SANTI (clicca qui per aprire la pagina relativa a questo giorno dal sito www.santiebeati.it):
S. Giovanni da Capestrano sacerdote

PROVERBI

A segà an Scurpiún el fée l'é mìga bún
(il fieno segato nel segno dello scorpione - che inizia il 23 ottobre - non è buono - Stazzona)
Mèi stradö vegiöö che sentée növ (meglio la strada vecchia che il sentiero nuovo – Stazzona)
Al ghè tant dal pont a l’acqua, come da l’acqua al pont
(c’è la stessa distanza dal ponte all’acqua che dall’acqua al ponte – Bormio)
I faméi sa li fa ma ànca sa li dèsfa (le famiglie si fanno ma anche si disfano - Tirano)
I fastìdi di òtri i ta làga durmì de nocc (i fastidi degli altri ti lasciano dormire la notte - Tirano)
Sa ta curasc' la tòa pèl, ta curasc' un gran castèl
(se hai cura della tua pelle, hai cura di un gran castello - Livigno)
Tucc i bindòn i énn li soa devoziòn (tutti i bricconi hanno la propria devozione - Livigno)
Cun 'na semplice pignata sül figulà nösc’ bon vec’ i féan da mangià
(con una semplice pentola sul focolare i nostri buoni vecchi facevano da mangiare - Poschiavo)
Segàa in scorpion, el fée le miga bon (a segare nel segno dello Scorpione il fieno non è buono - Bianzone)

VITA DI UNA VOLTA

Giorno di fiera a Bormio. Annota, infatti, Giuseppe Romegialli, nella sua “Storia della Valtellina” (1834): “È fiera in Bormio li 12, 23, 24 ottobre. In Chiavenna il 1, 2, 3 dicembre. In Delebio li 16, 17, 19 ottobre. In Tirano li 10, 11, 12 di detto mese. Vi è mercato a Sondrio ogni sabbato. A Bormio il 18 ottobre: a Berbenno il 19 marzo: a Chiuro dal 30 novembre al 3 dicembre: a Chiavenna li 19 marzo, e il 3 ottobre ed il 30 novembre: alle Fusine il 10 agosto ed il 30 novembre: a Grosio il 19 marzo: a Morbegno ogni sabbato: a Novate il 29 settembre: a Tirano alla Pentecoste per 3 giorni, e dal 28 al 31 ottobre: e finalmente in valle S. Giacomo li 25 giugno.”

Da Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010:
"Gràa sf. metato, piccolo edificio rustico dove si essiccano le castagne detto anche cascinä di caštégn. È costituito da due vani, con accessi separati. In quello inferiore, con il pavimento in terra battuta, c'è il focolare dove si tiene acceso il fuoco. In quello superiore, poi sviluppato in altezza, tanto che vi si entra carponi, si spargono le castagne su un graticcio in legno che separa i due ambienti. Quest'ultima struttura, che fa rispettivamente mente da soffitto e da pavimento, è fabbricata con listello sistemate parallelamente e leggermente distanziate una dall'altra, per permettere il passaggio del calore e del fumo prodotti nella zona sottostante. Il graticcio appoggia su travetti che devono reggere il suo peso, quello delle castagne messe a essiccare e quello della persona che le deposita, che periodicamente le rimesta e che, infine, le raccoglie per la battitura. Il fuoco del focolare deve essere poco vivo, in modo che produca calore e fumo per essiccare le castagne."

Tullio Urangia Tazzoli, ne "La contea di Bormio – Vol. III – Le tradizioni popolari” (Anonima Bolis Bergamo, 1935), scrive:
Abbiamo visto come nella bajta il contadino bormino conservi, quando può, presso i formaggi, il latte, le patate, il vino che, naturalmente, compera all'osteria o si fa venire direttamente dal di fuori del Contado mentre nei secoli scorsi il vino era municipalizzato dal comune di Bormio che importava ed esportava largamente in val Venosta, Engadina, Germania favorito dai privilegi concessi dagli Stati finitimi e dominanti che, così, si rendevano ligio il Contado e percorribili e liberi i passi di transito attraverso le alpi del Bormiese. Questo commercio era monopolizzato dalla "Magnifica Terra„.
Esso, nel Bormiese, è garantito da decreti specie dai Visconti e dagli Sforza poi dai Grigioni. Ricordiamo, ad esempio, il decreto ducale del 24 novembre 1421 che prescriveva che gli uomini di Teglio non potevano condurre vino in Germania per la valle Venosta cioè attraverso il Contado; l'altro decreto ducale, più specifico, del 28 marzo 1451, in cui si prescrive tassativamente che "solo gli abitanti di Bormio possano condurre vino dalla parte di Germania e Coira per la via di Ombraglio e Fraele in reintegrazione delle spese pel mantenimento delle strade in detti monti,,. Questo monopolio viene riconfermato con altro decreto ducale del 28 gennaio 1484 del duca G. Galeazzo Maria Sforza. Contemporaneamente, con altri decreti, aumentavansi le concessioni della quantità di vino da importarsi dalla Valtellina esente da dazio quantità espressa in carri (plaustri) mentre ai bormiesi era poi lasciata libertà di disporre dazi e pedaggi e modificarli a loro volontà. Il vino oltre che dalla Valtellina, che era la maggior parte, veniva anche importato dalla Valcamonica. Esso costituiva un cespite di ricchezza pel Contado e minute prescrizioni in merito trovansi negli Statuti bormiesi, prescrizioni caratteristiche che vale la pena di riportare.

La vendita del vino in Bormio era, come accennammo, municipalizzata. Ogni anno nel mese di ottobre si eleggevano "due bravi uomini per Procuratori della Taverna del Comune - Procuratores Tabern Comunis„ -. Uno di essi doveva far parte del Consiglio di governo per un anno.
Con esso entrava pure in carica un - Caniparus Tabern - per la durata di quattro mesi e due Misuratori del vino del Comune in carica annuale. Uno dei Misuratori doveva sempre essere presente nel ricevere e distribuire il vino alla taverna comunale, distribuzione legalizzata dal notaio. La carica aveva, per legge, una retribuzione fissa. Qualunque quantità di vino venisse introdotta nel Contado, per lo più dalla Valtellina, doveva passare dalla cantina del comune.
Il trasporto veniva fatto mediante botti lunghe quanto il carro (dette appunto karejre) generalmente trainato da buoi e guidato da un bovaro (bolc). Del controllo alla Taverna municipale ne erano responsabili i Procuratores Tabernae i quali oltre a provvedere a fare trasportare, imbottare e riporre il vino nelle cantine del comune - Canipis Comunis doveano, eventualmente, risarcire il comune stesso in caso il vino calasse, durante il trasporto, più di tre staia per carro. L'oste comunale o Tabernarius pro Comunis non doveva tener acqua nelle cantine nè guastare nè mescolare nè rubare il vino pena il risarcimento in tripla quantità, la sospensione dalla carica per dieci anni resa pubblica all'Arengo comunale ed, in caso di dubbio di colpabilità o reticenza, poteva essere inquisito mediante tortura.
I Zalapoteri o Controllori dovevano esaminare e riferire in merito e vigilare perchè nessuna persona in Bormio potesse vendere vino al minuto. I Procuratori della Taverna nè potevano essi nè potevano permettere ad altri di fermarsi a mangiare o bere nelle cantine comunali, le quali funzionavano, quindi, come enti di acquisto, di deposito e di spaccio.
Il prezzo del vino alla Taverna comunale rimaneva calmiere obbligatorio per il vino venduto nel Contado. Il vino vecchio non poteva essere venduto per nuovo e viceversa. I Zalapoteri dovevano vigilare ed accusare i colpevoli e le infrazioni anche su questo punto. Prescrizioni minute statutarie riguardavano le elezioni, i doveri, e le pene relative ai Tavernari. Altrettanto minute erano le prescrizioni riguardanti i Zalapoteri o Controllori privati nominati ad hoc per Bormio e Contado dagli ufficiali di governo. Per un migliore più spedito controllo il vino importato dalla Valtellina e dalla Valcamonica doveva essere munito di apposite bollette.


Il vino esportato a soma per i noti e più frequentati passi quali le Scale di Fraele e le Scale dei Bagni era sottoposto a speciale tassa di pedaggio. Un "probo uomo„ - probus vir ‑ veniva messo a disposizione del pubblico quale deputato, annualmente, ai pesi ed alle misure. Pel vino la Comunità si obbliga a mantenere tre brente di vino di misura esatta.
Queste le norme statutarie principali alcune delle quali risalgono al secolo XIV. Malgrado tutte queste prescrizioni sagge e minute sembra che in Bormio e Contado, coll'andare del tempo, fosse penetrato il male uso ed abuso di tenere osteria a chiunque piacesse sicchè il Consiglio generale o del popolo nel 1558 sanciva la proibizione assoluta di tenere esercizi pubblici nel Contado ad eccezione degli abitanti delle valli di Livigno e di Trepalle per speciale concessione dei Commissari delle Tre Leghe Grigie mentre si confermava il mantenimentodell'osteria del Cortivo in Bormio o Taverna del comune con facoltà, questa volta, di fornire in essa, vitto e bevande esclusa però la licenza di giocare. Gli Statuti, quindi, venivano modificandosi ed adattandosi alle esigenze dei tempi...
Il comune di Bormio accapparandosi larghe quantità di vino e di biada non solo poteva fare fronte ai bisogni della popolazione ma poteva distribuirne, come vedemmo, in date solennità. Così nel giovedì santo e nella Pasqua non solo in Bormio ma nelle Vicinie delle vallate del Contado, comprese la lontana S. Giacomo di Fraele e la lontanissima Livigno, veniva distribuito, dopo la S. Comunione, vino ai poveri "per amore di Dio„. Pane, frumento, sale e vino venivano, ancora, generalmente, distribuiti da privati ed in memoria di persone defunte nei riti più comuni e nelle feste più solenni.
Il vino era usato, anche, (e questo sistema era in vigore largamente pure nell'intera regione valtellinese ove il vino abbondava) come compenso o reale mercede per prestazioni compiute o nei contratti o come pagamento in natura di balzelli e requisizioni imposte dagli eserciti operanti nella regione. Il vino valtellinese rimanendo qualche tempo nel Bormiese sia pel clima montano.

Contado. Oltre alla bontà dei vini nel Bormiese ce ne doveva essere una grande quantità se lo stesso Alberti afferma che al tempo del grande saccheggio di Bormio da parte dei bernesi e zurighesi condotti dal Güler (settembre 1620) quei mercenari svizzeri, avvinazzati, lasciando Bormio aprirono tutte le botti delle cantine sicchè il vino scorse a rivoli e ne andarono perdute col consumo fatto nella sola Bormio più di 2000 some del migliore.
Ancora oggi il vino piace ai bormiesi ed il vino, più o meno buono, non manca nel borgo. Degli antichi mezzi di trasporto usati pel vino e dei vecchi vasi vinari rimane ben poco. La karejra scomparve in una alla kararóla piccolo recipiente di pochi litri usato pure per trasporto del vino e sostituita dal trinkét. Non più trovansi i caratteristici otri di pelle pel trasporto a soma (baghét), trasporto che non si fa più. Anche la galéda recipiente che con la 'casa il Tabernario doveva usare nella misurazione del vino - sub pena et banno soldorum quadragiuta imperialium - non si trovano più in Bormio. Rimangono, invece, alcuni modi di dire quasi aikaréjra è divenuta sinonimo di osteria. Per uno che ha il vizio di recarsi sempre all'osteria si dice: al g'à 'l vizi de la kare'jra! (ha il vizio del bere !). D'uno che beve molto si dice: al baf kom una pédria (beve come una pevera). Di uno che cura il piccolo anzichè il grande interesse si dice: al tégn de la spina per lagàr ir de burón (tiene alla spina e lascia andare il cocchiume). Di un ammalato che può campare più di uno sano si dice: un baríl rot al resíst plu di altri (un barile rotto resiste più degli altri).
In compenso alla perduta ricchezza vinaria si è garantiti, nel Bormiese, da qualsiasi furto nelle cantine giacchè se vi è un ladro questo si è addomesticato ai locali così da riuscire parte integrante della famiglia vinaria giacchè, in terminologia bormina, "ladro„ è il "sifone„ con cui si travasa il vino e lo si assaggia...!”

STORIA
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AMBIENTE

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I PROVERBI SONO IN GRAN PARTE TRATTI DAI SEGUENTI TESTI:

Gaggi, Silvio, "Il volgar eloquio - dialetto malenco", Tipografia Bettini, Sondrio, 2011
Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996)
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003
Pier Antonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996
Pier Antonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999
Pier Antonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Pier Antonio Castellani, "Detti e citazioni della Valdidentro", I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Luigi Godenzi e don Reto Crameri, "Proverbi, modi di dire, filastrocche raccolti a Poschiavo, in particolare nelle sue frazioni", con la collaborazione di alcune classi delle Scuole di Avviamento Pratico, Tip. Menghini, Poschiavo (CH), 1987
Lina Lombardini Rini, "Favole e racconti in dialetto di Valtellina", Edizioni Sandron, Palermo-Roma, 1926
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)


Utilissima anche la consultazione di Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001

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PRINCIPALI TESTI CONSULTATI:

Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
Tullio Urangia Tazzoli, "La contea di Bormio – Vol. III – Le tradizioni popolari”, Anonima Bolis Bergamo, 1935;
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996);
Giuseppina Lombardini, “Leggende e tradizioni valtellinesi”, Sondrio, ed. Mevio Washington, 1925;
Lina Rini Lombardini, “In Valtellina - Colori di leggende e tradizioni”, Sondrio, Ramponi, 1950;
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese 1912, ristampa integrale nel 1967 a Bormio e II ristampa nel 1998 a Bormio a cura di Alpinia Editrice;
Glicerio Longa, "Vocabolario Bormino”, Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1913;
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – La nascita e l'infanzia” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2000);
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – Fidanzamento e matrimonio” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2004);
Luigi De Bernardi, "Almanacco valtellinese e valchiavennasco", II, Sondrio, 1991;
Giuseppe Napoleone Besta, "Bozzetti Valtellinesi", Bonazzi, Tirano, 1878;
Ercole Bassi, “La Valtellina (Provincia di Sondrio) ”, Milano, Tipografia degli Operai, 1890;
"Ardenno- Strade e contrade", a cura della cooperativa "L'Involt" di Sondrio;
"Castione - Un paese di Valtellina", edito a cura della Biblioteca Comunale di Castione, in collaborazione con il Sistema Bibliotecario di Sondrio;
don Domenico Songini, “Storie di Traona – terra buona”, vol. II, Bettini Sondrio, 2004;
don Domenico Songini, “Storia e... storie di Traona – terra buona”, vol. I, Bettini Sondrio, 2001;
Scuola primaria di Sirta: calendari 1986 e 1991 (a cura dell'insegnante Liberale Libera);
Luisa Moraschinelli, “Uita d'Abriga cüntada an dal so dialet (agn '40)”;
Giovanni Bianchini e Remo Bracchi, "“Dizionario etimologico dei dialetti della Val di Tartano”, Fondazione Pro Valtellina, IDEVV, 2003;
Rosa Gusmeroli, "Le mie care Selve";
Cirillo Ruffoni, "Ai confini del cielo - la mia infanzia a Gerola", Tipografia Bettini, Sondrio, 2003;
Cirillo Ruffoni, "Chi va e chi resta - Romanzo storico ambientato in bassa Valtellina nel secolo XV", Tipografia Bettini, Sondrio, 2000;
Cirillo Ruffoni, "In nomine Domini - Vita e memorie di un comune della Valtellina nel Trecento", Tipografia Bettini, Sondrio, 1998;
Mario Songini (Diga), "La Val Masino e la sua gente - storia, cronaca e altro", Comune di Val Masino, 2006;
Tarcisio Della Ferrera, "Una volta", Edizione Pro-Loco Comune di Chiuro, 1982;
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003;
Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001;
Associazione Archivio della Memoria di Ponte in Valtellina, "La memoria della cura, la cura della memoria", Alpinia editrice, 2007;
Luisa Moraschinelli, "Come si viveva nei paesi di Valtellina negli anni '40 - l'Aprica", Alpinia editrice, 2000;
Aurelio Benetti, Dario Benetti, Angelo Dell'Oca, Diego Zoia, "Uomini delle Alpi - Contadini e pastori in Valtellina", Jaca Book, 1982;
Patrizio Del Nero, “Albaredo e la via di San Marco – Storia di una comunità alpina”, Editour, 2001;
Amleto Del Giorgio, "Samolaco ieri e oggi", Chiavenna, 1965;
Ines Busnarda Luzzi, "Case di sassi", II, L'officina del Libro, Sondrio, 1994;
aa.vv. “Mondo popolare in Lombardia – Sondrio e il suo territorio” (Silvana editoriale, 1995) Pierantonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996 Pierantonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999 Pierantonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Pietro Ligari, “Ragionamenti d’agricoltura” (1752), Banca Popolare di Sondrio, Sondrio, 1988
Saveria Masa, “Libro dei miracoli della Madonna di Tirano”, edito a cura dell’Associazione Amici del Santuario della Beata Vergine di Tirano” (Società Storica Valtellinese, Sondrio, 2004)
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Galli Valerio, Bruno, "Materiali per la fauna dei vertebrati valtellinesi", Sondrio, stab. tipografico "Quadrio", 1890

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