L’alta via Lendine-Bodengo (sentiero D9), che effettua una splendida traversata da Olmo a Bodengo, fra Valle del Drogo ed alta Val Bodengo (toccando Valle della Forcola, Val Pesciadello, Val Piodella e Valle di Strem), è la meno nota e praticata della provincia di Sondrio. Eppure agli appassionati di trekking affamati di scenari di profonda solitudine riserverà soddisfazioni inaspettate. Ma chi la vorrà percorrere, gustando il fascino del tutto unico di questo angolo di Alpi Lepontine (imbocco della Valle Spluga ed angolo sud-occidentale della Val Chiavenna), non sottovaluti gli elementi che la rendono tanto difficile quando affascinante: carenza d’acqua, sentieri con traccia discontinua, a tratti esposti ed infidi con terreno bagnato, difficoltà di orientamento con visibilità scarsa, rara presenza di escursionisti che possano aiutare in caso di difficoltà. La traversata, che richiede dunque esperienza escursionistica, si articola in due giornate ed il pernottamento può avvenire al nuovo bivacco Val Capra, appena sotto la bocchetta o passo di Lendine, oppure un po’ più avanti un'ora e mezza circa), al rifugio-bivacco Forcola.


Olmo e San Bernardo

PRIMA GIORNATA: DA OLMO AL BIVACCO VAL CAPRA (O AL RIFUGIO-BIVACCO ALPE FORCOLA)

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in salita/discesa
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Olmo - Alpe Lendine - Bivacco Val Capra
4 h e 15 min.
1150
E
Olmo - Alpe Lendine - Passo di Lendine - Passo della Forcola - Ridufio-Bivacco Alpe Forcola
5 h e 45 min.
1380
E
SINTESI. Per effettuare la traversata dobbiamo disporre di due automobili. Con la prima automobile portiamoci a Gordona ed acquistiamo il permesso di transito per la Val Bodengo presso il ristorante "Al Crot" (via ponte, 64 tel. 0343-42463), il bar "La Fuss" (via Roma, 8 - tel. 0343-42303) o presso il supermercato "Comprabene" (via ponte, 1 - tel. 0343-42325). Cominciamo, quindi, a salire passando alla sua destra e superando le scuole elementari. La strada piega a sinistra; salendo, vediamo alla nostra destra la Latteria Sociale. Poi la strada volge a destra ed imbocchiamo via degli Emigranti. Proseguendo diritti ci troviamo, poi, in via Cimavilla. Passiamo, quindi, a destra di una cappelletta e lasciamo via Cimavilla alla nostra destra; proseguendo sulla via principale, ci dirigiamo al parcheggio che precede l’inizio della strada chiusa al traffico dei veicoli non autorizzati. La strada dopo alcuni tornanti passa per la località Donadivo e comincia ad addentrarsi nella Val Bodengo, raggiungendo Bodengo (m. 1030), dove parcheggiamo. Con la seconda automobile saliamo sulla ss 36 dello Spluga in Valchiavenna. Alla seconda rotonda di Chiavenna prendiamo a sinistra, per il passo dello Spluga, e proseguiamo nella salita fino a giungere in vista della chiesa di San Giacomo-Filippo. Prima di raggiungerla troviamo, a sinistra della strada, lo svincolo per Olmo e San Bernardo. Lasciamo dunque la Statale e prendiamo a sinistra, superando su un ponte il torrente Liri e proseguendo sulla strada che dopo 18 tornanti raggiunge Olmo. Qui parcheggiamo presso la chiesetta della SS. Trinità (m. 1056). Saliamo sulla scalinata che passa accanto alla chiesetta e proseguiamo fra le baite vicine, fino al bivio segnalato. Entrambi i sentieri portando all’alpe Lendine. Prendiamo quello di destra (C26), che sale verso ovest al caratteristico nucleo di Zecca, dove il sentiero piega a destra e procede in direzione nord-ovest, entrando in un bosco di larici che si affaccia sul versante meridionale della Valle del Drogo. Procedendo verso est passiamo per il nucleo di Corseca (m. 1375). Ci raggiunge salendo da destra il sentiero che proviene dal versante opposto della Valle del Drogo (settentrionale), e precisamente dal nucleo di Caurga. Poi il sentiero piega gradualmente a sinistra e comincia a guadagnare quota verso sud-ovest. Attraversata una nuova valletta, ci portiamo ad un ponticello a quota 1477 metri, sul quale passiamo da sinistra a destra di un torrente. Proseguiamo fra splendidi larici, verso sud-ovest, su sentiero marcato e con diversi tornantini, superando un secondo ponticello ed uscendo alla parte bassa dei prati dell’alpe Lendine (m. 1710). Seguiamo le indicazioni del sentiero C9 che porta al lago di Lendine (dato ad un’ora e 20 minuti) e prosegue come Alta Via Lendine-Bodengo. Lasciate alle spalle le baite, ignoriamo il sentiero di sinistra che traversa all'alpe Lagazzuolo e pieghiamo a destra, verso ovest, seguendo i segnavia bianco-rossi ed attraversando da sinistra a destra il greto asciutto di un torrentello. Iniziamo poi a salire decisamente verso nord-ovest, seguendo il solco di un torrentello asciutto per poi portarci, più in alto, alla sua sinistra e proseguire lungo un costolone di rododendri (attenzione a non perdere la traccia ed i segnavia). Guadagniamo così un poggio erboso a quota 2000 metri. Pieghiamo leggermente a sinistra salendo verso ovest-nord-ovest ed attraversando un largo canalone franoso. Alla nostra sinistra vediamo le baite dell’Avert o alpe Valcapra, dove si trova il bivacco Val Capra (m. 2164), che possiamo sfruttare come struttura di appoggio traversando una valletta verso sud, quasi in piano.


Il lago Caprara

Per effettuare la traversata dobbiamo disporre di due automobili. Con la prima automobile portiamoci a Gordona ed acquistiamo il permesso di transito per la Val Bodengo presso il ristorante "Al Crot" (via ponte, 64 tel. 0343-42463), il bar "La Fuss" (via Roma, 8 - tel. 0343-42303) o presso il supermercato "Comprabene" (via ponte, 1 - tel. 0343-42325). Cominciamo, quindi, a salire passando alla sua destra e superando le scuole elementari. La strada piega a sinistra; salendo, vediamo alla nostra destra la Latteria Sociale. Poi la strada volge a destra ed imbocchiamo via degli Emigranti. Proseguendo diritti ci troviamo, poi, in via Cimavilla. Passiamo, quindi, a destra di una cappelletta e lasciamo via Cimavilla alla nostra destra; proseguendo sulla via principale, ci dirigiamo al parcheggio che precede l’inizio della strada chiusa al traffico dei veicoli non autorizzati. La strada dopo alcuni tornanti passa per la località Donadivo e comincia ad addentrarsi nella Val Bodengo, raggiungendo Bodengo (m. 1030), dove parcheggiamo.


Le baite di Zecca

Sentiero per l'alpe Lendine

L'alpe Lendine

Con la seconda automobile saliamo sulla ss 36 dello Spluga in Valchiavenna. Alla seconda rotonda di Chiavenna prendiamo a sinistra, per il passo dello Spluga, e proseguiamo nella salita fino a giungere in vista della chiesa di San Giacomo-Filippo. Prima di raggiungerla troviamo, a sinistra della strada, lo svincolo per Olmo e San Bernardo. Lasciamo dunque la Statale e prendiamo a sinistra, superando su un ponte il torrente Liri e proseguendo sulla strada che dopo 18 tornanti raggiunge Olmo. Qui parcheggiamo presso la chiesetta della SS. Trinità (m. 1056).
Saliamo sulla scalinata che passa accanto alla chiesetta e proseguiamo fra le baite vicine, fino al bivio segnalato. Entrambi i sentieri portando all’alpe Lendine. Prendiamo quello di destra (C26), che sale verso ovest al caratteristico nucleo di Zecca, con le sue baite rinserrate in un antico abbraccio. Qui il sentiero piega a destra e procede in direzione nord-ovest, entrando in un bosco di larici che si affaccia sul versante meridionale della Valle del Drogo. Superata una valletta, proseguiamo verso nord-ovest, in leggera salita. Ci intercetta da destra un secondo sentiero che parte anch’esso da Olmo.


Alpe Lendine

Alpe Lendine

Alpe Lendine

Procedendo verso est superiamo un torrentello (m. 1287), traversando poi con tratti in leggera salita e tratti in piano fino alle baite diroccate di Corseca (m. 1375). Ci raggiunge salendo da destra il sentiero che proviene dal versante opposto della Valle del Drogo (settentrionale), e precisamente dal nucleo di Caurga. Poi il sentiero piega gradualmente a sinistra e comincia a guadagnare quota verso sud-ovest. Attraversata una nuova valletta, ci portiamo ad un ponticello a quota 1477 metri, sul quale passiamo da sinistra a destra di un torrente.
Proseguiamo fra splendidi larici, verso sud-ovest, su sentiero marcato e con diversi tornantini, superando un secondo ponticello ed uscendo alla parte bassa dei prati dell’alpe Lendine (m. 1710), angolo di rara bellezza dove il tempo sembra sospendere il suo crudele corso che divora ogni cosa. L’alpeggio, attestato già nel secolo XIV come alpe di Olmo, d’estate si ravviva per la gioiosa presenza delle tante persone che soggiornano nelle baite ristrutturate. Troviamo qui anche una piccola chiesetta dedicata alla B. V. Maria: qui verrà ricavata la Casa dell’Alpe, con funzione di bivacco. L'escursione potrebbe concludersi qui, ma se abbiamo tempo e forze vale la pena di prolungarla fino al passo di Lendine, anche se mancano ancora quasi due ore di cammino.


Alpe Lendine

Alpe Lendine

Salita al passo di Lendine

Qui troviamo alcuni cartelli escursionistici che indicano che andando a sinistra con il sentiero C27 si traversa a Laguzzola (o Lagazzuolo) in un'ora e 45 minuti e ad Olmo in 3 ore; andando a destra, sul sentiero C28 si traversa all'alpe Prostoin 50 minuti ed al Lago del Truzzo e al Rifugio Carlo Emilio in 2 ore; proseguendo diritti, sul sentiero C9 si sale al Lago Caprara in un'ora e 20 minuti e si può proseguire sull'Alta Via Lendine-Bodengo. Seguiamo le indicazioni del sentiero e proseguiamo diritti sul piano erboso. Lasciate alle spalle le baite, sul lato destro, ignoriamo il sentiero di sinistra che traversa all'alpe Lagazzuolo e pieghiamo a destra, verso ovest, seguendo i segnavia bianco-rossi. I sentieri di salita sono un realtà due: quello di destra segnalato da segnavia ed uno a sinistra segnalato da ometti.


Canalone franoso

Il bivacco Val Capra

Passo di Lendine e lago Caprara

Vediamo il primo. I segnavia ci fanno attraversare da sinistra a destra il greto asciutto di un torrentello. Iniziamo poi a salire decisamente verso nord-ovest, seguendo il solco di un torrentello asciutto per poi portarci, più in alto, alla sua sinistra e proseguire, su traccia di sentiero, lungo un costolone di rododendri e radi larici, fra due valloni (attenzione a non perdere la traccia ed i segnavia). Dopo una ripida salita con diversi tornanti (in alcuni punti ci aiutiamo mettendo le mani a terra) e dopo un traverso a sinistra guadagniamo il poggio erboso a quota 2000 metri, dove troviamo un paletto con segnavia.


Salita dall'alpe Lendine al passo di Lendine

Dopo un tornante dx, pieghiamo a sinistra salendo verso ovest-nord-ovest. Saliamo ancora con qualche tornante, seguendo i paletti con segnavia. Alla nostra sinistra vediamo le baite dell’Avert o alpe Valcapra, dove si trova il bivacco Val Capra (m. 2164), che possiamo sfruttare come struttura di appoggio traversando con attenzione una valletta verso sud, quasi in piano, ed attraversando un largo canalone franoso (il sentiero qui è eroso ed il terreno smosso. Superato il vallone, ci portiamo in breve al bivacco.


Passo di Lendine

Bivacco Val Capra

La struttura è stata inaugurata nel luglio 2016, è sempre aperta ed segnalato anche da alcune bandiere. Si trova nei pressi delle tre baite dell'alpe ed è stata ricavata dal CAI di Chiavenna dalla ristrutturazione di una quarta baita. Dispone di due locali con cucina con fornello due fuochi, mobile con stoviglie, tavolo, due panche, cassetta del pronto soccorso, otto posti letto, materassi, cuscini e coperte. Nei suoi pressi si può attingere acqua da una fontana. Può risultare molto utile a coloro che intendono percorrere l'alta via Lendine-Bodengo.


Valle del Drogo vista dal bivacco Val Capra

Valle del Drogo vista dal Bivacco Val Capra

SECONDA GIORNATA: DAL BIVACCO VAL CAPRA (O DAL RIFUGIO-BIVACCO FORCOLA) A BODENGO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in salita/discesa
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Bivacco Val Capra - Bocchetta di Lendine - Passo e rifugio della Forcola - Alpe Scima - Alpe Pregassone - Avert di Mezzo . la Porta - Alpe e bocchetta di Piodella - Forcella di Strem - Alpe Gandaiole - Alpe Piazza - Bodengo
9-10 h
1200 (variante alta)
EE
Rifugio Bivacco Alpe Forcola - Alpe Scima - Alpe Pregassone - Avert di Mezzo . la Porta - Alpe e bocchetta di Piodella - Forcella di Strem - Alpe Gandaiole - Alpe Piazza - Bodengo
8 h
910 (variante alta)
EE
SINTESI. Dal bivacco Val Capra (m. 2164) traversiamo verso nord tornando al sentiero per il quale siamo saliti dall’alpe Lendine. Procedendo a sinistra, cioè verso sud-ovest, saliamo ripassando a monte del ripiano del bivacco, e guadagniamo il crinale che si affaccia sul territorio elvetico (Mesolcina), di cui raggiungiamo il confine. Siamo alla bocchetta o passo di Lendine (m. 2322), poco sopra il lago Caprara  (m. 2288). Dobbiamo ora traversare verso sud al passo della Forcola. Qualche bollo e qualche ometto detta il percorso più agevole, fra blocchi e sfasciumi. La prima parte della traversata segue il crinale. Saliamo verso sud, in direzione della cima del Pizzaccio (m. 2589). Dopo venti minuti o poco più di salita raggiungiamo la portina di quota 2373 metri, presso la quale si trova una caratteristica trincea; oltrepassata la portina cominciamo a scendere, appoggiandoci al versante elvetico, sul ripido fianco occidentale del Pizzaccio. Svendiamo dapprima fra roccette, poi su un versante si sassi e magri pascoli, procedendo verso sud. Aggirato ai piedi il bastione occidentale del Pizzaccio, pieghiamo leggermente a sinistra e perdiamo ancora quota in direzione sud-sud-est. Torniamo così in prossimità del confine e, volgendo leggermente a destra, lo seguiamo fino al passo della Forcola (m. 2226). Scendiamo lungo la Valle della Forcola, su traccia di sentiero, in direzione est-sud-est, a sinistra del solco della Crezza. Attraversato un nevaietto che possiamo talora trovare anche a stagione inoltrata, giungiamo al bivio segnalato ed andiamo a destra (indicazione “Biv. Forcola” su un masso) attraversando la Crezza e sul versante opposto ci portiamo all’alpe Forcola (m. 1838), dove, dopo breve traversata, raggiungiamo il rifugio-bivacco Alpe Forcola, che funge anche da bivacco e quindi può servire da appoggio per il pernottamento durante la traversata. Proseguiamo seguendo le indicazioni del cartello escursionistico del sentiero D9, che traversa a sud verso l’alpe Cima. La debole traccia corre fra i prati e guadagna un po’ quota alla caratteristica “Scala de la Forcula”, salita di lastroni interrati fissati alla parete rocciosa. Proseguiamo in pecceta poco sotto il versante roccioso che chiude il lato orientale dell’alta Valle della Forcola. Dopo una lunga traversata, verso sud-sud-est, quasi in piano, attraversiamo un tratto su terreno franoso, che ci introduce al lungo dosso sul cui filo si trovano le baite della stupenda alpe Cima (m. 1870), con la caratteristica cappelletta circolare. Qui i cartelli escursionistici segnalano un bivio al quale prendiamo a prendiamo a destra, proseguendo sul sentiero D9. Dopo pochi minuti siamo ad un bivio, al quale, seguendo i segnavia, procediamo diritti, ignorando il sentiero che scende alla nostra sinistra. Proseguiamo in piano e in leggera salita verso nord-ovest, sul sentierino ben marcato che taglia il ripido versante orientale della Val Pesciadello. Raggiunto un primo avvallamento pieghiamo leggermente a sinistra, e ad un secondo ancora a sinistra, tagliando un ampio dosso che ci porta alle baite diroccate dell’alpe Pregassone (m. 1914). Qui dobbiamo stare attenti ai segnavia: ignoriamo il sentiero che taglia a sinistra (ovest) verso il centro della valle e saliamo verso nord-ovest, quasi a ridosso dei roccioni che chiudono la valle alla nostra destra. Ad un nuovo bivio prendiamo a sinistra, lasciando il sentiero che prosegue diritto verso l’alpe Fugiana e procedendo verso ovest e poi nord-ovest, fino al torrente al centro della valle. Sul versante opposto pieghiamo decisamente a sinistra (sud) e procediamo a ridosso di alcuni roccioni alla nostra destra, fino ad una larga china erbosa che risaliamo volgendo a destra (ovest), con diversi tornanti. Un ultimo traverso verso destra (nord) ci porta alle baite dell’Avert di Mezzo (Avèrt de Mèz, m. 2075. Seguendo i segnavia traversiamo ora, verso sud, gli alti pascoli della valle, salendo gradualmente ed attraversando tre avvallamenti principali, fino a giungere alla cresta che divide la Val Pesciadello dalla Val Piodella, in corrispondenza della Porta di Piodella (m. 2274). Da qui inizia la discesa in Val Piodella, con un lungo traverso che taglia in diagonale le roccette del versante (attenzione), fino a toccare i pascoli della Piodella e raggiungere su terreno tranquillo le baite dell’alpe Piodella (m. 2045). Una variante alta dall’Avert di Mezzo guadagna quota più decisamente in direzione sud-ovest, passando a monte dei tre avvallamenti principali e portandosi al colle erboso di quota 2355 metri, appena ad est del pizzo di Setag’, per poi scendere zigzagando verso sud sul versante molto ripido, fra corpi franosi e magri pascoli (attenzione) ai pascoli denominati Spundòn de la Piudèla e proseguire nella discesa, passando a lato di un versante franoso, fino alle poche baite dell’alpe Piodella (La Piudela, m. 2045). Questa variante ha il vantaggio di evitare il lungo traverso fra le roccette della costiera, anche se impone una discesa attenta sul versante alto della Val Piodella. Alle baite dell’alpe Piodella siamo ad un bivio, al quale andiamo a destra (a sinistra se ci poniamo di fronte alla facciata della baita), salendo fra roccioni arrotondati e magri pascoli in direzione dell’ampia sella della bocchetta di Piodella e passando accanto al laghetto di Piodella (m. 2202). Per facili roccette raggiungiamo la bocchetta o forcella di Piodella (m. 2271) che si affaccia sulla Valle di Strem. Non scendiamo verso valle, ma traversiamo a destra, su traccia di sentiero, tagliando un faticoso versante franoso, in leggera salita, verso sud-ovest, fino al ben visibile intaglio della Forcola o Forcella di Strem (m. 2294, grande ometto) che dà accesso alla Val Gamba, in territorio elvetico. Dalla Forcella di Strem (m. 2294) scendiamo lungo la Val di Strem. Nella prima parte della discesa puntiamo, scendendo verso sud-est, ai ruderi delle baite dell’alpe Gandaiole (m. 2078). Le baite si trovano a destra di un vallone marcato che corre quasi a ridosso del limite settentrionale (di sinistra) della valle, quello stesso vallone che più in basso dovremo attraversare. Nella successiva discesa pieghiamo a destra, cioè punta a sud, spostandoci un po' verso il centro della valle, ma restando sempre sul suo lato sinistro (per noi che scendiamo: non portiamoci sulla destra, in direzione dell'alpe Strem). Procediamo su un sentierino con traccia incerta, nascosta spesso dall'alta erba, e dobbiamo prestare attenzione a segnavia ed ometti. Diritto davanti a noi, sul fianco sinistro della valle, distinguiamo facilmente il promontorio boscoso con uno spicchio di prati: si tratta dell'alpe Piazza, alla quale dobbiamo traversare. Superiamo un sasso che indica la deviazione a destra per l'alpe Strem, dove si trova la Baita del pastore, sempre aperta (m. 1947). Ignoriamo la deviazione e procediamo diritti. Dobbiamo stare molto attenti ora ad imboccare il sentiero che traversa all'alpe Piazza. Per farlo torniamo sulla sinistra e collochiamoci sul largo dosso delimitato a sinistra dal già citato vallone a ridosso del fianco settenrionale della valle e a destra da un secondo avvallamento. La traccia ne percorre un buon tratto, poi, prima che inizi la fascia degli abeti, piega, a quota 1850 m. circa, a sinistra. Visivamente, dobbiamo prendere a sinistra puntando alla selletta erbosa compresa fra alcune formazioni rocciose a monte ed i primi abeti a destra. Il sentiero scende verso nord ad attraversare il torrente del vallone sul fianco settentrionale della valle (m. 1800). Sul lato opposto piega a destra e prosegue la discesa verso sud-est, correndo a ridosso dell'aspro e verticale versante ai piedi del pizzo della Piazza. Il sentiero è sempre netto, ma esposto e soggetto a smottamenti. Superato un canalino franoso, pieghiamo leggermente a destra e traversiamo ancora per un tratto, fino ad uscire ai prati dell'alpe Piazza (la Piàza, m. 1668), ai piedi del pizzo della Piazza. Passiamo a destra della baita e lasciamo il poggio piegando leggermente a sinistra, per poi scendere su un ripidissimo dosso, in una splendida pecceta, verso sud-est. Superato un valloncello, raggiungiamo un dosso più dolce, e proseguiamo nella discesa seguendone il filo, fino ad uscire in vista della piana della Val Bodengo. Qui il sentiero D9 termina ed intercettiamo la pista sul fondovalle. Scendendo verso sinistra in pochi minuti giungiamo a Bodengo (m. 1030), dove la traversata termina e dove abbiamo lasciato la prima automobile.

Bivacco Val Capra

Bivacco Val Capra

La seconda giornata dell’alta via prevede una splendida traversata che dalla Valle della Forcola elvetica ed italiana porta alla Val Pesciadello, alla Val Piodella ed infine alla Val Bodengo, dove la traversata termina al nucleo principale di Bodengo. Una splendida cavalcata in luoghi frequentati dalla solitudine e carichi di una suggestione impagabile. Attenzione però ai segnavia, per non perdere una traccia che in diversi punti latita. Dal bivacco Val Capra traversiamo verso nord tornando al sentiero per il quale siamo saliti dall’alpe Lendine. Qui seguiamo i segnavia e superato il vallone franoso passiamo alti rispetto al bivacco, proseguendo la salita verso sud-ovest, fra dossi erboso e vallette, passando per lo splendido lago Caprara (m. 2288) e guadagnando la vicina sella della Bocchetta o Passo di Lendine (m. 2328). Poco più avanti e poco più in basso vediamo il bellissimo lago Caprara (m. 2288), al quale possiamo scendere in una manciata di minuti.


Lago Caprara

Lago Caprara

La Bocchetta o Passo di Lendine (Buchéta de Lénden o anche Passo di Val Marina, dal nome della valletta scoscesa che si trova appena oltre la bocchetta) è una piccola sella che, a quota 2324, congiunge la Valle del Drogo alla Valle della Forcola elvetica. Si trova in mezzo a due altri passi, più importanti, il passo della Forcola a sud ed il passo di Baldiscio a nord, entrambi assai frequentati in passato dai commercianti che transitavano dalla Valle Spluga (Val di San Giacomo o, come si preferisce, non senza orgoglio, localmente, Val di Giüst) alla Mesolcina. La bocchetta di Lendine era invece valico secondario, sfruttato fra Ottocento e Novecento soprattutto da contrabbandieri. Nei suoi pressi si consumò infatti una tragedia ricordata da una croce presso la chiesetta di S. Antonio e da una seconda sul sentiero da Drogo a Scanabecco (sul fondovallle della Valle del Drogo): la valanga del gennaio 1910, ricordata come “Valanga Marina”, che seppellì 8 contrabbandieri.


La porta a quota 2373 ed il passo di Lendine

Dobbiamo ora traversare verso sud al passo della Forcola. Qualche bollo e qualche ometto detta il percorso più agevole, fra blocchi e sfasciumi. La prima parte della traversata segue il crinale. Saliamo verso sud, in direzione della cima che, vista da qui, giustifica la denominazione di Pizzaccio (pizasc’, m. 2589), per il suo profilo un po’ goffo. Dopo venti minuti o poco più di salita raggiungiamo la portina di quota 2373 metri, presso la quale si trova una caratteristica trincea; oltrepassata la portina cominciamo a scendere, appoggiandoci al versante elvetico, sul ripido fianco occidentale del Pizzaccio. Svendiamo dapprima fra roccette, poi su un versante si sassi e magri pascoli, procedendo verso sud. Aggirato ai piedi il bastione occidentale del Pizzaccio, pieghiamo leggermente a sinistra e perdiamo ancora quota in direzione sud-sud-est.


Dalla bocchetta di Lendine al passo della Forcola

Torniamo così in prossimità del confine e, volgendo leggermente a destra, lo seguiamo fino al passo della Forcola (Pas de la Forcula o Furcula, m. 2226), che congiunge la Valle della Forcola elvetica a quella italiana (chiamata localmente Val de la Furcula o Valle della Créza, dal torrente che la percorre). Il confine è segnato dal cippo n. 2, collocato nel 1930.


Passo della Forcola: colpo d'occhio sulla Mesolcina

Ci immettiamo così in un sentiero di importanza storica, la strada della Forcola, che venne chiamata dal 1680 al 1683 anche Strada Imperiale, un’antica via di comunicazione fra Valle di San Giacomo (o Valle Spluga) e Mesolcina, la più agevole e frequentata. Don Lucchinetti, nel Seicento, scriveva di qui passarono per ridiscendere ai loro paesi una quarantina di soldati della Mesolcina reduci dalla battaglia di Calven in Val Monastero, che si combatté il 24 maggio del 1499. Ad inizio del Cinquecento l’importanza di questa via venne esaltata dalla conquista di Valtellina e Valchiavenna da parte delle Tre Leghe Grigie, i cui domini si portarono al crinale orobico e quindi al confine con la Bergamasca, territorio della Serenissima Repubblica di Venezia. Venezia e le Tre Leghe Grigie avevano tutto l’interesse ad incrementare i commerci, ed in tale ottica venne tracciata nella seconda metà del Cinquecento la famosa Via Priula in Val Gerola (1592).


Passo della Forcola: colpo d'occhio sulla Valchiavenna

Ma anche i baliaggi svizzeri del Ticino ambivano ad inserirsi in questi proficui commerci e premettero, non senza incontrare resistenze, perché l’antica mulattiera della Forcola fosse rimessa a nuovo. Il progetto si concretizzò sul finire del Seicento. Il valico della Forcola vide quindi un significativo incremento delle merci nell’una e nell’altra direzione: venivano trasportati verso la Mesolcina manufatti, il preziosissimo sale di Venezia, granaglie, vino, piombo, argento ed oro, mentre nella Contea di Chiavenna scendevano soprattutto sale e cotone. Il grande magazzino della famiglia Cargasacchi a Mese serviva a stoccare le merci in transito. L’epoca d’oro dei commerci conobbe il tramonto fra Settecento ed Ottocento, ed ora non ne resta che la vaga eco consegnata agli studi degli storici.


Rifugio-bivacco Alpe Forcola

Il valico divenne, in tempi assai più recenti (dalla metà dell'Ottocento a buona parte del Novecento), una delle vie sfruttate per la pratica del contrabbando di merci dalla Confederazione Elvetica, soprattutto caffè e sigarette, ma anche zucchero e sale. Negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso passavano squadre di contrabbandieri che potevano raggiungere le 20-30 unità. Al ritorno dalla Mesolcina, però, dovevano prestare la massima attenzione perché la Guardia di Finanza studiava gli appostamenti più opportuni per sorprenderli e sequestrare la merce (nell'Ottocento stazionavano Finanzieri anche all'alpe Cermine; 6 di loro, nel giugno del 1855, inseguirono 14 contrabbandieri, 7 dei quali armati di scuri e grossi bastoni, altri 7 carichi di merce di contrabbando, senza riuscire a trarli in arresto). Poi, all'inizio degli anni settanta, il contrabbando cessò di essere remunerativo, per l'apprezzamento del Franco svizzero e la diminuzione dei dazi italiani sul caffè.


Alpe Cima

Alpe Cima

Il passo non era valicato solo da contrabbandieri, ma anche da lavoratori stagionali. Sei di loro, emigranti di San Giacomo, furono vittime di una slavina il 23 gennaio 1910 e vennero trovati solo cinque mesi dopo, nel giugno del medesimo anno. Si trattava dei fratelli Innocente e Giacomo Geronimi, Guglielmo Pairola, Battista Maretali, Eccelso Tomera e Guglielmo Geronimi.
Una curiosità, per concludere questa panoramica storica sulla Valle della Forcola. Nel secolo XV venne scoperta una vena d’oro e d’argento nel torrente Crezza, “ad Subiam”, cioè in località Subii, sul lato destro (occidentale) della valle. I Balbiani, feudatari della Valchiavenna, assegnarono la concessione per lo sfruttamento ad una ditta costituita da Donato de Peverelli detto Serost di Chiavenna, Abbondio de Scogli di Gordona, Bernardo de Vertemate di Piuro e Giovanni detto Banzio di Scandolera. Non si hanno notizie dell’esito dell’impresa: molto probabilmente di metallo prezioso se ne trovò ben poco…


Apri qui una cartina dei percorsi in Val Piodella dal pannello illustrativo della Val Bodengo

Scendiamo lungo la valle, su traccia di sentiero, in direzione est-sud-est, a sinistra del solco della Crezza. Attraversato un nevaietto che possiamo talora trovare anche a stagione inoltrata, giungiamo al bivio segnalato: procedendo diritti si scende all’alpe Dardano, a Voga ed infine a Gordona, mentre prendendo a destra (indicazione “Biv. Forcola” su un masso) attraversiamo la Crezza e sul versante opposto ci portiamo all’alpe Forcola (Forcula o Furcula, m. 1838), dove, dopo breve traversata, raggiungiamo il rifugio-bivacco Alpe Forcola. L’alpeggio, secondo gli estimi del 1643, caricava 32 vaccate ed era per un quarto proprietà della Chiesa San Martino di Gordona.


Sentiero Forcola-Alpe Cima

Sentiero Forcola-Alpe Cima

Alpe Cima

Il rifugio viene gestito solo d’estate, ma, essendo sempre aperto, funge da bivacco. È stato inaugurato il 24 giugno del 2001 e dispone di due locali, una camera da letto con 12 brande a castello, materassi e coperte e un tavolo panche, ed una cucina attrezzata con tavolo, sedie e sgabelli, fornello con bombola, lavandino, stufa, credenza, e stoviglie. Un cartello invita a fare un’offerta alla pro Loco di Menarola che lodevolmente garantisce la manutenzione della struttura. Quindi anche questo rifugio può fungere da appoggio per il pernottamento durante la traversata.


L'alpe Cima

Proseguiamo seguendo le indicazioni del cartello escursionistico del sentiero D9, che traversa a sud verso l’alpe Cima (o Scima). La debole traccia corre fra i prati e guadagna un po’ quota alla caratteristica “Scala de la Forcula”, salita di lastroni interrati fissati alla parete rocciosa. Proseguiamo poco sotto il versante roccioso che chiude il lato orientale dell’alta Valle della Forcola. Dopo una lunga traversata in pecceta, verso sud-sud-est, quasi in piano, attraversiamo un tratto su terreno franoso, che ci introduce al lungo dosso sul cui filo si trovano le baite della stupenda alpe Cima, o Scima (Scima, m. 1870), che, dagli estimi del 1643, risultata proprietà della Chiesa di San Martino di Gordona.


Traversata dall'alpe Cima all'alta Val Pesciadello

Ci accoglie la caratteristica cappelletta a pianta circolare, poco lontana dal campanile. Da qui si gode di uno splendido colpo d’occhio sul versante orientale della Val Chiavenna: al centro l’artiglio dell’altro Pizzasc’, il Pizzo di Prata, divide la testata della Val Schiesone, le cime dell’alta Val Codera e del gruppo del Masino, a sinistra, dalle cime della Val dei Ratti, a destra.


Apri qui una fotomappa della traversata dell'alta Val Pesciadello

Qui i cartelli escursionistici segnalano un bivio: ignoriamo il sentiero che scende diritto sul filo del dosso, verso sud, raggiungendo l’alpe Cermine e l’alpe Orlo, e prendiamo a destra, proseguendo sul sentiero D9 (questa è la sigla dell’Alta Via Lendine-Bodengo). Dopo pochi minuti siamo ad un bivio, al quale, seguendo i segnavia, procediamo diritti, ignorando il sentiero che scende alla nostra sinistra. Proseguiamo in piano e in leggera salita verso nord-ovest, sul sentierino ben marcato che taglia il ripido versante orientale della Val Pesciadello (Val Pesciadèl, cioè valle del piccolo pèsc’, abete). Raggiunto un primo avvallamento pieghiamo leggermente a sinistra, e ad un secondo ancora a sinistra, tagliando un ampio dosso che ci porta alle baite diroccate dell’alpe Pregassone (Prégazon, m. 1914; nelle mappe del Seicento veniva chiamata Prato Guazzone).


Alpe Cima

Alpe Cima

Alpe Cima

I prati dell’alpe si stendono ai piedi del costone roccioso che scende dalla cima quotata 2347. La Val Pesciadello restituisce un profondo senso di solitudine che quasi smarrisce: è uno di quei luoghi del solengo o solastro, il sentimento di inquietudine e paura che ci prende di fronte all’enigmatico potere della natura che ci sovrasta.


All'Avert di Mezzo, traversando la Val Pesciadello

Qui dobbiamo stare attenti ai segnavia: ignoriamo il sentiero che taglia a sinistra (ovest) verso il centro della valle e saliamo verso nord-ovest, quasi a ridosso dei roccioni che chiudono la valle alla nostra destra. Ad un nuovo bivio prendiamo a sinistra, lasciando il sentiero che prosegue diritto verso l’alpe Fugiana e procedendo verso ovest e poi nord-ovest, fino al torrente al centro della valle, torrente che più a valle precipita nell’orrida gola chiamata Böcc’. Sul versante opposto pieghiamo decisamente a sinistra (sud) e procediamo a ridosso di alcuni roccioni alla nostra destra, fino ad una larga china erbosa che risaliamo volgendo a destra (ovest), con diversi tornanti. Un ultimo traverso verso destra (nord) ci porta alle baite dell’Avert di Mezzo (Avèrt de Mèz, m. 2075), dominato a nord dal Piz de la Forcola (m. 2675) e dal Piz Padiòn (m. 2636): lo scenario un po’ più aperto e meno selvaggio rende ragione del nome. Seguendo i segnavia traversiamo ora, verso sud, gli alti pascoli della valle, salendo gradualmente ed attraversando tre avvallamenti principali. In basso, alla nostra sinistra, distinguiamo bene le baite dell’alpe Ala, mentre alla nostra destra riconosciamo la sella della bocchetta di Setag’ (o Setaggio, m. 2375), che si affaccia sul territorio elvetico.


Bivio presso il bivacco Forcola

Bivio all'alpe Piodella

Bocchetta di Piodella

Noi però proseguiamo diritti e ci portiamo ai piedi della costiera che separa la Val Pesciadello, a nord, dalla Val Piodella, a sud (sono i due rami nei quali si divide l’alta Val Pilotera, a sua volta tributaria della Val Bodengo). Seguendo attentamente i segnavia ci portiamo alla cresta che divide la Val Pesciadello dalla Val Piodella, in corrispondenza della Porta di Piodella o semplicemente La Porta (Porta de la Piudèla, m. 2274, sul crinale orientale del Pizzo Piodella – Piz de la Dunàscia, la Dunascia o anche Piz de Setag’, m. 2460 -). Da qui inizia la discesa in Val Piodella, con un lungo traverso che taglia in diagonale le roccette del versante (attenzione), fino a toccare i pascoli della Piodella e raggiungere su terreno tranquillo le baite dell’alpe Piodella (m. 2045).


Laghetto di Piodella

Annotiamo che sulla carta Kompass viene segnalato un percorso più alto (variante alta), che dall’Avert di Mezzo guadagna quota più decisamente in direzione sud-ovest, passando a monte dei tre avvallamenti principali e portandosi al colle erboso di quota 2355 metri, appena ad est del pizzo di Setag’, per poi scendere zigzagando verso sud sul versante molto ripido, fra corpi franosi e magri pascoli (attenzione) ai pascoli denominati Spundòn de la Piudèla e proseguire nella discesa, passando a lato di un versante franoso, fino alle poche baite dell’alpe Piodella (La Piudela, m. 2045). Questa variante ha il vantaggio di evitare il lungo traverso fra le roccette della costiera, anche se impone una discesa attenta sul versante alto della Val Piodella.


Laghetto di Piodella

Laghetto di Piodella

Laghetto di Piodella

Alle baite dell’alpe Piodella siamo ad un bivio, segnalato anche su un masso: prendendo a sinistra si scende all’alpe Lavorerio (Lauréri), mentre proseguendo diritti (o piegando a destra, se abbiamo percorso la variante) ci si dirige verso il crinale fra Val Piodella e Valle di Strem (indicazione “Strem” sul masso a terra). Troviamo la medesima indicazione sulla baita più grande (cartello “Alp Piodela m. 2045”). Teniamo presente che alla più bassa alpe Lavorerio si trova il rifugio Lavorerio, che però non è custodito e quindi è sempre chiuso (tranne che, saltuariamente, nel periodo estivo). Andiamo a destra, cioè verso sud-ovest (a sinistra se ci poniamo di fronte alla facciata della baita), salendo fra roccioni arrotondati e magri pascoli in direzione dell’ampia sella della bocchetta di Piodella e passando accanto al laghetto di Piodella (Lèech de la Piudèla, m. 2202) ed alla pozza che si trova appena sopra. Per facili roccette raggiungiamo la bocchetta o forcella di Piodella (Furscelign dal Lèech de la Piudèla, m. 2271). Vicino alla bocchetta si possono ancora osservare i resti di un baitello della Guardia di Finanza, che in passato sorvegliava questo valico per rendere difficile la vita ai contrabbandieri. Infatti il vicino forcellino di Strem porta in territorio elvetico.


Salita dall'alpe Piodella alla bocchetta di Piodella

Lasciamo così la Val Piodella e ci affacciamo alla Valle di Strem (Val de Strèm e dal Gandaiöl, denominata Alpe Stremo già nel 1508 e nell’estimo del 1643). Non scendiamo verso valle, ma traversiamo a destra, su traccia di sentiero, tagliando un faticoso versante franoso, in leggera salita, verso sud-ovest, fino al ben visibile intaglio della Forcola o Forcella di Strem (Fuscelign de Strèm, m. 2294), ai piedi della turrita Punta di Piodella (o Piz Gandaiole – Piz dal Gandaiöl).


Dalla Porta alla Valle di Strem

Dalla forcella un ripido canalino scende in Val Gamba, in territorio elvetico. Poco sotto si scorgono i resti di un baitello (baitèl dal furscelign de Strem), che sorprende per la collocazione. Non si trattava di un ricovero per pastori, ma di una struttura usata per gli appostamenti della Guardia di Finanza. Anche qui, infatti, come presso tutti gli altri passi sul confine italo-svizzero, si giocò, fino alla metà almeno del secolo scorso, l'estenuante partita a scacchi fra finanzieri e contrabbandieri, che ricavavano dall'importazione illegale di sigarette e caffè dalla Svizzera introiti ben maggiori rispetto a quelli legati al lavoro della terra.


Valle di Strem dalla bocchetta di Piodella

Presso il grande ometto del forcellino troviamo anche una gentile poesiola zen, su una targa collocata il 13 luglio 1996: “Haiku (Poesia Zen) del Forscelin de Strem. Solo sfidando la paura di sfiorare il cielo nel silenzio delle vette là dove siedono gli Dei l’uomo può comprendere le meraviglie della natura e sentire scorrere dentro di sé il senso dell’infinito e il suo spirito può raggiungere l’armonia del Tao. By Franz.”


Forcola di Strem

Un invito a guardare il cielo ed avvertirne il mistico respiro, ma ora si tratta di prestare molta attenzione alla terra ed ai suoi segni, cioè a segnavia ed ometti che dettano l’itinerario di discesa dalla Val di Strem al solco principale della Val Bodengo: nessun’altra via se non questa ci può consentire di raggiungere Bodengo, perché la valle vi si affaccia con ripidi e repulsivi versanti e con il famoso precipizo di Strem (Caürchia de Strem), salto verticale che, per semplice suggestione, induce a collegare il toponimo “Strem” alla voce dalettale “stremìzi”, cioè “paura”. L'ipotesi più plausibile, però, data la voce antica "Stremo", è che l'etimo sia da "estremo", nel senso dunque di valle estrema. Sia come sia, lo scenario è di quelli che incutono la vaga e sottile inquietudine del solengo o solastro, piuttosto che la paura vera e propria.La Val de Strèm e dal Gandaiöl, come viene chiamata localmente, era denominata Alpe Stremo già nel 1508 e nell’estimo del 1643.
Se, per qualunque motivo, ci trovassimo in difficoltà, consideriamo che, sul lato opposto dell'alta Valle di Strem (cantone di Strem), si trova il bivacco Strem all'alpe Strem (m. 1980), chiamato anche Baita del Pastore. Lo si raggiunge facilmente traversando l'alta valle verso destra, dalla forcella o forcola di Strem.


L'alpe Gandaiole

L'alpe Gandaiole

Nella prima parte della discesa puntiamo, scendendo verso sud-est, ai ruderi delle baite dell’alpe Gandaiole (Alp dal Gandaiöl, m. 2078: il toponimo si riferisce ai corpi franosi che solcano il versante dell’alta Val di Strem). Le baite si trovano a destra di un vallone marcato che corre quasi a ridosso del limite settentrionale (di sinistra) della valle, quello stesso vallone che più in basso dovremo attraversare. Nella successiva discesa pieghiamo a destra, cioè punta a sud, spostandoci un po' verso il centro della valle, ma restando sempre sul suo lato sinistro (per noi che scendiamo: non portiamoci sulla destra, in direzione dell'alpe Strem).


Discesa dall'alpe Gandaiole all'alpe Piazza

Procediamo su un sentierino con traccia incerta, nascosta spesso dall'alta erba, e dobbiamo prestare attenzione a segnavia ed ometti. Diritto davanti a noi, sul fianco sinistro della valle, distinguiamo facilmente il promontorio boscoso con uno spicchio di prati: si tratta dell'alpe Piazza, alla quale dobbiamo traversare. Superiamo un sasso che indica la deviazione a destra per l'alpe Strem, dove si trova la Baita del pastore, sempre aperta (m. 1947), una struttura, come già detto, che può rivelarsi preziosa nel caso fossimo sorpresi dall'ora tarda.
In ogni caso evitiamo di procedere diritti e di affacciarci al pauroso precipizio di Strem, già scenario, in passato, di rovinose cadute di intere greggi, terrorizzate da lupi ed orsi che fino alla fine dell'Ottocento qui trovavano il loro terreno di caccia. Negli anni ottante dell'Ottocento un orso attaccò un grande gregge e le pecore, nella fuga, precipitarono nel dirupo. Fra pecore e capre, persero la vita in 400. Pochi anni dopo, nel 1890, l'ecatombe si ripetà in dimensioni minori: questa volta furono 35 le bestie che incontrarono questa triste morte.
Ignoriamo, dunque, la deviazione a destra per il bivacco e procediamo diritti.


Scendendo verso l'alpe Piazza

Dobbiamo stare molto attenti ora ad imboccare il sentiero che traversa all'alpe Piazza. Per farlo torniamo sulla sinistra e collochiamoci sul largo dosso delimitato a sinistra dal già citato vallone a ridosso del fianco settenrionale della valle e a destra da un secondo avvallamento. La traccia ne percorre un buon tratto, poi, prima che inizi la fascia degli abeti, piega, a quota 1850 m. circa, a sinistra. Visivamente, dobbiamo prendere a sinistra puntando alla selletta erbosa compresa fra alcune formazioni rocciose a monte ed i primi abeti a destra. Il sentiero scende verso nord ad attraversare il torrente del vallone sul fianco settentrionale della valle (m. 1800).


Traversata del vallone verso l'alpe Piazza

Sul lato opposto piega a destra e prosegue la discesa verso sud-est, correndo a ridosso dell'aspro e verticale versante ai piedi del pizzo della Piazza. Il sentiero è sempre netto (non si tratta di un sentiero da capre, di qui salivano un tempo gli armenti che caricavano la valle), ma esposto e soggetto a smottamenti. Superato un canalino franoso, pieghiamo leggermente a destra e traversiamo ancora per un tratto, fino ad uscire ai prati dell'alpe Piazza (la Piàza, m. 1668), ai piedi del pizzo della Piazza.


La baita dell'alpe Piazza

Scendendo dall'alpe Piazza al fondo della Val Bodengo

Qui possiamo finalmente tirare un po’ il fiato, ma anche la seconda parte della discesa richiede attenzione. Passiamo a destra della baita e lasciamo il poggio piegando leggermente a sinistra, per poi scendere su un ripidissimo dosso, in una splendida pecceta, verso sud-est. Superato un valloncello, raggiungiamo un dosso più dolce, e proseguiamo nella discesa seguendone il filo, fino ad uscire in vista della piana della Val Bodengo. Qui il sentiero D9 termina ed intercettiamo la pista sul fondovalle, più o meno a metà strada fra Corte Terza (curt èrza, o semplicemente alp, m. 1190) e Bodengo (Budénch). Scendendo verso sinistra in pochi minuti giungiamo in vista del campanile della chiesa di san Bernardo e san Giovanni Battista a Bodengo (gésa de Budénch, m. 1030), dove la lunga traversata termina, nel suggestivo scenario di uno dei più singolari e pittoreschi borghi alpini, baricentro di una valle poco conosciuta, aspra ed insieme affascinante.


Discesa dalla bocchetta di Val Piodella al fondo della Val Bodengo (clicca qui per ingrandire)

Oggi il Consorzio della Val Bodengo si prodiga per tener vivi questi monti, ma in passato la vita era qui, mentre il piano, per le sue insidie e la sua insalubrità, appariva ben più desolante. Basti leggere quanto scriveva nel 1813 il medico Camillo Pestalozzi a Melchiorre Gioia, segnalando che a Bodengo, "lungi dal miasma delle acque stagnanti" e dalle paludi del piano, la gente viveva più a lungo rispetto a Gordona, e "due robuste donne di Bodengo [...] furono prolifiche al di là de' cinquant'anni”, mentre normalmente la donna era sterile a 30 e l'uomo a 35.
Inoltre a Bodengo raggiungere i 60 anni d'età "non è miracoloso siccome al piano, e sono parecchi gli uomini che sostengono colla più ridente salute la decrepita età di settanta e più anni". Traguardando verso est, cioè verso lo sbocco della valle il campanile della chiesa, che ha la singolarità di pendere in direzione della chiesa medesima, ritroviamo una nostra vecchia conoscenza, cioè l puntuto Pizzasc (Pizzo di Prata), che da oriente ha sorvegliato tutti i nostri passi. E ritroviamo anche la seconda automobile, rimasta fedele ad attendere il nostro ritorno.


La chiesa di San Bernardo a Bodengo

CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line


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