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Madesimo e la Val Scalcoggia

Madesimo (localmente "madésan", comune di Isolato fino al 1983) è il terzo dei tre comuni della Valle Spluga che si incontra salendo, oltrepassata Chiavenna, lungo la strada statale 36 dello Spluga. Località felice ed amena, anche nel nome, se è vero l'etimo dal latino "Amatissimus".
La sua origine è probabilmente romana, anche se i ritrovamenti nei siti di Pian dei Cavalli testimoniano che le sue montagne erano percorse da nuclei di cacciatori nel Mesolitico, cioè circa 10.000 anni fa. Questi cacciatori salivano al Pian dei Cavalli partendo da campi-base posti sul fondovalle (ma può darsi che venissero anche dal versante opposto della catena alpina), accendendo fuochi e collocando tende. Questo luogo consentiva loro di dominare la valle sottostante, avvistando le prede più ambite, i cervi. Si trattava di cacciatori nomadi, che passavano (o tornavano) con facilità sul versante opposto dello spartiacque, nella Mesolcina svizzera. 


La valle Scalcoggia e Madesimo

L'importanza storica di Isola, Montespluga, Pianazzo, e Madesimo, i quattro nuclei più importanti del comune, è legata all'antichissima ed importantissima via che, salendo da Chiavenna, valicava il passo dello Spluga, unendo il bacino padano ai paesi di lingua tedesca. Due documenti di età imperiale romana, infatti, riportano la via dello Spluga: si tratta dell'Itinerarium Antonini, redato al tempo di Diocleziano, e della Tavola Peutingeriana, copia medievale di una carta romana di età imperiale. Vi si menziona Tarvedese, probabilmente Campodolcino, dove la strada vera e propria terminava, lasciando il posto alla mulattiera percorsa appunto da muli, che superava l'aspro versante della Valle del Cardinello e raggiungeva Cunu Areu, cioè Montespluga, pero poi salire al passo.


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La storia di Madesimo si innesta, fino al 1816, nelle vicende di quella che oggi è conosciuta come Valle Spluga, ed in passato era chiamata Valle del Liro, dal fiume che la percorre interamente, per 34 km, dal passo dello Spluga alla confluenza nella Mera, o, più propriamente, Valle di San Giacomo, dal suo centro amministrativo, San Giacomo-Filippo. I suoi abitanti, però, orgogliosi dei suoi tratti peculiari, amano chiamare la loro valle "Val di Giüst", a significare l'ampia autonomia di cui godettero nei secoli passati o anche l'assenza di protestanti nel periodo di maggiore dissidio religioso fra Cinquecento e Seicento.


Pianazzo

La storia del comune della Valle di San Giacomo è legata all'antichissima ed importantissima via dello Spluga, che fino all'età medievale fu l'unica via per valicare il passo. Ad essa dal 1223 si affiancò quella che da Campodolcino saliva a Madesimo ed al passo di Emet. La prima rimase però la più utilizzata nella stagione invernale. Raggiunto il passo dello Spluga, tenuto aperto anche d'inverno, il percorso scendeva fino alla valle del Reno Posteriore ed a Coira, seguendo la Viamala. Questo fu l'itinerario percorso per secoli dalle merci più diverse, fra cui cereali, riso, sale, latticini, vino, pelli, cuoio, tessuti, argenteria, armi, armature, spezie, con 300-400 passaggi giornalieri nell'età moderna. Teniamo presente anche l'evoluzione del clima: fino al Medio-Evo le temperature dovettero essere particolarmente elevate, tanto che nella piana di Montespluga, oggi brulla, vennero rinvenuti, scavando, resti di larici e cermoli. Poi, a partire dal tardo secolo XVI, le temperature medie si abbassarono decisamente, ed iniziò la cosiddetta Piccola Età Glaciale, durata fino alla metà del secolo XIX.


Il lago Azzurro

Accando alla vita dei commerci e dei transiti si svolgeva paziente e tenace quella dura ed improba dei valligiani che vivevano delle risorse della pastorizia e delle scarse colture. Tutto ciò segnò profondamente il carattere di queste genti, così descritto, nel 1827, nel diario Onofrio Piazzi pubblicato nel numero del 1968 di "Clavenna" (Bollettino del Centro di Studi Storici Valchiavennaschi): "Il carattere dei montanari di Valle St. Giacomo è deciso, fermo, pronuciato, ricopiando esso in certo modo la severità dei boschi e gioghi locali. Anche le donne sono robiste ed ardite a segno di dividere coi loro mariti il rigore di grandi stenti, ora perigliando con essi di rupe in rupe ad atterrar piante e raccoglierne la legna, ora spogliando di selvatico fieno ermi dirupamenti, ed ora spingendo i passi alla custodia delle loro vetture sino alle vette dello Spluga, talvolta i mezzo al furente grandinar di nevi e di piogge, e tra il soffio crudele degli aquiloni. Di ogni disagio è consigliera la necessità! Siccome questi abitanti hanno brevissima circoscritta agricoltura di campi, nè in alcun modo sufficiente ai mezzi di vivere, così non perdonano essi a sorte di fatiche onde sussistere."


Madesimo

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Mentre oggi il suo territorio è occupato dai comuni di San Giacomo-Filippo, Campodolcino e Madesimo, in passato dal punto di vista amministrativo essa fu, fino all'età contemporanea, un'unica comunità regolata da Statuti propri, la cui prima stesura nota è del 1538, ma che risalgono ad epoca antecedente e sanciscono il distacco dalla giurisdizione civile (ma non penale) di Chiavenna. L'autonomia della Valle di San Giacomo risale infatti alla fine del secolo XII. Nel 1205 Valle e Mese comparivano come comuni e università, ovvero vicinie, corpi distinti con diritto di essere rappresentati da consoli nel comune di Chiavenna, e nel 1252 Chiavenna e la Valle avevano già estimi distinti. Di origine medievale, e documentata dal 1119, è anche la chiesa di San Giacomo, la prima e per lungo tempo (fino al Trecento) l'unica della valle. Nel 1335, anno in cui Valtellina e Valchiavenna vennero incluse nei territorio del Signore di Milano Azzone Visconti, gli Statuti di Como menzionano la comunità come “comune locorum de Valle”. Il 10 settembre 1346 si radunò un convocato del comune degli uomini di Valle in San Giacomo. Da tale documento il Buzzetti deduce che il territorio era allora abitato da Ugia a Porpiano, e Campodolcino si trovava ai limiti della zona abitata permanentemente, mentre il centro del comune era San Giacomo.


La chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Madesimo

Alle soglie dell'età moderna (1447) lo sviluppo demografico di Fraciscio, Isola, Pianazzo e Madesimo fece perdere a San Giacomo il suo primato, ed il centro del comune della valle si spostò a Campodolcino. Quando le Tre Leghe Grigie divennero signore di Valtellina e Valchiavenna, nel 1512, confermarono l'autonomia privilegiata del comune e stabilirono di nominare un commissario a Chiavenna ed un podestà a Piuro, mentre la Val San Giacomo, in virtù di un rapporto privilegiato, eleggeva da sè il proprio ministrale, che giudicava autonomamen­te, coadiuvato da un luogotenente, nelle cause civili. In materia criminale, invece, la giurisdizione del commissario di Chiavenna si estendeva su tutto il contado.
Gli Statuti del 1538 dividevano la valle in otto quartieri, San Giacomo, Monti di San Bernardo, Monti di Olmo e Somma Rovina, Campodolcino, Fraciscio, Starleggia e Pianaccio, cui si aggiungevano quattro squadre, due per Isola, Tegge e Rasdeglia. La comunità di valle veniva retta da un console elettivo, che a sua volta sceglieva un consigliere per ciascun quartiere e squadra, con poteri specifici sui lavori necessari a ponti e strade. Ogni quartiere della Val San Giacomo aveva un proprio consiglio di quartiere e propri consoli; al di sopra c’era un consiglio generale di valle. Massimo organo del comune era il consiglio di valle: l’ultima sua riunione risale all’11 gennaio 1798.


Isola

Il consiglio di quartiere, convocato dal consigliere di ogni quartiere della Val San Giacomo con preavviso settimanale, radunava i vicini, dapprima i soli capifamiglia, poi tutti gli uomini dai quindici anni in su, e si riuniva di domenica sulle piazze o all’interno delle chiese del quartiere. Il consiglio generale del comune coincideva con l’assemblea generale della Val San Giacomo, e rappresentava il consiglio dei quartieri e del popolo di valle: non era dunque assemblea unica, ma espressione di più assemblee decentrate. Il consiglio di valle era formato dal console o ministrale ed era ema­nazione diretta del consiglio generale. Si riuniva anche più volte al mese, nominava il ministrale, il luogotenente, i consoli di quartiere e gli ufficiali di comunità. Il luogo di riunione dei consigli, dapprima nel villaggio di San Giacomo, dal 1477 passò a Campodolcino.
Nel Cinquecento cominciò a diffondersi la fama delle virtù terapeutiche (soprattutto per la cura di catarri ed anemie) dell'acqua di Madesimo, ricca di acido carbonico, ossido di ferro e magnesio. Per questo venne costruito un primo stabilimento termale agli inizi del Seicento, ampliato nel 1729.


La Madonna d'Europa sullo sfondo del Pizzo Stella

Un breve scorcio di Madesimo alla fine del Cinquecento ci è offerto da Guler von Weineck, che, nell'opera Rhaetia, pubblicata a Zurigo nel 1616, annota: "Salendo dal villaggio di Spluga in cima al passo e scendendo poi un poco per il versante italiano, s'incontra un edificio in muratura detto Alla-casa, dove, durante le furiose tormente. si rifugiano le bestie da soma ed i viandanti. Uomini e giumenti troppo spesso per­derebbero la loro vita su questi monti. se non vi fosse questo ricovero. Il luogo circostante è così elevato. selvaggio e gelido, che non produce legna di sorta. Perciò la legna. necessaria per la cucina e per il riscaldamento. vi deve essere condotta a soma dal basso di ambedue i versanti. Davanti al ricovero si stende una pianura discretamente larga, che per otto mesi all'anno è coperta da un bianco strato di neve. mentre negli altri quattro mesi vi cresce un poco di erba e di pascolo. ...


Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Madesimo

All'estremità di quella pianura sorge, sopra un'altura, una torre di segnalazione. Prima, però di arrivarvi, la via si biforca: prendendo a sinistra. per i monti, si arriva al villaggio di Madesimo, che giace a mezza strada fra lo Spluga e Chiavenna, alla distanza di quattro ore da ciascuno: di li poi, scendendo per la valle, si arriva al villaggio di Campodolcino. Questo Madesimo è appunto l'antico borgo di Tarvesede, ricordato da Antonino nel suo Itinerario, dove egli conta quaranta miglia da Coira sin lì, e oltre quindici miglia di li a Chiavenna: calcolo che anche oggidì potrebbe correre, se si percorressero le antiche strade. Infatti, in antico la Via Mala, nel tratto fra Domleschg e Schambs. non era ancora stata intagliata fra i dirupi. nella gola della valle; ma bisognava invece valicare la montagna: e parimenti la via da Madesimo a Chiavenna non seguiva un tracciato così diritto. come quello attuale. Gli antichi non conoscevano altra strada dallo Spluga a Chiavenna che quella attraverso Madesimo, il cui nome deriva da una corrotta abbreviazione della parola latina Tarvesede. Oggidi invece l'altra strada che, nei pressi della torre menzionata di sopra, si dirige a destra, è la più frequentata e d'inverno, anzi, l'unica. Una parte di questa montagna, per dove passa la via è chiamata il Cardinello: comincia dalla torre più volte ricordata e si stende lungo la via, serpeggiante sino in fondo alla valle; dove, dopo alcune frazioni e casolari, troviamo sulla riva destra del Liri il villaggio di Isola."


Motta di Madesimo e gruppo del Suretta

Di pochi decenni successiva è la descrizione offerta da don Giovanni Tuana, nel "De rebus Vallistellinae":"Questa valle ha sei vicecure, parte di qua dal Lirino, parte di là. Il fiume si raccoglie da diverse fonti del monte alto di Speluga, qual è parte del monte Adula, per il quale con longa et difficile salita si va nella Retia. Al piede di questa montagna v'è il vestigio d'una antica torre, dove si dividono le strade per le quali si viene in questa valle, cioè dal lato dritto per Madesin, dal sinistro per li precipitosi sentieri del Cardinello. ... La prima vicecura è Madesin, d'honorata famiglia. La chiesa è di S. Pietro, vecchia et povera. Il territorio è senza campi, ma vivono solo di latticinij et carne; et perché è cinto d'ogni intorno de folti boschi, proveggono all'horridezza et gelo del luoco con legne abbondanti. Questo luoco è discosto da Chiavena nove miglia. Discosto un miglio da Madesin v'è una contrata, vicina al fiume, chiamata Sterlegia, di venti fameglie, con chiesa di S. Clemente [S. Sisto]; il luoco è puoco men orrido de Madesin. Nell'istessa sponda, quasi in cima del monte, si vede tra boschi et sassi una contrata circa di quaranta fameglie con chiesa di S. Bernardo, dove per la difficultà d'andar altrove a sentir messa hanno provisionato un sacerdote; questa è lontana da Chiavena tre miglia, et a questo luoco appartiene un'altra contrata chiamata il Monte di mezzo, qual confina con Bet et Mes, vicino a Chiavena. Nel fianco sinistro la più lontana viceparocchia si chiama Isola, nel piano; la chiesa è di S. Giorgio; le fameglie del li habitatori saranno circa 30. Abbonda il territorio di feno et legna; si stima un occhio alquanto di doméga per l'anno che matura."
L'economia contadina non bastava per garantire a tutti adeguata sussistenza, ed il fenomeno migratorio, fin dal Seicento, soprattutto verso Roma, acquisì consistenza.


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Fortunat Sprecher von Bernegg, infine, commissario a Chiavenna ne 1617 e nel 1625, nel libro X dell'opera "Pallas Rhaetica" (traduzione di Cecilia Giacomelli), ci offre queste notizie della Valle di San Giacomo: "La terza parte della giurisdizione di Chiavenna è la Valle di S. Giacomo o di Campodolcino. La vallata è suddivisa in dodici quartieri: 1) San Giacomo e San Guglielmo, dove deve essere sepolto il corpo di questo santo. 2) Vhò, dove è stata eretta una chiesa in onore della Vergine Maria e Lirone. 3) Campodolcino, chiamato anche S. Giovanni per via della sua chiesa. 4) Fraciscio, dove si trova un castello. 5) Le montagne di S. Bernardo. 6) I Monti di Mezzo. 7) Madesimo, tempo fa chiamato Tarvedese o Torvaedes, come afferma Antonino. 8) Pianazzo. 9) Portarezza. 10) Stambilone. 11) Starleggia. 12) Isolato, Torni, Teggiate e Rasdeglia, dove si trova l'inizio del Cardinell. Così viene infatti chiamata la strada scoscesa e difficile che conduce sulla montagna dello Spluga, che è la parte più importante dei monti Adula e si chiama anche Adula a causa della sua altezza. Da essa nasce il Liro, il corso d'acqua della Valle di S. Giacomo, che nei pressi di Mese si riunisce alle acque della Mera... Questa vallata ha una propria amministrazione in ambito civile, per le quali dodici consiglieri eleggono un Console, un Luogotenente ed un Cancelliere. Questi dodici vengono a loro volta scelti dal Console e dal Luogotenente. I ricorsi vanno indirizzati agli stessi Dodici Consiglieri della Valle. Per quanto riguarda le questioni tributarie i processi devono ssere tenuti davanti al funzionario del Tribunale di Chiavenna. L'8 febbraio 1513, in occasione della Dieta federale di Ilanz, il vescovo Paul e le Tre Leghe confermarono alla Valle gli stessi privilegi di cui essa aveva goduto sotto il Duca di Milano."
Nel 1609 la chiesa di Madesimo divenne viceparrocchia per decreto del vescovo di Como Filippo Archinti.


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Si avvicinava il periodo più cupo della storia di Valtellina e Valchiavenna, legato alle tensioni religiose suscitate dal tentativo delle Tre Leghe Grigie di favorire la diffusione del Protestantesimo nelle due valli. A Sondrio, al colmo delle tensioni fra cattolici e governanti grigioni, che favorivano i riformati in valle, venne rapito l’arciprete Niccolò Rusca, condotto a Thusis per il passo del Muretto e fatto morire sotto le torture; la medesima sera della sua morte, il 5 settembre 1618, dopo venti giorni di pioggia torrenziale, al levarsi della luna, venne giù buona parte del monte Conto, seppellendo le 125 case della ricca e nobile Piuro e le 78 case della contrada Scilano, un evento che suscitò enorme scalpore e commozione in tutta Europa. Due anni dopo, il 19 luglio del 1620, si scatenarono la rabbia della nobiltà cattolica, guidata da Gian Giacomo Robustelli, la sollevazione anti-grigione e la caccia al protestante, nota con l’infelice denominazione di “Sacro macello valtellinese”, che fece quasi quattrocento vittime fra i riformati. Il “macello” non toccò la Valchiavenna, dove le tensioni fra le due confessioni erano decisamente minori ed il rapporto con il governo grigione meno conflittuale (il che non significa del tutto tranquillo). Fu l’inizio di un periodo quasi ventennale di campagne militari e battaglie, che videro nei due schieramenti contrapporsi Grigioni e Francesi, da una parte, Imperiali e Spagnoli, dall’altra. Chiavenna non partecipò all'insurrezione, ma non poté sottrarsi alle sue conseguenze. Gli Spagnoli, infatti, vennero in soccorso ai ribelli cattolici ed occuparono Chiavenna nel 1621. Dopo una breve parentesi che vide la comparsa delle truppe pontificie, che dovevano interporsi fra le due parti in conflitto, ecco di nuovo gli Spagnoli, che dovettero, però, nel marzo del 1625 cedere la città per l'offensiva convergente dei Grigioni e del marchese di Coeuvres, che risalì la Valchiavenna dopo aver ripreso la Valtellina.


Panorama dal sentiero per il rifugio Bertacchi (clicca qui per ingrandire)

La tregua di Monzòn liberò, nel 1626, Valtellina e Valchiavenna dagli eserciti delle due parti, ma di lì a poco, nel 1629, un nuovo flagello sarebbe sceso d'oltralpe, portando la più feroce epidemia di peste dell’età moderna, resa celebre dalla descrizione manzoniana. Non era certo la prima: altre, terribili e memorabili avevano infierito nei secoli precedenti. Scrive, per esempio, il von Weineck: “L’aria, per tutta la Val Chiavenna, è buona e pura; soltanto è da osservare che, durante la calda stagione, il vento di sud apporta nel paese qualche impurità dalle paludi del lago… La peste qui infierisce di raro: ma quando principia, infuria tremendamente. Infatti quando essa, nel novembre del 1564, penetrò nella valle, distrusse in quattordici mesi i tre decimi della popolazione”. Ma quella del 1629 fu più tragica. I lanzichenecchi, al soldo dell'imperatore Federico II, scesero dalla Valchiavenna per la guerra di successione del Ducato di Mantova; alloggiati per tre mesi nel Chiavennasco ed in Valtellina, vi portarono la peste, che, nel biennio 1629-30, uccise almeno un terzo della popolazione (altri calcoli, probabilmente eccessivi, parlano di una riduzione complessiva della popolazione a poco meno di un quarto).


La chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Madesimo

Neppure il tempo per riaversi dall'epidemia, e la guerra di Valtellina tornò a riaccendersi, con le campagne del francese duca di Rohan, alleato dei Grigioni, contro Spagnoli ed Imperiali; nel biennio 1635-37 Chiavenna fu di nuovo occupata dai Francesi. Poi, nel 1637, la svolta, determinata da un inatteso rovesciamento delle allenze: i Grigioni si allearono segretamente con la Spagna e l'Impero e cacciarono il Duca di Rohan dal loro paese. Le premesse per la pace erano create e due anni dopo venne sottoscritto il trattato che pose fine al conflitto per la Valtellina: con il Capitolato di Milano del 1639 i Grigioni tornarono in possesso di Valtellina e Valchiavenna, dove, però l’unica religione ammessa era la cattolica. I Grigioni restaurarono l'antica struttura amministrativa, ed in un documento del 1639 ribadirono lo status di particolare autonomia concesso alla Valle di San Giacomo: "Di più separiamo tutta la detta valle Santo Giacomo nelle cose politiche da Chiavenna, in modo che essa valle Santo Giacomo nelle cose politiche sia un corpo separato, e non incorporato nel contado, anzi che abbia di fare e avere li suoi particolari e propri estimi, consoli di giustizia, ed altre ragioni politiche". La condizione di relativo privilegio della valle, già affermata in età viscontea, deve la sua ragione alla posizione strategica per i commerci da e per i paesi della Germania meridionale.
Un documento del 1627 riporta il seguente numero di famiglia (fuochi) nel comune di Valle di San Giacomo:
Archivio della comunità di Val San Giacomo, Protocollo anno 627, n° 104
1. Dal quarterio de Madesimo fuochi n° 57
2. Dal quarterio de Planatio (Pianazzo) fuochi n° 35
3. Dal quarterio d’Isola fuochi n° 115
4. Dal quarterio de Starleggia fuochi n° 51
5. Dal quarterio de Fraciscio fuochi n° 70
6. Da Porcaregia fuochi n° 42
7. Dal quarterio de Vho fuochi n° 60
8. Dal quarterio de Lirone fuochi n° 21...
9. Dal quarterio Sant Giacomo fuochi n° 76
10. Dal quarterio de monti di Olmo fuochi n° 100
11. Dal quarterio de Monti di Sant Bernardo fuochi n° 100
12. Per il quarterio di Campodolcino fuochi n° 98
Totali fuochi n° 825


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A metà del secolo XVII con il sindacato generale del 27 febbraio 1650 la valle di San Giacomo venne divisa in tre terzieri (nuclei dei futuri comuni), il "terzero di fuori" o di San Giacomo, con Monti di San Bernardo e Sommarovina e Lirone, il "terzero di mezzo" o Campodolcino, con Fraciscio, Starleggia, Vho e Portarezza, ed il "terzero di dentro", o di Isola, con Madesimo e Pianazzo, oltre alle squadre di Teggiate e Rasdeglia. Tale suddivisione è rappresentata nella bandiera della valle, divisa in tre fasce orizzontali, ognuna delle quali è a sua volta divisa in quattro strisce di colore nero, verde, rosso e giallo che rappresentano i quartieri di ogni terziere. Al centro compare uno scudetto rettangolare con l'immagine di San Giacomo, con la scritta “Vallis San Jacobi”.
Nel 1668 risultavano presenti a Madesimo 571 persone, divise in 100 famiglie.


Val Febbraro

Un documento del 1701 riporta il seguente numero di uomini atti alle armi nel comune di Valle di San Giacomo:
Anno 1701, li 21 Marzo... notta delle persone habile per la militia:
Il quartiere di Campodolcino persone n° 165
Il quartiere di S. Giacom homini n° 116
Isola homini n° 212
Madesimo homini n° 55
S. Bernardo homini n° 105
Starleggia homini n° 74
Vho homini n° 68
Portarezia homini n° 68
Fraciscio homini n° 56
Olmo homini n° 104
Pianazzo homini n° 56
Liron homini n° 20
Nel Settecento crebbe il malcontento contro il dominio delle Tre Leghe Grigie in Valtellina e Valchiavenna (ma non in Valle di San Giacomo), soprattutto per la loro pratica di mettere in vendita le cariche pubbliche. Tale vendita spettava a turno all'una o all'altra delle Leghe e chi desiderava una nomina doveva pagare una cospicua somma di denaro, di cui si sarebbe rifatto con gli interessi una volta insediato nella propria funzione, esercitandola spesso più per amore di lucro che di giustizia. Gli abusi di tanti funzionari retici, l'egemonia economica di alcune famiglie, come quelle dei Salis e dei Planta, che detenevano veri e propri monopoli, diventarono insopportabili ai sudditi.
Il malcontento culminò, nell'aprile del 1787, con i Quindici articoli di gravami in cui i Valtellinesi, cui si unirono i Valchiavennaschi, lamentavano la situazione di sopruso e denunciavano la violazioni del Capitolato di Milano da parte dei Grigioni, alla Dieta delle Tre Leghe, ai governatori di Milano e, per quattro volte, fra il 1789 ed il 1796, alla corte di Vienna, senza, peraltro, esito alcuno. I delegati del Comune della Valle di San Giacomo, però, non si unirono a questa protesta, a riprova dei buoni rapporti che la valle intratteneva con le Tre Leghe Grigie.


Il lago di Emet

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Fu la bufera napoleonica ad imporre una svolta, con il congedo dei funzionari Grigioni e la fine del loro dominio, nel 1797. All'epopea napoleonica seguì la Restaurazione sanzionata dal Congresso di Vienna, e Valtellina e Valchiavenna vennero inserite nel Regno Lombardo-Veneto sotto il dominio dell'Impero Asburgico. Nel 1816 il comune unitario della Valle di San Giacomo venne diviso nei tre comuni attuali di San Giacomo-Filippo, Campodolcino e Isolato (poi Madesimo), per indebolire il partito favorevole all'annessione ai Grigioni, segnalato dalla Prefettura di Sondrio. Il neonato comune di Isola (o Isolato) fu confermato nel VII distretto di Chiavenna nel 1844, mentre nel 1853 Isola, con le frazioni di Pianazzo e Madesimo, risultava comune con consiglio senza ufficio proprio e con una popolazione di 602 abitanti, nel IV distretto di Chiavenna.


Lago Nero dello Spadolazzo

Durante la dominazione asburgica della prima metà dell'Ottocento importanti opere viarie diedero un nuovo impulso alla via dello Spluga. L'ingegner Carlo Donegani progettò infatti la nuova strada realizzata tra il 1818 ed il 1823, che, sul versante italiano, abbandonava le pericolose gole del Cardinello sfruttando un percorso più sicuro con l'ardito tracciato che saliva a Pianazzo. Dopo l'alluvione del 1834 che ne danneggiò gravemente diversi tratti da Campodolcino ad Isola, venne costruito l'arditissimo tratto che coincide con il tracciato attuale, e che da Madesimo sale direttamente a Pianazzo, tagliando fuori Isola e risalendo il vertiginoso versante dello Scenc'. La nuova strada, aperta nel 1838, diede un grande impulso ai transiti commerciali e turistici, regalando per qualche decennio al passo dello Spluga il primato indicusso fra i valichi delle Alpi Centrali, tanto da giustificare i non indifferenti sforzi per tenerlo aperto lungo l'intero arco dell'anno.
Nella seconda metà dell'Ottocento, però, lo Spluga perse la sua centralità strategica, per l'apertura delle gallerie del Brennero (1867), del Moncenisio (1872) e del San Gottardo (1882). Per ovviare a questo declino venne formulato il progetto del traforo dello Spluga, che però non si concretizzò mai. I transiti commerciali terminarono, lasciando però il posto ai più diradati ma anche suggestivi transiti di turisti e viaggiatori. L'economia di Campodolcino risentì fortemente di questa contrazione, che progressivamente tolse lavoro ai "porten", i corrieri che costituivano un'associazione italo-grigiona.


Il lago di Emet (clicca qui per ingrandire)

Onofrio Piazzi, in un diario del 1827 che racconta la sua salita da Chiavenna allo Spluga, così scrive (riportato in "Clavenna", 1968): "Fatte quattro ore circa di viaggio, da Chiavenna giungemmo ad Isola, che consiste in un gruppo di case rustiche poste tra il margine del fiume e tra il graduato sollevarsi di una prateria. Non è però affatto disprezzabile questo paesetto che è l'estremo di valle St. Giacomo e che sembra gettato a caso da una mano incognita tra queste selvaggie località. Da qui rivolgendo indietro lo sguardo si ammirano le imponenti irregolarità delle catene dei monti pei quali nascostamente si venne in mezzo a stretta gola tortuosa; ed alzando d'altro lato gli occhi si affaccia in parte all'attonito viandante l'aspetto dell'immenso Spluga, che a prima vista non pargli superabile. La terracciuola d'Isola è come il riposo del passeggero di montagna; ivi si cambiano i cavalli delle poste e le trombette di quelli che vengono e partono percuotono l'aria di suoni graziosi, i quali sono piacevolmente moltiplicati dall'eco di quelle valli romite non avvezze in prima che al rumore dei torrenti e delle buffere, ed al canto malinconico ed uniforme dei faggiani e delle cotornici, che vi abbondano; ivi trovasi contro l'aspettazione un buon albergo con buoni letti ed eccellenti provvigioni di vitto e di vini i più eletti della Valtellina, che ivi trasportati acquistano un certo qual brio e fragranza, per cui si riterrebbero essi stranieri liquori che abbiano navigato mari e tempeste."
Alle guerre risorgimentali parteciparono diversi abitanti di Madesimo (allora Isolato), vale a dire Buzzetti Giuseppe (1848), Buzzetti Luigi (1866), Copes Carlo (1848), Copes Lorenzo (1848), Copes Battista (1866), Fattarelli Giovanni Battista (1860-61-66), Gianera Antonio (1848), Gossi Giuseppe (1848), Pighetti Giuseppe (1848), Paggi Antonio (1866), Paggi Domenico (1848), Pilatti Battista (1866), Pedroncelli Giuseppe (1866), Pedroncelli Giovanni Battista (1860-61), Raviscioni Lorenzo (1848), Raviscioni Teodoro (1848) e Scaramellini Giovanni (1060-61).
La statistica curata dal Prefetto Scelsi, nel 1866, registrava i seguenti dati relativi al comune di Isolato. Ad Isola vivevano 102 persone, 50 maschi e 52 femmine, in 23 famiglie e 40 case, di cui 21 vuote. A Madesimo vivevano 160 persone, 74 uomini e 86 donne, in 37 famiglie e 35 case, di cui 9 vuote. A Pianazzo vivevano 192 persone, 91 uomini e 101 donne, in 35 famiglie e 40 case, di cui 13 vuote. A Mottaletta vivevano 71 persone, 35 uomini e 36 donne, in 21 famiglie e 20 case, di cui 4 vuote. In case sparse, infine, vivevano 223 persone, 109 uomini e 144 donne, in 72 famiglie e 99 case, di cui 51 vuote.
Ecco il quadro complessivo:

Lago Ghiacciato e gruppo del Suretta

La Guida alla Valtellina edita dal CAI di Sondrio nel 1884 (II edizione), a cura di Fabio Besta, così annota: "Lo Spluga è fra i valichi delle Alpi conosciuti dai Romani, ma fino al 1818 non era sormontato che da una strada mulattiera. Federico Barbarossa nella sua quarta calata in Italia, prima della ricostruzione di Milano, passò questo valico e si fermò a Chiavenna. V'è un quadro nella Pinacoteca di Roma che ricorda questa presenza di Barbarossa in Chiavenna. Più tardi Macdonald dal 27 novembre al 4 dicembre 1800 fece valicare questo passo da una intera divisione destinata a coprire i fianchi dell'armata d'Italia... Intere valanghe furono da valanghe staccatesi dal monte trascinate in un burrone mentre tentavano attraversare la gola di Cardinello. La bella strada internazionale che attraversa lo Spluga venne costrutta per ordine del governo austriaco dal 1819 al 1821 sugli studi dell'ing. Carlo Donegani. Oltrepassato il giogo dello Spluga e la Terza Cantoniera (2067 m.) si giunge al piano della Casa, dove v'ha la dogana e una modesta osteria. La valle, qui sterile e tetra, è circondata da alte e scoscese montagne. Nell'invernola neve vi cade alta tanto da innalzarsi al di sopra del primo piano; cosicchè a volte per mettere in comunicazione la dogana colla vicina osteria è mestieri scavare entro la stessa neve una galleria. ...


Sentiero del Cardinello

Da Pianazzo si stacca dalla gran strada dello Spluga una comoda strada che sviluppandosi in parecchi andirivieni entra nella valle Scalcoggia o di Madesimo e dopo non più di due chilometri arriva a villaggio di Madesimo e al grandioso stabilimento di acque che da esso prende nome (1500 m.). Sebbene le sorgenti magnesiaco-ferruginose di Madesimo fossero note fin dal secolo passato, pure, a cagione della difficoltà di accesso e della mancanza di adatti alberghi, erano fino a questi ultimi anni pochissimo frequentate. Ma dopo che sorse il nuovo grandissimo stabilimento, Madesimo divenne una delle stazioni alpine più in voga. E per verità pochi luoghi di montagna possono rivaleggiare con questo per mitezza di clima e per amenità di dintorni. Il piano della valle è tutto prati, e le pendici dei vicini monti son coperte di boschi resinosi che van rendendosi sempre più folti. Lo stabilimento è per ogni rispetto commendabile: ha commodi alloggi, ampie sale da pranzo e da conversazione, ed ha vicini eleganti chalets. La tavola e il servizio vi sono ottimi i prezzi modicissimi. A Madesimo, oltre la cura delle acque e quella dell'aria saluberrima, si può fare la cura del latte e quela idroterapica secondo i sistemi moderni più razionali...


Alta Valle Spluga dal corridoio che introduce al passo di Suretta (clicca qui per ingrandire)

Per dolce declivio a ponente dello stabilimento si sale all'ameno altopiano dell'alpe Andossi (1650 m.) verdeggiante di prati e pascoli. E' un cumulo caotico o morenico ammassato nell'epoca glaciale, della quale il geologo trova qui, come in tutta la Valtellina, le tracce, oltrecchè nelle morene, anche nelle rupi tondeggianti levigate e striate. Ascendendo poi gradatamente verso nord, di terrazzo in terrazzo, e dominando sempre collo sguardo sulla sinistra la valle principale del Liro, e sulla destra quella secondaria di Madesimo, in meno di due ore si giunge al piede del ghiacciaio di Sobretta, e si può, volendo, raggiungere il piamo della Casa e ritornare a Madesimo per la via carrozzavile. ...
Motta, villaggio alpestre al sud-est di Pianazzo, è circondato da ricche e vaste praterie degli aromatici fieni, ottimo alimento alle bovine che danno in ricambio latte squisito. Vi si giunge da Madesimo in soli tre quarti d'ora, attraverso folti boschi resinosi, che coprono una vasta morena antica. Là si ammira una cava di bellissimo calcare saccaroide, bianco, compatto e lucente al pari di quella di Carrara. ... Si fanno tre ore e mezza di viaggio per giungere in presenza di un bacino d'acque tranquille, silenti, opache, con rive brulle e sassose, che ricordano un'epoca, diremmo, di scosse convulse, e in cui la sdegnosa bellezza dell'orrido fa, non sapremmo dire se contrasto od accordo, colla imponente cupola del cielo lombardo e colla frangiata e bianca cornice delle cime alpine. ... Al lago d'Emet. Serbatoio famoso di trote prelibate, pregio delle mense chiavennesi e dello stabilimento di Madesimo. Vi si arriva in due ore, e continuando pel colle, si scende lingo la valle di Hemet e del Reno in Isvizzera. Il luogo è propizio per la caccia del camoscio. ...
"

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Apri qui una fotomappa del percorso dal passo dello Spluga al bivacco Suretta

G. B. Crollalanza, nella sua "Storia del Contado di Chiavenna" (Milano, 1867), traccia questo quadro della valle nella seconda metà dell'Ottocento: "La Valle San Giacomo, sebbene vada distinta per l'abbondanza de' fieni e de' pascoli ch'essa possiede, è però assai scarsa, e si potrebbe anche dir quasi priva di ogni altro prodotto; e i suoi cinquemila abitanti non potrebbero trovarvi la loro annuale sussistenza, se non traessero sostentamento dal trasporto delle mercanzie, e più col recarsi nella stagione iemale nella Lombardia e in Piemonte a distillare l'acquavite, mentre i più arditi emigrano per l'America, donde dopo otto o dieci anni ritornano ai loro poveri ma sempre amati tuguri col noniscarso frutto de' loro travagli, de' loro risparmi. Questa emigrazione viene inoltre compensata dagli abitanti di Colico, Piantedo, Sant'Agata, Sorico ed altri paesi che nella stagione calda vengono a ricovrarsi nella valle a fine di fuggire l'aria malsana della pianura, e a respirarci invece quella balsamica della montagna, conducendo il più di essi innumerevoli armenti di ogni specie, che fra que' monti trovano in estesi pascoli abbondante alimento.... Il principal ramo d'industria degli abitanti del contado, e specialmente di quelli della val San Giacomo, consiste nel bestiame bovino e nelle capre. ... Scarso è il numero dei cavalli...; più scarso ancora è quello degli asini e dei muli.... Scarso vi è pure il numero dei majali e dei gallinacci, e ciò dipende dalla penuria delle granaglie proveniente dalla troppo limitata estensione dei poderi. ... Nelle foreste più aspre e selvaggie spesso si incontrano lupi e orsi."


Il lago Azzurro (clicca qui per ingrandire l'immagine)

Graditissimo ed illustre ospite di Madesimo fu, per quindici estati, dal 1881 al 1905, il poeta Giosuè Carducci, che amava le passeggiate nelle pinete ed al lago Azzurro e le serate alla caratteristica Osteria Végia.
A Madesimo dedicò uno degli idillii alpini:
"Sant´Abbondio", da "Rime e Ritmi", 1898
"Nitido il cielo come in adamante
D´un lume del di lá trasfuso fosse,
Scintillan le nevate alpi in sembiante
D´anime umane da l´amor percosse.
Sale da i casolari il fumo ondante
Bianco e turchino fra le piante mosse
Da lieve aura: il Madesimo cascante
Passa tra gli smeraldi. In vesti rosse
Traggono le alpigiane, Abbondio santo,
A la tua festa: ed é mite e giocondo
Di lor, del fiume e degli abeti il canto.
Laggiú che ride de la valle in fondo?
Pace, mio cuor; pace, mio cuore. Oh tanto
Breve la vita ed é si bello il mondo!
"


Apri qui una fotomappa del percorso dal lago Azzurro al bivacco Suretta

Al monte Spluga è invece dedicata l' "Elegia del Monte Spluga", da "Idilli Alpini. Rime e Ritmi", 1898:
"E vidi su gli abeti danzar li scoiattoli, e udii
sprigionate co´ musi le marmotte fischiare.
E mi trovai soletto lá dove perdevasi un piano
brullo tra calve rupi: quasi un anfiteatro
ove elementi un giorno lottarono e secoli. Or tace
tutto: da´ pigri stagni pigro si svolve un fiume :
erran cavalli magri su le magre acque: aconíto,
perfido azzurro fiore, veste la grigia riva
."
Nel 1886 Madesimo fu eretta parrocchia dal vescovo di Como Pietro Carsana. La popolazione del comune all'unità d'Italia (1861) era di 970 abitanti, crollati a 500 nel 1871, 542 nel 1881, 405 nel 1901 e 443 nel 1911. Due targhe sulla chiesa parrocchiale di Madesimo ricordano i caduti nei due conflitti mondiali. Nella prima guerra mondiale morirono Gianera Silvestro di Giovanni, Pilatti Filippo fu Lorenzo, Pilatti Giacomo di Giuseppe, Buzzetti Felice fu Luigi, Pilatti Battista fu Giovanni e Gianera Giovanni fu Antonio. Una lapide ad Isola ricorda i caduti Andreoli Biaggio, Andreoli Vittorino, Paggi Guglielmo, Paggi Giuseppe.
Gli abitanti di Madesimo erano 443 nel 1921, 437 nel 1931 e 435 nel 1936.


Lago di Montespluga

La "Valtellina - Guida Illustrata" di Ercole Bassi (1928, V edizione), ci offre queste informazioni sulla situazione del comune fra le due guerre mondiali: "La nazionale da Campodolcino sale a nord in leggera curva ... Dopo un paio di chilometri si presenta la bellissima cascata di Pianazzo, alta 260 metri, per superare i quali la strada fa parecchie giravolte, e passa prima per tre piccole gallerie artificiali, l'una sopra l'altra, poi per una quarta assai più lunga, parte in muratura e parte nel vivo, sboccando in testa alla cascata, all'abitato di Pianazzo sede dell'estremo comune di Isola o Isolato (m. 1401 - Ab. 446 - auto estivo per Monte Spluga, Madesimo e Campodolcino - Corriera nelle altre stagioni - Sport invernali - Albergo ristorante della Cascata, cooperativa di consumo). La chiesetta è del 600. L'ancona con Gesù Cristo e la Maddalena è di G. B. Macolini. Da qui si stacca a sinistra una rotabile lunga km. 3 e larga m. 4, che disende con forti pendenze a Isola, sopra il quale villaggio si vedono altre cascate. Un'altra rotabile, larga metri 3,50, piuttosto erta nella prima tratta, conduce dopo due chilometri alla bellissima conca di Madesimo (m. 1534), percorsa dal torrente Scalcoggia, di cui si ammira anche una bella cascata (stabilimento climatico ed idroterapico - grand hotel Madesimo - albergo Cascata - osteria - ristorante Emet - sport invernali - società Pro Loco Madesimo). Vi si trovano diversi villini d'affitto, fra i quali la graziosa Villa Adele, le ville Tondini, Riva, Letizia, ecc. Madesimo, posto in un piano erboso, asciutto, ben riparato dai venti di nord e ricco di boschi di abeti, gode ormai di fama grandissima per le sue acque magneiacoferruginose, note sino dal VI secolo e assai lodate dallo Stoppani, e per il clima saluberrimo. Si presenta ottimo anche per una cura climatica invernale.


Lago degli Andossi

Molte amene escursioni si possono fare da Madesimo. Si menzionano le principali: rimontando la valle si giunge dopo un'ora all'alpe Macolini (m. 1630), e, dopo un'altra ora, al lago d'Emet (m. 2142) ricco di trote. Ivi a 2210 m. si trova il piccolo rifugio Gio. Bertacchi del C. A. I. sezione di Milano. Dal passo d'Emet (m. 2291) si scende a Canicùl, o Inner Ferrera, in Val d'Avers e ad Andéer ... Da Madesimo salendo a sera l'ampio altipiano degli Andossi, di natura morenica (m. 1650), ricco di edelweis e di pascoli, e che offre un largo panorama, si può scendere alla III Cantoniera. Rimontando invece gli Andossi si giunge al ghiacciaio di Suretta (m. 3025). Amena escursione è quella alla chiesa della Motta (m. 1727), vicino alla quale vi è una cava di bel marmo saccaroide. Più sopra, a m. 1848, vi è il bel lago Azzurro circondato da boschi resinosi. Dalla Motta un sentiero conduce a Fraciscio e a Campodolcino. ... A Madesimo andò per un ventennio a ritemprare la forte fibra fino al 1905, Giosuè Carducci.


Clicca qui per aprire una panoramica a 360 gradi dalla cima del pizzo Tambò

Dopo Pianazzo la nazionale (aperta ai rotabili da giugno a ottobre) continua verso nord, passa due robuste gallerie artificiali o paravalanghe, ... tocca la cantoniera di Teggiate (m. 1653) presso la quale vi è una cava di marmo. Indi la via fiancheggia a sera la collina degli Andossi, e dopo altra galleria, lunga m. 221, detta di Buffalora, giunge alla Cantoniera della Stuetta (m. 1876), ove comincia la strada del Cardinello. ... Di fronte alla Stuetta si vedono gli avanzi di un castello che proteggeva l'antica mulattiera, tagliata nel vivo e abbandonata nel 1824 perché troppo esposta a frane. Dalla Stuétta la via prosegue per un verde altipiano, e dopo km. 2,6 arriva al Piano della Casa o Monte Spluga (m. 1908), ove si trovano la Dogana (con cassetta di riparazione), gli alberghi Edelweis e Posta, P. T., auto estivo per Campodolcino, corriera invernale per Campodolcino, latteria sociale, una chiesetta del 1832 (con cappellano di patronato regio) che possiede una pala d'altare con S. Francesco, di Gio. Pock, vero gioiello d'arte. Anche verso la via fra Stuetta e Monte Spluga si ergeva una vecchia torre, demolita, non si sa perché, nel 1872. ... Continuando la strada, si passa un'altra Cantoniera e si giunge dopo km. 2 al Giogo dello Spluga (m. 2217), confine colla Svizzera. La strada indi cala a ripidi risvolti a Splugen (m. 1460), da cui, scendendo la valle del Reno, si giunge ad Andéer, indi per la Via Mala a Thusis e a Coira; mentre, volgendo a sinistra, si sale con altra carrozzabile al passo del S. Bernardino, e si scende in Val Mesolcina."


Panorama sulla Valle Spluga (clicca per ingrandire l'immagine)

Nella seconda guerra mondiale caddero Acquistapace Giovanni, Bianchi Aldo, Bianchi Luigi (classe 1922), Bianchi Luigi (classe 1914), Pedroncelli Guglielmo, Pilatti Natale e Fustella Giacomo.
Nel secondo dopoguerra gli abitanti passarono da 533 nel 1951 a 524 nel 1961, 676 nel 1971, 679 nel 1981, 631 nel 1991, 581 nel 2001, 540 nel 1911 e 517 nel 2017.
Nel 1983 il comune deliberò di mutare la sua denominazione in "Madesimo", prendendo atto della maggiore visibilità di una denominazione legata alla consolidata fama turistica della sua frazione economicamente più importante.
Oggi Madesimo è un comune di 86,55 kmq, a forte vocazione turistica, valorizzato dagli impianti di risalita (oltre 60 km di piste, numerosi circuiti di fondo, per escursioni in motoslitta e snow kite) e da una consistente rete di strutture ricettive (17 alberghi, numerosi bar e ristoranti). A queste va aggiunto un considerevole numero di seconde case (2975). Fra le curiosità che questo comune può vantare vi è anche il primato di essere il comune italiano più lontano dal mare, visto che il mar Ligure dista ben 294 km.


Passo di Baldiscio

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APPROFONDIMENTO: SENTIERO DEL CARDINELLO, MONTESPLUGA E PASSO DELLO SPLUGA

Luigi Brasca, nella monografia “Le montagne di Val San Giacomo” (CAI Torino, 1907), scrive: “Oggi la strada dello Spluga è percorsa ogni estate da una fiumana di turisti: ma quanti di costoro pensano alle memorie del passato, pur così rudemente vive negli avanzi delle strade romane e medioevali, che il tempo rispetta, ancora e più di quello che non abbian voluto gli uomini? Qua, là, tra le verdi erbe dei pianori al fondo della valle, o per entro le gole oscure, o sotto i macigni di una frana, appaiono ancora vestigia di muraglioni, di selciati, di torri; lì passavano le antiche mulattiere storiche, che videro le orde barbariche forse, le legioni di Stilicone, il livore di Barbarossa dopo il ricordo di Legnano, e il coraggio di Macdonald, … precursore dell’alpinismo invernale.


Sentiero del Cardinello

Certo che nessuno di quei condottieri famosi pensò che i posteri mattoidi avrebbero avuto la temerità di misurarsi con quei gioghi paurosi che incutevano tanto sacro terrore, … e men che meno poi che ci avrebbero trovato tanto gusto. Né la descrizione d’un passaggio come quello della Divisione Macdonald, compiuta dal 27 novembre al 4 dicembre del 1800, sotto una tormenta furiosa, doveva servire d’incoraggiamento. “Salendo da Tusizio” l’avanguardia condotta dal generale Laboissière, giunta “con penosi passi ed infinito anelito” quasi alla sommità del passo, è colta dalla bufera; “la quale, furiosamente soffiando sul dorso delle nevi ammonticchiate sopra quegli sdrucciolevoli gioghi, levava una orribile smossa di neve che con indicibile velocità e fracasso nelle sottostanti valli piombando, portò con sé a precipizio quanto le si era parato davanti”… i superstiti scapparono giù di nuovo a Splügen.


Sentiero del Cardinello

Arrivato Macdonald, si ritenta la prova; passano tre squadre; ma, all’ultimo giorno, mentre deve passare la retroguardia, col Macdonald stesso, altra bufera come sopra; … “le guide, uomini del paese, atterrite, attestavano l’impossibilità di passare e l’opera loro ricusavano” … ma il Macdonald non cede, e si va avanti; … “le guide, piene di un alto terrore, tornavano indietro; spesso gli uomini sepolti, spesso dispersi…; si aggiungeva un freddo intensissimo, maggiore quanto più si saliva e che gli animi attristava e prostrava, e le membra con renderle, aggrezzava”. Finalmente, superato il passo, “rallegravansi dell’acquistata vita l’uno coll’altro, poiché si erano creduti morti…” … che il percorso seguito dall’antica mulattiera fosse pericoloso, e pericolosissimo poi d’inverno, è facile vedere, pensando che essa seguiva le due gole del Cardinello e del Liro, battute da frane e valanghe, ed ogni tanto devastate dalle piene del fiume.”


Apri qui una panoramica del lago di Montespluga

Mntespluga ed il passo dello Spluga sono fra i più interessanti luoghi dell'arco alpino centrale. La loro storia riserva numerosi elementi di interesse e suggestione.
A Montespluga un pannello illustrativo racconta la sua storia: “La località fu nota fino agli inizi del XIX secolo come «Ca' de la montagna» per l'osteria-ospizio qui esistente fin dall'alto Medioevo, ma documentata solo a partire dal XIV secolo (oggi è l'albergo Vittoria). Uno scrittore degli inizi del Seicento annota «Uomini e giumenti troppo spesso perderebbero la loro vita su questo monte, se non vi fosse questo ricovero». Qui, quando infuriavano le bufere di neve si suonava una campana «per orientare i viaggiatori smarriti e chiamarli a pietoso rifugio durante la tempesta». L'ospizio fu poi ampliato nel XVIII secolo, e vi si ricavò una cappella, che fu posta sotto la giurisdizione della sede apostolica. Nel 1823, quando fu aperta la nuova carrozzabile dello Spluga da parte del regno lombardo-veneto sotto l'Austria, fu ristrutturata la dogana e sul lato opposto della strada fu costruita nel 1825 la chiesetta di San Francesco con pala del santo patrono che riceve le stimmate, firmata nel 1841 da Giovanni Pock. Alla Ca' i vettori dei «Porti» di Val del Reno e quelli di Val San Giacomo si scambiavano le merci dirette rispettivamente a sud e a nord del valico. Qui sostava e faceva dogana la corriera di Lindau, che già nel 1823 in trentasei ore correva dal Lago di Costanza a Milano.”


Montespluga

Riportiamo anche le notazioni di Giovanni Guler von Weineck, che, nell’opera “Rhaetia” (Zurigo, 1616), scrive: “Salendo dal villaggio di Spluga in cima al passo e scendendo poi un poca per il versante italiano, s'incontra un edificio in muratura detto Alla-casa, dove, durante le furiose tormente,si rifugiano le bestie da soma e di viandanti. Uomini e giumenti troppo spesso perderebbero la loro vita su questi monti, se non vi fosse questo ricovero. Il luogo circostante è cosi elevato, selvaggio e gelido, che non produce legna di sorta. Perciò la legna. necessaria per la cucina e per il riscaldamento, vi deve essere condotta a soma dal basso dl ambedue i versanti. Davanti al ricoverosi stende una pianura discretamente larga, che per otto mesi all'anno è coperta da un bianco strato di neve, mentre negli altri quattro mesi vi cresce un poco di erba e di pascolo.”


Lago di Montespluga

G. B. Crollalanza, nella sua monumentale “Storia del contado di Chiavenna” (Milano, 1867), a sua volta così descrive questi luoghi:
A Teggiate s'incontra la prima Casa Cantoniera stabilita e mantenuta dal governo per dar ricovero e soccorso ai viaggiatori assaliti dalla tempesta, e alla Stuetta una seconda Cantoniera, dopo la quale si apre una spaziosa ma deserta pianura, in fondo a cui sorge la Casa detta della Montagna a 1904 metri sul livello del mare, antica dogana italiana, oggi semplice posto di guardie doganali. Quivi presso sorgono altre fabbriche ben costruite, fra le quali la chiesa, la casa del R. Cappellano, l'abitazione per l'Ingegnere di riparto e per gli altri inservienti della strada, ed un comodo albergo. In questo punto non è cosa rara che nell'inverno vi sia della neve che giunge fino alle finestre del primo piano, e duranti le tempeste si suona la campana della chiesa per guidare i viaggiatori.


Lago di Montespluga

Poco lungi dalla casa della Montagna s'incontra la terza Cantoniera, e quindi subito dopo la sommità dello Spluga, ove in quel luogo che à forma di piazza è marcato il confine fra l'Italia e la Svizzera. La elevatezza di questo punto sul livello del mare è di 2117 metri, e su quello del lago di Como è di 1919; ed una vecchia torre si trova alla sommità del passaggio, da dove volgendo le sguardo al ponente si scorge la bella aguglia di Tambohorn che servì di segnale trigonometrico con stupendi feldispati bianchi e turchini, e talco e clorite color d'uliva, in mezzo al gneis stratificato verticalmente, cui poi verso l'alpe di Loga congiungonsi la tormalina, la quarzite, l'orniblenda. Superata la vetta dello Spluga, la strada discende sino al paese grigione di questo nome, donde per la valle del Reno si va a Coira.”
Lo scenario, in passato, doveva, quindi, essere assai più severo: la convergenza e la circolazione delle correnti favorivano, nella zona del passo, abbondanti precipitazioni, per cui qui si poteva davvero sperimentare quanta fatica costasse all’uomo riuscire a convivere con le asperità del clima e della montagna. Oggi tutto appare più addomesticato ed ingentilito.


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La Guida alla Valtellina edita dal CAI di Sondrio nel 1884 (II edizione), a cura di Fabio Besta, così presenta il passo dello Spluga: "Lo Spluga è fra i valichi delle Alpi conosciuti dai Romani, ma fino al 1818 non era sormontato che da una strada mulattiera. Federico Barbarossa nella sua quarta calata in Italia, prima della ricostruzione di Milano, passò questo valico e si fermò a Chiavenna. V'è un quadro nella Pinacoteca di Roma che ricorda questa presenza di Barbarossa in Chiavenna. Più tardi Macdonald dal 27 novembre al 4 dicembre 1800 fece valicare questo passo da una intera divisione destinata a coprire i fianchi dell'armata d'Italia... Intere valanghe furono da valanghe staccatesi dal monte trascinate in un burrone mentre tentavano attraversare la gola di Cardinello. La bella strada internazionale che attraversa lo Spluga venne costrutta per ordine del governo austriaco dal 1819 al 1821 sugli studi dell'ing. Carlo Donegani. Oltrepassato il giogo dello Spluga e la Terza Cantoniera (2067 m.) si giunge al piano della Casa, dove v'ha la dogana e una modesta osteria. La valle, qui sterile e tetra, è circondata da alte e scoscese montagne. Nell'invernola neve vi cade alta tanto da innalzarsi al di sopra del primo piano; cosicchè a volte per mettere in comunicazione la dogana colla vicina osteria è mestieri scavare entro la stessa neve una galleria."


Apri qui una panoramica del passo dello Spluga

Queste note danno solo una prima ed approssimativa idea dell'importanza del passo dello Spluga, il quale, per la sua posizione centrale nell'arco alpini, costituì la più diretta via di comunicazione fra paesi di lingua germanica e bacino padano. Molto probabilmente fu valicato prima ancora degli albori della storia. I ritrovamenti nei siti del vicino Pian dei Cavalli attestano infatti la presenza di nuclei di cacciatori nomadi nel Mesolitico, cioè circa 10.000 anni fa. Questi cacciatori salivano al Pian dei Cavalli partendo da campi-base posti sul fondovalle (ma può darsi che venissero anche dal versante opposto della catena alpina), accendendo fuochi e collocando tende. Questo luogo consentiva loro di dominare la valle sottostante, avvistando le prede più ambite, i cervi. In epoca storica furono i Romani a sfruttare il valico nel contesto della campagna militare posta in atto tra il 16 ed il 7 a. C. per sottomettere le popolazioni retiche.


Apri qui una panoramica del passo dello Spluga

Due documenti di età imperiale romana, infatti, riportano la via dello Spluga: si tratta dell'Itinerarium Antonini, redato al tempo di Diocleziano, e della Tavola Peutingeriana, copia medievale di una carta romana di età imperiale. Vi si menzionano Tarvedese, probabilmente Campodolcino, dove la strada vera e propria terminava, lasciando il posto alla mulattiera percorsa appunto da muli, che superava l'aspro versante della Valle del Cardinello e raggiungeva Cunu Areu, cioè Montespluga, pero pi salire al passo. Fino all'età medievale fu questa l'unica via per valicare il passo. Ad essa dal 1223 si affiancò quella che da Campodolcino saliva a Madesimo ed al passo di Emet. La prima rimase però la più utilizzata nella stagione invernale.


Isola

Al transito dei soldati seguì, per i passi dello Spluga, del San Bernardino e del Settimo, quello dei mercanti, che salivano per l'importante arteria che percorreva il lato occidentale del lago di Como, proseguiva fino a Chiavenna e di qui a Campodolcino, per lasciare poi il posto ad una larga mulattiera che forse veniva percorsa anche da piccoli carri. Raggiunto il passo dello Spluga, tenuto aperto anche d'inverno, il percorso scendeva fino alla valle del Reno Posteriore ed a Coira, seguendo la Viamala. Questo fu l'itinerario percorso per secoli dalle merci più diverse, fra cui cereali, riso, sale, latticini, vino, pelli, cuoio, tessuti, argenteria, armi, armature, spezie. La sua importanza economica indusse nel 1473 a porre in atto lavori per porre in sicurezza il transito attraverso la profonda forra della Viamala, mentre nel 1643 fu tracciata una via più sicura in un altro nodo critico di passaggio, la valle del Cardinello. I commerci venivano gestiti fin dal basso Medioevo da corporazioni di contadini-someggiatori, chiamate Porti, che ne detenevano il monopolio e curavano la manutenzione di strade e ponti. I trasporti venivano poi scanditi dalle soste, dove le merci venivano trasbordate a cura di operatori locali.
In quel periodo giungevano a Splügen, sul versante elvetico ai piedi del passo, da 300 a 400 animali da carico, che procedevano nelle "stanghe" composte da 6 o 7 bestie collegate da una speciale imbastatura e guidate da un somiere.


Apri qui una panoramica sul passo dello Spluga

Solo nel primo quarto dell'Ottocento la costruzione della carrozzabile del San Bernardino e di quella tracciata dall'ingegner Carlo Donegani allo Spluga fra il 1818 ed il 1823 modificò profondamente questo sistema. Sul versante italiano la strada dello Spluga abbandonava le pericolose gole del Cardinello sfruttando un percorso più sicuro con l'ardito tracciato che saliva a Pianazzo. Dopo l'alluvione del 1834 che ne danneggiò gravemente diversi tratti da Campodolcino ad Isola, venne costruito l'arditissimo tratto che coincide con il tracciato attuale, e che da Madesimo sale direttamente a Pianazzo, tagliando fuori Isola e risalendo il vertiginoso versante dello Scenc'. La nuova strada, aperta nel 1838, diede un grande impulso ai transiti commerciali e turistici, regalando per qualche decennio al passo dello Spluga il primato indicusso fra i valichi delle Alpi Centrali, tanto da giustificare i non indifferenti sdorzi per tenerlo aperto lungo l'intero arco dell'anno.


Il passo dello Spluga

Il tramonto della sua centralità strategica fu poi segnato dall'apertura delle gallerie del Brennero (1867), del Moncenisio (1872) e del San Gottardo (1882). Per ovviare a questo delino venne formulato il progetto del traforo dello Spluga, che però non si concretizzò mai. I transiti commerciali terminarono, lasciando però il posto ai più diradati ma anche suggestivi transiti di turisti e viaggiatori. Non pochi furono gli artisti, gli scienziati ed i pensatori famosi che passarono per lo Spluga, da Erasmo da Rotterdam nel 1509 a Johann Wolfgang Goethe nel 1788, da William Turner nel 1843 a Friedrich Nietzsche nel 1872, da Jacob Burckhardt nel 1878 a Henry James, da Giosuè Carducci, che visitò il passo più volte durante i suoi soggiorni estivi a Madesimo tra il 1888 ed il 1905, ad Albert Einstein nel 1901, per citare solo i più famosi. In particolare, il sommo poeta tedesco Goethe varcò lo Spluga, di ritorno dal suo viaggio in Italia, alla volta di Weimer. Andersen vi passò qualche decennio dopo e, sceso a Chiavenna, si vide rifiutare una tazza di caffè e latte perché si era di venerdì ed il latte era proibito dal precetto del magro.


La Via Spluga in prossimità del passo dello Spluga

Nel 1922 il celebre poeta Giovanni Bertacchi, nel discorso scritto per le celebrazioni del centenario della nuova strada dello Spluga, con queste parola descrive il mesto tramonto della più antica via del Cardinello: "Ora il passo del Cardinello è abbandonato, la vecchia mulattiera si viene in più tratti sgretolando, mentre qualche solingo viandante rifà la yraccia antica, ammira la scena mirabimente selvaggia, ascolta le voci arcane della montagna, se mai vi riecheggia ancora il tumulto del passaggio di MacDonald, recante fra stenti di ogni sorta, nel dicembre dell'800, i soccorsi incovaci dal Bonaparte."


Apri qui una panoramica verso nord dal passo dello Spluga

Ecco, infine, la descrizione della strada dello Spluga da Campodolcino allo Spluga, così come si legge nella Guida alla Valtellina edita dal CAI di Sondrio nel 1884, a cura di Fabio Besta (II edizione): "Lasciato Campodolcino, la strada si va elevando verso Pianazzo per mezzo di arditi e stupendi andirivieni tagliati nel vivo masso, e che presentano all’atterrito viaggiatore uno spaventevole abisso. Lungo questo tratto di strada si scorge più volte la cascata maestosa di Pianazzo, e a sinistra del Liro quella più umile ma graziosissima che scende dai monti di Starleggia. Finalmente si penetra per entro una maestosa galleria tagliata sul vivo, trascorsa la quale si giunge alla predetta cascata di Pianazzo, che accogliendo le abbondanti acque del Medesimo si precipita da un soglio all'altezza di 200 metri nella sottoposta valle, dove va a confondersi col Liro colle sue fredde acque che scaturiscono dai vicini ghiacciai.


Lago di Montespluga

La nuova strada che da Pianazzo procede alla sommità dello Spluga evita la pericolosa gola del Liro fra Isola e Campodolcino, e ivi la vegetazione degli alberi incomincia a languire finchè sparisce del tutto. Però ad essa succedono estesi pascoli che nella stagione estiva danno alimento a molteplici armenti di ogni specie degli abitanti della pianura che vengon quivi a respirare l'aria salubre della montagna. Questa nuova strada sale a poco a poco a mezzo d'innumerevoli andirivieni lungo il declivio della montagna, ed è protetta contro le lavine da un paravalanghe aperto e da due lunghe gallerie murate e coperte di tettoje inclinate e appoggiate sopra piloni per facilitare lo sdrucciolamento della neve, e per entro le quali la luce penetra a mezzo di aperture fatte a guisa di cannoniere. Il paravalanghe, ossia la prima galleria, è detta delle Acque Russe, ossia delle acque minerali, le quali nel discendere lungo i dirupi del monte si coloriscono con un deposito rossiccio e formano graziose concrezioni calcari, ed è lunga circa 400 metri. Sotto questa galleria, e precisamente nel punto denominato il Passo della Morte, sì spalanca da un lato della strada un precipizio così profondo da oltrepassare í 360 metri sul suo livello inferiore. Passata questa galleria, l'antico sentiero posto sulla sinistra discendeva diretto e scabroso ad Isola in mezzo alla stretta gola del Cardinello; il qual passaggio era esposto alle lavine che nell'inverno minacciavano bene spesso la vita dei miseri viandanti. La seconda galleria è detta di Valbianca, ed è lunga metri 202, alla quale succede quella ancor più lunga di Buffalora, la quale si estende a metri 221: 80.


Isola

A Teggiate s'incontra la prima Casa Cantoniera stabilita e mantenuta dal governo per dar ricovero e soccorso ai viaggiatori assaliti dalla tempesta, e alla Stuetta una seconda Cantoniera, dopo la quale si apre una spaziosa ma deserta pianura, in fondo a cui sorge la Casa detta della Montagna a 1904 metri sul livello del mare, antica dogana italiana, oggi semplice posto di guardie doganali. Quivi presso sorgono altre fabbriche ben costruite, fra le quali la chiesa, la casa del R. Cappellano, l'abitazione per l'Ingegnere di riparto e per gli altri inservienti della strada, ed un comodo albergo. In questo punto non è cosa rara che nell'inverno vi sia della neve che giunge fino alle finestre del primo piano, e duranti le tempeste si suona la campana della chiesa per guidare i viaggiatori.


La cascata di Pianazzo congelata

Poco lungi dalla casa della Montagna s'incontra la terza Cantoniera, e quindi subito dopo la sommità dello Spluga, ove in quel luogo che à forma di piazza è marcato il confine fra l'Italia e la Svizzera. La elevatezza di questo punto sul livello del mare è di 2117 metri, e su quello del lago di Como è di 1919; ed una vecchia torre si trova alla sommità del passaggio, da dove volgendo le sguardo al ponente si scorge la bella aguglia di Tambohorn che servì di segnale trigonometrico con stupendi feldispati bianchi e turchini, e talco e clorite color d'uliva, in mezzo al gneis stratificato verticalmente, cui poi verso l' alpe di Loga congiungonsi la tormalina, la quarzite, l'orniblenda. Superata la vetta dello Spluga, la strada discende sino al paese grigione di questo nome, donde per la valle del Reno si va a Coira.
Da Pianazzo, deviando ora dalla strada postale, si può discendere al comune d'Isola, cui presentemente conviene con giusta ragione applicare questo nome, il perché tolta la via di comunicazione diretta con Campodolcino per le devastazioni del fiume nel 1834 restò quel paese isolato; e i suoi abitanti non ànno oggi altra risorsa fuori del prodotto del fieno e dei pascoli di cui abbonda il suo territorio. Dalla sommità più alta del monte che sorge sulla sinistra d'Isola in forma di argentea striscia si precipita il fiume Liro colle fredde sue acque che scaturiscono dai vicini ghiacciai
."


Montespluga

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Bibliografia

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Buzzetti, Pietro, "Le Chiese nel territorio dell'antico Comunità in Valle San Giacomo" Como, A. Volta di Caccia e Corti, 1922

Buzzetti, Pietro, "Ancora Isola di Chiavenna", in L'Ordine, Como,5 agosto 1928

Buzzetti, Pietro, "Il passo dello Spluga e strade valchiavennasche", Como, Tip. A. Volta di Caccia, 1928

De Simoni Giovanni (a cura di), "Inventario dei toponimi valtellinesi e valchiavennaschi - Isolato ", edito dalla Società Storica Valtellinese e Centro di Studi Storici valchiavennaschi nel 1971

Giacomelli Franco, Lisignoli Guido, "Sentieri ed ascensioni facili in Valchiavenna", Edizioni Rotalit, 1989

Zahner, G., "Il dialetto della Val San Giacomo (Valle Spluga)", Vita e Pensiero, Milano 1989

Festorazzi, Luigi, "Lo Spluga nei secoli", in "Rassegna Economica della Provincia di Sondrio", maggio 1991

Gogna A., Recalcati A., "Mesolcina - Spluga - Monti dell'alto Lario" Milano, 1999, nella collana “Guida dei monti d’Italia” del CAI-TCI

Giorgetta Giovanni, Jacomella Enrico, "Valchiavenna - Itinerari storici", Lyasis edizioni, Sondrio, 2000

Sala, Angelo, "La valle del "Carden" " (sulla Val Febbraro), in "Orobie", maggio 2002

Lisignoli, Guido, "Valchiavenna - Le più belle escursioni", Lyasis Edizioni, Sondrio, 2008

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