CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
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La
Valmalenco, nella sua parte superiore (cioè sopra Chiesa Valmalenco),
si divide in due grandi rami, cioè nell’alta Valmalenco, percorsa
dal torrente Màllero, ad occidente, e nella val Lanterna, percorsa
dal torrente omonimo, ad oriente. La val Lanterna, a sua volta,
si divide nei due rami della valle di Scerscen, ad occidente, e
nella valle di Campomoro, ad oriente. Le due valli, percorse dai
torrenti Scerscen e Cormor (o Lanterna), convergono nella conca
di Campo Franscia.
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Le
traversate dall’una all’altra sono fra le più classiche escursioni
non solo in Valmalenco, ma anche nelle Alpi Retiche centrali, per
la bellezza e la maestosità degli scenari. Tre sono le porte attraverso
le quali possono passare, vale a dire, dalla più bassa e meridionale,
la forca di Fellarìa (m. 2819), per la quale si può traversare direttamente
dal rifugio Carate Brianza al rifugio Bignami, la bocchetta di Caspoggio
(m. 2983) ed il passo Marinelli orientale (m. 3120), valichi per
i quali, con percorso su ghiacciaio, si effettua la traversata dal
rifugio Marinelli al rifugio Bignami. La traversata Marinelli-Bignami
per la bocchetta di Caspoggio costituisce la classica sesta tappa
dell’Alta Via della Valmalenco, mentre le rimanenti due traversate
rappresentano altrettante varianti, bassa ed alta, della medesima
sesta tappa. |
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Raccontiamo,
qui, la variante alta, per il
passo Marinelli orientale, la più spettacolare e difficile, presentandola,
però, come traversata a sé stante, di una sola giornata, con punto
di partenza e di arrivo alla diga di Campomoro. Nonostante il suo
inserimento nella sezione delle escursioni, questa traversata richiede
esperienza alpinistica, non perché proponga passi di arrampicata,
ma perché comporta la traversata del ghiacciaio di Fellarìa occidentale,
che, nonostante non si tratti di un ghiacciaio particolarmente pericoloso,
va effettuata sulla scorta di un’adeguata esperienza di traversate
su ghiacciaio, con adeguata attrezzatura e, possibilmente, accompagnati
da una guida o da persona che lo conosce. Ciò premesso, vediamo
come si articola.
Punto di partenza, come già detto, è la diga di Campomoro (m. 1990), |
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che
si raggiunge salendo, da Chiesa Valmalenco (a 15,5 km da Sondrio)
verso Campo Franscia (m. 1550, 8 km da Chiesa Valmalenco) e da Campo
Franscia, su strada interamente asfaltata, a Campomoro (6 km da
Campo Franscia). Qui si trova ampia possibilità di parcheggio.
Lasciata l’automobile, iniziamo il cammino attraversando, sul camminamento,
la corona della grande diga e portandoci sul suo lato settentrionale,
dove troviamo una pista che scende ad uno spiazzo sottostante. Qui
parte il più frequentato sentiero per il rifugio Marinelli.
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Nel
primo tratto sale, ripido, sull’aspro versante meridionale del Sasso
Moro (m. 3108), con qualche tratto esposto protetto da corrimano. |
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Il
sentiero volge poi gradualmente a destra (nord-ovest), raggiungendo
un più tranquillo bosco di larici, che attraversiamo percorrendo
un lungo tratto con andamento quasi pianeggiante. |
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Usciti
dal bosco, riconosciamo subito la bocchetta delle Forbici e, poco
sotto, il rifugio Carate Brianza (m. 2636), per il quale passa il
sentiero. Per raggiungerlo, dopo aver intercettato il sentiero che
sale, da sinistra, dall’alpe Musella, dobbiamo risalire una serrata
sequenza di dossi (si tratta dei famosi “sette sospiri”), |
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ai
piedi del versante meridionale delle eleganti cime di Musella (m.
3088). |
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Dopo
due ore circa di cammino siamo, dunque, |
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alla
bocchetta delle Forbici. |
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Alla
destra del rifugio Carate-Brianza troviamo il cartello che indica
la partenza del sentiero per la forca di Fellaria ed il rifugio
Bignami. Invece di salire alla bocchetta delle Forbici, dunque,
imbocchiamo questo sentiero, che si dirige verso est-nord-est, e
che è segnalato da segnavia diversi (soprattutto bianco-rossi, ma
anche triangoli bianchi con bordo giallo, ad indicare che si tratta
di una variante della sesta tappa dell’Alta Via, e segmenti bianchi).
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Non
si tratta di un sentiero marcato, anzi la traccia, in molti punti,
si perde in un dedalo caotico di massi, grandi e piccoli, ma non
rischiamo di perderci, in quanto i segnavia sono addirittura sovrabbondanti,
soprattutto nella prima parte, e ci guidano, si può ben dire, passo
per passo. |
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Oltretutto ben presto giungiamo in vista della meta, in quanto la
forca ci appare come l’evidente sella che chiude il vallone di sfasciumi
verso il quale ci stiamo dirigendo. Il vallone è delimitato a sud
dalle propaggini che scendono verso nord-ovest dalla cima del Sasso
Moro ed a nord dalle cime di Musella. |
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Il
sentiero comincia la traversata a mezza costa sul fianco sinistro
(per noi) del vallone, cioè su quello settentrionale, salendo molto
gradualmente. I magri pascoli cedono ben presto il passo ad una
fascia di massi di dimensioni medio-piccole. Guardando davanti a
noi, abbiamo l’impressione che la traccia debba effettuare la traversata
rimanendo su questo versante e raggiungendo la sella con un arco
di cerchio. Invece, ad un certo punto, i segnavia ci fanno piegare
a destra e scendere leggermente, raggiungendo il cuore del vallone,
dove si trova una fascia di grandi massi.
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È,
questo, il tratto più faticoso dell’anello: i segnavia ci guidano,
ma, per diversi minuti, dobbiamo, con cautela, districarci in una
congerie di massi di dimensioni rilevanti, portandoci gradualmente
sul lato opposto (destro) del vallone. |
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Su
un terreno del genere ci si deve muovere sempre con calma ed attenzione,
perché un piede messo malamente o uno scivolone in un buco possono
essere all’origine di infortuni anche seri. Qualche pausa, per riprendere
fiato, ci consente di osservare le cime di Musella occidentali che,
viste da qui, assumono un aspetto quasi gotico, mostrandosi come
un irto sistema di guglie e pinnacoli.
Dopo aver guadagnato un po’ di quota sul versante destro, iniziamo
la parte terminale della traversata, con andamento più tranquillo, |
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in
direzione sud-est, verso l’evidente depressione della forca. |
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Prima
di raggiungerla, passiamo a sinistra di un’ampia finestra dalla
quale appaiono, alla nostra destra, il monte Disgrazia e, sul fondo,
uno scorcio della catena orobica. |
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Poi,
dopo circa un’ora di cammino dal rifugio Carate Brianza, ci affacciamo
alla forca, posta a 2819 metri, che ci immette in un corridoio dal
quale si vedono già, verso nord-est (alla nostra sinistra) il piz
Varuna (m. 3453) e, alla sua destra, la cima Fontana (m. 3070),
sul versante settentrionale della val Confinale. Sullo sfondo, qualche
scorcio del versante orientale della Valle di Poschiavo e le più
alte cime della Val Grosina. Lasciamo, invece, alle nostre spalle
un’esigua finestra nella quale, sul fondo, si individua la vedretta
di Scerscen inferiore e, sul suo limite sud-occidentale, la dorsale
scandita dalla triade del pizzo Tramoggia (m. 3441), a nord-ovest,
dal pizzo Malenco (m. 3438), al centro, e dal Sasso d’Entova (m.
3329), a sud-est. |
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Il
corridoio che stiamo percorrendo suscita un forte senso di tranquilla
solitudine: è un luogo appartato, lontano dalle vie più battute
della Valmalenco, |
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dove,
preso nella morsa di un silenzio inviolato, anche il tempo sembra
aver fermato il suo corso. |
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La
discesa è assai più agevole della salita: troviamo una buona traccia
di sentiero che ci permette di perdere quota senza fatica. Scendiamo
in un ampio vallone, compreso fra il vallone gemello che culmina
nella bocchetta di Caspoggio, a nord, ed il versante settentrionale
del Sasso Moro, a sud; piegando a destra, ci portiamo sul suo lato
destro, fino a raggiungere, sempre guidati dai segnavia, un pianoro
percorso da un pigro torrentello. Procediamo, quindi, in direzione
est-nord-est, con andamento pianeggiante.
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La
traccia non sempre è visibile, ma la traversata, senza problemi,
ci conduce sulle soglie di un modesto avvallamento,
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nel
quale scendiamo da destra, |
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raggiungendo il punto in cui il sentiero confluisce in quello che,
salendo dal rifugio Bignami, conduce alla bocchetta di Caspoggio. |
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Percorrendolo verso destra, siamo in breve alle baite dell’alpe
di Fellaria (m. 2401) e, a breve distanza, al rifugio Bignami (m.
2385), collocato su un ampio terrazzo che domina il lago di Gera
(m. 2150). Oltrepassate le baite dell’alpe (m. 2401), raggiungiamo |
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il
rifugio Bignami (m. 2385), collocato su un ampio terrazzo che domina
il lago di Gera. |
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Dal
rifugio la visuale sul ghiacciaio di Fellaria orientale è ottima. |
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Nei
pressi del rifugio troviamo il sentiero che scende verso la muraglia
che sbarra la diga, e che corre sulla parte bassa del possente versante
sud-orientale del Sasso Moro. |
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L’ultima
parte del sentiero, intagliata nella viva roccia, propone qualche
saliscendi, prima di condurci sul lato occidentale del camminamento
della poderosa muraglia della diga di Gera |
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che,
con i suo 65 milioni di metri cubi, è una delle più grandi d’Italia. |
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Attraversando
il camminamento, possiamo gustare, sia a valle che a monte, di un
ottimo panorama. Verso nord vediamo, a destra della cima del Sasso
Rosso, la seraccata che scende dal ramo orientale del ghiacciaio
di Fellaria e, alla sua destra, il piz Veruna. Verso sud, invece,
dominiamo la piana di Campomoro, occupata dall’omonima diga, e possiamo
scorgere, sulla destra, il monte Disgrazia. |
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Dal
camminamento scendiamo ai piedi della muraglia e procediamo su una
pista sterrata che fiancheggia il lato orientale della diga di Campomoro
(anch’essa imponente, con i suoi 10 milioni di metri cubi d’acqua),
raggiungendo infine, raggiungendo, infine, dopo circa 4 ore e mezzo
di cammino, l’automobile. |
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