LA VALFURVA 1, 2 SU YOUTUBE


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LAGO DELLA MANZINA E LAGO GELATO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Rifugio Stella Alpina- Pradaccio di sotto e di sopra-Lago della Manzina
2 h e 30 min.
730
E
Rifugio Stella Alpina- Pradaccio di sotto e di sopra-Lago della Manzina -Lago Gelato
3 h
880
E
SINTESI. All'ingresso di Santa Caterina Valfurva prendiamo a sinistra e percorriamo la strada della Valle dei Forni fino allo slargo sulla destra poco sopra il rifugio Stella Alpina (m. 2100). Ridiscendiamo al rifugio ed imbocchiamo una ripida pista sul lato destro della strada, che esce dal bosco in prossimità delle baite di Pradaccio di Sotto, che vediamo alla nostra destra (m. 2175). Dopo alcuni tornanti la strada diventa ancora più ripida e conduce alle baite di Pradaccio dei Forni, o Pradaccio di sopra (m. 2298). Più in alto nella pista confluisce un sentiero che viene da destra. Proseguiamo fino al termine della pista. Ignorato il sentiero che va a sinistra (Ables), proseguiamo diritti. Nel primo tratto procediamo su traccia di sentiero appena accennata, in direzione di un paletto con segnavia bianco-rosso. Siamo così ad un nuovo bivio, e di nuovo ignoriamo il sentiero di sinistra per l'Ables, proseguendo diritti. Seguendo segnavia ed ometti pieghiamo leggermente a sinistra, superiamo un torrentello e ci portiamo sul margine destro di un’ampia conca, alla base di un largo dosso che cominciamo faticosamente a risalire con diversi tornanti. Passiamo a sinistra della conca del lago di Prealda, ignoriamo un sentierino che si stacca sulla sinistra da quello principale, passiamo accanto ad alcuni grandi ometti e procediamo diritti con pendenza, ora, moderata. Alla fine siamo al ripiano che ospita il lago della Manzina (m. 2780). Lasciamo la riva settentrionale del lago prendendo a sinistra e salendo in diagonale, per poi piegare a destra ed affrontare, su una linea di pendenza non troppo marcata, l’ampio dosso che si trova a sinistra (ovest) della cascata citata. Non ci sono sentieri né segnavia, ma la salita non è difficile, anche se un po’ faticosa. Vinto il risalto glaciale, accediamo ad un ampio vallone percorso da un torrente che resta alla nostra destra. Proseguiamo la salita, su terreno morenico, diritti, puntando ad un’ultima rampa che ci separa dal lago (alla nostra destra ne vediamo uno minore). Alla fine, dopo poco più di mezzora dal lago della Manzina, raggiungiamo il lago Gelato (m. 2930).


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Il lago della Manzina, nella valle omonima, laterale occidentale della Valle dei Forni (Valfurva) ha acquisito un sempre maggiore favore come meta escursionistica, per la semplicità d’accesso, la panoramicità e la bellezza naturalistica dei luoghi toccati. Punto di partenza dell’escursione è il rifugio Stella Alpina (è possibile partire anche dal rifugio-albergo dei Forni, quindi da una quota leggermente superiore, ma il maggiore sviluppo dell’escursione vanifica il vantaggio altimetrico di un centinaio di metri). Per farlo dobbiamo raggiungere S. Caterina Valfurva e, all’ingresso del paese (per chi proviene da Bormio) imboccare, sulla sinistra, la stradina asfaltata (stretta e, dopo il primo tratto, ripida) che sale in Valle dei Forni e termina, dopo 6 km, al parcheggio nei pressi del rifugio-albergo dei Forni (m. 2176). Non la percorriamo fino al termine, ma lasciamo l’automobile un po’ prima, ad uno slargo sulla destra appena sopra il già citato rifugio Stella Alpina (in località campécc' da fro, m. 2061).
Torniamo, ora, indietro per breve tratto lungo la strada: proprio di fronte all’edificio del rifugio troviamo, alla nostra destra, una stradina sterrata che sale, ripida, in uno splendido bosco di pini mughi. Apprendiamo da un cartello che la strada conduce in 40 minuti alle baite di Pradaccio dei Forni; si può, inoltre, salire in 2 ore ed un quarto al lago della Manzina ed in 4 ore al monte Confinale (itinerario 572). Imbocchiamo la stradina, che sale, come detto, con pendenza severa, quasi diritta, per un centinaio di metri, verso nord, uscendo quindi dal bosco in prossimità delle baite di Pradaccio di Sotto (li bàita noa, o pradécc' du sot), che vediamo alla nostra destra (m. 2175). La stradina volge a destra e ci porta alle baite, poi volge di nuovo a sinistra e riprende la salita, circondata dai prati.


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Oltre l’imbocco della valle l’arrotondata cima del monte Sobretta, che corona due baite isolate, pare sorridere ai nostri sforzi. Le baite sono costruite con la cosiddetta tecnica del Carden: mentre la parte inferiore è in muratura, quella superiore è interamente in legno, con incastro dei tronchi negli angoli. Alle nostre spalle domina già la presenza che caratterizzerà l’intera escursione, vale a dire il massiccio ed impressionante versante settentrionale del Tresero, con il suo piccolo ghiacciaio sospeso. In direzione dell’interno della valle, infine, sul lato destro comincia ad intravedersi il celebre ghiacciaio dei Forni, con le sue poderose seraccate, uno dei più grandi delle Alpi Centrali. Dopo un tornante dx ed uno successivo sx, la strada diventa ancora più ripida e conduce alle baite di Pradaccio dei Forni, o Pradaccio di sopra (li téa, o pradécc' du sora, m. 2298: un cartello riporta erroneamente 2208 metri). Il panorama si è ulteriormente allargato: mentre il ghiacciaio dei Forni si mostra con scorcio più ampio, sul lato opposto dietro al monte Sobretta  vediamo ora, a destra, la cima del Vallecetta.


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La stradina passa proprio davanti alle baite e prosegue nella medesima direzione, salendo gradualmente fino ad intercettare un largo sentiero che proviene da destra (si tratta del sentiero che effettua una lunga traversata dal rifugio-albergo dei Forni). Alcuni cartelli segnalano che, proseguendo verso sinistra, possiamo portarci alle baite del Rasett e dell’Ables (sentiero n. 27) oppure salire in Valle della Manzina e raggiungere il bivacco Del Piero. Proseguiamo, dunque, sulla pista, fino al suo termine.
Qui nuovi cartelli segnalano un bivio: imboccando il sentiero di sinistra si traversa alle località Rasett-Ables (dalle quali si può scendere a S. Caterina Valfurva), mentre salendo diritti si procede per la valle della Manzina. È questa, ovviamente, la direttrice che ci interessa. Nel primo tratto procediamo su traccia di sentiero appena accennata, in direzione di un paletto con segnavia bianco-rosso. Più in alto, alla nostra sinistra, si vede, al centro della Valle della Manzina (la manzéna), il torrente che la solca (rin da la manzéna). Poco più avanti, ecco nuovi cartelli, che segnalano l’ultima possibilità di traversata a sinistra in direzione Rasett-Ables: noi proseguiamo diritti. Il sentiero si fa più marcato, ed è segnalato anche da alcuni segnavia bianco-rossi e da qualche raro ometto.


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Prendendo leggermente a sinistra superiamo un torrentello e ci portiamo sul margine destro di un’ampia conca, alla base di un largo dosso che cominciamo faticosamente a risalire con diversi tornanti. Mentre il respiro si fa più rotto, alle nostre spalle, la piramide poderosa del Tresero rimane ferma nella sua glaciale impassibilità. La soglia del dosso appare finalmente raggiunta, ma poi ci accorgiamo che in realtà il sentiero continua a salire, mentre la pendenza del versante si è solo addolcita (non, però, quella del sentiero, perché ora questo procede diritto, sul filo del dosso che si fa più stretto).  Alla nostra destra, alle spalle del corrugato salto roccioso del Sasso di Prealda, cominciano a mostrarsi le celebri cime della testata della Valle dei Forni. Poco oltre vediamo, in una conca più bassa, sempre sulla destra, una modesta pozza, quel che rimane, anche ad inizio stagione, del laghetto di Prealda (lach da la preàlda, m. 2675), ai piedi dell’erbosa sommità del Sasso omonimo (m. 2707).  Osservando quest’ultimo, ci avviene di pensare che qui le cose stanno un po’ come per certe persone, che, prese dal verso sbagliato, si rivelano inaccessibili e scostanti, mentre prese per il giusto verso non sollevano problemi. Infatti potremmo agevolmente scendere al laghetto e salire alla pianeta erbosa del Sasso Prealda. Ma altra è la nostra meta, e non lontana. Non dovrebbe esserlo, almeno, ma sembra che non ci si arrivi mai.


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Ignoriamo un sentierino che si stacca sulla sinistra da quello principale, passiamo accanto ad alcuni grandi ometti e procediamo diritti con pendenza, ora, moderata. Solo quando siamo ormai prossimo lo vediamo: eccoci, finalmente, dopo circa due ore e mezza di cammino, davanti alla riva meridionale del lago della Manzina (lach da la manzéna, m. 2780), che si mostra con le sue acque di color verde, adagiato in una conca costellata di filladi quarzifere e detriti di falda. Contornandone le rive verso sinistra, superiamo facilmente il torrente emissario e ci portiamo all’opposta sponda settentrionale. Sorprendentemente, il colore del lago muta, diventa un blu cupo, quasi a volersi intonare con l’ingombrante dirimpettaio, sempre lui, il Tresero, che domina il panorama a sud, sempre accigliato e severo. Alla sua destra si intravede l’ampia sella del passo di Gavia, con i suoi massicci guardiani, il Corno dei Tre Signori a sinistra, il monte Gavia a destra. Una menzione è, però doverosa anche per i signori della zona, le cime Confinale (m. 3370) e della Manzina (m. 3362): le distinguiamo guardando in direzione opposta, verso nord, la prima a sinistra della seconda. Sono separate da un’ampia sella che ospita il Bivacco Giampaolo Del Piero (m. 3166).


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Prima di dar conto dell’accesso al bivacco, vediamo una inconsueta ma interessante possibilità di completare l’escursione. Carta alla mano, ci rendiamo conto che più a monte, oltre il gradino glaciale che vediamo immediatamente a nord del lago, con al centro una bella cascata, si dovrebbe trovare un lago gemello, anonimo, ad una quota approssimativa di 2930 metri. La verifica è (relativamente) presto fatta. Lasciamo la riva settentrionale del lago prendendo a sinistra e salendo in diagonale, per poi piegare a destra ed affrontare, su una linea di pendenza non troppo marcata, l’ampio dosso che si trova a sinistra (ovest) della cascata citata. Non ci sono sentieri né segnavia, ma la salita non è difficile, anche se un po’ faticosa. Vinto il risalto glaciale, accediamo ad un ampio vallone percorso da un torrente che resta alla nostra destra. Proseguiamo la salita, su terreno morenico (qui un tempo c’era un ampio ghiacciaio, di cui non sembra restar traccia), diritti, puntando ad un’ultima rampa che ci separa dal lago (alla nostra destra ne vediamo uno minore).


Vallone del Lago Gelato

Alla fine, dopo poco più di mezzora dal lago della Manzina, raggiungiamo l’anonimo gemello, un po’ più piccolo e di forma allungata. Non ha nome sulla carta IGM; viene chiamato localmente "lach sgélè", lago gelato, perché le sue acque non sono mai interamente toccate dal disgelo e le sue rive sono contornate da nevai. Un tempo dormiva nel cuore del grande ghiacciaio. Ora è stato ridestato, quasi, ma sono ancora troppo poche le presenze umane in grado di risvegliarlo dal torpore. Gli fanno da corona la già citata cima della Manzina e, alla sua destra, la cima occidentale dei Forni (monti forni, m. 3227). Lo scenario restituisce un senso di profondissima solitudine. Nulla si sente. Volgendo lo sguardo alle nostre spalle, scopriamo che il ghiacciaio dei Forni chiude lo stretto spicchio d’orizzonte, con un effetto altamente suggestivo. Siamo in cammino da quasi 3 ore e mezza ed abbiamo superato un dislivello approssimativo di 880 metri.


Lago Gelato e ghiacciaio dei Forni

MONTE CONFINALE


Monte Confinale (a sinistra) e cima della Manzina (a destra)

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Rifugio Stella Alpina- Pradaccio di sotto e di sopra-Lago della Manzina-Monte Confinale
5 h
1350
EE
SINTESI. All'ingresso di Santa Caterina Valfurva prendiamo a sinistra e percorriamo la strada della Valle dei Forni fino allo slargo sulla destra poco sopra il rifugio Stella Alpina (m. 2100). Ridiscendiamo al rifugio ed imbocchiamo una ripida pista sul lato destro della strada, che esce dal bosco in prossimità delle baite di Pradaccio di Sotto, che vediamo alla nostra destra (m. 2175). Dopo alcuni tornanti la strada diventa ancora più ripida e conduce alle baite di Pradaccio dei Forni, o Pradaccio di sopra (m. 2298). Più in alto nella pista confluisce un sentiero che viene da destra. Proseguiamo fino al termine della pista. Ignorato il sentiero che va a sinistra (Ables), proseguiamo diritti. Nel primo tratto procediamo su traccia di sentiero appena accennata, in direzione di un paletto con segnavia bianco-rosso. Siamo così ad un nuovo bivio, e di nuovo ignoriamo il sentiero di sinistra per l'Ables, proseguendo diritti. Seguendo segnavia ed ometti pieghiamo leggermente a sinistra, superiamo un torrentello e ci portiamo sul margine destro di un’ampia conca, alla base di un largo dosso che cominciamo faticosamente a risalire con diversi tornanti. Passiamo a sinistra della conca del lago di Prealda, ignoriamo un sentierino che si stacca sulla sinistra da quello principale, passiamo accanto ad alcuni grandi ometti e procediamo diritti con pendenza, ora, moderata. Alla fine siamo al ripiano che ospita il lago della Manzina (m. 2780). Lasciamo il lago della Manzina piegando a sinistra (ovest-nord-ovest) e procediamo seguendo gli ometti, fino a raggiungere l’imbocco dell’ampio vallone di sfasciumi che scende dalla già citata sella che separa il monte Confinale dalla cima della Manzina (forcella del Confinale). Attacchiamo, quindi, il noioso ma non difficile vallone del Pasquale, procedendo più o meno al centro, fino alla sella o forcella del Confinale, presso la quale è posto il bivacco del Piero (m. 3166). Dalla sella procediamo ora verso sinistra (ovest), attaccando il largo crinale occupato in parte da un nevaio. La salita non pone particolari problemi se non il superamento di qualche facile roccetta nella parte terminale. Al termine della salita raggiungiamo la grande croce della cima del monte Confinale, a 3370 metri.


Il monte Confinale visto dalla Val Cedec

Il modo più classico per proseguire l’escursione dal lago della Manzina è quello di salire al bivacco Del Piero e, di qui, al monte Confinale. Il monte Confinale (al curfinàl, o pich dal curfinàl, m. 3370) è la massima elevazione di un poderoso massiccio posto quasi al centro della Valfurva, fra Val Zebrù, a nord, Val Cedec e Valle dei Forni, ad est e solco principale della Valfurva, a sud. Ai suoi lato si pongono, come satelliti, la cima delle Saline (m. 3074) ad ovest e la cima della Manzina (m. 3318) ad est. Si tratta di una cima non difficile da raggiungere e di valore eccezionalmente panoramico.


Il monte Confinale visto dalla Valfurva

Per salire a questa cima procediamo così. Giunti al lago della Manzina, troviamo alcuni cartelli escursionistici che indicano il Lago della Manzina, a 2790 m., a sinistra il Bivacco G. Del Piero, ad un’ora e 10 minuti, ed il Monte Confinale ad un’ora e 50 minuti. Passiamo a sinistra del lago ed attraversiamo il torrente emissario su alcune pietre.


Il monte Confinale visto dalla Val Zebrù

Seguendo bolli ed ometti proseguiamo a sinistra del lago, un po’ alti, e passiamo accanto a due ometti (m. 2810 circa). Attraversato un torrentello in secca passiamo accanto ad un nuovo ometto e, procedendo a sinistra, verso ovest-nord-ovest, tagliamo una pietraia.


Sentiero verso il monte Confinale

Dopo una breve discesa, procediamo in piano passando a sinistra di un nuovo ometto. Lasciata alle spalle la pietraia, saliamo gradualmente volgendo leggermente a destra. Oltrepassati due nuovi ometti, scendiamo per breve tratto e passiamo a sinistra di un terzo ometto. Dopo un tratto in piano, volgiamo ancora leggermente a destra e cominciamo a salire gradualmente, seguendo un sentierino. Ad una pietraia volgiamo ancora a destra e saliamo con pendenza più marcata. Poco sopra i 2900 metri tagliamo un lastrone e passiamo accanto ad alcuni ometti.


Salita alla Forcella del Confinale ed al monte Confinale

Il sentierino propone alcuni tornantini, fra pietrame e magri pascoli, e si affaccia al lato di destra di una valletta, la parte bassa del vallone del Pasquale. Dopo un tratto in piano fra il pietrame, riprende la salita su traccia di sentiero, passando a sinistra di alcuni massi. Dopo qualche saliscendi, saliamo su alcuni lastroni fino ad un ometto. Inizia ora la salita verso nord, del largo vallone di sfasciumi, in direzione della sella del Confinale e del bivacco Del Piero (di color arancione: possiamo già distinguerlo).


Forcella del Confinale, bivacco del Piero e cima della Manzina

Passati a sinistra di un torrentello, siamo al centro del vallone e seguiamo le tracce di sentiero in leggera salita. Passati a destra di un altro torrentello, proseguiamo seguendo gli ometti e saliamo su un lastrone, passando poi a sinistra di un masso con un grande bollo rosso, poco sopra i 3000 metri. La traccia scompare, ma gli ometti dettano la direzione di salita.


Salita al monte Confinale

Passiamo a destra di un nevaio e di un microlaghetto, procedendo poi per breve tratto in piano. Ritroviamo la traccia di sentiero, che procede a mezza cosa sopra il fondo del vallone.  Passiamo a destra di un nevaio e saliamo con pendenza più severa, con rapidi tornantini. Attraversato un nevaietto, proseguiamo su un pendio ripido, su fastidiosi sassi mobili. Dopo un ultimo strappo severo, siamo alla sospirata sella o forcella del Confinale, dove troviamo il bivacco Del Piero (m. 3166).


Gruppo dell'Ortles visto dalla forcella del Confinale

Questa struttura fu collocata qui nel 1979, ed è dedicata alla memoria di Giampaolo Del Piero, studente dell’ultimo anno del Liceo Scientifico milanese V. Veneto, morto sette anni prima scalando la cresta est della punta Kennedy, presso il monte Disgrazia. Originariamente era collocata un po' più in alto (m. 3180) ed un po' più ad est della forcella, cioè in direzione del crinale della cima della Manzina, poi è stato ricollocato proprio sulla forcella (m. 3166).


Laghetti del Confinale visti dal monte Confinale

Dalla sella procediamo ora verso sinistra (ovest), attaccando il largo crinale occupato in parte da un nevaio. Non manca molto alla meta, una quarantina di minuti di cammino. La prima parte della salita non pone particolari problemi: procediamo sul largo crinale occupato da sfasciumi. Poi si presenta una fascia di grossi blocchi, e l'aggiramento di uno spuntone di roccia richiede attenzione. Oltre questa fascia la salita riprende senza particolari problemi, fino alla grande croce collocata fra i blocchi che precedono la cima e saldamente ancorata ad ampi tiranti. La croce è posta infatti sull'anticima del monte; alla cima vera e propria di sale con pochi minuti aggiuntivi di cmamino, su scorbutico terreno di sfasciuni (attenzione).


Apri qui una panoramica dal monte Confinale

Dai 3370 metri del monte Confinale il panorama, soprattutto sul vicino gruppo dell’Ortles-Cevedale, a nord, è impagabile e mostra la triade del monte Ortles (m. 3905), monte Zebrù (m. 3740) e Gran Zebrù (m. 3851), mentre guardando in basso si distingue, ai piedi del versante settentrionale della cima, la vedretta del Forà. Più a destra il monte Cevedale,  la testata della Valle di Forni con il ghiacciaio omonimo, la carrellata delle famose Tredici Cime (che si innalzano alle spalle della rosseggiante cima della Manzina) ed il pizzo Tresero. Procedendo verso destra, è la poco pronunciata ma ampia mole del monte Sobretta a proporsi allo sguardo.


Valle dei Forni vista dal monte Confinale

Più lontano, ad ovest, il gruppo del Bernina, nel quale l'occhio esperto ne riconosce i giganti, vale a dire i pizzi Roseg, Scerscen, Bernina, Argient, Zupò e Palù. Alla sua sinistra anche l'isolato e superbo monte Disgrazia vuol dire la sua. Nella medesima direzione, ma ben più vicino, cioè appena sotto la cima, in direzione ovest, il lago del Confinale (m. 2930) si mostra come piccola parentesi blu in un mare di grigi sfasciumi, a sinistra (sud) della cima delle Saline (m. 3074).


Apri qui una panoramica meridionale dal monte Confinale

A chiudere questa carrellata in senso orario, spicca la cima Piazzi, che si innalza a destra delle minori cime della Val Grosina, ed l'ampia teoria delle cime del Livignasco.


Il laghetto del Confinale

Non possiamo quindi non sottoscrivere quanto leggiamo nella Guida alla Valtellina edita nel 1884 dal CAI di Sondrio (II edizione, a cura di Fabio Besta): “Il Confinale (m. 3382). È un grande ammasso di roccie schistose che staccandosi dalla Königspitze o Gran Zebrù si protende in direzione da est a ovest tra la Valle Zebrù e la Valle del Forno. John Ball (Central Alps) dice che “sul monte Confinale godesi di una di quelle vedute che diverrà sempre più celebre a misura che sarà più conosciuta.” Liebeskind scrive: “La salita del Confinale non sarà mai sufficientemente raccomandata a coloro che crederanno troppo ardua l’ascensione al Piz Tresero”.


Il monte Ortles ed il Gran Zebrù visti dal monte Confinale

Ed eziandio lo Tschudi e il Theobald caldamente raccomandano questa salita. La quale può farsi agevolmente da tutte le parti, da S. Gottardo, e dall’alpe Zebrù lungo il versante settentrionale, e da S. Caterina lungo il versante meridionale per la Val della Manzina e per il vallone del Pasquale. Questa è la via più diretta e più frequentata.


Il Gran Zebrù visto dal monte Confinale

Attraversa da prima un bosco, poi sale erte praterie, e pascoli arsi, e frane, e dirupi, e morene, e non ampi nevai. La salita da S. Caterina non richiede più di cinque ore; la discesa può farsi in metà tempo. Dal Confinale la veduta del gruppo o catena dell’Ortler è intera e stupenda. Dall’altro lato s’alzano il Sobretta, il Disgrazia, il Bernina, la Cima dei Piazzi, il Foscagno e le cime minori che loro fanno corona, e i ghiacciai e le valli da cui sorgono.


Monti Ortles, Zebrù e Gran Zebù visti dal monte Confinale

Calcoliamo circa 5 ore di cammino dal rifugio Stella Alpina; il dislivello approssimativo in altezza è di 1350 metri.


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