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La Valmalenco, nella sua parte superiore (cioè
sopra Chiesa Valmalenco), si divide in due grandi rami, cioè
nell’alta Valmalenco, percorsa dal torrente Màllero, ad occidente, e
nella val Lanterna, percorsa dal torrente omonimo, ad oriente. La
val Lanterna, a sua volta, si divide nei due rami della valle di
Scerscen, ad occidente, e nella valle di Campomoro, ad oriente. Le
due valli, percorse dai torrenti Scerscen e Cormor (o Lanterna),
convergono nella conca di Campo Franscia.
Tre sono le porte che consentono di passare dall’alta Valmalenco
alla Val Lanterna. Le più basse sono il passo di Campolungo (m.
2167) e il bocchel del Torno (o bocchel del Turn, m. 2203),
rispettivamente a sud e a nord del monte Roggione (m. 2631), a monte
delle alpi Palù e Roggione. La più alta è la forca, o forcola, d’Éntova
(m. 2831), compresa fra il massiccio del Sasso Nero, a sud (m. 2919)
ed il fronte di cime che, partendo dalla punta quotata m. 3006,
sale, verso nord-ovest, alla triade del Sasso (o Sassa) d’ Éntova
(m. 3329) e dei pizzi Malenco (m. 3438) e Tremoggia (m. 3441). |
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La forca congiunge il vallone ad est del laghetto
d’ Éntova, che incontriamo sulla nostra destra salendo sulla pista
tracciata per servire l’ex-rifugio Éntova-Scerscen, al più ampio e
lungo vallone che scende, verso est, nel cuore della valle (o
vallone) di Scerscen, che si stende ai piedi dei giganti della
testata della Valmalenco.
Può, quindi, essere sfruttata per effettuare diverse interessanti
traversate, scegliendo itinerari meno noti ed ancor meno frequentati
rispetto a quelli più classici dell’Alta Via della Valmalenco.
Queste possibilità si possono riassumere in tre grandi traversate.
Innanzitutto una variante (segnalata dai segnavia canonici, cioè dai
triangoli gialli) della quinta tappa dell’Alta Via della Valmalenco,
poi una suggestiva traversata dalla diga di Campomoro al rifugio
Longoni, infine un affascinante anello che, partendo dal rifugio
Palù, si chiude intorno al Sasso Nero. Partiamo dalla variante della
quinta tappa. Questa, nella sua versione classica, prevede un
itinerario che, partendo dal rifugio Palù (m. 1947) e passando per
il bocchel del Torno, le alpi Campascio e Musella ed il rifugio
Carate Brianza (m. 2636), termina al rifugio Marinelli (m. 2813).
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La variante della V tappa dell'Alta Via
per la forca d’ Éntova, invece, congiunge direttamente i
rifugi Longoni (m. 2450) e Marinelli, e presuppone una quarta tappa
più breve (da Chiareggio al rifugio Longoni, mentre l’itinerario
classico prosegue fino al rifugio Palù). Scegliere la variante alla
quarta e quinta tappa dell’Alta Via comporta lo svantaggio di
tagliar fuori alcuni luoghi di carattere marcatamente bucolico, dove
il volto più gentile e ridente della Valmalenco si mostra in tutta
la sua bellezza, vale a dire il lago Palù, le alpi Campascio e
Musella, oltre che i rifugi Palù, Mitta, Musella e Carate Brianza.
Ci sono, però, due vantaggi che meritano di essere considerati: le
due tappe (soprattutto la quarta) sono più brevi, e quindi
richiedono meno dispendio di energia, e la quinta tappa ci propone
il volto più caratteristico dell’alta montagna, attraversando luoghi
che conservano intatto il fascino della solitudine selvaggia, fino a
portarci nel cuore di quel vallone di Scerscen dove la montagna, che
ci circonda da ogni lato, celebra il suo trionfo imponente di fronte
allo sguardo ammirato ed un può smarrito dell’escursionista.
Partiamo, dunque, dal rifugio Longoni, |
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posto a 2450 metri, su un terrazzo roccioso
panoramico dal quale si domina l'alta Valmalenco e si gode di
un'ottima visuale sulla parete nord del monte Disgrazia e sulla
testata della val Sissone. Tornati al trivio che si incontra salendo
al rifugio dall’alpe Fora, scendiamo verso sud-est, seguendo la
direzione segnalata per San Giuseppe ed il rifugio Palù, su un
ripido sentiero |
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che, superata una fascia di roccioni, attraversa
un bel boschetto di pini mughi,
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portandoci ad una piazzola che precede la strada
sterrata che dai Prati della Costa, sopra san Giuseppe, sale verso
l'ex rifugio Entova-Scerscen. |
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Raggiunta la strada, seguiamo la segnalazione per
il rifugio Palù (che lo indica a 4 ore di cammino), cioè
proseguiamo, in leggera salita, verso sinistra, puntando decisamente
a nord-est. I triangoli gialli ci informano che stiamo percorrendo
un tratto della quarta tappa dell’Alta Via della Valmalenco, che va
da Chiareggio al rifugio Palù. |
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Dopo qualche tornante, ci attende un tratto
pianeggiante, prima di raggiungere il vallone dal quale scende il
ramo occidentale del torrente Entovasco. Qui, anche a stagione
avanzata, possiamo trovare un nevaietto. Dopo un breve tratto,
incrociamo anche il ramo orientale del torrente, e subito dopo il
tracciato classico della quarta tappa dell’Alta Via ci lascia, per
addentrarsi in mare di massi, in direzione sud-est. Da qui in avanti
comincia una fitta serie di tornanti, che affronta l’aspro versante
montuoso, caratterizzato da rocce dalle forme aspre, bizzarre,
gotiche. |
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Per un tratto scorgiamo, in alto, l’edificio
dell’ex-rifugio, che poi sparisce, mentre la salita si fa più
faticosa. Un ultimo tornante ci introduce al pianoro dove troviamo
una baita. Qui parcheggiavano i veicoli di quanti volevano
raggiungere il rifugio con un breve percorso, quando questo era
aperto. Ora vi domina la solitudine: non sono in molti, infatti, a
scegliere questo percorso per un’escursione.
Poco oltre la baita ed un piccolo specchio d’acqua, una gradita
sorpresa: la pista passa nei pressi del bellissimo laghetto di
Èntova (m. 2738), |
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una vera perla, alle cui spalle si disegna,
netta, la forca d’Entova (m. 2831). Ritroviamo, sul limite della
pista, i segnavia gialli, che segnalano la variante della quinta
tappa dell’Alta Via: seguendoli, lasciamo alla nostra sinistra la
pista e cominciamo, in direzione est, la traversata della fascia di
massi che occupa interamente il vallone chiuso, ad est, dalla forca.
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Il tracciato dettato dai segnavia ci consente di
guadagnare, senza eccessive difficoltà, i 2831 metri della forca, il
punto più alto della traversata. |
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Prima di lasciare l’alta Valmalenco, gettiamo
però un’occhiata sul panorama che si offre al nostro sguardo dal
valico: il laghetto d’Entova appare poco più in basso, nell’ampia
conca incorniciata, ad ovest, dal Sasso d’Entova, la cui breve punta
sormonta un poderoso e frastagliato fronte roccioso. Alle spalle di
questo versante, in direzione ovest, si intravede la punta di Fora
(m. 3363). Più a sinistra chiudono l’orizzonte, sempre verso ovest,
le cime di Rosso e di Vazzeda. |
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Verso est, invece, cioè in direzione della Val
Lanterna, appare una sequenza di cime poderose. Si distinguono, da
destra, il massiccio del monte delle Forbici (m. 2910, alla cui
sinistra si trova la bocchetta omonima, appena sopra il rifugio
Carate Brianza), seguito dalle cime di Musella (m. 2990 e m. 3088),
che sovrastano la vedretta di Caspoggio, e dalla punta Marinelli (m.
3182). Proseguendo verso sinistra, scorgiamo il passo Marinelli
orientale (m. 3120). |
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La discesa, che si conclude nel cuore del vallone
di Scerscen, non presenta difficoltà. I segnavia dettano un percorso
che passa fra due piccoli specchi d’acqua a quota 2800, ben visibili
dalla forca (passando poco distante, sulla destra, di quello d
sinistra). |
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Scendendo ancora, giungiamo in vista di un terzo
specchio d’acqua, un po’ più grande, a quota 2636, a sinistra
dell’imbocco di un vallone detritico che scende nella nascosta ed
ampia conca che ospita il più misterioso lago della Valmalenco, il
lago di Scarolda (m. 2456). Il lago è nascosto dalle quinte oscure e
selvagge costituite dai roccioni nerastri del versante
nord-occidentale del massiccio del Sasso Nero. Il nostro itinerario
non lo tocca: resta là dietro, misterioso, in uno scenario degno di
un’opera del genere fantastico. |
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Noi passiamo a sinistra dello specchio d’acqua e,
dopo una breve salita, ci affacciamo all’ampio versante di erbe e
sfasciumi che scende al vallone di Scerscen.
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Scesi di altri cento metri, a quota 2500 metri
circa attraversiamo, verso destra, il modesto solco di un corso
d’acqua spesso asciutto, proseguendo la discesa, senza percorso
obbligato, sul ripido fianco erboso, fino ad un corridoio erboso, a
quota 2430 metri circa, |
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raggiunto il quale pieghiamo decisamente a
sinistra, riprendendo, appena possibile, la discesa, disegnando una
diagonale verso sinistra. La discesa termina in corrispondenza di
una piccola morena, oltrepassata la quale, verso destra, |
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ci troviamo a percorrere un gentile pianoro, |
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a quota 2340 circa. Alla nostra sinistra si
mostra una grande e tondeggiante formazione di rocce biancastre e
levigate, frutto del lavoro millenario del ghiacciaio di Scerscen
inferiore, il cui fronte si è ora di parecchio ritirato. Proseguendo
verso est, ci portiamo nel cuore del vallone di Scerscen: alla
nostra destra (sud), nascosta da alcuni modesti dossi, si trova la
bocchetta di quota 2360, per la quale passa il sentiero che,
partendo dall’alpe Musella, risale il vallone. |
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Noi dobbiamo, invece, piegare leggermente a
sinistra, raggiungendo tre cartelli, che segnalano la direzione
(nord) per il rifugio Marinelli-Bombardieri, dato a 2 ore e mezza,
quella per la bocchetta sopra citata (sud), vale a dire per il
Cimitero degli Alpini (poco ad est della bocchetta), dato a 15
minuti, l’alpe Musella, data ad un’ora e 45 minuti, ed il rifugio
Longoni (dal quale siamo giunti noi), dato a 4 ore, ed infine quella
per il rifugio Carate Brianza (est), dato ad un’ora e 10 minuti, ed
il Monumento degli Alpini, dato ad un’ora e 30 minuti. È facile
comprendere come si tratti di un crocevia di molteplici possibilità
escursionistiche. Seguiamo, ora, le indicazioni per il rifugio
Marinelli, passando vicino ad un grande masso sul quale si trova una
freccia bidirezionale gialla, in direzione della parte terminale del
vallone. |
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Teniamo presente che per buona parte
dell’itinerario non c’è una vera e propria traccia, per cui bisogna
prestare molta attenzione per non perdere i segnavia che indicano la
direzione corretta. Aggirata sulla destra la formazione rocciosa
biancastra, il sentiero volge decisamente a sinistra (direzione
ovest), procedendo, per un buon tratto, in direzione della vedretta
di Scerscen inferiore. |
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In questo tratto si impone allo sguardo, verso
nord-nord-est, il pizzo Sella, che mostra un elegante profilo.
La nostra meta, il rifugio Marinelli, già visibile, verso
nord-ovest, alla sommità dell’imponente sperone roccioso rossastro
che lo ospita, si allontana, alle nostre spalle, tanto che per un
attimo ci assale il dubbio sulla correttezza dell’itinerario. Alla
fine, però, un cartello della Comunità Montana Valtellina di Sondrio
ci tranquillizza.
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Esso segnala un bivio: prendendo a
sinistra, saliamo all’edificio dell’ex-rifugio Entova-Scerscen, dal
quale possiamo poi scendere ad una comoda pista che ci porta a San
Giuseppe (si tratta di una possibilità che può essere presa in
considerazione da chi voglia chiudere un anello che parte ed arriva
al rifugio Longoni); prendendo, invece, a destra ci portiamo ad un
ponte, che attraversa uno dei rami dello Scerscen, proseguendo nel
cammino verso la Marinelli. Il ponte, nuovo e robusto, è il primo
dei tre nuovi ponti che hanno sostituito quelli precedenti, travolti
dalla furia delle acque. |
|
Oltrepassato il ponte, l’itinerario prosegue
verso destra, cioè in direzione nord-est, superando una fascia di
sfasciumi e tagliando il filo di una prima morena. Raggiungiamo,
così, la parte terminale del vallone, ai piedi, anche se ad una
certa distanza, dell’ultimo imponente gradino roccioso in cima al
quale si mostra l’impressionante seraccata occidentale della
vedretta di Scerscen superiore. Il silenzio è, qui, rotto dal
fragore delle acque e, qualche volta, da tonfi sordi e fragorosi.
Non si tratta di frane, ma della caduta di grandi blocchi di
ghiaccio che si staccano dal fronte della seraccata, precipitando
più a valle. |
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Proseguendo nella traversata, incontriamo |
|
altri due ponti, |
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giungendo ai piedi della seraccata orientale
della vedretta di Scerscen superiore.
Ci attende, poi, un facile guado, prima di risalire una seconda
morena, di cui seguiamo per un tratto il filo, in direzione nord,
prima di piegare a destra, in direzione est, raggiungendo una fascia
di grandi massi, oltre la quale ci attende un secondo guado, un po’
più impegnativo (mettiamo, quindi, in conto di poterci bagnare i
piedi nelle gelide acque di fusione: un cambio di calze è, dunque,
quanto mai opportuno). Un’eventuale sosta, necessaria, magari, per
cambiare le calze bagnate, ci permette di riconoscere le cime che
abbiamo lasciato alle nostre spalle,ad ovest: a destra della cima
3006, riconosciamo ora, in sequenza ravvicinata, il Sasso d’Entova,
il pizzo Malenco ed il pizzo Tremoggia, che sormontano la vedretta
di Scerscen inferiore. |
|
Qui dobbiamo prestare attenzione ai segnavia, per
non sbagliare direzione. |
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L’itinerario piega ora a destra, assumendo la
direzione sud-est. Mancano poco più di cento metri, si tratta di
profondere le ultime energie nella salita, prima della meta.
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Un ripido tratto |
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ci permette di guadagnare |
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il bordo di un’ampia conca di sfasciumi,
raggiungendo, infine, una marcata traccia, che conduce direttamente
al rifugio.
Oltre l’ultimo ramo del torrente Scerscen, troviamo una nuova fascia
di sfasciumi.
Da qui il panorama sui giganti della Valmalenco, che dal cuore del
vallone rimangono seminascosti, è particolarmente felice: appaiono,
in tutta la loro imponenza, da sinistra il pizzo Roseg (m. 3937), il
pizzo Scerscen (m. 3971),
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|
il pizzo Bernina (m. 4049) e la Cresta Güzza (m.
3869). L’ultimo tratto, pur presentando un fondo largo e regolare,
deve essere affrontato con attenzione, perché è esposto. |
|
Alla fine, eccoci all’ampio piazzale del rifugio
Marinelli (m. 2813), che raggiungiamo dopo circa 6 ore di cammino
(il dislivello in salita è di circa 1060 metri). |
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Dal piazzale si apre, verso est, il bellissimo
scenario della vedretta di Caspoggio, incorniciata, sulla destra,
dalle cime di Musella orientale (m. 3088) ed occidentale (m. 2990). |
|
Raccontiamo, ora, una seconda interessantissima possibilità
escursionistica che passa per la forca d’Entova, la traversata Campomoro-Rifugio Longoni. Punto di partenza è
la diga di Campomoro (m. 1990), che si raggiunge salendo, da Chiesa
Valmalenco (a 15,5 km da Sondrio) verso Campo Franscia (m. 1550, 8
km da Chiesa Valmalenco) |
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e da
Campo Franscia, |
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su strada |
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interamente asfaltata, |
|
a
Campomoro (6 km da Campo Franscia). Qui si trova ampia possibilità
di parcheggio. |
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Lasciata
l’automobile, iniziamo il cammino attraversando, sul camminamento,
la corona della grande diga e portandoci sul suo lato
settentrionale, dove troviamo una pista che scende ad uno spiazzo
sottostante, a quota 1940. |
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Qui parte
il più frequentato sentiero per il rifugio Marinelli. |
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Nel primo
tratto sale, ripido, sull’aspro versante meridionale del Sasso Moro
(m. 3108), |
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con
qualche tratto esposto protetto da corrimano. Il sentiero volge,
poi, gradualmente a destra (nord-ovest), raggiungendo un più
tranquillo bosco di larici, |
|
che
attraversiamo percorrendo un lungo tratto con andamento quasi
pianeggiante. |
|
Usciti
dal bosco, |
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riconosciamo subito la bocchetta delle Forbici e, poco sotto, il
rifugio Carate Brianza (m. 2636), per il quale passa il sentiero. |
|
Per
raggiungerlo, dopo aver intercettato il sentiero che sale, da
sinistra, dall’alpe Musella, dobbiamo risalire una serrata sequenza
di dossi (si tratta dei famosi “sette sospiri”), ai piedi del
versante meridionale |
|
delle
eleganti cime di Musella (m. 3088). |
|
Dopo due
ore circa di cammino siamo, dunque, alla bocchetta delle Forbici (m.
2660), che ci introduce al grandioso, selvaggio e bellissimo vallone
di Scerscen. |
|
Ora,
invece di proseguire in direzione del rifugio Marinelli, dobbiamo
seguire i segnavia bianco-rossi, che ci guidano nella discesa nel
cuore del Vallone. La partenza di questo itinerario è segnalata su
un masso, posto a sinistra del sentiero per la Marinelli, a poca
distanza dalla bocchetta delle Forbici, con la scritta
“Ponte-Cimitero Alpini”. I segnavia, che vanno sempre seguiti con
attenzione lungo l’intera discesa, dal momento che la traccia di
sentiero è assai discontinua e labile, ed attraversa luoghi esposti,
ci porta, dopo un primo tratto, sulla riva orientale del laghetto
delle Forbici (m. 2618), nel quale, durante le belle giornate con
calma di vento, si specchia l’imponente testata della Valmalenco.
|
|
Poco
oltre, troviamo un secondo e più piccolo laghetto (m. 2611). Da qui
possiamo distinguere chiaramente la forca d’Entova, che si trova sul
crinale che separa la valle di Scerscen dall’alta Valmalenco, a
sinistra della marcata punta del Sasso d’Entova, alla cui destra si
distingue il pizzo Malenco. Guardando ancora più a destra, vediamo
la vedretta di Scerscen inferiore, delimitata, a nord, dalla
massiccia dorsale che comprende, da sinistra, il pizzo Glüschaint
(m. 3594), La Sella (m. 3854), i pizzi Gemelli (m. 3500 e m. 3501)
ed il pizzo Sella (m. 3511). |
|
Oltrepassato il laghetto, l’itinerario comincia a scendere
decisamente, volgendo verso sud-ovest, con un andamento zig-zagante.
Piega, poi, a destra, assumendo la direzione nord, e supera una
fascia di rocce sfruttando un canalino. In questo tratto,
particolarmente ripido, dobbiamo prestare una certa attenzione.
|
|
Raggiungiamo, quindi, un terreno più tranquillo, che alterna fasce
di massi a magri pascoli, volgendo in direzione nord-ovest |
|
e
passando a monte di un enorme masso, che cattura la nostra
attenzione, accendendo la fantasia, che si sbizzarrisce
nell’immaginare da quale cima e come sia potuto scendere fin quasi
nel cuore del vallone. |
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Guardando
verso nord, dominiamo l’ampia parte terminale del vallone,
sovrastata dalle più alte cime della testata della Valmalenco. |
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Superata
un’ultima fascia di massi, ci ritroviamo a monte del ponte sul
torrente Scerscen, gettato, a quota 2240, dal gruppo degli Alpini di
Lanzada nel luglio del 1996. Saliamo, quindi, sul lato opposto della
valle, |
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lasciando
alle nostre spalle il fragore rabbioso delle acque che scendono dal
ghiacciaio di Scerscen. |
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La salita
ci porta ad un tranquillo pianoro, dove si trova il cartello già
menzionato sopra, nel racconto della variante della V tappa
dell’Alta Via. Prima di continuare verso la forca d’Entova,
prendiamoci il tempo di un interessanti fuori-programma:
|
|
saliamo,
verso sinistra, alla bocchetta di quota 2360, dove si trova un
secondo cartello, che indica la direzione in cui si trova il
Cimitero degli Alpini, a 5 minuti di cammino. Si tratta di piegare a
sinistra e, seguendo alcuni ometti, raggiungere la croce del piccolo
monumento, seminascosta da un dosso. |
|
Esso è
posto a 2370 metri, e ricorda la morte di un gruppo costituito da 16
alpini, travolti da una valanga. La targa, posta dal gruppo A.N.A.
di Lanzada, commemora il loro sacrificio con queste parole: “A
questi prodi vigili sui monti non parve sorte dura precipitare a
valle sotto la valanga immane se il verde delle fiamme e il rosso
del sangue loro sul bianco della neve simboleggiarono al termine
estremo del fronte di guerra la gloria del tricolore”. Alle spalle
della croce i giganti ci guardano con sovrano silenzio, così come
furono muti testimoni della lontana tragedia. |
|
Non è necessario, ora,
ridiscendere alla piana: tornati ai quattro cartelli della
bocchetta, seguiamo le indicazioni per la forca d’Entova, data a 2
ore (mentre il rifugio Longoni è dato a 3 ore e 45 minuti). Senza
perdere quota, entriamo nell’ameno pianoro che chiude l’ampio
vallone che sale alla forca. Raggiunta la parte terminale del
pianoro, dirigiamoci alla piccola morena, sulla nostra destra, e
seguiamone il breve filo, fino a giungere in vista dei triangoli
gialli che ci guidano nella salita verso la forca. Percorriamo, ora,
a rovescio l’itinerario descritto nella prima metà della variante
della V tappa dell’Alta Via. Se avessimo difficoltà a rintracciare i
segnavia, o dovessimo perderli, poco male: possiamo proseguire a
vista, rimanendo, più o meno, al centro dell’ampio vallone, passando
a destra del primo laghetto ed in mezzo ai due specchi d’acqua più
alti.
Dalla forca scendiamo, sempre guidati dai triangoli gialli, verso il
laghetto di Entova, e di qui alla pista sterrata, seguendo la quale
raggiungiamo, dopo una lunga traversata ai piedi dell’impressionante
fianco meridionale del Sasso d’Entova, il piazzale dal quale parte
il sentiero per il rifugio Longoni. Raggiungiamo, alla fine, il
rifugio, dopo circa 7 ore e mezza di cammino, necessarie per
superare circa 1500 metri di dislivello. |
Raccontiamo, infine, la terza possibilità, che può essere denominata anello del Sasso Nero. Essa ha come punto di
partenza il rifugio Palù, nei pressi del quale parte il sentiero |
|
per
l’alpe Roggione |
|
ed il
bocchel del Torno (m. 2203). Dalla bocchetta scendiamo, seguendo i
triangoli gialli della quinta tappa dell’Alta Via della Valmalenco,
fino ad intercettare la pista sterrata che scende dal passo di
Campolungo all’ex-rifugio Scerscen, al dosso dei Vetti, sopra Campo
Franscia.
|
|
Invece di
seguire la pista, imbocchiamo però, seguendo le indicazioni dei
cartelli, la bella mulattiera che, puntando a nord, conduce, nello
splendido scenario di un bosco di larici, al ponte sul torrente
Scerscen, superato il quale ci troviamo sul limite meridionale
dell’alpe Campascio (m. 1828). Seguendo il suo bordo destro,
portiamo all’ultima baita di destra dell’alpe, dove parte un marcato
sentiero che sale all’alpe Musella, |
|
dove si
trovano i rifugi Musella (m. 2020) |
|
e Mitta
(m. 2021). Ora, invece di seguire le indicazioni per i rifugi Carate
e Marinelli, |
|
portiamoci verso il limite sud-occidentale dell’alpe, |
|
passando
a monte di una chiesetta posta su un piccolo poggio. |
|
Presso la
più bassa delle baite che troviamo sul limite occidentale dell’alpe
troveremo il triangolo giallo che segnala la variante della V tappa
dell’Alta Via che passa per il vallone di Scerscen. Imbocchiamo,
così, un sentiero che per un buon tratto corre, con qualche
saliscendi, in un bosco di larici, tagliando le estreme propaggini
di rocce arrotondate che scendono dallo sperone meridionale del
monte delle Forbici. |
|
Il
sentiero, raggiunto un punto panoramico che ci permette di gettare
un’occhiata sulla piana dell’alpe Campascio, occupata, nella parte
occidentale, da detriti alluvionali, piega a destra, esce dal bosco
e taglia il selvaggio fianco sud-occidentale del monte delle
Forbici. Ad un certo punto, sulla nostra destra, si impone allo
sguardo una singolare e quasi surreale formazione rocciosa,
massiccia, levigata, dalle sfumature nere e rossastre; rappresenta
un po’ un punto di svolta, in quanto il panorama, alle nostre
spalle, dominato dalla costiera Valmalenco - Val di Togno, con il
pizzo Scalino sulla sinistra, comincia a chiudersi, mentre si apre
gradualmente quello del vallone. |
|
Poco
oltre, una grande roccia arrotondata ed esposta si frappone al
nostro cammino: non potremmo superarla senza l’ausilio della
passerella in legno costruita sul suo fianco e corredata di una
corda fissa. |
|
Poi il
sentiero attraversa un corpo franoso, prima di condurci alle miniere
abbandonate di amianto, a quota 2050, segnalate da un cartello della
Comunità Montana Valtellina di Sondrio, che dà anche il Cimitero
degli Alpini ad un’ora di cammino. |
|
A poca
distanza dalle miniere, raggiungiamo il ponte che ci porta sul lato
opposto del vallone nel quale stiamo entrando, cioè sul lato
occidentale. Qui, per un buon tratto, procediamo sul limite dei
depositi alluvionali del torrente Scerscen, prima di guadagnare un
po’ quota, guidati dai segnavia (triangoli gialli) sul fianco del
vallone. |
|
Si apre,
intanto, il superbo scenario delle più alte cime di Valmalenco: |
|
le prime
ad apparire sono il pizzo Sella (m. 3511), a sinistra, ed il pizzo
Roseg (m. 3937), a destra. Ben presto appaiono, poi, più a destra, i
pizzi Scerscen (m. 3971) e Bernina (m. 4049). |
|
Ancora
più a destra, ecco la caratteristica ed inconfondibile Cresta Güzza
(m. 3869). Chiude la superba testata della Valmalenco, sul lato
destro, il pizzo Argient (m. 3945). |
|
Continuiamo a guadagnare gradualmente quota, portandoci verso il
fianco roccioso che chiude alla nostra sinistra (ovest) il vallone,
prima di approdare ad un ampio pianoro. Mentre alla nostra destra la
massiccia complesso roccioso che culmina nel monte delle Forbici
rende sempre meglio visibile, le cime della testata della Valmalenco
cominciano a defilarsi, nascoste dai possenti gradoni rocciosi che
si trovano nella parte medio-alta del vallone. A sinistra si fa
sempre più slanciata la cima quotata 3006, immediatamente a nord
della forca d’Entova, cima che nasconde alla vista le più famose
cime del Sasso d’Entova (m. 3329), del pizzo Malenco (m. 3438) e del
pizzo Tramoggia (m. 3441), posti a nord-ovest della stessa. Dopo un
tratto pianeggiante, riprendiamo a salire, volgendo leggermente a
destra, passando a sinistra di una curiosa formazione rocciosa
costituita da due corni e sormontando un dosso di magri pascoli e
sassi, fino a giungere alla sella di quota 2360, dove si trovano i
cartelli sopra menzionati. Prendendo verso sinistra e seguendo
l’itinerario già raccontato nella traversata Campomoro-Longoni,
saliamo alla forca d’Entova e scendiamo alla pista sterrata, che
seguiamo fino a trovare la deviazione, sulla sinistra, |
|
della IV
tappa dell’Alta Via della Valmalenco. |
|
Seguendo
i segnavia e passando per l’alpe Sasso Nero (m. 2304), |
|
scendiamo, alla fine, |
|
al
rifugio Palù, |
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dal quale
siamo partiti circa 7 ore e mezzo prima (il dislivello in altezza è
di circa 1400 metri).
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GALLERIA DI IMMAGINI
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