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SENTIERO DEL LARICE MILLENARIO, TORRIONE PORRO ED ANELLO DEL LAGO PIROLA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Chiareggio-Rif. Gerli-Porro-Torrione Porro-Lago Pirola-Alpe Pirola-Alpe Zocche-Chiareggio
5-6 h
930
E
SINTESI. Entrati in Chiareggio (m. 1612), lo attraversiamo interamente, seguendo le indicazioni per il parcheggio, al quale scendiamo, sulla sinistra, proprio al suo limite occidentale. Il parcheggio è costituito dall’ampia spianata che si stende sulle rive del Mallero (màler); percorriamolo interamente verso sinistra (cioè nell’opposta direzione di marcia rispetto a quella tenuta per attraversare il paese), fino al suo limite, e qui lasciamo l’automobile (m. 1590). Procediamo verso est fino al ponte che ci porta sul lato opposto del Mallero e qui prendiamo a destra, percorrendo un tratturo che sale gradualmente. Ignorate deviazioni a sinistra e destra, dopo un ultimo strappo raggiungiamo il rifugio Gerli-Porro (m. 1965). Poco oltre il rifugio, sulla sinistra, troviamo il cartello che segnala la partenza del sentiero per il lago Pirola. Il sentierino sale molto ripido, in una macchia di pini mughi, in direzione est-sud-est, fino ad una quota di circa 2030 metri. Qui la pendenza si fa meno severa: approdiamo, infatti, ad un versante più dolce, e proseguiamo salendo verso est, dapprima fra grandi massi, poi fra radi larici. Passata una valletta, troviamo un cartelli, "Larice millenario", che segnala, a destra, poco sotto, il larice millenario (m. 2160). Piegando verso sinistra (direzione nord-est) ci avviciniamo salendo alla soglia dei 2320 metri, attraverso la quale accediamo all’altipiano del lago Pirola. Appena prima della soglia, vediamo, su due massi, l’indicazione “Lago”, sulla destra, e “Torione”, sulla sinistra. Andiamo a sinistra seguendo i segnavia rosso-bianco-rossi, che ci portano sul filo del crinale e ci guidano nel superamento di una un piccolo passaggio che ci impone, senza eccessiva difficoltà, qualche elementare passo di arrampicata. Poi, il sentiero sale facile e pacato ai 2435 metri della cima del Torrione Porro. Ridiscesi al bivio, dobbiamo salire seguendo le indicazioni per il lago, fino ad un secondo bivio: le indicazioni di sinistra si riferiscono al percorso che conduce al lago Pirola, mentre quelle di destra al percorso che sale al bocchel del Cane. Andiamo a sinistra ed effettuiamo una diagonale che scende, diretta, verso il limite orientale del lago (direzione nord-est), che ora comincia ad appare, in tutta la sua ampiezza, alla nostra sinistra. Questo percorso si districa, con una certa fatica, in una fascia di grandi massi, e oltrepassa anche un passaggino che richiede un po’ di attenzione. Il sentierino raggiunge quindi un versante erboso e piega a sinistra (ovest), raggiungendo il camminamento della diga di sbarramento del lago Pirola. Raggiunto il suo limite, passiamo a destra della casa (chiusa) dei guardiani dello sbarramento e scendiamo in diagonale verso destra, tagliando le roccette affioranti ed i magri pascoli a valle del bastione roccioso;, superata una prima baita, raggiunge i prati dell’alpe Pirola (m. 2096). Due frecce molto evidenti, su due massi, con la scritta “Alpe Zocche – Chiareggio” indirizzano al limite basso dei prati, dove troviamo il sentiero che, con fondo buono, scende in un bel bosco di larici, verso sud, fino a tagliare, da sinistra a destra, il torrentello, che forma, a monte, un’altra bella cascata. I segnavia ci accompagnano sempre nella discesa. Dopo una radura ed un tratto con corde fisse, scendere ai prati dell’alpe Zocche (alp di zòchi, m. 1775). Pieghiamo a sinistra, in direzione della baita sul bordo dei prati: qui il sentiero riparte, prendendo inizialmente a destra, per poi piegare a sinistra, effettuando l’ultima diagonale che ci riporta al ponte di Chiareggio.


Il lago Pirola

Nel 1884 la “Guida alla Valtellina”, curata da Fabio Besta ed edita a cura della sezione Valtellinese del CAI, presentando le più importanti opportunità escursionistiche offerte dalla Valmalenco, vi includeva l’escursione al lago Piròla, descritta in questi termini: “Una gita facile e breve da Chiareggio conduce per la Valle Vantina, a sud-ovest, al lago Pirola. Si attraversa prima il Mallero (màler) al di sotto del punto di congiunzione tra i due torrenti di Valle Ventina e Valle delle Disgrazie, e si sale lungo il fianco destro della Valle Ventina per un sentiero assai comodo. Arrivati all’alpe Ventina (alp de la venténa; nel 1544: "alpis de leventina"), dove termina l’immenso ghiacciaio che porta lo stesso nome, si abbandona la valle, salendo a sinistra fino al lago, che giace in un altopiano, da cui si scorge Chiareggio e il passo del Muretto (pas de mürét, l'antico monte dell'Oro), con gran parte della Valmalenco. Questo lago è notevole per l’abbondanza di pesci, la profondità del fondo, e la ripidezza delle sponde, sicché presenta l’aspetto di un gran crepaccio ripieno d’acqua”.


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Alcune cose, da allora, sono cambiate. La Valle delle Disgrazie ha un nome meno sinistro (Val Sissone, val de sisùm), l’itinerario di salita in Val Ventina (val de la venténa) è diverso, il punto di arrivo nella valle, da cui parte la salita al lago, non è più il limite inferiore del ghiacciaio, che si è, di molto, ritirato, ma è sede di due rifugi, il Gerli-Porro ed il Ventina, ed infine uno sbarramento sul versante nord-occidentale del lago ha innalzato il livello massimo potenziale delle acque, che vengono sfruttate per la produzione di energia idroelettrica.
Mutamento di non poco conto, che tuttavia non tolgono la sostanza del fascino connesso con la visita all’ampio altipiano che ospita il lago. Un’escursione che ha, fra gli altri pregi, quello della non eccessiva difficoltà ed impegno fisico e che si presta ad alcune interessantissime varianti.


Apri qui una fotomappa del bacino del lago Pirola

Per effettuare l'escursione, saliamo, seguendo il percorso sopra esposto, da Chiareggio alla Val Ventina. Sul tratturo, come già detto, ci sono solo due tornanti, l'uno consecutivo all'altro, sx e dx. Appena dopo il tornante destrorso troviamo, su un masso alla nostra sinistra, l'indicazione che segnala la partenza del sentiero per il lago Pirola: potremmo seguirlo per raggiungere la nostra meta, oppure sfruttarlo per il ritorno. Esso porta al lago, come quello che parte dal ponte di Chiareggio, passando per la panoramica alpe Pirola (alp o curt de la piröla). Raccontiamo, invece, l’itinerario che procede in senso inverso. Continuiamo, dunque, a salire verso i rifugi dell'alpe Ventina. La pista attraversa una fascia di materiale franoso, che scende da un evidente canalone posto in alto, a sinistra. Alla sua destra, il profilo scuro del Torrione Porro, di cui torneremo a parlare.


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Proseguiamo, trovando, alla nostra sinistra, un secondo sentiero, segnalato, per il lago Pirola (sigla LP): si tratta di un sentiero che si congiunge con quello che parte più in basso.
Al termine del tratturo, ci troviamo di fronte i rifugi Gerli-Porro e Ventina. Più o meno a metà strada fra i due rifugi, sulla sinistra (cioè verso il monte), troviamo, segnalata da due cartelli, la partenza del sentierino che si inerpica sul fianco montuoso che ci separa dall’ampio altipiano del lago Pirola. I cartelli indicano le due direttrici escursionistiche cui il sentiero introduce: quella per il bocchel del Cane, Lagazzuolo e S. Giuseppe (complessive 4 ore) e quella, che ci interessa, per il Torrione Porro, il lago Pirola e Chiareggio (anche in questo caso, 4 ore complessive). Viene segnalato anche il sentiero del Larice millenario, che coincide per buona parte cin quello per il Torrione Porro o il lago Pirola. Prima di iniziare la salita, guardiamo in alto, a sinistra: visto da qui, il Torrione Porro mostra il suo ardito salto roccioso occidentale. la domanda sorge spontanea: come si fa a ragiungerne la vetta? lasciamola, per ora, in sospeso.
Il sentierino sale molto ripido, in una macchia di pini mughi, in direzione est-sud-est, fino ad una quota di circa 2030 metri. Qui la pendenza si fa meno severa: approdiamo, infatti, ad un versante più dolce, e proseguiamo salendo verso est, dapprima fra grandi massi, poi fra radi larici. Alla nostra destra, particolarmente bello è il colpo d’occhio sulla Val Ventina; sul suo fondo distinguiamo facilmente l’ampia curva della vedretta della Ventina, sovrastata dal pizzo Cassandra (piz Casàndra o Casèndra, m. 3226); alla loro sinistra si mostra, scura ed imponente, la piramide del pizzo Rachele. In primo piano, in alto, sulla destra, incombe, invece, il severo versante settentrionale della cima del Duca.
Passata una valletta, troviamo un cartello, "Larice millenario", che segnala, a destra, poco sotto, un larice millenario (m. 2160), sotto cui è stato posto il cartello "1000". Si tratta di un esemplare straordinario, la cui datazione ne fa risalire l'origine all'anno 1007. Sembra incredibile, ma questo albero vede la luce quando la civiltà europea si trova ancora nel cuore del Medio-Evo, alla svolta decisiva dell'anno Mille, quando, fugate le paure per la fine del mondo ipotizzata dalle profezie del "mille e non più mille", la storia esce dalle ombre dell'alto Medio-Evo e prepara la fioritura del basso Medio-Evo.
Lontano dai clamori della storia e della cronaca, cresce per dieci secoli sopravvivendo ad eventi epocali ed a decine di generazioni. Ha perso gran parte della sua chioma, ma pare goda ancora di salute discreta. Così come gode di un ragguardevole primato: è il più vecchio fra gli alberi italiani di cui è stata rilevata la datazione, ed uno dei più vecchi in Europa. Gran bella soddisfazione, con un unico cruccio: avrà sentito certamente molti escursionisti parlare del mitico monte Disgrazia, che se ne sta appena là, sul lato opposto della valle, ma lo ha dovuto solo immaginare, perché da qui ancora non si vede, nascosto com'è dal pizzo Ventina (o meglio, si intravvede solo uno scorcio della Punta Kennedy).


Il Larice millenario (al centro dell'immagine) e la Val Ventina

Nella zona sono presenti diversi altri vegliardi verdi, larici secolari che non possono competere con il patriarca, ma hanno comunque età da primato. Ulteriore elemento di interesse è l'altitudine di questa macchia di larici straordinari, che sfiora i 2200 metri. Ciò prova che nel Medio-Evo e forse fino al Seicento la temperatura media delle Alpi era piuttosto elevata e consentiva la colonizzazione di zone così alte. Poi il brusco calo delle temperature dal Seicento all'Ottocento, nella cosiddetta Piccola Età Glaciale, determinò un abbassamento del limite del bosco. In alcune zone, però, il bosco si è diradato, ma non è scomparso, come in Val Ventina.


La fascia dei larici secolari e del larice millenario

Piegando verso sinistra (direzione nord-est) ci avviciniamo alla soglia dei 2320 metri, attraverso la quale accediamo all’altipiano, che si apre di fronte a noi in tutta la sua solitaria bellezza: ovunque, massi color ocra, fra i quali solo qualche rara isola di pascolo testimonia la presenza di una qualche forma di vita. Davanti a noi, sul lato opposto, la ben visibile depressione del Bocchel del Cane (buchèl del caa(n), m. 2551), il valico per il quale si può scendere in Val Orsera (val d'ursàra o d'ursèra) e, passando per il laghetto di Lagazzuolo, a San Giuseppe (san giüsèf o giüsèp). Sulla sinistra della sella, distinguiamo la formazione rocciosa che richiama la testa di un cane, a cui si deve la denominazione del passo. A destra del valico, invece, si impongono i corrugati versanti della punta Rosalba e della cima del Duca.


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Appena prima della soglia, vediamo, su due massi, l’indicazione “Lago”, sulla destra, e “Torione”, sulla sinistra. La prima si riferisce all’itinerario classico che porta al lago Pirola, mentre la seconda segnala un itinerario secondario, ma non meno interessante, che porta alla cima del Torrione Porro. Se guardiamo in direzione di questa seconda indicazione, cioè verso sinistra, non vediamo nient’alto se non una poco pronunciata elevazione, alla quale conduce un facile crinale. Nulla che suggerisca l’idea di un torrione. In realtà proprio quello è il Torrione Porro, che mostra, dalla piana dell'alpe Ventina, un bel più ardito profilo. Il suo nome locale, però, non ha attinenza con quello di origine alpinistica: viene chiamato, infatti, "el castèl" o "sasa del gaiùm".


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La salita al torrione richiede solo un allungamento di mezzora nei tempi complessivi dell’escursione: da non perdere, dunque. Pieghiamo, quindi, a sinistra, seguendo i segnavia rosso-bianco-rossi, che ci portano sul filo del crinale e ci guidano nel superamento di una un piccolo passaggio che ci impone, senza eccessiva difficoltà, qualche elementare passo di arrampicata. Poi, il sentiero sale facile e pacato ai 2435 metri della cima. Qui troviamo un tempietto ed una targa posta alla memoria di Bruna Forni. Maria Grazia Moroni e Bruno Gianetti, periti il 15 maggio 1966. Alla sua destra, una seconda targa, alla memoria di Ezio Bianchi, posata dagli amici dello Sci Club Alpino di Lentate sul Seveso.


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La cima è estremamente panoramica. Mettiamoci, quindi, comodi (evitando, però, di sporgerci sui salti di roccia oltre il limite del tempietto) e passiamo in rassegna le cime che si aprono di fronte al nostro sguardo, partendo da sud-ovest e procedendo in senso orario. Il punto di partenza non è scelto a caso: in questa direzione, infatti, lo sguardo incontra il possente versante nord-orientale del monte Disgrazia (m. 3678), coperto, in parte, dalla punta Kennedy (m. 3295) e dal pizzo Ventina (m. 3261). Segue la testata della Val Sissone, che propone, defilato, il monte Pioda (sciöma da piöda, m. 3431), il passo di Mello (buchèl de san martìn, o martìgn, m. 2992), la cima di Chiareggio sud-orientale (m. 3093), la cima di Chiareggio centrale (m. 3107), la cima di Chiareggio nord-occidentale o punta Baroni (m. 3203), il monte Sissone (còrgn de sisùm, chiamato anche piz sisùm e, dai contrabbandieri, “el catapìz”, m. 3330) e le cime di Rosso (m. 3366) e di Vazzeda (m. 3301). E ancora, la Val Bona (val buni), che culmina nella sella del Forno (“buchèl bas”, in passato, “la buchèta”, “buchèta del fùren” o “buchèta del fórn”, più recentemente; m. 2775), circondata dalla cima di Val Bona (m. 3033), a sinistra, e dal monte del Forno (fùren, o fórn, ma anche munt rus, m. 3214), a destra.


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a

Poi la valle del Muretto, con il passo omonimo (m. 2582), il monte Muretto (m. 3104) e, in primo piano, a nord, il massiccio versante meridionale della punta Fora (sasa de fura o sasa ffura, m. 3363). Proseguendo verso destra, ecco la caratteristica triade dei pizzi Tramoggia (piz di tremögi, m. 3441) e Malenco (m. 3438) e della Sassa d’Entova (sasa d’éntua, m. 3329; le tre vette, nel loro insieme, erano chiamate, localmente, “i tremögi”; la denominazione distinta deriva da un interesse alpinistico), che ci nascondono buona parte dei giganti della testata della Valmalenco. Di questi, infatti, vediamo solo, in una esigua finestra, uno scorcio del pizzo Bernina (m. 4049), della Cresta Güzza (m. 3869) e dei pizzi Argient (m. 3945) e Zupò (che significa “nascosto”, da “zuper”, nascondere, m. 3995).


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Ci si mette, quindi, il monte Senevedo (m. 2561) a chiudere la visuale sull’angolo di nord-est della Valmalenco. Ai piedi del monte, vediamo, finalmente, l’ampia depressione occupata dal lago Pirola. Colpisce il l'intenso color turchese delle sue acque, che produce un singolare contrasto cromatico con le tonalità delle rocce e del paesaggio che lo circonda. Siamo, ora, al panorama orientale: qui è l’altipiano ad aprirsi di fonte a noi, con le due selle terminali, la bocchetta di Ceresone (denominazione erronea per il "buchèl del ceresùncul"), a sinistra (m. 2500) ed il bocchel del Cane (buchèl del càa(n)), a destra (m. 2551). Più a destra, le già menzionate punta Rosalba (m. 2803) e cima del Duca (m. 2968). Ed infine, il panorama meridionale, occupato dalla Val Ventina, sul cui limite di sinistra si vede appena il passo omonimo (m. 2675), e che propone, poi, il pizzo Rachele (m. 2998) ed il pizzo Cassandra (m. 3226). L’ampio giro è concluso, e ci ha ampiamente convinto della bontà di questa breve digressione.


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Dobbiamo, però, tornare, ora, al percorso principale, cioè alla porta di accesso all’altipiano, scendendo dal torrione per la medesima via di salita. Tornati al bivio, dobbiamo salire seguendo le indicazioni per il lago, fino ad un secondo bivio: le indicazioni di sinistra si riferiscono al percorso che conduce al lago Pirola, mentre quelle di destra al percorso che sale al bocchel del Cane.


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Seguendo le prime, dovremmo effettuare una diagonale che scende, diretta, verso il limite orientale del lago (direzione nord-est), che ora comincia ad appare, in tutta la sua ampiezza, alla nostra sinistra. Questo percorso si districa, con una certa fatica, in una fascia di grandi massi, e oltrepassa anche un passaggino che richiede un po’ di attenzione. È meglio seguire un itinerario più ampio, che ci porta alla scoperta di una perla nascosta che l’altipiano nasconde alla nostra vista. Quale? Lo vedremo.


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Intanto procediamo in una direzione intermedia fra quella diretta per il lago (nord-est) e quella per il bocchel del Cane (sud-est), quindi procediamo verso est, salendo molto gradualmente e cercando il percorso meno faticoso, che sfrutta al massimo i lembi di pascolo. Restiamo, così, un po’ più alti rispetto alla grande conca di sfasciumi alla nostra sinistra, e puntiamo alla soglia di una seconda conca, che intuiamo aprirsi ai piedi di una fascia di rocce nerastre facilmente riconoscibili, davanti a noi, a metà fra la bocchetta di Ceresone ed il bocchel del Cane.
Raggiunto il limite della conca, scopriamo che si tratta di un piccolo pianoro occupato da uno splendido laghetto (m. 2373), guardato, sul fondo, da un salto di rocce nerastre e, in alto, dalla punta quotata m. 2648. Portiamoci sulla riva opposta del laghetto, quella orientale, e guardiamo verso ovest: alle spalle delle quiete acque, di un azzurro intenso, si eleva, scura, la mole familiare del monte Disgrazia, che sembra stemperare la sua severità, di fronte ad uno spettacolo così gentile. Uno scenario davvero raro. Qui la solitudine regna sovrana, e questo è uno dei luoghi in cui ci può cogliere il solengo o solastro, quel senso di profonda solitudine, che è anche malinconia, inquietudine e timore, che coglie l’uomo quando si sente come sperso in luoghi remoti, mai visti, apparentemente così lontani dagli scenari noti e familiari. Un sentimento che ci induce, forse, dopo una breve sosta, a riprendere il cammino.
Lo facciamo lasciando il lago dal lato opposto rispetto a quello dal quale l’abbiamo raggiunto, cioè verso nord. Lasciato il pianoro, ci affacciamo ad un ampio canalone occupato da pascoli a massi, dal quale scende un torrentello. Pieghiamo, quindi, a sinistra e cominciamo a scendere, lungo il canalone, tenendo il lato destro (per noi che scendiamo). Alle nostre spalle, in alto, la bocchetta di Ceresone, mentre davanti a noi ecco un nuovo colpo d’occhio di grande suggestione: il canalone muore in un dolce pianoro che porta alla riva orientale del lago Pirola (lach o lèch de la piröla), contenuto dai bastioni rocciosi di scisti anfibolitici a nord e di serpentine a sud, ed incorniciato dalle cime di Rosso e di Vazzeda. Alto sopra il lago, sulla sinistra, il Torrione Porro, con alle spalle il monte Sissone.


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Nella parte bassa del canalone ci riportiamo sul lato destro del torrentello. Guardando sul ripido versante erboso alla nostra destra, vediamo un sentiero, che scende al pianoro terminale (segnavia rosso-bianco-rossi): ci siamo, infatti, ricongiunti all’itinerario segnalato dall’indicazione “Lago”. Prendiamo a destra, guadagnando rapidamente quota e tagliando il fianco erboso, fino a raggiungere il filo del bastione roccioso che costituisce il naturale sbarramento, a nord, del lago Pirola (m. 2283), che ora ci appare in primo piano, in tutta la sua bellezza. Lo percorriamo interamente, incontrando anche una piccola ed incantevole pozza, fino al camminamento dello sbarramento artificiale, che interessa solo l’ultima parte del suo bastione settentrionale. Abbiamo così chiuso un grande arco che abbraccia gran parte dell'altipiano del lago Pirola.


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Giuseppe Nolli, nella sua opera “In Valmalenco” (Milano, ed. Angelo Solmi, 1907) così descrive, agli inizi del secolo scorso, il lago Pirola, che fu meta di una sua escursione: “Sotto di noi, quasi ai nostri piedi, è il lago Pirola, originalissimo per la limpidezza azzurro chiara delle sue acque, circondate da spiagge rotte, acuminate, che pare abbiano terminato allora allora d’azzuffarsi e sieno rimaste in un disordine incredibile, indescrivibile. La mia impressione prima, dinanzi al lago Pirola, è quella di soprastare all’opera demolitrice di un’immensa mina, che, dilaniato il vertice della montagna, abbia al fumo, alle fiamme, allo scroscio, lasciato sottentrare l’acqua azzurra e cristallina, nella quale, senza pericolo, guizzano le trote, macchiettate di rosso. Il lago ha meno di un chilometro di lunghezza e forse mezzo di larghezza; in esso si rispecchiano con tremolio leggero, quasi senza velo, le cime della Pirola che vi piombano a picco… Ho cercato di indovinarne la profondità; mi è riuscito impossibile: ho gettato dei sassi e li ho visti discendere, adagio adagio, e li ho seguiti con l’occhio finché non son diventati ombre e non si sono confusi nel ceruleo dell’acqua.”


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Non aveva tutti i torti il Nolli ad immaginare un’immane esplosione all’origine dell’impressionante e gigantesca spaccatura fra le rocce nella quale trovano posto le acque del lago. Fu appunto una profonda fessura nella compagine delle rocce di gneiss e serpentino ad originare il bacino del lago, in origine naturale. Poi  nel 1917 la Società Elettrica Lombarda diede inizio ai lavori di costruzione dello sbarramento artificiale, con l’avventuroso svuotamento del lago naturale grazie ad un sifone che, tolto l’ultimo diaframma dai coraggiosi Tranquillo Schena ed Ettore Pedrotti, ne fece riversare le acque, con spettacolo unico, sul fondo dell’alta Valmalenco, producendo una gigantesca quanto effimera cascata. Poté così cominciare la costruzione del muraglione della diga, lungo 120 metri.


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Per illustrare ulteriormente le caratteristiche di questo lago e dell'ambiente che lo ospita riportiamo anche le informazioni che ci vengono offerte dal bel volume "Laghi alpini di Valtellina e Valchiavenna", di Riccardo De Bernardi, Ivan Fassin, Rosario Mosello ed Enrico Pelucchi, edito dal CAI, sez. di Sondrio, nel 1993:
Col Lago Pirola torniamo nelle piaghe alte (2283 m), all'alta spianata rupestre (rocce lisciate, resti di grandiose morene, frane più recenti) sopra Chiareggio, ai piedi della Cima del Duca e della Punta Rosalba, e tra gli spuntoni dei monti Senevedo, Torrione Porro e altri minori. Un altro di quei plateau abbandonati in età preistorica dai ghiacciai, a una quota troppo alta per essere colonizzati dal pascolo (qui anche, come si è già detto, per la natura sterile della roccia serpentinosa).


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In compenso è il regno del colore rosso-bruno caratteristico dell'aspetto superficiale di queste formazioni, sicché lo strano lago, di forma allungata e disposto ad occupare una fossa al confine tra formazioni rocciose diverse (solo escavazione glaciale o una vera e propria frattura?) fa un contrasto singolare colle sue acque profonde di un blu intenso. Peccato che una breve diga artificiale si inserisca, con il suo biancore e la linea troppo regolare, nell'irregolare dorsale che costituisce la barriera verso valle, un varco sul vuoto, oltre il quale si levano le punte gemelle della Cima di Rosso e del Monte Vazzeda. Vi si giunge per percorsi diversi, tutti piuttosto faticosi, anche se ben segnalati.


Alta Valmalenco

In ogni modo, caduto ormai in disuso un antico sentiero che saliva direttamente da Chiareggio, si deve percorrere un tratto della strada per il Rifugio Porro, staccandosene poco prima del Rifugio stesso; si può arrivare al lago anche da monte - per dir così - salendo dal piano del Ventina, tra i due rifugi, su una erta morena coperta all'inizio di mughi, poi, dopo un tratto pianeggiante di massi enormi, in un breve lari-ceto e ancora tra rocce, vallette, scarsi isolotti di prato selvatico, fino a un passaggio da cui si scende al lago. Si tratta di una meta ben nota, anche per la vicinanza ai rifugi e al centro turistico di Chiareggio, malgrado i 700 metri di dislivello da superare. Dalle vicinanze si gode una veduta eccezionale sul versante est del Monte Disgrazia e sulla valle e il Ghiacciaio del Ventina.
L'eccessiva asperità della montagna non ha consentito il collegamento tra questi ultimi sistemi lacustri del Gruppo del Disgrazia. Si può però rammentare che un non troppo difficile percorso può collegare, attraverso il Bocchel del Cane (2530 m), il Lago Pirola col Lagazzuolo; e, previa discesa fin quasi ai rifugi e risalita (non è tanto consigliabile la traversata in quota che si svolgerebbe su un sistema interminabile di «gande») al Passo Ventina (2675 m) si può passare al bacino di Sassersa. In ogni caso si tratta di percorsi fortemente panoramici, il che compensa alquanto della fatica.”
Una curiosità: questo lago riveste una certa importanza anche sul versante della storia del clima, perché negli anni venti del secolo scorso il prof. Corti potè esplorare il fondo del lago dopo un suo svuotamento e vi scoprì, non senza sorpresa, la presenza "una gran massa di grossi tronchi di piante", ad una quota significativamente più elevata rispetto al limite superiore del lariceto. Ciò poteva essere spiegato solo presupponendo che in passato il clima fosse stato più caldo rispetto al secolo XX, consentendo la cescita di queste piante ad una quota più elevata. Questa fase climatica più calda è probabilmente collocabile nella seconda parte del Medio Evo.


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Riprendiamo, ora, il racconto dell'escursione.
Oltre il camminamento, vediamo una bocchetta, di pochi metri più alta, raggiunta da un sentierino. L’impressione è che sul versante opposto vi sia una diversa via di discesa in Val Ventina, ma, se ci affacciamo, vediamo solo un ripido canalone. Torniamo al limite orientale del camminamento: alla nostra destra parte il sentiero che utilizzeremo per la discesa. Guidati dai segnavia, passiamo a destra della casa (chiusa) dei guardiani dello sbarramento e tracciamo una diagonale verso destra, tagliando le roccette affioranti ed i magri pascoli a valle del bastione roccioso, prima di entrare in una selva di larici. Qui il sentiero piega a sinistra e, superata una prima baita, raggiunge i prati dell’alpe Pirola (m. 2096), ove, a monte di alcune baite, possiamo osservare una bella cascata.

Ora dobbiamo scegliere fra due possibili prosecuzioni della discesa. La prima sfrutta un sentiero che riprende sul limite di sinistra (per noi) dei prati (al di là del torrentello che corre nel mezzo dell’alpe) e, tagliando il versante nord-occidentale che scende dal Torrione Porro (direzione ovest prima, sud poi), scende fino ad intercettare il tratturo che da Chiareggio sale al rifugio Gerli-Porro, poco prima del rifugio stesso (si tratta di quel sentiero che si divide, nell’ultima parte, in due rami, e di cui abbiamo parlato descrivendo la salita al rifugio). L’escursione, in questo caso, si chiude, ovviamente, sfruttando il tratturo per tornare a Chiareggio.


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Più interessante, anche se leggermente più lunga, è la seconda possibilità. Si tratta di percorrere il sentiero che scende, in direzione nord-est, all’alpe Zocche, piegando poi a sinistra (direzione nord-est) e raggiungendo il ponte di Chiareggio (cirècc, cirécc o ciarécc; in un documento del 1544 “gieregio”; in una mappa del 1816 risultava costituito dalla chiesetta di S. Anna, dall’Osteria del Bosco, dal baitone di fronte alla chiesa e da sei piccole costruzioni lungo il Mallero) nei pressi della partenza del tratturo per il rifugio Gerli-Porro (si tratta del sentiero già citato all’inizio di questa relazione). Vediamone lo sviluppo. La partenza del sentiero è segnalata da due frecce molto evidenti, su due massi, con la scritta “Alpe Zocche – Chiareggio”.
Sul limite basso dei prati troviamo, quindi, il sentiero che, con fondo buono, scende in un bel bosco di larici, fino a tagliare, da sinistra a destra, il torrentello, che forma, a monte, un’altra bella cascata. I segnavia ci accompagnano sempre nella discesa. In alcuni tratti la selva si apre e ci regala stupendi scorci sulla triade Tremoggia-Malenco-Entova. Raggiungiamo anche una splendida radura, nella quale si trovano alcune minuscole pozze, un posto incantevole, tranquillo, nel quale sicuramente non corriamo il rischio di essere presi dal solengo. Nella successiva discesa incontriamo un punto nel quale l’acqua, correndo su alcune rocce affioranti, le rende insidiose: alcune corde fisse ci agevolano nel superarlo. Guardando in basso, vediamo un suggestivo scorcio di Chiareggio. Poi, per un tratto, il sentiero corre a ridosso di alcuni rocciosi, prima di piegare leggermente a sinistra e scendere ai prati dell’alpe Zocche (alp di zòchi, m. 1775), altro luogo decisamente incantevole e bucolico. All’alpe giunge anche, da destra, un sentiero che proviene dall’alpe Parolina, posta più ad oriente.
Noi, invece, dobbiamo tagliare a sinistra, in direzione della baita sul bordo dei prati: qui il sentiero riparte, prendendo inizialmente a destra, per poi piegare a sinistra, effettuando l’ultima diagonale che ci riporta al ponte di Chiareggio. Questo anello comporta, nella versione ampia che comprende la salita al Torrione Porro, un dislivello in salita approssimativo di 930 metri, e richiede circa 5 ore di cammino.


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È interessante, infine, leggere il racconto della salita al lago Pirola effettuata da Bruno Galli Valerio, naturalista ed alpinista che molto amò queste montagna, il 27 agosto 1904: “Verso le tre, passiamo sulla riva destra del Mallero e cominciamo a salire per un sentiero ripidissimo a zig-zag lungo il torrente che scende dall'alpe Pirola. L'alpe Pirola è abbandonata. Per lei è cominciato il sonno invernale. Risalendo attraverso pascoli, raggiungiamo una cresta: sotto di noi, a picco appaiono le acque azzurro cupo del lago Pirola (2427 m.). Il vento le increspa e si sente il rumore dell'acqua che batte contro le roccie. Sulla nostra sinistra, le gande salgono ai passi del Ceresone e del Can, al di là del quale si vede una piccola vedretta. Davanti a noi sta imponente, il Disgrazia. A destra, la vedretta del Vazzeda, la Cima di Rosso e il Monte del Forno. Un bel quadro, incorniciato da una splendida cornice. Per una costa scivolosa di fieno selvatico, raggiungiamo l'estremità del lago che sta sotto al Bocchel del Can e seguiamo le gande della riva sud. Le ombre della sera cominciano a stendersi sul lago e diffondono un'infinita malinconia. Giunti all'estremità del lago, verso Val Ventina, ci portiamo di nuovo all'alpe Pirola e alle sei e mezzo, a Chiareggio troviamo la minestra fumante sulla tavola.” (B. Galli Valerio, Punte e Passi, a cura di Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, Sondrio, ed. CAI, 1998).


La testata della Val Sissone si specchia in una pozza a monte del lago Pirola

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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