CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Se vogliamo compiere un memorabile circuito di mountain bike, toccando scenari di una bellezza selvaggia ed aspra, quali raramente si possono incontrare nei percorsi ciclabili, raggiungiamo Novate Mezzola, portiamoci al parcheggio della frazione di Mezzolpiano (m. 314), dove inizia la mulattiera che sale verso Codera, e lasciamo qui l’automobile. Dobbiamo ora raggiungere il piccolo nucleo, abitato tutto l’anno (m. 850), che costituisce il centro principale della valle omonima, e per farlo non possiamo che spingere la mountain bike lungo un tracciato peraltro bellissimo, scavato letteralmente, in molti punti, nel granito. Il sentiero si inerpica, con diversi tornanti, lungo il fianco occidentale della forra terminale della valle, prima di concedersi pendenze più tranquille in corrispondenza del nucleo di case di Avedèe, dove comincia ad inoltrarsi nella bassa valle, che da qui comincia a mostrare il volto ben noto a coloro che frequentano da innamorati mai delusi le impagabili montagne del gruppo Masino-Bregaglia, ed in particolare il Sentiero Roma.

Da Avedèe Codera è già ben visibile, ma per raggiungerla dobbiamo perdere qualche decina di metri di quota, perché la mulattiera deve superare alcuni aspri valloncelli che solcano il fianco occidentale della valle. Nei punti maggiormente esposti alcune gallerie paramassi garantiscono il viandante dal pericolo di essere colpito da piccoli smottamenti.
E’ comunque essenziale, in questo percorso, munirsi di un casco che protegga da questa eventualità sfortunata, la cui possibilità non si può, in diversi punti escludere, e questo vale sia per chi pratichi in questi scenari la mountain-bike, sia per chi li percorra da escursionista. I periodi in cui il pericolo è maggiore sono quello primaverile, quando il disgelo rende più instabili i fianchi rocciosi, e quelli susseguenti ad abbondanti precipitazioni: in ogni caso, l’attenzione non è mai troppa.
Raggiunta, dopo poco più di due ore, Codera, possiamo ristorarci alla locanda Risorgimento o all’Osteria Alpina, prima di iniziare una traversata per molti aspetti unica, quella che conduce dalla val Codera alla valle dei Ratti, lungo un sentiero che attraversa valloni e dirupi mantenendosi costantemente su una quota di poco superiore ai 900 metri. Si tratta del tracciolino, che si può raggiungere seguendo le indicazioni che conducono al ponte sul torrente Codera, piccolo capolavoro d'ingegneria, sospeso su quaranta metri di vuoto.

 Al ponte si scende su un sentierino che lascia l'abitato staccandosene sulla destra; dopo averlo attraversato, si incontra un bivio e si prende a destra, raggiungendo ben presto l’impressionante forra terminale della val Ladrogno, valicata da un secondo e non meno ardito ponte. In questo primo tratto dobbiamo ancora condurre a mano la bicicletta, perchè il fondo è stretto, irregolare ed in alcuni punti esposto. Poi si raggiunge un più tranquillo bosco di castagni e, salendo, si incontrano le case di Cii (m. 851), dalle quali la vista sulla valle è molto buona. A contemplare lo splendido colpo d'occhio sul lago di Mezzola e sull’alto Lario forse non ci troveremo soli: qualche capra, probabilmente, ci farà compagnia. Ma proseguiamo: ora il sentiero, che torna ad inoltrarsi in un bosco più rado, sembra farsi meno evidente, ma non lo si può perdere: alla fine si congiunge con il tracciolino, che inizia alle prese in località Saline, ma che conviene intercettare qui, per evitare una frana che lo interrompe poco oltre il punto di partenza.

Possiamo finalmente montare in sella, perché il fondo del tracciolino è regolare ed assolutamente pianeggiante.
Un'avvertenza, però, che valga fino alla fine della traversata: procediamo sempre con la massima cautela e con velocità moderata, perché in diversi punti il tracciato è esposto e non sempre protetto.
Inoltre nella seconda parte della traversata è anche possibile trovare carrelli in movimento, quindi la prudenza va moltiplicata.
Il sentiero, valica il vallone della val Grande, entrando poi in un bel bosco, sul grande dosso di Cola. Qui viene tagliato da due sentieri: l’uno, percorso in salita, conduce a Cola (m. 1018), mentre l’altro, scendendo, porta a San Giorgio di Cola. Se percorriamo il tracciolino a piedi ed abbiamo un punto di appoggio a Verceia, vale la pena di sfruttare entrambe le possibilità; in caso contrario, proseguiamo sul tracciolino, che, in questo tratto, è rilassante, verso il vallone di Revelaso,
che scende dalla parete meridionale del Sasso Manduino. Varcato, senza problemi, il vallone, si deve affrontare il punto probabilmente più pericoloso della traversata, prestando attenzione a due ponticelli con fondo in legno e, soprattutto, ad un tratto sovrastato da una frana che scarica ancora a valle massi: bisogna quindi esercitare la massima cautela e munirsi di casco protettivo.
Raggiunti luoghi più tranquilli, si intercetta il sentiero che sale da san Giorgio di Cola, le cui case sono visibili poco meno di duecento metri sotto: potremmo approfittarne per scendere di sella e concederci un fuori programma di circa tre quarti d'ora, dedicato ad una breve visita ad un paesino unico, che offre, fra i moitivi di interesse, un antichissimo avello celtico, nei pressi del cimitero,
 una incantevole chiesetta costruita con il granito (la cui estrazione è stata l'asse portante dell'economia di questi luoghi) ed uno splendido belvedere sul lago di Novate Mezzola.
Ma torniamo al tracciolino e si proseguiamo sfruttando una serie di gallerie scavate nella roccia.
Dobbiamo così quasi inchinarci sotto l'arcuato bastione della roccia,
attraversarne
il freddo
cuore,
ascoltandone
il millenario
respiro.
Ci si sente, in questa lunga sezione, nel cuore granitico della montagna, che non solamente sovrasta,
ma spesso incombe sopra la testa,
quasi a voler schiacciare l'impudente ed indifeso essere umano
che osa
violarne 
i segreti e selvaggi
recessi.
Eppure sotto si apre un panorama di ben diversa mitezza, la bassa piana di Chiavenna,
il lago di Mezzola e l'alto Lario.
I valloni
da superare
sono diversi
ed il tracciato si dipana sospeso fra muraglie di impressionante crudezza.
Le pareti dei valloni
sono altrettanto aspre e scoscese.
Per concludere quest’esperienza di incontro ravvicinato con l'aspetto orrido della montagna, ecco giungere l'attraversamento della più lunga delle gallerie, di circa trecento metri: una torcia si rivela oltremodo preziosa.
Oltre la galleria, ci appare quasi un altro mondo, uno scenario meno impressionante.
Qui la montagna non è più una presenza incombente, ma un fianco severo ed aspro, che però si apre ad un maggiore respiro.
Il tracciolino è molto più largo e l'attenzione è ora tutta concentrata ad eventuali macchine in movimento sui binari. Una serie di curve e qualche ponte ci permette di superare alcuni valloncelli,
mentre si aprono ampi e suggestivi scenari panoramici: il lago di Novate Mezzola,

una bella retrospettiva del cammino percorso,
un colpo d'occhio più ampio sulla piana di Chiavenna.
Così, con uno stato d'animo più sollevato,
ci avviciniamo
alla valle nella quale stiamo entrando da ovest, la val dei Ratti, annunciata, ad est, dalla cima del monte Brusada.
Alla fine, la casa dei guardiani della diga della valle dei Ratti annuncia che la meta è vicina:
dopo circa otto chilometri di cammino (ma l’intero tracciolino supera i dodici chilometri), intercettiamo la bella mulattiera che sale da Verceia alla volta di Frasnedo.

abbiamo tempo, in quaranta minuti possiamo salire al bellissimo paesino che domina la sezione mediana della valle e che, in estate, è popolato da numerose persone che si godono la riservata bellezza di una valle che, come la Val Codera, non è accessibile con autoveicoli (casi unici nella provincia di Sondrio). Se, invece, il tempo stringe, scendiamo verso Verceia: intorno a quota 600 il sentiero incontra una comoda strada asfaltata che ci permette di risalire in sella e di guadagnare comodamente la piana del paese, dal quale, sfruttando la statale della Val Chiavenna, torniamo in breve a Novate Mezzola (attenzione però al tratto in galleria). Termina così, dopo circa sette ore, un percorso memorabile, che richiede grande cautela ma regala immagini e suggestioni uniche. Evidentemente possiamo affrontare questa traversata anche in senso contrario, prestando particolare attenzione, in questo caso, a non perdere la deviazione che, all'ingresso della Val Codera, ci permette di lasciare il tracciolino per scendere a Cii (un cartello la segnala).
Variante. Se vogliamo effettuare la traversata in un tempo inferiore, risparmiando un'ora e mezza o poco più, possiamo sfruttare questa variante, che taglia fuori Codera. A Novate Mezzola dirigiamoci sul lato opposto del paese, sul lato destro (per noi) del torrente Codera, raggiungendo il limite dell'abitato dove, al termine di una strada sterrata, si incontriamo un cartello che indica la partenza della mulattiera per San Giorgio. Scesi dalla bicicletta, saliamo lungo la comoda ma erta mulattiera, che affronta arditamente il fianco orientale del grande sperone dietro la cui sommità, in un'amena conca, è adagiato il paesino di San Giorgio. Da qui, seguendo le indicazioni per il tracciolino, proseguiamo nella salita, oltre il cimitero, fino ad intercettare, a quota 900, il tracciolino stesso. Questa variante offre, oltre al risparmio di tempo, due vantaggi: ci permette di visitare il bellissimo paese e di evitare il tratto pericoloso che si incontra subito dopo aver attraversato il vallone di Revelaso.

 

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