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Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio del Largone-Alpe Lagone inferiore e superiore-Lago del Mufulè-Alpe Prabello-Sasso dell'Agnello-Parcheggio del Largone
3 h e 30 min.
530
E
SINTESI. Saliamo da Sondrio in Valmalenco, a Lanzada, e proseguiamo sulla carozzabile che raggiunge Campo Franscia e prosegue verso Campomoro. Raggiunta la località Largone (segnalata), parcheggiamo (m. 1765) e ci incamminiamo su una pista sul lato a monte della carozzabile. La pista, dopo pochi tornanti, porta all’alpe Largone inferiore (m. 1822). Proseguiamo ancora per un tratto sulla pista, finché questa termina e lascia il posto ad una larga mulattiera (segnavia). Saliamo verso sud-est e, dopo alcune radure, siamo al limite dell’ampio alpeggio dio Largone superiore (m. 2064). Lasciamo ora il sentiero segnalato che sale all'alpe Acquanera e prendiamo a sinistra, puntando all’ultima baita dell’alpe, semidiroccata, quasi sulla soglia del bosco di larici. All’ingresso del bosco troviamo, su un masso, un bollo rosso, che segnala un sentierino incerto. Seguendolo, ci addentriamo nella macchia. Dopo una breve salita, scendiamo ad un’ampia radura, nel mezzo della quale scorre un piccolo corso d’acqua. Qui la traccia sembra perdersi, ma, se guardiamo bene, notiamo che taglia il prato, dirigendosi, diritta, sul lato opposto rispetto a quello dal quale siamo giunti. Quindi, lasciando alla nostra destra il corso d’acqua, attraversiamo diritti la radura, trovando, su un masso al limite del bosco, un nuovo bollo rosso. Riecco, infatti, il sentiero, che sale leggermente, attraversando anche, con tratto elegantemente selciato, un modesto corpo franoso (tutt’intorno vediamo i segni di una paleofrana). In breve, siamo ad una nuova e più ampia radura; percorso il primo tratto, ecco, alla nostra sinistra, finalmente, il laghetto di Mufulè (m. 2067). Non seguiamo i bolli rossi, ma ci dirigiamo verso destra, passando accanto alla riva meridionale del laghetto e procedendo diritti fino al limite del bosco, a destra di un grande roccione. Ci infiliamo nel bosco seguendo l’intuitivo corridoio e, prendendo leggermente a sinistra, troviamo un sentiero (non segnalato, ma abbastanza marcato) che sale in una valletta, restando a sinistra di un corso d’acqua. Dopo una breve salita, approdiamo ad un’ampia radura. Qui lasciamo il sentiero per prendere a destra e seguire un corridoio discretamente marcato che sale nel bosco. Non c’è sentiero, ma la salita è abbastanza semplice. In breve siamo ad una duplice fune, oltrepassata la quale pieghiamo a sinistra. Dopo un brevissimo tratto di salita, pieghiamo di nuovo a destra, usciamo all’aperto e percorriamo una sorta di largo e facile scivolo, fra magri pascoli e modeste roccette. Riecco il sentiero, che ci porta, in pochi minuti, ad intercettare il più marcato sentiero che congiunge l’alpe Acquanera (alla nostra destra) all’alpe Prabello (a sinistra). Siamo, ora, su un tratto dell’ottava tappa dell’Alta Via della Valmalenco: prendendo a sinistra e seguend i con attenzione i segnavia (triangoli gialli e segnavia bianco-rossi), ci districhiamo nel labirinto dei tondeggianti roccioni e raggiungiamo la portina che si affaccia sulla splendida spianata dell’alpe Prabello con il rifugio Cristina (m. 2287). Lasciando alla nostra destra le baite dell’alpeggio, portiamoci ad un ponticello ed alla recente pista che proviene dall’alpe Campascio. Dopo un breve tratto incontriamo una coppia di cartelli e lasciamo la pista, scendendo a sinistra e seguendo un sentiero ben marcato e segnalato, che attraversa una seconda volta la pista per abbandonarla definitivamente ed iniziare un lungo traverso, passando a ridosso di alcuni roccioni strapiombanti. Alternando tratti all’aperto a tratti nel bosco, raggiungiamo un bivio: al quale proseguiamo diritti (sentiero 348), scendendo in 10 minuti alla località Sasso dell’Agnello. Poco sotto, siamo alla strada asfaltata per Campomoro. Scendiamo verso sinistra e, dopo pochi tornanti, siamo, infine, al parcheggio dove abbiamo lasciato l’automobile.


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Esiste anche una Valmalenco che non ti aspetti. Appartata, solitaria, silenziosa anche nei periodi di massimo afflusso turistico. E bellissima. Si trova, seminascosta, nelle ampie pieghe di roccioni levigati e lariceti che dalla costiera Scalino-Cavaglia digradano fino al fondo della Val Lanterna, a monte di Lanzada. Qui un’escursionista alla ricerca di un’avventura senza troppi brividi può disegnare percorsi diversi e fantasiosi. Quello proposto è forse il più semplice e remunerativo, e porta alla scoperta di uno dei meno noti, ma certo non meno belli, fra i laghetti di Valtellina, il laghetto di Mufulè (lach di müfolèe, dalla voce “müfulèe”, bosco di pino mugo).


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Raggiungiamo dunque Sondrio e saliamo in Valmalenco, portandoci sul lato destro (per noi) della valle all'altezza di Torre di S. Maria. A dieci chilometri da Sondrio raggiungiamo il bivio Chiesa Valmalenco (sinistra) - Lanzada (destra). Prendiamo a destra e, attraversata Lanzada, cominciamo a risalire la val Lanterna, su una strada in molti punti scavata nella roccia, che, dopo circa 5 chilometri e qualche tornante, conduce alla località di Campo Franscia. Da qui parte una strada dell'ENEL (aperta al traffico e interamente asfaltata) procedendo per pochi chilometri, fino a trovare, ad un tornante sinistrorso, un cartello, sul lato destro della strada, che indica “Largone (Comune di Lanzada)”. A destra della strada parte una carrareccia, chiusa al traffico dei mezzi non autorizzati. All’inizio della strada si trova un parcheggio al quale possiamo lasciare l’automobile, per iniziare la salita da una quota di circa 1765 metri.


Apri qui una panoramica del ripiano presso il lago Mufulè

Alle nostre spalle, dietro Sasso Nero, monte delle Forbici e cime di Musella, occhieggiano brevi sezioni della testata della Valmalenco. Alla loro destra, il poderoso massiccio che culmina nell’arrotondata ed esile cima del Sasso Moro. Davanti a noi, presenza che non ci lascerà per l’intera escursione, il pizzo Scalino, che, pur non essendo la più alta cima della Valmalenco (m. 3323), ne è, per visibilità e profilo, uno dei simboli più noti. La pista, dopo pochi tornanti, porta all’alpe Largone inferiore (largùn, m. 1822), di proprietà della Quadra di San Giovanni Battista di Montagna in Valtellina. Un cartello, che segnala il sentiero con numerazione 350, indica la direzione nella quale prosegue la salita, e dà l’alpe Largone superiore a 40 minuti, l’alpe Acquanera ad un’ora e l’alpe Prabello ad un’ora e 40 minuti. Proseguiamo, dunque, ancora per un tratto sulla pista, finché questa termina e lascia il posto ad una larga mulattiera (qualche segnavia bianco-rosso e rosso-bianco-rosso ci rende ancora più sicuri). Alle nostre spalle domina il massiccio del Sasso Moro, contornato a sinistra dalle cime di Musella ed a destra dal pizzo Palù, che sormonta la vedretta di Fellaria orientale. La mulattiera si snoda, in direzione sud-est, fra larici gentili, che nella stagione autunnale sfoggiamo colori sgargianti. Il pizzo Scalino è sempre là, alto sopra la nostra testa, massiccio ed insieme regolare nelle forme. Superate alcune radure, eccoci al limite dell’ampio alpeggio denominato Largone superiore (quadràda, m. 2064), con baite in pietra a secco, la più grande fra le quali è stata recentemente ristrutturate dai caricatori d’alpe di Montagna in Valtellina. Si tratta, in realtà, della prosecuzione a valle dell’alpeggio di Acquanera (infatti è noto anche come “acquanegra de sut”). Superata la prima baita ed una croce in legno, troviamo, infatti, un cartello che dà l’alpe Acquanera a 20 minuti e l’alpe Prabello, con il rifugio Cristina, ad un’ora. Lo scenario è bellissimo: davanti a noi l’imperturbabile pizzo Scalino, alle nostre spalle, di nuovo, ampi scorci della testata della Valmalenco nascosti da Sasso Nero, monte delle Forbici e Sasso Moro. In particolare, dietro la bocchetta delle Forbici (fra monte delle Forbici e cime di Musella) si affaccia il pizzo Roseg, dietro le cime di Musella si intravedono i pizzi Scerscen e Bernina ed alla destra del Sasso Moro si vedono la cima dei Sassi Rossi ed il pizzo Palù. Il lago di Mufulè se ne sta, ben nascosto, da qualche parte, nella direzione del pizzo Scalino.


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Ora dobbiamo lasciare il sentiero segnalato, che sale all’alpe Acquanera per poi piegare a sinistra e condurre all’alpe Prabello. Noi dobbiamo tagliare a sinistra, puntando all’ultima baita dell’alpe, semidiroccata, quasi sulla soglia del bosco di larici. All’ingresso del bosco troviamo, su un masso, un bollo rosso, che segnala un sentierino incerto. Seguendolo, ci addentriamo nella macchia. Dopo una breve salita, scendiamo ad un’ampia radura, nel mezzo della quale scorre un piccolo corso d’acqua. Qui la traccia sembra perdersi, ma, se guardiamo bene, notiamo che taglia il prato, dirigendosi, diritta, sul lato opposto rispetto a quello dal quale siamo giunti. Quindi, lasciando alla nostra destra il corso d’acqua, attraversiamo diritti la radura, trovando, su un masso al limite del bosco, un nuovo bollo rosso. Riecco, infatti, il sentiero, che sale leggermente, attraversando anche, con tratto elegantemente selciato, un modesto corpo franoso (tutt’intorno vediamo i segni di una paleofrana). In breve, siamo ad una nuova e più ampia radura; percorso il primo tratto, ecco, alla nostra sinistra, finalmente, il laghetto di Mufulè (m. 2067), stupendo nella sua cornice di larici, pini mughi e pini gembri. L’ampio pianoro che lo ospita è uno degli angoli più gentili e bucolici dell’intera Valmalenco: senso di quieta solitudine e pace profonda si impadroniscono ben presto dell’animo. Incorniciano il laghetto, a nord, il Sasso Moro (che visto da qui propone una buffa e minuscola cupola sommitale) e, alla sua destra, i pizzi Argient e Zupò ed il pizzo Palù. Il tempo di raccogliere i pensieri che scorazzano senza briglie, di gustare l’armonia delle sensazioni che si affacciano dal profondo e di respirare un profondo senso di libertà, e giunge di nuovo l’ora per tracciare un percorso definito.


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I bolli rossi ci indirizzano a contornare la riva che sta alla nostra sinistra (cioè quella occidentale: il laghetto ha una caratteristica forma allungata, da sud a nord). Non li seguiamo, ma ci dirigiamo nella direzione opposta, cioè verso destra, passando accanto alla riva meridionale del laghetto e procedendo diritti fino al limite del bosco, a destra di un grande roccione. Ci infiliamo nel bosco seguendo l’intuitivo corridoio e, prendendo leggermente a sinistra, troviamo un sentiero (non segnalato, ma abbastanza marcato) che sale in una valletta, restando a sinistra di un corso d’acqua. Dopo una breve salita, approdiamo ad un’ampia radura. Qui lasciamo il sentiero per prendere a destra e seguire un corridoio discretamente marcato che sale nel bosco. Non c’è sentiero, ma la salita è abbastanza semplice. In breve siamo ad una duplice fune, oltrepassata la quale pieghiamo a sinistra. Dopo un brevissimo tratto di salita, pieghiamo di nuovo a destra, usciamo all’aperto e percorriamo una sorta di largo e facile scivolo, fra magri pascoli e modeste roccette.


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Riecco il sentiero, che ci porta, in pochi minuti, ad intercettare il più marcato sentiero che congiunge l’alpe Acquanera (alla nostra destra) all’alpe Prabello (a sinistra). Siamo, ora, su un tratto dell’ottava tappa dell’Alta Via della Valmalenco (dal rifugio Cristina a Caspoggio): prendendo a sinistra e seguendoi con attenzione i segnavia (triangoli gialli e segnavia bianco-rossi), ci districhiamo nel labirinto dei tondeggianti roccioni disegnati dall’immane ghiacciaio Bernina-Scalino nella fase Daun.


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Il sentiero ci porta, infine, alla portina che si affaccia sulla splendida spianata dell’alpe Prabello (prabèl, m. 2227). Ci accoglie la chiesetta dedicata a Maria Santissima Regina della Pace, per ringraziarla della fine della Grande Guerra (1919). Promotore della sua edificazione fu don Giovanni Gatti ed i materiali che si resero necessari furono portati direttamente a spalla da Caspoggio (che dista 15 km), superando un dislivello ragguardevole (da 1098 a 2287 metri). Altri tempi.  


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Alla sua destra riconosciamo il rifugio Cristina (la cristìna, costruita nel 1922 da Ersilio Bricalli di Caspoggio e dedicata alla moglie), che sembra appollaiato quasi a ridosso delle falde del gigante, il pizzo Scalino, che qui più che mai appare come il signore della zona. Non riesce difficile immaginare come possano essere nate le leggende che lo vogliono abitato da antichissimi cavalieri e dame. Nelle notti chiare di luna il tempo antico ritorna, ritornano le disfide, i duelli, le cavalcate nel cielo che contorna la sua enigmatica cima. Il panorama che si gode dall’alpeggio è splendido: appare ora, a sud-ovest, anche l’inconfondibile profilo del monte Disgrazia.


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Inizia da qui il ritorno all’automobile. Lasciando alla nostra destra le baite ben curate dell’alpeggio, portiamoci ad un ponticello ed alla recente pista che proviene dall’alpe Campascio. Dopo un breve tratto incontriamo una coppia di cartelli: quello volto a sinistra (sentiero 348) dà il Sasso dell’Agnello a 40 minuti e Campo Franscia ad un’ora e 40 minuti. Lasciamo la pista, scendendo a sinistra e seguendo un sentiero ben marcato, che attraversa una seconda volta la pista per abbandonarla definitivamente ed iniziare un lungo traverso. Non possiamo sbagliare: il sentiero è sempre molto marcato ed abbondano i segnavia bianco-rossi.


Apri qui una panoramica dell'alpe Prabello con il rifugio Cristina

Nella discesa passiamo a ridosso di alcuni roccioni strapiombanti che incombono sulla nostra testa a destra del sentiero. Alternando tratti all’aperto a tratti nel bosco, raggiungiamo un bivio: i cartelli indicano che prendendo a sinistra (sentiero 349) torniamo al lago del Mufulè (30 minuti) ed all’alpe Largone superiore (un’ora), mentre proseguendo diritti (sentiero 348) scendiamo in 10 minuti alla località Sasso dell’Agnello. Seguiamo questa seconda direttrice: in breve siamo ad una coppia di baracche, dove ci sorprende uno spettacolo surreale: una carriola sospesa a diversi metri di altezza, con una testa di capra che sporge. Superato l’iniziale stupore, scopriamo, dall’immobilità della testa, che dev’essere imbalsamata. Poco sotto, eccoci alla stradaasfaltata per Campomoro. Scendiamo verso sinistra e, dopo pochi tornanti, siamo, infine, al parcheggio dove abbiamo lasciato l’automobile circa 3 ore e mezza prima (il dislivello in altezza superato è di circa 530 metri).


Apri qui una panoramica del lariceto a monte del lago Mufulè

Variante: un anello più breve può essere disegnato prendendo, una volta raggiunta l’Alta Via della Valmalenco, a destra, raggiungendo l’alpe Acquanera (m. 2132) e lasciando l’Alta Via per scendere verso destra, tornando, così, in breve all’alpe Largone superiore e di qui scendendo al parcheggio per la medesima via di salita. In questo caso il tempo si riduce a circa 2 ore ed il dislivello a 360 metri.


Il lago Mufulè

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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