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DA MALGHERA A LIVIGNO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Prima giornata: Malghera-Pian di Baitìn-Bivacco Duilio Strambini-Passo di Sacco-Rif. Saoseo
5 h e 30 min.
820
E
Seconda giornata: Rifugio Saoseo-Passo di Val Mera-Alpe Vago-Livigno
7 h
720
EE
SINTESI. PRIMA GIORNATA. Da Grosio, superata la chiesa di San Giuseppe e la successiva caratteristica “strecia de Ilda”, imbocchiamo, sulla sinistra (indicazioni per Ravoledo e Fusino) la carrozzabile della Val Grosina, che, superata la frazione di Ravoledo, dopo pochi tornanti, si addentra sul suo fianco orientale, passando per San Giacomo. Raggiunto il nucleo di Fusino, in corrispondenza dello spiazzo davanti alla chiesetta (m. 1203, il punto più comodo dove lasciare l’automobile: per proseguire in tutte le direzioni si deve inoltre acquistare un pass giornaliero), prendiamo a sinistra, imboccando la stretta stradina che porta al ponte sul torrente Roasco, poco a valle rispetto alla muraglia della diga di Fusino dell’AEM. Sul lato opporto la stradina piega leggermente a sinistra e comincia a salire su un ripido versante di prati e comincia un lungo traverso sul fianco della Val Grosina Occidentale, superando diversi nuclei e portando a Campo Pedruna. Nel tratto successivo la pendanza si fa molto severa e la stradina termina a Malghera (m. 1937), dove si trova il rifugio-ricovero omonimo, presso il santuario della Madonna del Muschio o della Neve. Ci incamminiamo sulla pista che si addentra in Val di Sacco (dir. nord), superando la sbarra e passando a lato della casera di Sacco (m. 2008). Ignoriamo le indicazioni per il passo di Vermolera (sentiero che scende a destra). Proseguiamo diritti sul fianco occidentale dell'imbocco della Val di Sacco (Pian di Mezzo) su marcato sentiero (dir. nord-nord-est), che dopo un buon tratto volge a sinistra (nord-ovest), portando in vista dell’ampio pianoro (Pian di Baitìn) chiuso dal gradino roccioso in cima al quale è posto il bivacco Duilio Strambini. Seguiamo i segnavia e, attraversato il pianoro verso nord-ovest, attacchiamo il crinale, seguendo il sentiero che risale il suo fianco sinistro. Raggiungiamo, così, un secondo e più modesto pianoro, che termina ben presto ai piedi di un canalone che si restringe alla sommità: dobbiamo risalirlo, piegando poi a destra (nord-est) per affacciarci alla piccola sella erbosa che ospita il bivacco Duilio Strambini, a 2535 metri. Proseguiamo, poi, verso nord, attaccando l'ampio canalone occupato da sfasciumi che si trova a nord del rifugio. Non esiste una vera e propria traccia di sentiero, ma dobbiamo destreggiarci fra massi di ogni dimensione, rimanendo sul lato destro. Qualche raro segnavia bianco-rosso ci aiuta ad individuare il percorso meno dispendioso e più sicuro. Passiamo a lato della conca sul lato opposto della quale, rispetto a noi, è adagiato il laghetto Zapelàsc (m. 2579). Per salire al passo di Sacco proseguiamo sul lato opposto della conca, rispetto al laghetto; sempre guidati da alcuni segnavia, lasciamo alla nostra destra un versante un po' ripido e, sfruttando un secondo canalino (che, per chi sale, dà l'impressione di terminare direttamente con il passo), saliamo ad un'ultima conca, ai piedi del passo. Alcuni tornantini, infine, in direzione nord-nord-est si fanno strada su un terreno di sassi mobili, fino alla sella del passo di Sacco (m. 2730), che si affaccia sulla Valle di Campo elvetica. Dal passo di Sacco scendiamo ora in Val di Campo (laterale della Val Poschiavina, in territorio elvetico), alla conca che ospita il lago ed il rifugio di Saoseo,  per poi salire fino al passo di Val Viola e tornare in territorio italiano. La discesa, per quanto non si sviluppi su terreno difficile, richiede attenzione e buona visibilità, per non perdere la traccia di sentiero. Non scendiamo nell’ampio vallone di sfasciumi che si apre davanti a noi, ma stiamo sul crestone che si stacca dal lato sinistro del passo. Seguendolo, procediamo per un buon tratto, in leggera discesa, verso nord-nord-ovest, fino a raggiungere i primi contrafforti della quota 2602. Qui pieghiamo decisamente a sinistra (sud-ovest), scendendo più decisamente su un versante di sfasciumi verso il centro di un ampio vallone. Prima di raggiugerlo, però, a quota 2500 pieghiamo a destra e proseguiamo la discesa verso nord-ovest, tagliando il fianco settentrionale del vallone. Sul suo lato opposto vediamo alcuni dossi morenici denominati “Cüni”. A quota 2380, sempre proseguendo diritti verso nord-ovest, ci allontaniamo dal centro del vallone. A quota 2300 raggiungiamo il ciglio del vallone e vediamo più in basso la splendida conca verde dell’alpe e del lago di Saoseo. Pieghiamo ora a destra e proseguiamo la discesa verso nord, superando una fascia di roccette e scendendo a zig-zag su un ampio dosso. A quota 2050 il sentiero volge leggermente a sinistra e la pendenza si smorza. Attraversato un piccolo corso d’acqua, raggiungiamo un bivio al quale andiamo a sinistra, trovando poco più avanti un secondo bivio. Qui lasciamo alla nostra destra il sentiero che sale al lago di Saoseo e prendiamo a sinistra e, descrivendo un ampio arco verso sinistra, in leggera discesa, raggiungiamo l’alpe Saoseo (m. 1973). Qui ci immettiamo sulla pista che, seguita verso destra, in leggera salita, porta alla splendida radura di Lungacqua, dove si trova il rifugio Saoseo (m. 1986) del Club Alpino Svizzero. SECONDA GIORNATA. Dal rifugio cominciamo a salire in Val Viola Poschiavina seguendo solo per breve tratto la pista con le indicazioni per il Rifugio-Ristoro Alpe Campo, per poi staccarcene sulla destra ed imboccare il sentiero segnalato per il lago di Saoseo. Percorriamo in leggera salita il sentiero immerso nel verde del bosco, verso nord-est, volgendo poi a destra (sud-est). In breve usciamo all’aperto e ci troviamo faccia a faccia con il lago di Saoseo (m. 2028). Torniamo poi sui nostri passi e ci riportiamo sulla pista, che percorriamo verso destra, salendo gradualmente all’alpe Campo, dove si trova il Rifugio-Ristorante Alpe Campo (m. 2064).Qui imbocchiamo il sentiero segnalato per la Val Mera, che attraversa verso sinistra, in direzione nord-ovest, una breve fascia boscosa ed esce ad una fascia di prati, attraversata la quale siamo al ponte di quota 2080, sul quale attraversiamo da sinistra a destra il torrente Mera. Il sentiero inizia poi una lunga salita sul nord-orientale della Val Mera, procedendo diritto un po’ alto rispetto al letto del torrente, verso nord-ovest. La salita ci porta alla soglia del Piano di Val Mera (Plan da Val Mera, m. 2320), originato da una paleofrana ora ricoperta dal pascolo. Riattraversiamo, questa volta da destra a sinistra, il torrente Mera e cominciamo a salire in diagonale vero sinistra (nord-ovest), lasciando la piana alla nostra destra. La salita fra sfasciumi e magri pascoli ci porta al gradino di soglia oltre il quale si apre l’alta valle, che ci accoglie con il pianoro torboso di Roan, che attraversiamo restando sul lato sinistro, verso nord. Raggiunto un nuovo costone di sfasciumi, lo risaliamo portandoci leggermente a sinistra ed in breve siamo alla conca che ospita il misterioso e solitario lago di Roan (m. 2533). Restiamo a sinistra del lago, un po’ alti, tagliando a mezza costa il versante di sfasciumi. Saliamo poi su un dosso di roccette, che richiede attenzione, o, in alternativa, direttamente seguendo il canalone, spesso innevato (anche in questo caso bisogna prestare molta attenzione), immediatamente a nord del lago, guadagnando il corridoio del passo di Val Mera o Colle di Campo (m. 2671). Rientriamo così in territorio italiano, percorrendo la Valletta. Scendendo leggermente passiamo a sinistra del lago meridionale della Valletta (m. 2646) e giungiamo in vista del secondo e più grande lago della Valletta, quello settentrionale (m. 2592). Non scendiamo verso il lago ma procediamo a mezza costa, verso nord, salendo al dosso di quota 2647. Siamo sul bordo di un ripido versante e dobbiamo cercare con attenzione la traccia che scende in diagonale verso sinistra (nord-ovest), fino alla piana ai piedi della testata della Val di Campo livignasca, dominata dalla triade del Pizzo Paradisino (m. 3302), ad est, dal pizzo Orsera (m. 3032), a sud, e del monte Vago (m. 3059), a nord. La tagliamo in diagonale verso destra, approssimandoci al torrente che esce più in alto dal lago settentrionale della Valletta e scende per un ripido canalone. La traccia, sempre debole, riprende la discesa diritta restando a sinistra del torrente, verso nord-nord-est, seguendo l’andamento della Val Di Campo, fino alla sua confluenza con la Val Nera, alla nostra destra, a quota 2196. Qui il sentiero piega a sinistra e, restando sul lato sinistro della Val Nera (denominata su alcune carte Valle Vago), diventa pista sterrata e scende tranquillamente fino al suo sbocco nel punto in cui la Valle della Forcola di Livigno confluisce nella Valle di Livigno, in corrispondenza dell’alpe Vago (m. 1981). Qui, se vogliamo evitare il monotono percorso sulla carrozzabile che sale al passo della Forcola, non procediamo diritti, verso il parcheggio dell’alpe Vago (P7), ma prendiamo a destra, salendo alle Motte (m. 2008), proseguendo sul sentiero che scende al Pian del Verde (m. 1945). Qui troviamo l’antica carrozzabile (ora pista) e la seguiamo verso nord, passando per l’alpe Campaccio di Sopra e di Sotto (m. 1906). Restando sempre a destra del torrente Spöl, tagliamo la pista in località Tresenda e proseguiamo diritti, passando per i nuclei di Ponte Longo, Clus, Tee e Poz, prima di entrare in Livigno dalla sua periferia meridionale.


Santuario della Madonna del Muschio o della Neve a Malghera

Con due giorni a disposizione, possiamo pianificare un'interessantissima traversata dalla Val Grosina a Livigno per la Val di Sacco, la Val di Campo Poschavina e la Val Mera, in territorio elvetico, la Val di Sacco Livignasca e la Val Nera. Una traversata che tocca scenari vari e suggestivi, senza proporre passaggi di particolare difficoltà tecnica (anche se la discesa dalla Val di Campo Livignasca richiede attenzione alla traccia). Unica avvertenza: si richiedono buona condizioni di visibilità e si consiglia di effettuarla a stagione avanzata, per evitare il rischio della presenza di nevai significativi che complicano la traversata dalla Val Mera elvetica alla Val di Campo Livignasca.
Per effettuarla dobbiamo salire in automobile in Val Grosina. Il punto di partenza è Grosio (m. 656): oltrepassato il centro del paese, si trovano le indicazioni per la strada che sale in valle, raggiungendo innanzitutto Ravoledo (m. 864), frazione che si incontra dopo 2 km di salita. Al tornante prima di Ravoledo, però, fermiamoci ad osservare lo scenario che ci si offre: abbiamo di fronte la lunga dorsale monte Padrio (m. 2153)-monte Serottini (m. 2967), che separa la Provincia di Sondrio da quella di Brescia, e che mostra l’evidente depressione sulla quale è posto il passo del Mortirolo (m. 1896), che congiunge Valtellina e Valcamonica. Sulla destra vediamo la forra terminale del torrente Roasco, che, prima di gettarsi nell’Adda, corre per un tratto parallelamente al suo corso, per aggirare un bastione roccioso all’imbocco della valle. Scorgiamo chiaramente anche il bel castello di Grosio, così come suggestiva è la visuale sui paesi di Grosio e Grosotto.
All’uscita da Ravoledo ci attende un primo strappo fino ad un tornante sinistrorso; al successivo tornante destrorso vale la pena di effettuare un breve fuoriprogramma, lasciando la strada per scendere lungo una pista che se ne stacca sulla sinistra e, raggiunto un gruppo di case con una fontana, comincia a salire per un breve tratto, fino ad un secondo gruppo di case. Siamo in località Bedognolo, ed il motivo della digressione è la visita ad uno degli alberi monumentali di classe superiore della provincia di Sondrio, un castagno che, per la verità, non è in buone condizioni di salute, ma mostra ancora orgoglioso il tronco che vanta, in assoluto, la maggiore circonferenza fra tutti gli alberi della provincia, circonferenza che misura la bellezza di 12 metri! Il castagno ha il tronco cavo, il che gli conferisce un’aria misteriosa ed esoterica, quasi fosse stato scelto come dimora da qualche spirito del bosco.
Dopo la visita doverosa, torniamo sulla strada, che, dopo un paio di tornanti, valica la dorsale orientale della valle (che scende dalla cima Rossa al monte Storile) e comincia ad addentrarsi sul suo fianco, in corrispondenza della frazione di san Giacomo (m. 1054), la cui bella chiesetta risale al secolo XIV.


Ricovero Malghera

Puntando a nord, la strada ci porta a Fusino, a 9 km da Grosio (m. 1203), posto nel punto in cui la valle ospita due invasi artificiali dell’AEM, appena a monte del punto in cui la val Grosina occidentale si congiunge con il solco principale della valle. Una sosta nel piazzale della chiesa della Madonna delle Valli (costruita nel 1966 al posto di una cappelletta della Madonna del Buon Consiglio) ci permette di osservare l’imponente muraglia della diga superiore.
Imbocchiamo, ora, la deviazione a sinistra per la val Malghera: si tratta di una strada dalla carreggiata piuttosto stretta, che ci porta nel cuore della valle, per poi risalire sul fianco settentrionale della val Grosina occidentale. Questa strada ci porta fino all’alpe di Malghera, ad 11,2 km da Fusino, con un tracciato quasi interamente in asfalto e totalmente lineare (cioè senza tornanti) ed una carreggiata sempre stretta.
Il transito richiede l'acquisto del pass nella piazzola vicino alla chiesetta di Fusino.


Val di Sacco

Il primo strappo si presenta proprio all’inizio, quando oltrepassiamo i prati della località Dosso (Dos Giuèl, m. 1270). In questo tratto aggiriamo il largo fianco che dal monte Alpisella (m. 2756), a nord, scende alla forra del Roasco occidentale. Salendo, nei tratti meno impegnativi possiamo osservare la diversa natura dei due versanti della valle: quello alla nostra destra, il settentrionale, è caratterizzato da ampi prati, interrotti da macchie di larici, ontani, betulle, robinie e noccioli; il versante opposto, invece, per la diversa esposizione al sole, è ricoperto da fitte abetaie. Vi si susseguono, da est, gli imbocchi delle laterali val Mozzana, valle Piana, val Guinzana e val di Pedruna. Dopo circa 3 km di percorso in val Grosina occidentale raggiungiamo la località Dossa (m. 1350), dove la strada si avvicina al torrente mentre, sulla destra, si stacca una pista che sale sul fianco meridionale del monte Alpisella (termine che significa “piccola alpe”) e raggiunge l’alpe Biancadin, o Biancadino, in cui si trova l’omonimo rifugio (m. 1980). Avanti ancora, fino a Sacco (m. 1617) e Campo Pedruna (m. 1703), a 7,5 km da Fusino, dove lo scenario è ormai dominato dai pascoli di alta quota. Mancano 3,7 km dalla meta, Malghera: per raggiungerla, la strada comincia a volgere in direzione nord-ovest, dopo aver varcato il torrente che scende dalla valle di Pedruna. Superiamo anche le Baite della Pirla (denominate così perché si trovano presso una bella cascata, gemella della più famosa “pirla” di Eita), a 1830 metri, e giungiamo al punto in cui si apre, a nord, il solco della valle di Sacco, nella quale si prolunga la val Grosina occidentale.
Lo scenario è ampio, luminoso, bellissimo. La costiera che scende dalla punta di Sena (m. 3074) separa la valle di Sacco dalla valle di Malghera. Raggiungiamo il nucleo di baite di Malghera dopo aver superato su un ponticello anche il torrente Roasco occidentale. Ci accolgono il ricovero Malghera (m. 1937; per informazioni tel. allo 333 925966 - Giacomo Besseghini - sito web: www.rifugiomalghera.it) e, in fondo, separata dalle baite, il santuario della Madonna della Misericordia (Madòna de la néf), o Madonna del Muschio, edificata nel 1888, dal nucleo di una cappella preesistente, eretta per ricordare il miracolo dell’apparizione della Vergine, sul muschio di una roccia, ad un pastore nel 1750.


Lago Sapelaccio

Spicca soprattutto il bel campanile, innalzato nel 1910. Una chiesa così elegante in un luogo, tutto sommato, così solitario suscita un’impressione singolare, ma ci ricorda anche non solo la devozione delle genti della valle, ma anche la ricchezza dei luoghi. In generale la Val Grosina è stata, ed in parte è ancora, uno dei luoghi dove l’allevamento del bestiame ha, nell’intera provincia, la maggiore rilevanza. Qui possiamo lasciare l'automobile.


Bivacco Duilio Strambini

Volendo, possiamo proseguire ancora per un buon tratto, fino alla Casera di Sacco (m. 2008), dove la pista termina. La casera è il punto di partenza per una bella escursione che ha come meta il passo di Sacco. Ci addentriamo, quindi, a piedi nel bellissimo pian di Mezzo su marcato sentiero e, volgendo a sinistra (nord-ovest), giungiamo in vista dell’ampio pianoro chiuso dal gradino roccioso in cima al quale è posto il bivacco Duilio Strambini (m. 2534).


Apri qui una fotomappa della salita al bivacco Duilio Strambini ed al passo di Sacco

Seguiamo, dunque, i segnavia e, attraversato il pianoro (il Pian di Baitìn), attacchiamo il crinale, seguendo il sentiero che risale il suo fianco sinistro. Raggiungiamo, così, un secondo e più modesto pianoro, che termina ben presto ai piedi di un canalone che si restringe alla sommità: dobbiamo risalirlo, per affacciarci alla piccola sella erbosa che ospita il bivacco Duilio Strambini, a 2535 metri. Il bivacco è intitolato alla guida alpina grosina, morta per un fulmine sulla Grigna, nel 1978. Siamo in cammino da circa due ore ed abbiamo superato oltre 600 metri di dislivello.
Proseguiamo, poi, attaccando l'ampio canalone occupato da sfasciumi che si trova a nord del rifugio. Non esiste una vera e propria traccia di sentiero, ma dobbiamo destreggiarci fra massi di ogni dimensione, rimanendo sul lato destro. Qualche raro segnavia bianco-rosso ci aiuta ad individuare il percorso meno dispendioso e più sicuro. Alla fine, eccoci ad una bellissima conca, sul lato opposto della quale, rispetto a noi, è adagiato il laghetto Zapelàsc (m. 2579), che rimane un po' più in basso rispetto al punto raggiunto dal sentiero. Per salire al passo di Sacco, infine, proseguiamo sul lato opposto della conca, rispetto al laghetto; sempre guidati da alcuni segnavia, lasciamo alla nostra destra un versante un po' ripido e, sfruttando un secondo canalino (che, per chi sale, dà l'impressione di terminare direttamente con il passo), saliamo ad un'ultima conca, ai piedi del passo. Alcuni tornantini, infine, si fanno strada su un terreno di sassi mobili, fino alla sella (m. 2730), dalla quale ottima è la visuale sulla Valle di Campo laterale della valle di Poschiavo, in territorio svizzero, ed in particolare sulla Val Viola Poschiavina, sua diramazione terminale.


Apri qui una fotomappa della salita al passo di Sacco

Possiamo concederci quindi una sosta leggendo la relazione della traversata dalla Val di Sacco Grosina alla Val di Campo in Valle di Poschiavo, effettuata l’8 agosto del 1908 da Bruno Galli Valerio, valente alpinista e naturalista, nell’opera “Punte e passi” (tradotta da Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, Sondrio, 1998): “Oggi finalmente, il cielo si rasserena un poco, ma soffia un vento impetuoso e freddo. Ci decidiamo a partire lo stesso pel Passo di Sacco e la valle di Campo o Val Viola Poschiavina.


Apri qui una fotomappa della traversata dal passo di Sacco al passo di Val Mera

E verso le nove del mattino, preso congedo dai nostri ospiti di Malghera, la Signora Rochaz de Jongh, io e la nostra guida Rinaldi, ci avviamo lungo il sentiero di Val di Sacco. Nere nebbie danzano intorno al Saoseo, mentre la Punta di Lago Negro si rizza elegante sull'azzurro del cielo. Tenendo sempre la destra della valle tutta pascoli e gande e senza un albero, raggiungiamo l'anfitatro terminale. Là, passati sulla sinistra, per gande, coste erbose e cengie, rimontiamo verso il Passo di Sacco. Pioviggina e soffia un vento impetuoso, freddo. Il termometro, in un punto protetto contro vento segna 7°C.


La discesa dal passo di Sacco al rifugio Saoseo in Val di Campo

D'un tratto appare sulla nostra sinistra il Pizzo del Teo, una torre formidabile, diritta e nera. Raggiungiamo una specie di grande bacino il cui fondo è occupato da un lago ed è rinchiuso fra il Saoseo e il Ruggiolo (lago di Sappellaccio). Sulla nostra destra si vede il Passo di Sacco (2751 m.), che raggiungiamo all'una e venti. Il vento ci intirizzisce ed è talmente forte che è faticosissimo avanzare. D'un colpo il cielo si spazza di nebbie e uno dei più splendidi panorami che sia dato ammirare ci sta davanti. Sulla nostra destra, le elegantissime cime del Dugorale e del Corno di Dosdé; davanti la massa imponente del Sasso di Campo, il Corno di Campo, la Cima di Campo, le Cime di Val Nera e del Vago; sulla sinistra, magnifico, il gruppo del Bernina, scintillante di ghiaccio e, giù sotto di noi, i boschi, i pascoli e i laghi della Val di Campo. Uno di questi laghi, il Lago Turchino (lago di Saoseo, ndc), ha il colore di un turchese ed è incastonato in un bosco di larici e gembri.


Val Viola Poschiavina

Pochi passi offrono un panorama sì bello e sì svariato. Lungo un sentiero a zig-zag, raggiungiamo i primi boschi e l'alpe Saoseo o alpe delle Monache. E' una grande prateria affatto piana, completamente circondata da boschi di conifere. Le acque limpidissime del fiume la costeggiano. Lo sfondo è costituito dai pizzi e ghiacciai di Verona, Cambrena, Palù. Un po' più in su della prateria, c'è una baita occupata dai contadini di Montagna in Valtellina: giù in fondo, un gran fienile di legno bruno. I proprietari del fienile, contadini di Poschiavo, gentilissimi, ci consegnano la chiave di quello che sarà il nostro albergo: Un albergo splendido per la sua posizione, pel suo panorama e perchè non c'è nessuno. Gli unici mobili che troviamo sono del fieno come letto e una priala rovesciata come tavolo (la priàla è un antico mezzo di trasporto del fieno in montagna. E' costituita da un "carretto", che ha solamente le due ruote anteriori e due lunghe stanghe, ndc). I bravi contadini di Montagna mettono a loro volta a nostra disposizione la loro cucina, i loro utensili e ci forniscono di latte e farina di mais. E' la vera vita delle Alpi che stiamo per cominciare per qualche giorno, là, sulle rive del lago Turchino, così bello, così poetico, non ancora deturpato da alberghi alla moda e da gente annoiata in frac e abiti a strascico. Bisogna approfittarne perchè il posto è troppo bello per non venir presto deturpato. I colpi di mina che parton continuamente lungo la ferrovia del Bernina, ci avvertono che la così detta civiltà penetrerà presto anche in Val di Campo (la ferrovia del Bernina, che unisce Tirano con St Moritz, fu completata nel 1910, ndc)".


Alta Val di Campo

Alta Val di Campo

Lago di Saoseo

Lago di Saoseo

Dal passo di Sacco scendiamo ora in Val di Campo (laterale della Val Poschiavina, in territorio elvetico), alla conca che ospita il lago ed il rifugio di Saoseo,  per poi salire fino al passo di Val Viola e tornare in territorio italiano. La discesa, per quanto non si sviluppi su terreno difficile, richiede attenzione e buona visibilità, per non perdere la traccia di sentiero.
Non scendiamo nell’ampio vallone di sfasciumi che si apre davanti a noi, ma stiamo sul crestone che si stacca dal lato sinistro del passo. Seguendolo, procediamo per un buon tratto, in leggera discesa, verso nord-nord-ovest, fino a raggiungere i primi contrafforti della quota 2602. Qui pieghiamo decisamente a sinistra (sud-ovest), scendendo più decisamente su un versante di sfasciumi verso il centro di un ampio vallone. Prima di raggiugerlo, però, a quota 2500 pieghiamo a destra e proseguiamo la discesa verso nord-ovest, tagliando il fianco settentrionale del vallone. Sul suo lato opposto vediamo alcuni dossi morenici denominati “Cüni”.


Lago di Saoseo

Alta Val di Campo

A quota 2380, sempre proseguendo diritti verso nord-ovest, ci allontaniamo dal centro del vallone. A quota 2300 raggiungiamo il ciglio del vallone e vediamo più in basso la splendida conca verde dell’alpe e del lago di Saoseo. Pieghiamo ora a destra e proseguiamo la discesa verso nord, superando una fascia di roccette e scendendo a zig-zag su un ampio dosso. A quota 2050 il sentiero volge leggermente a sinistra e la pendenza si smorza. Attraversato un piccolo corso d’acqua, raggiungiamo un bivio al quale andiamo a sinistra, trovando poco più avanti un secondo bivio. Qui lasciamo alla nostra destra il sentiero che sale al lago di Saoseo e prendiamo a sinistra e, descrivendo un ampio arco verso sinistra, in leggera discesa, raggiungiamo l’alpe Saoseo (m. 1973). Qui ci immettiamo sulla pista che, seguita verso destra, in leggera salita, porta alla splendida radura di Lungacqua, dove si trova il rifugio Saoseo (m. 1986) del Club Alpino Svizzero (sezione Bernina).
La struttura, che attualmente può ospitare un’ottantina di persone, deriva dalla ristrutturazione di un edificio costruito su tre piani, nel 1935, da Erminio Dorizzi, la Casa Lungacqua. Si trova immerso nello splendido scenario dell’alta Val di Campo, laterale orientale e vero fiore all’occhiello della Valle di Poschiavo, luogo ideale per tranquille passeggiate fra pini cembri, larici e rododendri.


Alta Val di Campo

Rifugio Saoseo

Rifugio Saoseo e corno di Dosdé

Piana e cima di Saoseo

Dal rifugio cominciamo a salire in Val Viola Poschiavina, uno dei due rami (quello orientale) nel quale si divide la parte terminale della Val di Campo. Lo facciamo seguendo solo per breve tratto la pista con le indicazioni per il Rifugio-Ristoro Alpe Campo, per poi staccarcene sulla destra ed imboccare il sentiero segnalato per il lago di Saoseo. Percorriamo in leggera salita il sentiero immerso nel verde del bosco, verso nord-est, volgendo poi a destra (sud-est). Incorniciano la valle corno di Dosdé (m. 3233), punta di Dugurale (m. 3097) e cima di Saoseo (m. 3263) ad est, cioè alla nostra destra, mentre alle nostre spalle lo sguardo coglie in un profilo insolito il lontano pizzo Scalino, in Valmalenco. Alla nostra sinistra è la massiccia mole della Corna di Campo. In breve usciamo all’aperto e ci troviamo faccia a faccia con il lago di Saoseo (m. 2028), uno dei più bei laghetti alpini, famoso per l’intensità del colore delle sue acque, che vira dal blu cobalto al viola. Forse non è lontana dal vero l’ipotesi etimologica che riconduce il toponimo “Saoseo” al tedesco “See”, cioè, appunto, “lago”. Torniamo poi sui nostri passi e ci riportiamo sulla pista, che percorriamo verso destra, salendo gradualmente all’alpe Campo, dove si trova il Rifugio-Ristoro Alpe Campo (m. 2064), allo sbocco della Val Mera, la seconda laterale nella quale si divide l'alta Valle di Campo.


Il rifugio-ristorante Alpe Campo

Val di Campo Poschiavina

Imbocchiamo qui il sentiero segnalato per la Val Mera, che attraversa verso sinistra, in direzione nord-ovest, una breve fascia boscosa ed esce ad una fascia di prati, attraversata la quale siamo al ponte di quota 2080, sul quale attraversiamo da sinistra a destra il torrente Mera. Il sentiero inizia poi una lunga salita sul nord-orientale della Val Mera, procedendo diritto un po’ alto rispetto al letto del torrente, verso nord-ovest.


Il passo di Val Mera ed il Corno di Campo

La salita ci porta alla soglia del Piano di Val Mera (Plan da Val Mera, m. 2320), originato da una paleofrana ora ricoperta dal pascolo. Riattraversiamo, questa volta da destra a sinistra, il torrente Mera e cominciamo a salire in diagonale vero sinistra (nord-ovest), lasciando la piana alla nostra destra. La salita fra sfasciumi e magri pascoli ci porta al gradino di soglia oltre il quale si apre l’alta valle, che ci accoglie con il pianoro torboso di Roan, che attraversiamo restando sul lato sinistro, verso nord.


Passo Da destra: lago di Roan, passo di Val Mera e laghetti della Valletta

Raggiunto un nuovo costone di sfasciumi, lo risaliamo portandoci leggermente a sinistra ed in breve siamo alla conca che ospita il misterioso e solitario lago di Roan (m. 2533). Restiamo a sinistra del lago, un po’ alti, tagliando a mezza costa il versante di sfasciumi. Saliamo poi su un dosso di roccette, che richiede attenzione, o, in alternativa, direttamente seguendo il canalone, spesso innevato (anche in questo caso bisogna prestare molta attenzione), immediatamente a nord del lago, guadagnando il corridoio del passo di Val Mera o Colle di Campo (m. 2671).


Il passo di Val Mera

Il passo di Val Mera

Rientriamo così in territorio italiano, percorrendo la Valletta. Scendendo leggermente passiamo a sinistra del lago meridionale della Valletta (m. 2646) e giungiamo in vista del secondo e più grande lago della Valletta, quello settentrionale (m. 2592). Non scendiamo verso il lago ma procediamo a mezza costa, verso nord, salendo al dosso di quota 2647. Siamo sul bordo di un ripido versante e dobbiamo cercare con attenzione la traccia che scende in diagonale verso sinistra (nord-ovest), fino alla piana ai piedi della testata della Val di Campo livignasca, dominata dalla triade del Pizzo Paradisino (m. 3302), ad est, dal pizzo Orsera (m. 3032), a sud, e del monte Vago (m. 3059), a nord. La tagliamo in diagonale verso destra, approssimandoci al torrente che esce più in alto dal lago settentrionale della Valletta e scende per un ripido canalone.


Laghi della Valletta

Lago di Roan

La traccia, sempre debole, riprende la discesa diritta restando a sinistra del torrente, verso nord-nord-est, seguendo l’andamento della Val Di Campo, fino alla sua confluenza con la Val Nera, alla nostra destra, a quota 2196. Superati ue grandi larici secolari, seguiamo il marcato sentiero che piega a sinistra e, restando sul lato sinistro della Val Nera (denominata su alcune carte Valle Vago), diventa pista sterrata e scende tranquillamente fino al suo sbocco nel punto in cui la Valle della Forcola di Livigno confluisce nella Valle di Livigno, in corrispondenza dell’alpe Vago (m. 1981).


Apri qui una fotomappa della salita ai laghetti della Valletta

A monte dell'alpe è collocata una famosa croce, chiamata localmente Crosc' da Val Neira, legata ad una curiosa leggenda raccontata da Alfredo Martinelli ("La cerva, la volpe e Bepin de la Pipa", nella raccolta "L'erba della memoria - Leggende e racconti valtellinesi", Sondrio, 1964). Erano tempi duri, le due ondate di peste del 1629-30 e 1635-36 avevano arrecato gravi lutti anche in Alta Valtellina. Ma quella mattina la peste non c'entrava. Quella mattina, una fredda mattina d'inverno del 1642, diverse donne cacciarono un urlo tanto acuto e potente da richiamare l'attenzione di mezzo paese. La Maddalena, per prima, e subito, a ruota, Lucrezia del Canton, e, via via, molte altre.


Val di Campo e Valletta

Cosa c'era da strillare? Queste buone donne, alzandosi dal letto di buon'ora, perché le cose da fare in una casa sono sempre tante, e troppe, si accorsero, con raccapriccio, che i loro piedi non entravano nei grossi scarponi che calzavano per difendersi dai rigori del freddo. Non c'era proprio verso: per quanti sforzi facessero, i piedi non ne volevano sapere di entrare. Piedi gonfi? Scarponi ristretti? Macché! I piedi erano diventati più grandi, di almeno due dita. Lo si vedeva ad occhio nudo. E le dita, quelle erano tanto deformate, da ritorcersi l'una sull'altra. All'inizio ebbero tanta vergogna che si chiusero in casa e pregarono, tutto il giorno e tutta la notte successiva. Senza esito. Si fecero, quindi, coraggio ed uscirono in paese, dove constatarono che la stregoneria non aveva risparmiato nessuno.


I laghi della Valletta

Come, da chi e perché fosse venuta non ci fu modo di saperlo con sicurezza, anche se girarono voci diverse sul maligno visto su a li Steblina, su un gatto nero e su una lontra che avevano emesso versi diabolici, su una civetta a tre code che si era vista sul Ponte del Gallo. Si diede la colpa anche ai quei folletti dispettosi che di notte si intrufolano nelle baite attraverso gli “usciol” per il ricambio dell'aria, annidandosi nel petto di chi dorme e provocando gli incubi. Come annullare la stregoneria, però, questo era il problema più importante. Si decise di salire in pellegrinaggio all'alpe Vago e di piantarvi una croce come segno di penitenza e come supplica della misericordia divina. La quale non mancò di venire in soccorso dei Livignaschi, i cui piedi tornarono delle misure consuete.


Val di Campo e Valletta dal monte Vago (clicca qui per ingrandire)

Controlliamo, dunque, ad ogni buon conto, lo stato dei nostri piedi e decidiamo la via più opportuno per raggiungere Livigno. Se vogliamo evitare il monotono percorso sulla carrozzabile che sale al passo della Forcola, non procediamo diritti, verso il parcheggio dell’alpe Vago (P7), ma prendiamo a destra, salendo alle Motte (m. 2008), proseguendo sul sentiero che scende al Pian del Verde (m. 1945). Qui troviamo l’antica carrozzabile (ora pista) e la seguiamo verso nord, passando per l’alpe Campaccio di Sopra e di Sotto (m. 1906). Restando sempre a destra del torrente Spöl, tagliamo la pista in località Tresenda e proseguiamo diritti, passando per i nuclei di Ponte Longo, Clus, Tee e Poz, prima di entrare in Livigno dal suo lato meridionale.


Il lago settentrionale della Valletta

Il lago settentrionale della Valletta


Il lago settentrionale della Valletta


Discesa dalla Val di Campo

Discesa dalla Val di Campo

Discesa dalla Val di Campo

Discesa dalla Val Nera

Discesa dalla Val Nera

Pino cembro sul sentiero

Cascata di Val Nera

Crocifisso all'alpe Vago

Alpe Vago

CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la mappa on-line

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