1. Bar Bianco-Rif. Salmurano

2. Rif. Salmurano-Rif. Benigni

3. Rif. Benigni-Pescegallo


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Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Rif. Salmurano-Lago Pescegallo-Forcellino-Passo Verrobbio-Laghetti Ponteranica-Rif. Benigni
8 h
800
EE
SINTESI. Dal rifugio Salmurano, nella seconda giornata, potremmo salire direttamente al passo di Salmurano e di qui al rifugio Benigni, accorciando, anche in questo modo, di un giorno la traversata; ma, immaginando di avere a disposizione tre giorni, proseguiamo nel racconto della traversata integrale. In questo caso non saliamo verso sud, ma proseguiamo verso nord-est, imboccando il sentiero segnalato per la valle ed il lago di Pescegallo, che raggiungiamo dopo una breve traversata. Ora dobbiamo attraversare il camminamento della diga ed imboccare il sentiero segnalato (101) per i passi del Forcellino e di Verrobbio: siamo sempre sulla Gran Via delle Orobie. Il sentiero sale alcune rapide balze erbose, prima di raggiungere il Forcellino (m. 2050), stretto intaglio nella roccia che permette l’accesso all’alta val Bomino. Procediamo su marcato sentiero, dapprima in rapida discesa, poi in graduale salita, traversando, su buon sentiero, il circo dell’alta val Bominofino, fino al passo ed al laghetto di Verrobbio (m. 2026). Proseguendo nella traversata, ci affacciamo alla verdeggiante testata della Val Mora (Val Brembana), su cui si trova l’ampia depressione del celebre passo di S. Marco (m. 1985). In basso vediamo subito l’ampio lago di Valmora. Con percorso piuttosto lungo, ma del tutto tranquillo, seguiamo, ora, il sentiero in direzione del passo, fino ad intercettare il Sentiero delle Orobie occidentali (101), che sale anch’esso al passo provenendo da sud-ovest. Sfruttando questo secondo sentiero e rimanendo sul versante bergamasco, invertiamo la direzione e prendiamo a destra, effettuando un ampio arco, che, con direzione sud, taglia la valle di Ponteranica, piegando poi ad est e portandoci all’ampia conca verde ai piedi del terrazzo che ospita i laghetti di Ponteranica. Seguendo le indicazioni, ci stacchiamo, sulla destra, dal Sentiero delle Orobie Occidentali e saliamo al terrazzo dei laghetti (m. 2105), posto sul versante bergamasco ai piedi del pronunciato torrione del monte Valletto. Portiamoci, ora, sul lato opposto del terrazzo, rispetto a quello raggiunto, cioè sulle rive del lago meridionale, dove troviamo il sentiero 109 (Piani dell’Avaro-laghetti Ponteranica), che scende fino ad intercettare di nuovo il Sentiero delle Orobie Occidentali. Riprendiamo a calcare quest’ultimo, verso destra scendendo alla conca erbosa compresa fra l’appena pronunciata cima del monte Avaro, alla nostra sinistra (m. 2088) e la cima quotata 2200 metri, a sud del monte Valletto, alla nostra destra. Scendendo ancora, ci affacciamo alla verde e stupenda conca che si stende ai piedi del monte Valletto. Un ultimo tratto di sentiero taglia una fascia di vallecole e ripidi versanti, e ci consente di tornare, per il passo di Salmurano (m. 2017), ad affacciarci alla conca delle foppe di Pescegallo. Ci affacciamo solamente, però, non scendiamo: proseguiamo, invece, sul sentiero, che taglia l’alta valle di Salmurano bergamasca, dominata, a sud. Dal torrione e dal pizzo di Giacomo (m. 2184). Ci portiamo, così, ai piedi di un ripido ed impressionante canalino, denominato canalino dei Forni, di origine glaciale, percorso da un modesto rivo d’acqua. La salita è meno difficile di quanto sembri, anche se in alcuni punti richiede qualche elementare passo di arrampicata, ed alla fine conduce al ripido versante erboso che precede l’altipiano dei Piazzotti. Seguendo le abbondanti segnalazioni per il rifugio Benigni, risaliamo, quindi, il versante, fino allo splendido terrazzo glaciale sospeso, come per un arcano incanto, alle soglie del versante orobico valtellinese. Qui si trova il rifugio Benigni (m. 2222), punto d’appoggio per il secondo pernottamento. Nei pressi del rifugio parte un largo sentiero che punta, verso sud-ovest, all’arrotondata cima dei Piazzotti occidentale (o cima di Valpianella, m. 2349), riconoscibile per la croce che la sormonta). Salendo verso la cima, dopo pochi minuti passiamo a monte dei due laghetti superiori dei Piazzotti, che dal rifugio restano nascosti fra le pieghe delle rocce arrotondate: altre due perle di incommensurabile valore.


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Dal rifugio Salmurano, nella seconda giornata, potremmo salire direttamente al passo di Salmurano e di qui al rifugio Benigni, accorciando, anche in questo modo, di un giorno la traversata; ma, immaginando di avere a disposizione tre giorni, proseguiamo nel racconto della traversata integrale. In questo caso non saliamo verso sud, ma proseguiamo verso nord-est, imboccando il sentiero segnalato per la valle ed il lago di Pescegallo, che raggiungiamo dopo una breve traversata. Anche questo lago, posto a 1862 metri, ha una storia simile a quella del lago di Trona. L'originario laghetto di origine glaciale, nei primi anni Quaranta, è stato ampliato, sempre dalla Società Orobica, mediante uno sbarramento per lo sfruttamento idroelettrico, ed ora ha una capacità a 1.105.000 metri cubi d’acqua, che, unendosi a quella di Trona, va ad alimentare la centrale di Gerola. La conca di Salmurano è posta ai piedi di alcune vette di elevazione modesta (il pizzo della Nebbia, m. 2243, il monte Ponteranica, m. 2370, ed il monte Valletto, m. 2371), ma dalla forma curiosa, a tratti bizzarra. Ora dobbiamo attraversare il camminamento della diga ed imboccare il sentiero segnalato (101) per i passi del Forcellino e di Verrobbio: siamo sempre sulla Gran Via delle Orobie. Il sentiero sale alcune rapide balze erbose, prima di raggiungere il Forcellino (m. 2050), stretto intaglio nella roccia che permette l’accesso all’alta val Bomino.
Prima di raccontare la traversata al passo di Verrobbio, ricordiamo che dal sentiero per il Forcellino si stacca sulla destra, ad un tornante sinistrorso, una traccia di sentiero che tocca una baita isolata e risale l’ampio vallone posto a nord del monte Ponteranica. Procedendo sulla parte destra del vallone è possibile salire ad una bocchetta sul crinale (m. 2330 circa); la discesa del sottostante ripido crinale erboso consente infine, dopo una deviazione a destra in corrispondenza di una fascia di roccette, di scendere, per via più diretta, ai laghetti di Ponteranica. Noi, invece, seguiamo un tracciato più lungo, ma decisamente più tranquillo, anche perché non vogliamo tagliar fuori, per amor di completezza, il laghetto di Verrobbio.
Troviamo questo piccolo specchio d’acqua appena prima del passo omonimo (2026), dopo aver traversato, su buon sentiero, il circo dell’alta val Bomino. Chiara è l’origine del piccolo specchio d’acqua: si tratta di un avvallamento di origine glaciale riempito d’acqua. Sulle sue rive bivaccano, nella stagione estiva, numerosi escursionisti che traversano fin qui dal passo di S. Marco. Un tempo la funzione principale del laghetto era, invece, quella di fornire ristoro ai numerosi capi di bestiame che caricavano gli alpeggi di Bomino. Proseguendo nella traversata, ci affacciamo alla verdeggiante testata della Val Mora (Val Brembana), su cui si trova l’ampia depressione del celebre passo di S. Marco (m. 1985). In basso vediamo subito l’ampio lago di Valmora. Con percorso piuttosto lungo, ma del tutto tranquillo, seguiamo, ora, il sentiero in direzione del passo, fino ad intercettare il Sentiero delle Orobie occidentali, che sale anch’esso al passo provenendo da sud-ovest.
Sfruttando questo secondo sentiero e rimanendo sul versante bergamasco, invertiamo la direzione e prendiamo a destra, effettuando un ampio arco, che, con direzione sud, taglia la valle di Ponteranica, piegando poi ad est e portandoci all’ampia conca verde ai piedi del terrazzo che ospita i laghetti di Ponteranica. Seguendo le indicazioni, ci stacchiamo, sulla destra, dal Sentiero delle Orobie Occidentali e saliamo al terrazzo dei laghetti (m. 2105), posto sul versante bergamasco ai piedi del pronunciato torrione del monte Valletto. Si tratta di due specchi d’acqua principali e di un terzo specchio più piccolo. Evidente è anche la loro origine glaciale: occupano, infatti, le conce scavate dai ghiacciai e delimitate da rocce arrotondate. L’origine del loro nome è legata al comune di Ponteranica, che, fin dal XVI secolo era proprietario dei pascoli che si estendono alla base della montagna. Il luogo è davvero incantevole. Nelle giornate festive della bella stagione è animato dalle voci di diversi escursionisti, che salgono quasi tutti dai piani dell’Avaro. Nei giorni feriali, invece, una profonda solitudine ne esalta l’impatto suggestivo e, nonostante l’altezza relativamente modesta, una profonda atmosfera di alta montagna. Quando la foschia la fa da padrona, infine, ci sembrerà di essere in qualche remota landa scozzese.
Portiamoci, ora, sul lato opposto del terrazzo, rispetto a quello raggiunto, cioè sulle rive del lago meridionale, dove troviamo il sentiero 109 (Piani dell’Avaro-laghetti Ponteranica), che scende fino ad intercettare di nuovo il Sentiero delle Orobie Occidentali. Riprendiamo a calcare quest’ultimo, verso destra: ci porterà, in breve, alla splendida conca erbosa compresa fra l’appena pronunciata cima del monte Avaro, alla nostra sinistra (m. 2088) e la cima quotata 2200 metri, a sud del monte Valletto, alla nostra destra. Nei pressi della sella, alla nostra sinistra, vediamo una grande pozza, assai preziosa per gli armenti che caricavano quest’ampia fascia di pascoli. Scendendo ancora, ci affacciamo alla verde e stupenda conca che si stende ai piedi del monte Valletto. La conca è occupata da alcuni grandi massi erratici, fra i quali sono stati ricavati dei ricoveri per pastori e bestiame. Un ultimo tratto di sentiero taglia una fascia di vallecole e ripidi versanti, e ci consente di tornare, per il passo di Salmurano (m. 2017), ad affacciarci alla conca delle foppe di Pescegallo, dove si trova il rifugio dal quale siamo partiti circa 5-6 ore prima.
Ci affacciamo solamente, però, non scendiamo: proseguiamo, invece, sul sentiero, che taglia l’alta valle di Salmurano bergamasca, dominata, a sud. Dal torrione e dal pizzo di Giacomo (m. 2184). Ci portiamo, così, ai piedi di un ripido ed impressionante canalino, denominato canalino dei Forni, di origine glaciale, percorso da un modesto rivo d’acqua. È di lì che dobbiamo passare, nonostante l’istintiva repulsione che proviamo guardandolo da una certa distanza. In realtà la salita è meno difficile di quanto sembri, anche se in alcuni punti richiede qualche elementare passo di arrampicata (semplicemente: dobbiamo usare anche le mani), ed alla fine conduce al ripido versante erboso che precede l’altipiano dei Piazzotti. Seguendo le abbondanti segnalazioni per il rifugio Benigni, risaliamo, quindi, il versante, fino allo splendido terrazzo glaciale sospeso, come per un arcano incanto, alle soglie del versante orobico valtellinese.


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Qui si trova il rifugio Benigni (m. 2222), punto d’appoggio per il secondo pernottamento. Nei pressi del rifugio, appena oltre una pozza d’acqua, ecco il magnifico lago dei Piazzotti, dalle acque di color scuro intenso. Purtroppo nei giorni festivi della bella stagione vedremo le rive del lago degradate, per così dire, a spiaggia sulla quale si consuma il rito modernissimo della lenta rosolatura al sole. Ma proviamo a venire qui di primo autunno, e troveremo un’atmosfera intrisa di un fascino senza nome.


Il lago dei Piazzotti

Ma non ci fermiamo qui. Nei pressi del rifugio parte un largo sentiero che punta, verso sud-ovest, all’arrotondata cima dei Piazzotti occidentale (o cima di Valpianella, m. 2349), riconoscibile per la croce che la sormonta). Salendo verso la cima, dopo pochi minuti passiamo a monte dei due laghetti superiori dei Piazzotti, che dal rifugio restano nascosti fra le pieghe delle rocce arrotondate: altre due perle di incommensurabile valore. Scendiamo per un breve tratto e fermiamoci sulle rive del laghetto di destra (orientale): a nord occhieggia, lontano e regale, il monte Disgrazia. Dalla cima dei Piazzotti, poi, possiamo dominare con lo sguardo l’intera valle di Trona, con il lago Zancone e la diga di Trona, che abbiamo visitato nella giornata precedente. Vediamo anche, seminascosto ai piedi del pizzo di Trona, ad ovest, il misteriosissimo lago Rotondo, la più preziosa, in assoluto, fra le perle costituite dai laghi del Bitto. L’incontro con questo lago costituirà il momento forte della terza giornata. Per ora registriamo le circa 8 ore di cammino e l’approssimativo dislivello in salita di 800 metri.


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