Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Uschione-Laghetto del Grillo
3 h e 30 min.
1100
E
SINTESI. Da Prata Camportaccio saliamo in automobile verso Lotteno (o Lottano) ed Uschione (m. 833), dove parcheggiamo alla sbarra dove inizia il divieto di transito per i veicoli non autorizzati, proseguendo di qui a piedi sulla carozzabile. Raggiunta la contrada Nesossi, seguiamo le indicazioni del sentiero per il laghetto del Grillo, che sale nel bosco verso sud-est. Superate alcune radure (ripartenza in alto a sinistra), siamo all'alpe Quarantapan (m. 1200), sul cui limite superiore troviamo una fontana. Dopo un nuovo tratto nel bosco, il sentiero esce ai prati dell'alpe Pesceda (m. 1300) e, ignoata la deviazione a destra per l'alpe Damino, vi rientra e sale fino all'alpe Prato del Conte (m. 1434). Qui bisogna stare attenti a non imboccare il sentiero che parte dal limite superiore destro dei prati e conduce alle alpi Primalfieno e Tecciali. Tagliamo invece l'alpe verso sinistra: in prossimità dell'ultima baita di sinistra e di un grosso masso a forma di dente, un segnavia annuncia la ripresa del sentiero, che compie ora una lunga diagonale verso sud-est, attraversando un corso d'acqua e raggiungendo la radura dove, a quota 1703 metri, è posta la solitaria baita del bivacco Scarlanzöö. Il sentiero, dopo un primo tratto in piano verso destra, che lo porta a riattraversare il corso d'acqua, riprende a salire verso sud-est e, dopo aver superato una raduca con un calecc, risale un largo vallone e sbuca nella conca dove si trova il laghetto del Grillo, a 1934 metri. Il ritorno per la medesima via di salita, oppure salendo ad una porta (segnavia) poco a monte del laghetto, scendendo alla vicina alpe Mottaccio. Sotto la baita di destra dell'alpe la traccia, segnalata, scende ripida sul fianco del dosso e raggiunge le alpi Tecciali e Primalfieno, che si costeggiano a destra. La prosecuzione della discesa deve avvenire sempre tendendo a destra, per evitare di scendere in val Schiesone: ci si ritrova alla fine all'alpe Prato del Conte, tornando ad Uschione per la medesima via di salita.

Pur non rientrando nel suo territorio comunale, l'escursione al laghetto del Grillo può essere segnalata nella presentazione di Chiavenna perché rappresenta una camminata ideale, di medio impegno, che parte da Uschione, l'antico borgo sul terrazzo che la sovrasta ad est.
Raggiungere il laghetto non è, peraltro, semplicissimo, perché il sentiero, segnalato con molta parsimonia, si sviluppa per buona parte del tracciato nel bosco e, soprattutto, va cercato con attenzione quando riparte dai prati degli alpeggi che si attraversano.
L'escursione parte, dunque, da Uschione (m. 833), che si raggiunge a piedi da Chiavenna, sfruttando una bella mulattiera gradinata che parte dalla località Pratogiano (ma in tal caso si calcoli un'ora buona di cammino in più), oppure utilizzando l'automobile. In questo caso si sale alla chiesa di Prata Camportaccio e si prosegue sulla strada per Lòtteno ed Uschione.
Giunti alla sbarra che impedisce l'accesso a chi non ha il permesso, si lascia l'automobile e, percorso un tratto pianeggiante, si raggiunge l'abitato di Uschione. Vale la pena di perdere qualche minuto per visitare il paese ed ammirare la bella chiesa.
Mettiamoci dunque in cammino, partendo dalla frazione Nesossi e dai cartelli che indicano due possibili direzioni. Dobbiamo seguire quella per il laghetto del Grillo, che sale verso sud-est, tagliando una strada sterrata ed inerpicandosi in un fresco bosco. Nel primo tratto la traccia non è evidente, ma poi diviene ben visibile ed attraversa, verso sinistra, una valletta, per poi sbucare nel primo di una serie di prati che si dovranno superare.
Attraversiamo questo ed i successivi prati con attenzione, badando alla traccia incerta ed ai pochi segnavia e tenendo presente che il sentiero riparte sempre dal limite superiore di sinistra. Salendo ancora, eccoci all'alpe Quarantapan, sul limite superiore della quale, a 1200 metri, troviamo una fontana.
Il sentiero riparte a sinistra dell'ultima baita e, dopo un nuovo tratto nel bosco, raggiunge quota 1300, il località Pesceda, dalla quale si gode di un'ottima visuale sulla Val Bregaglia. Ignoriamo l'indicazione, che porta a destra, per Damino, e proseguiamo nella salita.
Risaliti i lunghi prati, troviamo un nuovo tratto nel bosco, che sale sempre tendendo leggermente a sinistra, fino all'alpe Prato del Conte (m. 1434). Qui bisogna stare attenti a non imboccare il sentiero che parte dal limite superiore destro dei prati e conduce alle alpi Primalfieno e Tecciali. Tagliamo invece l'alpe verso sinistra: in prossimità dell'ultima baita di sinistra e di un grosso masso a forma di dente, un segnavia annuncia la ripresa del sentiero, che compie ora una lunga diagonale verso sud-est, attraversando un corso d'acqua e raggiungendo la radura dove, a quota 1703 metri, è posta la solitaria baita del bivacco Scarlanzöö, sempre aperta per ospitare eventuali escursionisti in difficoltà. La traccia del sentiero è sempre abbastanza visibile, ma non si trovano più segnavia fino al bivacco.
Nella salita possiamo godere del panorama delle cime di Val Bregaglia. Possiamo distinguere, in particolare, a nord la Cima di Lago, posta sopra la conca che ospita il lago dell'Acquafraggia, da qui non visibile. Proseguiamo seguendo le indicazioni del segnavia posto poco distante dal bivacco; il sentiero, dopo un primo tratto in piano verso destra, che lo porta a riattraversare il corso d'acqua, riprende a salire verso sud-est e, dopo aver superato una raduca con un calecc, risale un largo vallone e sbuca nella conca dove si trova il laghetto del Grillo, a 1934 metri.
Il ritorno può avvenire per la medesima via di salita, oppure, con giro più largo, passando sul lato opposto del dosso del Mottaccio. In questo secondo caso dal laghetto saliamo ad una sorta di porta che ci introduce appunto al lato opposto del dosso del Mottaccio (direzione sud sud ovest), appena a monte dell'alpe Mottaccio, alla quale scendiamo facilmente.
Sotto la baita di destra dell'alpe la traccia, segnalata, scende ripida sul fianco del dosso e raggiunge le alpi Tecciali e Primalfieno, che si costeggiano a destra. La prosecuzione della discesa deve avvenire sempre tendendo a destra, per evitare di scendere in val Schiesone: ci si ritrova alla fine all'alpe Prato del Conte. Il vantaggio di questa variante è che permette di ammirare l'impressionante e tristemente celebre (nella storia dell'alpinismo) parete nord del pizzo di Prata, che fu risalita per la prima volta, anche se non ve n'è la prova certa, dalla singolarissima figura di prete-alpinista don Buzzetti.
Vale la pena di cogliere l'occasione per raccontare la sua storia, che ci riporta alla chiesetta di Uschione. Proprio qui, infatti, domenica 15 luglio 1934 è atteso, per la funzione domenicale, don Giuseppe Buzzetti: ma la sua inconfondibile figura, austera, schiva, claudicante, non compare.
Il sacerdote, forte tempra di alpinista, era partito da Chiavenna il giovedì precedente e, compiuta una lunghissima traversata, aveva raggiunto la bocchetta di Sceroia, che, a 2714 metri, congiunge la valle Alpigia (laterale della Val Codera) alla Val Porcellizzo, in Val Masino, per poi scendere al rifugio Gianetti. Questa sola notizia ci può far capire che tempra d’uomo fosse: una camminata del genere, che comporta ben più di 2000 metri di dislivello, richiede doti di resistenza a dir poco fuor del comune.
Dopo il pernottamento, il giorno seguente sale al pizzo Badile, in solitaria, come era uso fare: si trattava, infatti, anche di una figura di valente alpinista, che aveva legato il suo nome ad imprese destinate ad essere ignorate se non fossero state raccolte dal conte Bonacossa. La più importante era stata la prima ascensione del pizzo di Prata (il Pizzasc, o Pizzun, come lo chiamano a Chiavenna) per la temibilissima parete nord, che incombe con il suo impressionante strapiombo sulla val Schiesone.
Anche il successivo sabato è dedicato ad un’ascensione, nonostante il tempo volga al peggio. A nulla serve il tentativo di dissuasione del gestore del rifugio: don Giuseppe raggiunge la vetta della punta Torelli (m. 3137), e lì viene visto, dal rifugio, per l’ultima volta. Poi, più nulla. Il furioso temporale che si è scatenato sembra averlo inghiottito. Ad Uschione, come detto, lo attendono invano, e subito vengono organizzate le ricerche, senza esito.
Solo con notevole ritardo, circa un mese dopo (il 15 agosto), viene ritrovato, alla bocchetta Torelli, un biglietto che permette di azzardare qualche ipotesi su quanto accaduto. Il biglietto reca scritto: “Don Giuseppe Buzzetti C.A.I. sez. di Chiavenna, da Bresciadiga, passo Sceroia, capanna Gianetti, pizzo Torelli, bocchetto Torelli per Bresciadiga 14-VII-34” (o, secondo altri, “11-VII-34”).
Due ipotesi, a questo punto, si impongono: la bocchetta si trova sulla cresta che scende dalla punta Torelli, e da essa l’alpinista forse tentò una discesa diretta verso l’alta Val Codera, per un ripido canalone, oppure proseguì lungo la cresta fino al passo Porcellizzo, la più facile via di discesa in Val Codera. Sia accaduta l’una o l’altra cosa, quel che è molto probabile è che, forse colpito da un fulmine, forse scivolato, sia caduto in un crepaccio, probabilmente fra ghiacciaio e fronte roccioso, per essere poi ricoperto dalla neve.
Quel che è certo è che il suo corpo non fu più ritrovato. E’ come se, ancora nel pieno del suo vigore (aveva 48 anni, essendo nato nel 1886), la montagna, quasi amante gelosa che vuole interamente per sé coloro che la amano, l’avesse nascosto per sempre agli uomini. Forse un giorno, complice il ritiro dei ghiacciai, la salma verrà ritrovata. Sicuramente quel che non si è mai perso, soprattutto nel chiavennasco, è il suo vivido ricordo.
Se ci capita di passare per il rifugio Gianetti, volgiamo gli occhi a sinistra del pizzo Badile: oltre la poco pronunciata punta S. Anna, riconosceremo facilmente il bel cono della punta Torelli, alla cui sinistra si pone il caratteristico promontorio roccioso che, per la sua forma, è denominato Dente della Vecchia.
Fra la punta ed il dente scorgeremo la bocchetta Torelli, e nello scorgerla potremo vagare con l’immaginazione a quegli ultimi atti in cui don Giuseppe potè vedere l’aspra roccia, scura nelle dense nebbie del temporale, delle sue amate montagne.
Se, poi, ci capiterà di salire, da Prata Camportaccio o da Chiavenna, in Val Schiesone, osserviamone, dal rifugio Il Biondo, la testata: il lato destro è dominato dalla scura e minacciosa parete nord del pizzo di Prata, vinta dal solitario sacerdote. Appena a sinistra della parete, vedremo una modesta ed affilata punta, che reca il suo nome: egli fu il primo, infatti, a scalarla, così come fu il primo a raggiungere la punta Schiesone, alla sua sinistra.
Per saperne di più, si può consultare il recente (2002) volumetto intitolato "Il prete scomparso", curato da Guido Scaramellini, Guglielmo Scaramellini, Paolo De Pedrini ed Alberto Benini, ed edito dal CAI sezione di Chiavenna.

 

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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