La chiesa di S. Eufemia (Oratorio dei Sette Fratelli), eremo fra i pascoli più alti
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Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
S. Giovanni di Bioggio - Prati di Aragno - Prati di Bioggio - Prati Brusada - Cunvula - Oratorio dei Sette Fratelli |
5 h |
1300 |
E |
SINTESI. Saliti dalla provinciale Valeriana dei Cech a Cercino, proseguiamo nella salita verso destra, seguendo le indicazioni per San Giovanni, fino allo slargo alle spalle della chiesa di San Giovanni di Bioggio. Acquistando il pass giornaliero a Cercino possiamo proseguire in automobile sulla pista che sale ai prati di Aragno. Dopo un tornante sx sopra i prati, giungiamo ad uno slargo dove parcheggiamo, imboccando un sentierino sulla destra (presso un cippo in memoria di un giovane morto prematuamente; attenzione a non andare a destra, ma scegleiere la traccia di sinistra che nel rimo tratto non è evidentissima) che sale nel bosco fino al limite sud-orientale dei prati di Bioggio. Saliamo diritti intercettando una pista tagliafuoco; pochi metri a destra vediamo un sentiero che dopo un breve tratto diritto piega a destra sale in diagonale, passando a sinistra del recinto di una baita e portando alla fascia superiore dei prati, dove troviamo un cartello per l'Oratorio dei Sette Fratelli. Un tratturo sale con tornantini regolari, passando a destra della baita più alta, ed intercetta un sentiero che sale da destra. Procedendo a sinistra passiamo appena sopra la baita suddetta e troviamo un casello dell'acqua con l'indicazione di un bivio. Ignoriamo il sentiero per L'Oratorio dei Sette Fratelli alla nostra destra e proseguiamo diritti (indicazioni per il rifugio Brusada). Il sentiero taglia il versante di boschi verso ovest.nord-ovest, passando per un cirpo franoso ed un vallone con tratto un po' esposto. Ad un bivio prendiamo a destra ed usciamo dal bosco al rifugio Consorzio Prati della Brusada (m. 1584). Non proseguiamo diritti, ma saliamo nel bosco fino ad una seconda baita con bandiera italiana. Alle sue spalle riprendiamo a salire in pineta, verso nord. La traccia si fa più marcata e visibile,
e, piegando leggermente a destra, raggiunge, a quota 1780 circa, una
fascia di massi, proseguendo sul suo limite sinistro (attenzione, qui,
a non perderla proseguendo a salire diritti; anche in questo caso, però,
si può salire a vista, in direzione del limite del bosco, che
già si intravede). Ad una quota approssimativa di 1830 metri
raggiungiamo il limite superiore destro della pineta. Ora dobbiamo traversare la Cunvula, su debole traccia di sentiero, portandoci sul versante opposto ad un ripiano, attraversato il quale siamo ad una fascia di pini. Qui intercettiamo il sentiero che sale da destra; lo seguiamo salendo fino a quota 2000, dove vediamo la traccia che piega a destra e porta all'Oratorio dei Sette Fratelli (m. 2010). Scendiamo infine per via più diretta sul sentiero intercettato, che procede sul largo dosso, poi piega a sinistra con molti tornantini, ed infine piega ancora a destra e scende al Piazzo della Nave. Qui riparte sl lato di sinistra, scende per buon tratto per poi piegare a destra, entrare in una selva e tornare al bivio del casello dell'acqua, alla parte alta del Prati di Bioggio. |
Panorama dal sentiero per la Cunvula
La
Cunvula (cunvüla) è la parte alta del più occidentale dei valloni
che confluiscono e quasi precipitano nel selvaggio vallone di S. Giovanni.
Una parte alta caratterizzata da versanti abbastanza ripidi, ma aperti
e solari, fra i quali si annida, quasi, la solitaria chiesetta dedicata
a S. Eufemia, più conosciuta come Oratorio dei Sette Fratelli (m. 2010), nel territorio del comune di Mello.
L’escursione che la raggiunge può seguire l’itinerario
più battuto che sale da S. Giovanni di Bioggio (termine connesso con la voce dialettale “bedoia”, betulla, oppure con “Biogio”, soprannome personale), passando per
i prati di Aragno, i prati di Bioggio ed il Piazzo della Nave. Ne esiste
però uno alternativo e non meno interessante, che parte dai prati
della Brüsada (ai quali si sale per diversi sentieri, dai prati
Nestrelli, da Cercino, dai prati di Bioggio), e si sviluppa, in gran
parte, nel territorio del comune di Cercino.
Apri qui una fotomappa della Costiera dei Cech
Punto di partenza è la chiesa di S. Giovanni di Bioggio (termine connesso con la voce dialettale “bedoia”, betulla, oppure con “Biogio”, soprannome personale), un altro luogo sacro, ma di segno diverso, una potente affermazione delle forze del bene a ridosso dell’oscuro e profondo salto del vallone di S. Giovanni. La raggiungiamo portandoci alla parte occidentale di Mello, cioè alle frazioni di Bernedo di Fuori e di Dentro. Qui parte una pista carrozzabile che, superata la cappella di S. Antonio ed il vallone di S. Giovanni, porta alle spalle della chiesa, dove possiamo lasciare l’automobile. Più comoda però è la strada asfaltata che sale fin qui da Cercino: la troviamo proseguendo oltre Cercino verso destra (indicazioni per San Giovanni).
Panorama dai Prati di Bioggio
La pista prosegue per i prati di Aragno, e possiamo salirvi in automobile previo acquisto di pass a Mello o Cercino. Se invece proseguiamo a piedi, non ci conviene seguirla, ma imboccare un sentiero, che si trova
proprio alle spalle della chiesa, sul lato destro della pista, e che
sale nel bosco di castagni (facciamo attenzione a non seguire la più
evidente traccia che corre, verso destra, quasi pianeggiante, in direzione
del solco del vallone, ma quella che sale, decisa, sul filo del dosso).
Si tratta di un sentiero diritto e diretto, di quelli pensati per agevolare
lo strascico del legname verso valle. Seguendolo, tagliamo per diverse
volte la pista sterrata, risparmiando parecchio tempo.
Nell’ultimo tratto, però, non lo troviamo più, e
dobbiamo seguire la più monotona e tranquilla pista, fino ai prati di Aragno (1146 metri), che dalla pista non si
vedono (per vederli, dobbiamo lasciarla, sulla sinistra, raggiungendo
il loro limite inferiore). Possiamo giungere fin qui anche con l’automobile:
il fondo della pista non è buono, ma neppure pessimo. A monte
delle baite, che se ne stanno nella parte alta dei prati, la pista termina
in uno slargo, lasciando il posto ad un sentiero, in corrispondenza
di un cippo che ricorda un giovane tragicamente morto collaborando al
taglio di una pianta (dobbiamo imboccare, però, il sentiero che
procede diritto, non quello che si addentra nel bosco, alla nostra destra).
I Prati di Bioggio
Dopo aver descritto una diagonale verso nord ovest, il sentiero ci fa
passare dal territorio del comune di Mello (cui appartengono i prati
di Aragno) a quello del comune di Traona, e conduce ai prati
di Bioggio (m. 1258), ampio terrazzo estremamente panoramico,
soprattutto in direzione della bassa Valtellina e dell’alto Lario.
Guardando, invece, verso nord distinguiamo chiaramente il poggio che sta
sulla verticale dei prati, denominato Piazzo della Nave: nella salita,
passeremo di lì.
Salendo un poco, presso alcuni grandi massi disseminati nel prato, troviamo
una sorpresa inattesa: invisibile da sotto, ecco una pista tagliafuoco,
che proviene dalla lontana alpe Piazza, sul limite occidentale della
Costiera dei Cech, sopra Cino, e prosegue ancora per un breve tratto
verso est (alla nostra destra), prima di fermarsi a ridosso dei paurosi
dirupi che, più in basso, precipitano nel vallone di S. Giovanni.
Seguiamo la pista, verso destra (est), solo per pochi metri, finché
troviamo, sulla sinistra, la partenza di un sentino che sale, in diagonale,
verso destra (attenzione perché ce n'è un altro, qualche
metro più a sinistra, cioè ad ovest, che sale in direzione
opposta). Il sentiero passa in mezzo ad alcuni ruderi di baita e, superato
un caratteristico masso levigato, porta ad una nuova fascia alta di
prati, a 1348 metri, uno splendido terrazzo panoramico su buona parte
della catena orobica. Fino a qualche tempo fa una simpatica bandiera
gialla ci accoglieva nell’approdo a questi prati; ora non c’è
più.
Il Piazzo della Nave visto dai Prati di Bioggio
Dobbiamo, ora, puntare alla baita nella parte alta dei prati (un cartello indica la direzione per l'Oratorio dei Sette Fratelli), seguendo un comodo tratturo che sale con qualche svolta, e proseguire
sul sentiero che parte alle loro spalle. Cominciamo a trovare, su alcuni
sassi, dei segnavia blu. Il primo è rappresentato da una freccia,
sotto la quale è riportata la sigla 7 F, che sta per “Sette
Fratelli”, cioè indica l'Oratorio dei Sette Fratelli, un
piccolo oratorio isolato che sta a 2010 metri, a monte del Piazzo della
Nave (il sentiero per il Piazzo prosegue, infatti, salendo a questo
oratorio).
Passando a destra della baita più alta, intercettiamo un sentiero che sale da destra; scendendo per breve tratto a destra, incontriamo un piccolo trogolo, cioè
vasca per la raccolta dell’acqua, problema essenziale in queste
montagne particolarmente aride. Torniamo ora indietro e saliamo passando a monte della baita: troveremo subito una fontanella ed un casello dell'acqua, sul quale è segnalato un bivio: proseguendo diritti si traversa ai prati della Brusada, mentre prendendo a destra saliamo all'Oratorio dei Sette Fratelli.
Apri qui una panoramica dal sentiero per i Prati Brusada
Ignoriamo il sentiero di destra e proseguiamo diritti (indicazioni per il rifugio Brusada), ed iniziamo una lunga diagonale, in direzione
ovest-nord-ovest, tagliando un corpo franoso ed un selvaggio vallone (il sentiero è qui esposto, ma abbastanza largo per procedere in sicurezza). Poco oltre ad un bivio prendiamo a destra e, dopo breve salita, usciamo dal bosco in corrispondenza del nuovo rifugio del Consorzio dei Prati della Brusada (bandiera italiana, m. 1608).
Il rifugio è aperto a tutti (bisogna però telefonare a Ivano - 3484036511 -, Alfio - 3397722028 - o Franco 3398258953 - per farsi comunicare la combinazione necessaria per aprire il lucchetto della nicchia nella quale è riposta la chiave). Proseguiamo diritti sul sentiero che, su terreno aperto, sale gradualmente fino al vallone che ci separa dai Prati della Brusada. Superato facilmente il vallone (si tratta della parte alta della valle di Siro), in breve siamo alle baite più alte sul lato orientale dei Prati della Brusada.
Il rifugio Consorzio Prati della Brusada
Dal rifugio non procediamo diritti verso i prati della Brusada, saliamo alle spalle del rifugio su un sentierino
che sale ad una baita, anch’essa con la
bandiera italiana, a quota 1600. Nel prato sotto la baita vediamo un
sentiero che prende a sinistra ed entra nel bosco, ma non è quello
che ci interessa. Dobbiamo cercare, invece, il sentiero che parte alle
spalle della baita e comincia a salire, diritto e piuttosto ripido,
sul largo dosso boscoso a monte della baita (direzione nord), nella
splendida cornice di una delle pinete che si sono salvate dai disastrosi
incendi che, nel 1948, 1952 e 1965, hanno martoriato la parte occidentale
della costiera.
Nella salita, passiamo a sinistra di una radura, ed incontriamo anche
qualche scheletro d’albero che non è scampato al fuoco.
Ma lo scenario è davvero bello: il bosco, aperto e luminoso,
ha qualcosa di fiabesco. La traccia si fa più marcata e visibile,
e, piegando leggermente a destra, raggiunge, a quota 1780 circa, una
fascia di massi, proseguendo sul suo limite sinistro (attenzione, qui,
a non perderla proseguendo a salire diritti; anche in questo caso, però,
si può salire a vista, in direzione del limite del bosco, che
già si intravede). Ad una quota approssimativa di 1830 metri
raggiungiamo il limite superiore destro della pineta.
Alla
nostra destra vediamo il solco dell’alta val Cespedello: ora dobbiamo
attraversarlo e portarci sull’erboso versante opposto. Procediamo,
quindi, in terreno aperto. Il bel sentiero marcato ci abbandona, e dobbiamo
cercare la debole traccia che descrive una diagonale, in leggera salita,
verso il centro del vallone, il quale ci appare, nel suo insieme, come
una sorta di deserto verde, punteggiato, qua e là, da qualche
rado scheletro d’albero. Raggiungiamo il suo centro a quota 1860
(se non troviamo la traccia, possiamo procedere anche a vista: la pendenza
del versante non è eccessiva, ma attenzione all’erba, scivolosa)
e proseguiamo la leggera salita sul versante opposto, fino ad approdare,
superata una porta costituita da due pini, ad una sorta di riposante
corridoio, molto bello, costituito da una fascia nella quale la pendenza
si fa più modesta; lo percorriamo, quindi, in direzione est,
senza guadagnare quota. Una curiosità: questo corridoio corrisponde,
approssimativamente, all'ampiezza della fascia di territorio del comune
di Traona che si incunea, salendo fino al crinale, fra i comuni di Cercino
e di Mello.
La breve traversata si conclude in prossimità di una nuova pineta,
sul cui limite intercettiamo un sentierino che sale da destra. Si tratta
del sentierino, sopra menzionato, che proviene dal Piazzo della Nave (ciàz de la nàav):
percorrendolo, verso sinistra, in salita raggiungiamo, dopo circa un
quarto d’ora, l’Oratorio dei Sette Fratelli (calcoliamo, dai prati della Brüsada,
un’ora e mzza circa di cammino, per superare un dislivello
approssimativo di 450 metri).
L’oratorio è una sorta di eremo, un luogo appartato, lontano
dal mondo. In Valtellina pochi luoghi hanno caratteristiche analoghe.
È un luogo dove la solitudine ti circonda da ogni lato, e le
finestre del tempo sembrano schiudersi su prospettive inattese, lasciando
filtrare, come lame di luce,
le atmosfere di un passato di cui si è persa la voce. Un piccolo
luogo di preghiera perso in un oceano di prati alti, appena sopra i
duemila metri, ai piedi delle guglie di granito che separano la Costiera
dei Cech dalla Valle dei Ratti.
La chiesetta è affiancata da una grande croce lignea tridimensionale,
con una campanella che ogni visitatore può far risuonare, per
dar voce alla gioia che si libera, dopo tanta fatica. Purtroppo non
possiamo entrare nell’oratorio, che, per impedire l’ingresso
degli animali, è sbarrato da assi di legno.
Nulla ci impedisce, invece, di ammirare il panorama, che, per la verità,
è meno ampio di quello che si apre più in basso, perché
le due costiere ad oriente e ad occidente chiudono un po' la visuale.
Ad est, cioè alla nostra sinistra, osserviamo il lungo dosso
che ospita, ad una quota pressoché identica a quella dell'oratorio,
i Tre Cornini (chiamati anche Tre Frati), e che chiude la visuale sulla media Valtellina. Si mostra,
invece, quasi interamente la catena orobica, dalle sue propaggini orientali
a metà circa della Val Lesina. Il dosso che abbiamo risalito,
infine, chiude a destra la visuale, sottraendo ai nostri occhi il monte
Legnone, la bassa Valtellina e l'alto Lario. Guardando verso il basso,
vediamo, alla nostra sinistra, il solco che, da modesto avvallamento,
si approfondisce gradualmente, man mano che scende, nell'oscuro vallone
di S. Giovanni. A sinistra del vallone, vediamo tutta la bella piana
di Poira, con Poira di Dentro e di Fuori. Sul fondovalle, infine, ottimo
è il colpo d'occhio su Talamona e Morbegno, alle cui spalle si
aprono le Valli del Bitto di Albaredo e Gerola.
Alle spalle dell'oratorio (est), sul crinale erboso, riusciamo a distinguere
una traccia di sentiero, che scende per un buon tratto prima di scomparire
alla nostra vista. Si tratta del sentiero che effettua una lunga traversata,
intercettando il sentiero per l'alpe Visogno poco sopra il Pre
Soccio, ad una quota, cioè di circa 1750 metri. Un sentiero,
però, non segnalato, dalla traccia incerta, sconsigliabile, quindi,
anche perché, se lo perdiamo, non abbiamo la possibilità
di scendere a vista, dal momento che passiamo a monte dei dirupi che
convergono nel vallone di S. Giovanni.
Se amiamo i luoghi abbandonati, però, possiamo percorrerne il
primo tratto, che ci porta sul dosso che fronteggia, ad est, quello
che abbiamo risalito, e poi comincia a scendere, sempre in terreno aperto
o fra qualche modesta macchia di pini, diritto, fino ai numerosi ruderi
delle baite della località Le Baracche (m. 1855), poste ad est
di una spettrale fascia di scheletri di albero. Ma qui fermiamoci.
All'Oratorio dei Sette Fratelli scende (ma non lo si distingue) anche
un secondo sentiero (sentée di canàa), che effettua una traversata alta (2100-2200 metri)
fra gli ultimi pascoli e le formazioni rocciose della Costiera, fino
al dosso a monte dei Tre Cornini. Si tratta di un sentiero altrettanto
sconsigliabile, perché non segnato, incerto ed esposto.
Apri qui una panoramica dal sentiero Piazzo della Nave-Oratorio dei Sette Fratelli
Per tornare ai prati di Bioggio procediamo così. Scendiamo infine per via più diretta sul sentiero intercettato, che procede sul largo dosso, poi piega a sinistra con molti tornantini, ed infine piega ancora a destra e scende al Piazzo della Nave. Qui riparte sl lato di sinistra, scende per buon tratto per poi piegare a destra, entrare in una selva e tornare al bivio del casello dell'acqua, alla parte alta del Prati di Bioggio.
Panorama dal Piazzo della Nave
E' tempo, però di dar voce ad una domanda, finora inespressa:
perché questo nome? Chi sono i sette fratelli? L’oratorio,
eretto nel 1761, è dedicato a S. Felicita, madre di sette figli,
tutti martirizzati e canonizzati, quindi santi come lei, nei primi secoli
dell’era cristiana. Ecco chi sono i sette fratelli: Gennaro, Felice,
Filippo, Silano, Alessandro, Vitale e Marziale, martirizzati al tempo
dell'Imperatore Antonino. Gennaro, dopo essere stato percosso con verghe
nel carcere, fu ucciso con flagelli piombati; Felice e Filippo furono
uccisi con bastoni; Silvano fu gettato in un precipizio; Alessandro,
Vitale e Marziale furono puniti con sentenza capitale. Un dipinto li
raffigura, insieme alla madre, sul fondo dell’oratorio. Costei
fu l'ultima ad essere uccisa, decapitata, dopo
aver provato l'immenso dolore per il supplizio dei figli, ma anche la
consolazione di averli visti tanto saldi nella fede da dare la vita
per essa. La sua festa viene celebrata il 23 novembre, ma possiamo comunque
rivolgerle una preghiera, tenendo anche presente che la devozione per
questa santa è particolarmente viva fra le donne che non riescono
ad avere figli e da lei implorano questa grazia.
Ma non c’è solo il riferimento alla storia della chiesa.
Esiste anche un’antichissima leggenda, curiosa, un po’ enigmatica,
assai meno tragica. E parla di una madre che aveva sette figli, inquieti,
monelli. Una madre, intenta, in una baita dell’alta alpe, a “tarare”
la polenta che stava cuocendo nel paiolo, ad un certo punto si spazientì,
perché i suoi sette figli, intorno a lei, facevano troppo chiasso,
non sapendo attendere tranquilli che la polenta fosse servita. Sembra
che la donna sia sbottata gridando: “Via poch de bun, vün
per cantùn”, cioè: “Via, poco di buono, uno
per ogni angolo”, sottinteso di queste montagne. Ed in effetti
i figli se ne andarono, proprio in sette angoli diversi della bassa
Valtellina, tutti visibili dal luogo della dispersione, che poi divenne
luogo di preghiera, l’Oratorio, da allora chiamato “dei
Sette Fratelli”. La sfuriata della madre, oltre a regalarle un
po’ di pace, ebbe l’effetto di trasformare i figli indisciplinati
in altrettanti eremiti devoti, che fondarono sette chiese: S. Antonio,
S. Pietro in Vallate, San Giuliano sopra Dubino, S. Domenica a Delebio,
S. Esfrà sull’alto versante retico sopra Mello, S. Maria
in Val Gerola e S. Giovanni di Bioggio. I sette fratelli non ebbero
più modo di ritrovarsi, né di vedere la madre, ma un segno
li legò sempre, un fuoco, acceso la sera, con il quale segnalavano
ciascuno agli altri che erano ancora in vita. Ma venne per ciascuno
il giorno della morte: e la sera di quel giorno non vide il fuoco consueto,
ma una nuova stella accendersi in cielo.
Panorama dall'Oratorio dei Sette Fratelli
Per concludere con una nota storica, cediamo la parola a Don Domenico Songini, che, nel bel libro “Storie di Traona Terra Buona – II” (Sondrio, 2004), così racconta dell’edificazione ed intitolazione dell’oratorio:
“Quando i costruttori dell'Oratorio arrivarono al tetto e assestarono la colmegna incidendovi l'anno 1761, - come sull'architrave della porta d'ingresso - secondo le tradizioni, festeggiarono l'evento sapendo già che il tempio sarebbe stato dedicato ai Santi Martiri di Roma.
I Martirologi, i cataloghi dei nomi di coloro che avevano testimoniato fino alla morte la fedeltà a Cristo, enumeravano un grandissimo numero di "martiri romani"; a quali di questi dedicare il nuovo Oratorio? I promotori della nuova chiesa reclamavano una festa nel mese di luglio, nella stagione in cui i Romani, oriundi della Costéra, lasciavano i miasmi e la calura di Roma e risalivano ai paesi d'origine per incontrare i parenti e per godere un periodo di vacanza.
Luglio poi era il mese nel pieno della stagione degli alpeggi, il mese della "pesa" del latte, operazione che richiamava una grande affluenza di allevatori, nella prima quindicina.
Il curato di Mello presentò varie alternative: "Il mese è ricco di memorie di Famiglie intere di martiri; 10 luglio: i Sette Fratelli figlioli di santa Felicita: Gennaro, Felice, Filippo, Silvano, Alessandro, Vitale, Marziale.
18 luglio: Sette Fratelli figlioli di santa Sinforosa: Crescenzio, Giuliano, Nemesio, Primitivo, Giustino, Stratteo, Eugenio.
Il 27 luglio il calendario segna la memoria dei Sette Fratelli Dormienti: Massimiano, Maico, Martiniano, Dionisio, Giovanni, Serapione, Costantino.
Tre date, tre famiglie numerose, tre famiglie di Santi Martiri che ricalcarono le orme dei Sette Fratelli Maccabei della Sacra Scrittura: che volete di più?
A meno che preferiate una famiglia ancora più numerosa: i Santi Dodici Fratelli, figli di san Marcello: Claudio, Luperzio, Vittorio, Facondo, Primitivo, Emeterio, Gianuario, Marziale, Servando, Germano; la festa è il ...".
"Basta, basta, la data migliore è il 10 luglio... e i Santi che preferiamo sono i Sette Fratelli Figli di Santa Felicita, il maggiore dei quali è san Gennaro". Così vollero i promotori ed il prevosto di Mello (il titolo di prevosto era stato concesso 4 anni prima, nel 1757) si adeguò alla volontà dei suoi parrocchiani senza entrare in disquisizioni critiche. Anche al prevosto garbava la data: oltre tutto, la prima quindicina di luglio era il tempo di maggior produzione di latte. Non per nulla i proprietari "pesavano' il latte in quel giorno, alla quota di m, 2048, "la còrt da pisa": più era il latte e maggiore il compenso che i caricatori d'alpe dovevano corrispondere."
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