipografia Bettini, Sondrio, 1998;
Mario Songini (Diga), "La Val Masino e la sua gente - storia, cronaca e altro", Comune di Val Masino, 2006;
Tarcisio Della Ferrera, "Una volta", Edizione Pro-Loco Comune di Chiuro, 1982;
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003;
Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001;
Associazione Archivio della Memoria di Ponte in Valtellina, "La memoria della cura, la cura della memoria", Alpinia editrice, 2007;
Luisa Moraschinelli, "Come si viveva nei paesi di Valtellina negli anni '40 - l'Aprica", Alpinia editrice, 2000;
Aurelio Benetti, Dario Benetti, Angelo Dell'Oca, Diego Zoia, "Uomini delle Alpi - Contadini e pastori in Valtellina", Jaca Book, 1982;
Patrizio Del Nero, “Albaredo e la via di San Marco – Storia di una comunità alpina”, Editour, 2001;
Amleto Del Giorgio, "Samolaco ieri e oggi", Chiavenna, 1965;
Ines Busnarda Luzzi, "Case di sassi", II, L'officina del Libro, Sondrio, 1994;
aa.vv. “Mondo popolare in Lombardia – Sondrio e il suo territorio” (Silvana editoriale, 1995) Pierantonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996 Pierantonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999 Pierantonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Pietro Ligari, “Ragionamenti d’agricoltura” (1752), Banca Popolare di Sondrio, Sondrio, 1988
Saveria Masa, “Libro dei miracoli della Madonna di Tirano”, edito a cura dell’Associazione Amici del Santuario della Beata Vergine di Tirano” (Società Storica Valtellinese, Sondrio, 2004)
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Galli Valerio, Bruno, "Materiali per la fauna dei vertebrati valtellinesi", Sondrio, stab. tipografico "Quadrio", 1890

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