Alla scoperta della Val Vedrano
Apri qui una panoramica della Val Vedrano con il pizzo della Càssera nell'angolo di destra
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Laveggiolo-Val Vedrano-Pizzo della Cassera |
3 h |
820 |
E |
SINTESI. Alla prima rotonda all'ingresso di Morbegno (per chi proviene da Milano) prendamo a destra ed alla successiva ancora a destra; dopo un ponte imbocchiamo la provinciale della Val Gerola, saliamo a Gerola Alta e all'uscita dal paese lasciamo la strada per Pescegallo per prendere a destra, imboccando la strada che termina a Laveggiolo, dove parcheggiamo (m. 1471). Ci incamminiamo sulla pista che procede verso ovest-sud-ovest, in direzione dell'imbocco dela Val Vedrano. Oltrepassata una bella fontana, raggiungiamo il punto nel quale, a 1541
metri, la pista si biforca: seguiamo il ramo di destra, che si addentra
per un tratto nella bassa val Vedrano, in direzione delle baite del Grasso (m. 1680). All’ultimo tornante dx, prima che la pista
termini, a valle delle baite del Grasso, imbocchiamo, sulla sinistra, un sentiero
che se ne stacca, fino a raggiungere il punto
nel quale attraversiamo, da destra a sinistra, il torrente Vedrano. Il sentiero taglia in diagonale da destra a sinistra un pianoro, comincia a salire diritto, sugli ultimi pascoli della parte bassa della valle, poi
si allarga, diventa una mulattiera che effettua, con alcuni tornanti, un primo traverso a
sinistra, poi un secondo a destra, superando per due volte il ramo meridionale del torrente, prima
di affacciarsi all’alta valle. Lasciamo alla nostra sinistra alcuni ruderi, ripassiamo il
torrente, da sinistra a destra, ed in pochi minuti siamo alle baite
dell’alpe Vedrano (m. 1946). Oltrepassiamo le baite proseguendo diritti verso ovest, su un sentierino che sale gradualmente in direzione del fondo della valle. Restiamo a sinistra del torrentello principale e percorriamo una piana erbosa, per poi risalire un modesto dosso e tagliare una moesta china erbosa. Alla nostra sinistra verdiamo una suggestiva gola attraversata dal torrentello. Passiamo alla sua destra e saliamo su debole traccia lungo una china più ripida di macereti, fino a giungere quasi a ridotto di una parete rocciosa. Pieghiamo quindi decisamente a destra e superiamo la stretta che ci separa dal circo terminale della valle.
Prendiamo a sinistra e ci troviamo proprio sotto la verticale del pizzo della Cassera. I pascoli cedono gradualmente il posto al pietrame. Non c'è direzione obbligata, ma un paio di ometti ci aiutano. Saliamo tagliando in diagonale le pietraie che si stendono ai piedi del pizzo. Alla nostra destra si apre un ampio canale erboso che sale stringendosi appena a sinistra della cina del pizzo. L'impressione è che si debba salire di lì, ma, anche se non possiamo vederlo, nella sua parte terminale l'erba cede il posto ad impegnative roccette. Un'altra è la via. Poco oltre, intercettiamo infatti un marcato sentiero che prosegue salendo in diagonale verso sud-ovest. Alzando lo sguardo al crinale, notiamo un grande ometto, punto di riferimento importante perché poco distante, alla sua sinistra, si trova il punto in cui il giusto canale approda al crinale. Il sentiero prosegue la sua graduale salita e ci porta propri ai piedi di questo canale. Qui dobbiamo volgere a destra ed iniziare la salita lungo una china che si fa via via più ripida, accompagnati a sinistra da un muro di rocce. Pietrame e terriccio rossastri crepitano sotto i nostri passi, indifferenti ai nostri sforzi. In alcuni punti la traccia di sentiero è intagliata nella roccia, e ci porta alla porta di accesso al crinale, in corrispondenza di un'asticella che serve a segnalarla in presenza di neve.
Eccoci dunque al crinale, che si affaccia all'alta Val Varrone. Alla nostra sinistra la poderosa mole del pizzo Mellasc, (m. 2465). Ci dirigiamo in direzione opposta, a destra (nord), seguendo il crinale un po' esposto ma abbastanza largo, e subito passiamo accanto al grande ometto visto dal basso. In meno di una decina di minuti saliamo così alla cima del pizzo della Cassera (m. 2321) |
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Base per l’ascensione è Laveggiolo (“Lavegiöl”), sopra Gerola Alta, nel cuore della Val Gerola. La si raggiunge sfruttando la strada provinciale n. 7 della Val Gerola, che si imbocca a Morbegno. Alla prima rotonda all'ingresso di Morbegno (per chi proviene da Milano) prendamo a destra ed alla successiva ancora a destra; dopo un ponte imbocchiamo la provinciale della Val Gerola. Dopo 7 kmdi salita incontriamo il primo paese della valle, Sacco, e dopo 9 il secondo, Rasura. Superata la galleria del Pic, oltrepassiamo anche Pedesina (km 11,5) ed una seconda galleria nei pressi della val di Pai, ed alla fine siamo a Gerola (m. 1050), a 14,5 km da Morbegno. Dobbiamo ora, all’uscita da Gerola, imboccare la strada che sale a Castello e Laveggiolo: la troviamo sulla nostra destra, all’uscita dal paese, poco oltre il cimitero.
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Salendo, passiamo fra le case della contrada Foppa, prima di incontrare il ponte che scavalca il torrente Vedrano, che si precipita con tutta la sua furia da roccioni impressionanti. Proseguiamo, quindi, fino al bivio per Castello; due stradine che portano alla piccola frazione si staccano dalla strada principale sulla sinistra, in corrispondenza di un tornante destrorso. Ripresa la salita, troviamo, sulla destra, la deviazione che, come segnala un cartello, scende verso la località case di Sopra (“Ca zzuri”, m. 1298); ignorata la deviazione, proseguiamo sulla strada il cui fondo, da asfaltato, si fa sterrato. Dopo un tornante sinistrorso e appena prima del successivo destrorso, troviamo, appena a valle della strada, il bell’oratorio di S. Rocco, edificato nel 1632 e restaurato nel 1959. Molto bello è il panorama che si apre di fronte alla facciata, soprattutto in direzione della valle della Pietra ("val de la Préda").
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Avanti ancora, fino all’ultimo tornante sinistrorso, in corrispondenza
del quale si stacca, sulla destra, una pista secondaria che porta alla
località di S. Giovanni. Ignorata anche questa la deviazione,
eccoci finalmente alla bellissima frazione di Laveggiolo (m. 1471; il suo nome deriva, probabilmente, da "lavegg", la nota pietra grigia molto utilizzata in Valtellina per ricavarne piatti ed altri utensili), dove
possiamo lasciare l’automobile nel parcheggio nei pressi dell’edicola
del parco delle Orobie Valtellinesi. A pochi metri, parte la pista sterrata,
chiusa al traffico veicolare, che si dirige verso la Val Vedrano ("val vedràa"). Se guardiamo in direzione della valle, vedremo, nella stretta finestra che ne raggiunge il fondo, il profilo del pizzo della Cassera, più o meno al centro, a sinistra di un marcato intaglio.
Oltrepassata una bella fontana, raggiungiamo il punto nel quale, a 1541
metri, la pista si biforca: il ramo di sinistra scende al torrente Vedrano,
lo attraversa e prosegue in direzione sud, salendo sul fianco nord-orientale
del monte Piazzo. Noi seguiamo, invece, il ramo di destra, che si addentra
per un tratto nella bassa val Vedrano, in direzione delle baite del Grasso ("ul gràs", m. 1680). All’ultimo tornante destrorso prima che la pista
termini, a valle delle baite, troviamo, sulla sinistra, un sentiero
che si stacca dalla pista: imbocchiamolo, fino a raggiungere il punto
nel quale attraversiamo, da destra a sinistra, il torrente Vedrano ("ul vedràa" o "ul bit de castel").
Apri qui una fotomappa della salita dall'alpe Vedrano (Colombana) al pizzo della Cassera
Di fronte noi vediamo la soglia che ci separa dall’alta valle, e che il sentiero risale sul suo lato sinistro (per noi); sul lato destro, invece, fa bella mostra di sé la cascata del ramo principale del torrente, denominata "ul sprésul". Il sentiero taglia in diagonale da destra a sinistra il pianoro, comincia a salire diritto, sugli ultimi pascoli della parte bassa della valle, poi si allarga, diventa una mulattiera (“sentèr de culumbàna”) cheeffettua, con alcuni tornanti, un primo traverso a sinistra, poi un secondo a destra, superando per due volte il ramo meridionale del torrente, prima di affacciarsi all’alta valle. Non c’è che qualche sbiadito segnavia rosso-bianco-rosso, ma non ci si può sbagliare. Dopo aver superato una fascia di roccette e bassi arbusti, tocchiamo, infine, i pascoli dell’alta val Vedrano, che ora si apre, verde, silenziosa e solitaria, di fronte ai nostri occhi. Sulla carta IGM questi pascoli e le relative baite sono denominati "alpe Vedrano"; il loro nome corretto è, invece, "culumbàna".
Apri qui una fotomappa della salita dall'alpe Vedrano (Colombana) al pizzo della Cassera
Lasciamo, quindi, alla nostra sinistra alcuni ruderi, ripassiamo il torrente, da sinistra a destra, ed in pochi minuti siamo alle baite dell’alpe (m. 1946). Baite ben tenute, che non offrono un’impressione malinconica. Forse nei loro pressi troveremo anche qualche cavallo. In una bella giornata, la valle ci apparirà accesa da un verde brillante. Guardando alle nostre spalle, in direzione nord, distingueremo con facilità il monte Disgrazia;forse ci sarà meno facile distinguere, alla sua destra, i pizzi Argient. Zupò e Palù e, ancora più a destra, il pizzo Scalino e la cima Painale. Se invece guardiamo verso sud, vediamo la cima regina della valle, il poderoso pizzo Mellasc (m. 2465), che ci mostra il suo ampio versante settentrionale.
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Oltrepassiamo le baite proseguendo diritti verso ovest, su un sentierino che sale gradualmente in direzione del fondo della valle. Restiamo a sinistra del torrentello principale e percorriamo una piana erbosa, per poi risalire un modesto dosso e tagliare una moesta china erbosa.Alla nostra sinistra verdiamo una suggestiva gola attraversata dal torrentello. Passiamo alla sua destra e saliamo su debole traccia lungo una china più ripida di macereti, fino a giungere quasi a ridotto di una parete rocciosa. Pieghiamo quindi decisamente a destra e superiamo la stretta che ci separa dal circo terminale della valle.
La parte terminale del canale di accesso al crinale
Prendiamo a sinistra e ci troviamo proprio sotto la verticale del pizzo della Cassera. I pascoli cedono gradualmente il posto al pietrame. Non c'è direzione obbligata, ma un paio di ometti ci aiutano. Saliamo tagliando in diagonale le pietraie che si stendono ai piedi del pizzo. Alla nostra destra si apre un ampio canale erboso che sale stringendosi appena a sinistra della cina del pizzo. L'impressione è che si debba salire di lì, ma, anche se non possiamo vederlo, nella sua parte terminale l'erba cede il posto ad impegnative roccette. Un'altra è la via. Poco oltre, intercettiamo infatti un marcato sentiero che prosegue salendo in diagonale verso sud-ovest. Alzando lo sguardo al crinale, notiamo un grande ometto, punto di riferimento importante perché poco distante, alla sua sinistra, si trova il punto in cui il giusto canale approda al crinale. Il sentiero prosegue la sua graduale salita e ci porta propri ai piedi di questo canale. Qui dobbiamo volgere a destra ed iniziare la salita lungo una china che si fa via via più ripida, accompagnati a sinistra da un muro di rocce. Pietrame e terriccio rossastri crepitano sotto i nostri passi, indifferenti ai nostri sforzi. In alcuni punti la traccia di sentiero è intagliata nella roccia, e ci porta alla porta di accesso al crinale, in corrispondenza di un'asticella che serve a segnalarla in presenza di neve.
La salita al crinale di accesso al pizzo della Cassera
Eccoci dunque al crinale, che si affaccia all'alta Val Varrone. Alla nostra sinistra la poderosa mole del pizzo Mellasc' (m. 2465), alla cui destra occhiaggiano il pizzo di Trona ed il pizzo dei Tre Signori. Ci dirigiamo in direzione opposta, a destra (nord), seguendo il crinale un po' esposto ma abbastanza largo, e subito passiamo accanto al grande ometto visto dal basso. In meno di una decina di minuti saliamo così alla cima del pizzo della Cassera (m. 2321), dove la croce sommitale si taglia silenziosa nella cornice del lontano a regale monte Disgrazia. Il panorama si apre ora sulla boscosa Valle di Fraina.
L'ometto presso la porta di accesso al crinale
Il panorama dalla cima è ampio. A nord, in primo piano, vediamol'affilata piramide della cima di Fraina, ed alle sue spalle il monte Colombana ("ul pizzöl", m. 2385), anch’esso facilmente raggiungibile da Laveggiolo. Alle spalle della cima di Fraina ecco il monte Rotondo ("ul redùnt", m. 2496), immediatamente a nord della bocchetta di Stavello (“buchéta de Stavèl”). A sinistra del monte Rotondo, l’affilata cima del pizzo Alto (m. 2512), sulla testata della val Lesina. Ancora più a sinistra, di nuovo, le Orobie bergamasche occidentali, le cimelariane e, sullo sfondo, le Alpi occidentali. Proseguendo in questa panoramica in senso antiorario, torniamo sulla testata della val Vedrano, ed ecco di nuovo il poderoso pizzo Mellasc ("ul melàsc").
La croce sommitale del pizzo della Cassera
Più a sinistra ancora, intravediamo uno spaccato della testata della Val Gerola, con i pizzi di Mezzaluna (“li mezzalüni”, vale a dire il pizzo di Mezzaluna, m. 2333, la Cima di Mezzo ed il caratteristico ed inconfondibile uncino del torrione di Mezzaluna, m. 2247), il monte Valletto (“ul valèt” o “ul pizzàl”, m. 2371) e le cime o pizzi di Ponteranica (“piz de li férèri” o “piz ponterànica”, orientale, m. 2378, meridionale, m. 2372, occidentale, m. 2372). Verso est, la suggestiva fuga di quinte delle Orobie centrali, che propongono un dedalo di cime nel quale non è facile districarsi. A nord-est, infine, ecco di nuovo la punta Painale, il pizzo Scalino, i pizzi Palù, Zupò ed Argient, i pizzi Bernina e Scerscen ed il monte Disgrazia.
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Davvero un panorama spettacolare, che ci siamo guadagnati dopo poco meno di tre ore di cammino, necessarie per superare un dislivello approssimativo di 860 metri. Il ritorno a Laveggiolo ricercorre la via di salita.
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