CARTA DEL PERCORSO

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CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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Scarolda. Una principessa, forse, di origine germanica, probabilmente, dato il nome, molto bella, sicuramente. Una principessa rea di una qualche grave colpa e per questo condannata a nascondere per sempre la sua bellezza agli occhi degli uomini. Una bellezza che si è fatta pianto, fino a sciogliersi interamente nelle mute acque di un lago rinserrato e nascosto fra bastioni di rocce scure, il lago di Scarolda, appunto, in Valmalenco.
 
Questo, forse, è accaduto, o qualcosa di simile, secondo quanto suggerisce l’immaginazione. Certa è, invece, la bellezza del lago, nascosto e quasi sconosciuto, lontano com’è dai percorsi più noti e battuti della splendida valle al centro delle Alpi Retiche. Lo circondano le muraglie del tormentato fianco orientale del Sasso Nero, che separa due grandi rami superiori della Valmalenco, l’alta Valmalenco, percorsa dal torrente Màllero, ad occidente, e il vallone di Scerscen (a sua volta ramo occidentale della val Lanterna), percorso dal torrente omonimo, ad oriente.
Ed è proprio per il vallone di Scerscen che passa il quasi sconosciuto ma non difficile percorso che ci può portare al lago. Le vie di accesso a quello che è stato definito il Gran Canyon della Valmalenco sono fondamentalmente due. La più breve parte da Campo Moro, dove termina la carozzabile che sale da Lanzada. La più lunga parte, invece, da Campo Franscia, tappa intermedia per chi sale su questa carozzabile.
Raccontiamo entrambe le possibilità. Nel primo caso punto di partenza è la diga di Campo Moro (m. 1990), che si raggiunge salendo, da Chiesa Valmalenco (a 15,5 km da Sondrio) verso Campo Franscia (m. 1550, 8 km da Chiesa Valmalenco) e da Campo Franscia, su strada interamente asfaltata, a Campomoro (6 km da Campo Franscia).
Qui si trova ampia possibilità di parcheggio. Lasciata l’automobile, iniziamo il cammino attraversando, sul camminamento, la corona della grande diga e portandoci sul suo lato settentrionale, dove troviamo una pista che scende ad uno spiazzo sottostante. Qui parte, segnalato, il più frequentato sentiero per il rifugio Marinelli.
Noi, invece, dobbiamo proseguire sulla strada sterrata, in leggera discesa,
e, ad un bivio, prendere a destra, fino ad incontrare, dopo una breve salita, ancora sulla destra, la marcata mulattiera, segnalata, che si stacca dalla pista e, con un primo tratto in salita, si dirige, attraversando un bel bosco di larici, verso l’alpe Musella (si tratta di una mulattiera che sale da Campo Franscia e, dopo aver superato l’alpe Foppa, giunge ad intercettare, in questo punto, la pista, consentendo di effettuare una bella passeggiata da Campo Franscia all’alpe Musella, in poco più di un’ora).
La mulattiera guadagna gradualmente quota, superando i 2000 metri, e ci regala alcuni scorci davvero bucolici, nello splendido scenario di un rado bosco di larici.
Superiamo, così, dopo un breve ripido tratto, un roccione liscio e raggiungiamo un’incantevole pianetta, dove un ponticello ci permette di oltrepassare il torrentello che scende dal fianco sud-occidentale del poderoso massiccio del monte Moro (m. 3108).
Un ultimo tratto, in leggera discesa, ci conduce all’uscita dal bosco: siamo all’alpe Musella, ampia e tranquilla conca che si stende ai piedi delle cime omonime e del monte Moro,
 
che la incorniciano a nord e nord-est, e dell’ampio fianco del monte delle Forbici (m. 2910), che la chiude a nord-ovest. Superato un secondo ponticello, raggiungiamo un primo gruppo di baite, sul limite meridionale dell’alpe.
Qui si trovano anche i rifugi Musella (m. 2021) e Mitta (m. 2020): nei pressi del secondo troviamo facilmente il sentiero che sale, in un bosco di larici, dall’alpe Campascio (m. 1844). È, questo, un tratto della quinta tappa dell’Alta Via della Valmalenco, ed insieme del più classico e lungo itinerario per il rifugio Marinelli, quello cioè che parte da Campo Franscia, proseguendo fino al rifugio Carate Brianza (m. 2636) e, varcata la Bocchetta delle Forbici, al rifugio Marinelli.
Noi dobbiamo, però, procedere per altra via, portandoci verso il limite sud-occidentale dell’alpe e passando a monte di una chiesetta posta su un piccolo poggio. Ma prima raccontiamo come raggiungere l’alpe Musella partendo da Campo Franscia. La mulattiera, che costituisce l’antica via di accesso ai rifugi alti Carate Brianza e Marinelli, parte alle spalle dell’Albergo-Ristorante Fior di Roccia, esce dall’abitato e sale, con un primo tratto ripido, in direzione nord-nord-est, allontanandosi gradualmente dalle gole dello Scerscen.
 
Il suo fondo è ampio e piacevole da percorrere. Il tracciato, piegando gradualmente in direzione nord-est, si snoda ai piedi di massicci roccioni strapiombanti, la cui mole incombente, sulla sinistra, è resa più cupa dalla coloritura nerastra che talora assumono: sembrano lì lì per porre termine a quell’innaturale sospensione e precipitare, seppellendolo, sull’inerme escursionista che ne viola i recessi.
 
A quota 1770 circa il sentiero piega leggermene a sinistra, assumendo un andamento verso nord e raggiungendo il limite orientale della nascosta conca erbosa dell’alpe Foppa (m. 1825). Qui, volgendo ancora a sinistra, attraversa, su un ponticello, un piccolo corso d’acqua, corre per un breve tratto verso ovest, lungo il limite settentrionale dell’alpe, per poi piegare a destra e riprendere a salire in direzione nord-est. Dopo un breve tratto in salita, la mulattiera intercetta, a quota 1900 circa, una pista sterrata che proviene, da destra, dalla diga di Campomoro e prosegue, verso sinistra, fino all’alpe Campascio.
Seguiamo per un breve tratto la pista, che sale, verso destra, fino a trovare, sulla nostra destra, la ripresa della mulattiera, con segnalazione per l’alpe Musella. Si tratta della mulattiera già descritta, che ci porta, alla fine, all’alpe Musella.
Ora vediamo come addentrarci nel vallone di Scerscen. Portiamoci alla cappelletta,
oltrepassiamola e raggiungiamo il gruppo di baite poste sul limite occidentale dell’alpe, dove, presso quella più bassa, troveremo il triangolo giallo che segnala la variante della V tappa dell’Alta Via.
Imbocchiamo, così, un sentiero che per un buon tratto corre, con qualche saliscendi, in un bosco di larici, tagliando le estreme propaggini di rocce arrotondate che scendono dallo sperone meridionale del monte delle Forbici. Il sentiero, raggiunto un punto panoramico che ci permette di gettare un’occhiata sulla piana dell’alpe Campascio, occupata, nella parte occidentale, da detriti alluvionali, piega a destra, esce dal bosco e taglia il selvaggio fianco sud-occidentale del monte delle Forbici.
Ad un certo punto, sulla nostra destra, si impone allo sguardo una singolare e quasi surreale formazione rocciosa, massiccia, levigata, dalle sfumature nere e rossastre;
rappresenta un po’ un punto di svolta, in quanto il panorama, alle nostre spalle, dominato dalla costiera Valmalenco - Val di Togno, con il pizzo Scalino sulla sinistra, comincia a chiudersi, mentre si apre gradualmente quello del vallone. Passando ai piedi di questa formazione, potremo individuare, a pochi metri dal sentiero, alla nostra destra, un tronco di cono di serpentino, levigato, con alcune scritte, alto circa tre metri. Alla sua sommità, una curiosa cavità, che lo fa sembrare uno scranno. Si tratta della “poltrona del diavolo” di cui parla una delle tante leggende legate a questi luoghi che, solitari e selvaggi come sono, non hanno mancato di accendere la fantasia popolare.
Poco oltre, una grande roccia arrotondata ed esposta si frappone al nostro cammino: non potremmo superarla in sicurezza senza l’ausilio della passerella in legno costruita sul suo fianco e corredata di una corda fissa.
Poi il sentiero attraversa un corpo franoso, prima di condurci alle miniere abbandonate di amianto, a quota 2050, segnalate da un cartello della Comunità Montana Valtellina di Sondrio, che dà anche il Cimitero degli Alpini ad un’ora di cammino.
 
A poca distanza dalle miniere, raggiungiamo il ponte che ci porta sul lato opposto del vallone nel quale stiamo entrando, cioè sul lato occidentale.
Qui, per un buon tratto, procediamo sul limite dei depositi alluvionali del torrente Scerscen, prima di guadagnare un po’ quota, guidati dai segnavia (triangoli gialli) sul fianco sinistro (per noi) del vallone. Si apre, intanto, il superbo scenario delle più alte cime di Valmalenco:
le prime ad apparire sono il pizzo Sella (m. 3511), a sinistra, ed il pizzo Roseg (m. 3937), a destra.
Ben presto appaiono, poi, più a destra, i pizzi Scerscen (m. 3971) e Bernina (m. 4049).
Ancora più a destra, ecco la caratteristica ed inconfondibile Cresta Güzza (m. 3869). Chiude la superba testata della Valmalenco, sul lato destro, il pizzo Argient (m. 3945).
Continuiamo a guadagnare gradualmente quota, portandoci verso il fianco roccioso che chiude alla nostra sinistra (ovest) il vallone, dove oltrepassiamo un baitello, a ridosso della roccia, presso il quale una scritta, “MMII anno internazionale della montagna” ricorda che il 2002 è stato dedicato, in tutto il mondo, alla multiforme realtà della montagna.
Attraversato da sinistra a destra un modesto torrentello, approdiamo, quindi, ad un ampio pianoro. Mentre alla nostra destra la massiccia complesso roccioso che culmina nel monte delle Forbici rende sempre meglio visibile, le cime della testata della Valmalenco cominciano a defilarsi, nascoste dai possenti gradoni rocciosi che si trovano nella parte medio-alta del vallone.
A sinistra si fa sempre più slanciata la cima quotata 3006, immediatamente a nord della forca d’Entova, cima che nasconde alla vista le più famose cime del Sasso d’Entova (m. 3329), del pizzo Malenco (m. 3438) e del pizzo Tramoggia (m. 3441), posti a nord-ovest della stessa.
Ora dobbiamo prestare attenzione, perché per salire al lago, che si trova sul versante del massiccio del Sasso Nero che sta alla nostra sinistra, dobbiamo seguire una via che non è segnata, e sulla quale non troviamo se non qualche scampolo malcerto di traccia di sentiero. Per questo dobbiamo avvalerci di esperienza escursionistica, anche se non ci sono passaggi davvero impegnativi o pericolosi. Percorriamo, dunque, per un buon tratto il pianoro, e prendiamo come punto di riferimento un roccione che incontriamo sulla nostra destra. Proseguiamo ancora per una decina di metri oltre il roccione, poi pieghiamo lasciamo il sentiero, pieghiamo a sinistra ed attraversiamo il modesto corso d’acqua che abbiamo appena attraversato in senso contrario e che scende proprio dal lago di Scarolda.
Osserviamo, ora, il fianco del monte che dovremo risalire. Dalla nostra destra, distingueremo una fascia di grandi massi, un modesto calecc (appena la base di quattro mura in pietra), una fascia erbosa che sale fino ad un roccione scuro, dal quale (non sempre) scende una modesta cascatella, una fascia di gande e sfasciumi e, proprio davanti a noi, un dosso appena pronunciato, delimitato, sulla sinistra, da un canalino sassoso che sembra l’alveo prosciugato di un modesto torrentello. È proprio questo modesto dosso che sfrutteremo per la salita, che avviene su terreno irregolare, ma non eccessivamente faticoso, con una pendenza abbordabile. Saliamo rimanendo a destra del canalino sassoso, fino ad approdare ad un corridoio che sale dalla nostra destra verso sinistra. Di fronte abbiamo uno scuro salto roccioso.
Pieghiamo, quindi, a sinistra, seguendo il corridoio, fino a giungere in prossimità del suo termine. Pieghiamo, ora, a destra, risalendo una china che ci porta ad un bel terrazzo erboso, con una suggestiva veduta sulla testata della Valmalenco.
Il terrazzo si colloca proprio sopra il salto roccioso menzionato. Guardando in alto, leggermente a destra, possiamo ora facilmente distinguere la porta di accesso al pianoro nascosto che ospita il lago. Si tratta proprio della soglia dalla quale scende il torrentello che esce da esso: è circondata da bastioni roccioso, ma al centro è sufficientemente larga da consentire un passaggio abbastanza agevole.
 
Salendo in diagonale verso destra, ne raggiungiamo il piede. Restiamo, quindi, a sinistra del corso d’acqua, superando rocce rotte e massi con un po’ di attenzione. Poi, quasi alla fine della porta,
ci portiamo sulla destra ed approdiamo ad uno splendido pianoro, che si apre, inatteso, fra le scure muraglie rocciose, a quota 2432 metri.
Al centro del pianoro vediamo i segni
di un microlaghetto, al suo termine la modesta soglia che lascia intuire un secondo pianoro e, sul fondo, le scure muraglie del Sasso Nero. Percorriamo, quindi, la piana ed aggiriamo, sulla sinistra, il dosso centrale che ci separa dal secondo pianoro, ed eccoci alla conca terminale.
Vediamo il lago solo quando ormai siamo nei suoi pressi. Un lago splendido, a quota 2456 metri. Se il sole lo illumina, le sue acque, di un blu intenso, regalano uno spettacolo incantevole.
Per guardarlo dall’alto, risaliamo un po’ il versante di sfasciumi alla nostra sinistra, fino a dominarne il profilo. Poi scendiamo sulla sua riva occidentale. I
l panorama, ad est, è chiuso da tre cime, cioè, da sinistra, dalla punta Marinelli, dalla cima occidentale di Musella e dal monte delle Forbici. Per l’intera durata della nostra presenza, la dura pena che Scarolda deve scontare viene sospesa, perché ci siamo noi ad ammirarne la bellezza.
Poi viene il tempo di scendere, e di lasciare la profondissima solitudine di questi luoghi. Per la medesima via di salita, torniamo in fondo al vallone, proseguendo nella discesa fino all’alpe Musella. Se siamo saliti fa Campo Franscia, possiamo tornare per due interessanti vie alternative. La prima corre nei pressi della selvaggia parte inferiore del vallone Scendiamo, dunque, all’alpe Foppa, ripercorrendo in parte il percorso già effettuato. Raggiunta l’alpe, prendiamo, però, a destra, fino al suo limite occidentale, dove troviamo, aiutati dai triangoli gialli, un sentierino che si dipana fra alcuni grandi massi e comincia a scendere verso ovest-sud-ovest, con un andamento in diversi punti piuttosto ripido.
La traccia è incerta, per cui non dobbiamo perdere il riferimento dei segnavia. Il primo tratto della discesa si mantiene a destra di un vallone secondario: poi, raggiunta una sorta di porta nella roccia, pieghiamo decisamente a destra, assumendo la direzione sud-est. Alla nostra sinistra incombe un minaccioso fronte di roccioni strapiombanti, mentre a destra intravediamo la profonda e scura forra che il torrente Scerscen si è scavato nel suo corso impetuoso. Si tratta delle gole dello Scerscen, profonde e selvagge, che raggiungono in alcuni punti l’altezza di cento metri. In alcuni punti ne possiamo scorgere uno spaccato impressionante. Proseguendo nella medesima direzione e piegando, alla fine, leggermente a destra, il sentierino ci porta ad una fascia di rocce levigate, discese le quali intercettiamo la mulattiera Franscia-Musella, già percorsa in salita, poco sopra il punto di partenza. Abbiamo percorso, nella discesa dall’alpe Foppa, il sentiero di interesse naturalistico segnalato con la lettera D, che troviamo segnata su alcuni massi.
La seconda via alternativa passa, invece, per l’alpe Campascio, alla quale possiamo scendere dall’alpe Musella, seguendo il sentiero indicato, oppure, per via più breve, imboccando un sentierino che si stacca sulla destra dal sentiero che esce dal vallone di Scerscen, in corrispondenza di un punto in cui il bosco si dirada. Se lo troviamo, lo possiamo seguire tranquillamente fino alla piana dell’alpe.
Dobbiamo, poi, raggiungere il limite meridionale dell’alpe Campascio e, seguendo le indicazioni (triangoli gialli dell’Alta Via della Valmalenco), piegare leggermente a destra (ignorando le indicazioni del Sentiero D per Campo Franscia),
fino ad un ponte di legno sul torrente Scerscen. Sul lato opposto del ponte troviamo la larga e comoda mulattiera che, con andamento sostanzialmente pianeggiante, attraversa uno splendido bosco di larici e confluisce nella pista sterrata che scende dal passo di Campolungo. Qui confluisce anche, come indica un cartello, da destra il sentiero che scende dal bocchel del Torno (o bocchel del Turn), e che costituisce la prosecuzione della V tappa per chi, sceso dalla Marinelli, prosegua verso il rifugio Palù.
Noi, invece, dobbiamo scendere sulla pista, che passa vicino al dosso dei Vetti e si conclude, poco sotto, in prossimità dell’ex-rifugio Scerscen (m. 1813). Alla pista si sostituisce una larga mulattiera, che scende fino alle case alte di Campo Franscia, dalle quali, percorrendo la strada asfaltata, torniamo all’automobile.
La salita al lago da Campo Franscia richiede circa 4 ore, che si riducono a poco più di 3 se partiamo da Campo Moro. Il dislivello è, nel primo caso, di circa 950 metri, nel secondo di circa 530 metri.
Un’ultima nota, di carattere cartografico: sulle carte IGM e Kompass questo itinerario non è segnato, mentre viene indicata una traccia di sentiero che raggiunge il pianoro del lago da nord, staccandosi dalla traccia che dal vallone di Scerscen sale alla forca d’Entova. Bisogna però tener presente che mentre questa seconda traccia è segnalata dai segnavia dell’Alta Via, la deviazione per il lago non lo è. Inoltre questo percorso è meno intuitivo, ed assai più lungo rispetto a quello descritto.

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