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Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Pista per alpe Mara (quota 1300)-Croce di Salvà-Arcino-Dosso Bruciato-Dosso Liscio-Bocchetta di Mara-Arcino-Pista (quota 1300)
5 h
1090
E
SINTESI. Saliamo da Sondrio a Montagna in Valtellina ed appena sopra la chiesa di San Giogrio ad un bivio andiamo a destra, seguendo le indicazioni per l'alpe Mara e proseguendo sulla carozzabile che porta ad un secondo bivio. Anche qui prendiamo a destra e troviamo una sequenza di tornanti sx-dx-sx-dx. Al successivo tornante sx (a 1300 m.), parcheggiamo l'automobile. Percorso un breve tratto sulla carozzabile per l’alpe Mara, troviamo, sulla destra, la partenza di un sentiero, segnalato da segnavia bianco-rosso, che sale per via più diretta nella pecceta (con abeti rossi e larici) e ci permette di intercettare più in alto la carrozzabile medesima, tagliando fuori un tornante dx. Il sentiero riprende sul lato opposto, ma noi proseguiamo sulla pista, incontrando ben presto un tornante sx. Al successivo tornante dx ignoriamo la deviazione a sinistra per Davaglione Piano, così come ignoriamo altre due piste che si staccano sulla sinistra. Giunti al tornante sx, lasciamo la carrozzabile per continuare a salire su una pista che se ne stacca sulla destra (poco più avanti, su un sasso, troviamo un segnavia bianco-rosso); dopo due strappi, giungiamo ad un bivio (quota 1470), al quale, guidati dal segnavia, prendiamo a sinistra, nella splendida cornice di un bosco di abeti e larici. Poco oltre, troviamo una nuova pista che se ne stacca sulla destra e, su un larice alla nostra sinistra, una croce tracciata con vernice rossa. Imbocchiamo, dunque, la pista, che in breve ci porta al limite inferiore dei prati del maggengo di Salvà, dove si trova la grande croce lignea di Salvà (m. 1600). Raggiunto il limite di una breve fascia di abeti, troviamo un sentiero che sale verso destra e raggiunge, in breve, il limite inferiore di destra della parte alta dei prati di Salvà, dove troviamo una baita isolata. Ignorato un marcato sentiero che va a destra, seguiamo una traccia più debole che risale il versante, piuttosto ripido, dei prati, e porta ad uno splendido terrazzo erboso, dove si trovano un rudere di baita ed una fontana: si tratta del maggengo di Salvà (m. 1684). Saliamo ancora, verso nord, in direzione del limite del bosco. Dopo un tratto nel bosco, il sentiero intercetta la pista sterrata che percorsa verso sinistra termina alla carozzabile Montagna-Alpe Mara, poco prima del suo termine. Saliamo fino a giungere in vista della discesa che porta al parcheggio e, senza scendere, imbocchiamo un largo sentiero che se ne stacca, sulla destra, in corrispondenza di un singolare fusto di larice, incenerito. Il sentiero, segnalato da radi segnavia bianco-rossi e rosso-bianco-rossi, corre per un tratto verso sinistra, poi volge a destra, salendo parallelo, ma più alto rispetto alla pista che abbiamo lasciato, poi piega di nuovo a sinistra, attraversa una brevissima macchia di larici e, con un’ultima svolta a destra, raggiunge la solitaria casera di Mara (m. 1951). Pochi metri sopra intercettiamo la carozzabile che da Arcino sale fino al rifugio Gugiatti-Sertorelli, e la seguiamo per un brevissimo tratto: sulla verticale della casera, infatti, vediamo, a sinistra della carozzabile, la ripartenza della vecchia gippabile, che per un tratto corre parallela alla carozzabile, poi volge a sinistra e sale verso una fascia di larici, oltre la quale, dopo una svolta a destra, intercettiamo per la seconda volta la carozzabile Arcino-Rifugio Gugiatti-Sertorelli. Prendiamo ora a destra e raggiungiamo in discesa il tornante sx; qui vediamo sulla sinistra una pista secondaria che sale alla vicina sella a sinistra del dosso Bruciato, che raggiungiamo in pochi minuti. La salita al Dosso Bruciato (m. 2184), procedendo a sud, è brevissima. Tornati alla sella, prendiamo a nord, risalendo l'ampio Dosso Liscio, su traccia debole e nel primo tratto ripida. Raggiungiamo senza difficoltà l'arrotondata cima del dosso (m. 2387). Seguendo il filo del dosso verso nord, giungiamo ad una fascia di roccette che scendiamo con un po' di attenzione, raggiungendo la bocchetta di Mara (m. 2342), dalla quale ridiscendiamo verso l'alpe Mara. Scesi ad una conca, passiamo alla sua destra e ci affacciamo ad un ampio versante ondulato, sul quale perdiamo quota un po’ a zig-zag, ma sempre restando a sinistra dell’avvallamento centrale, fino ad una baita solitaria che precede un casello dell’acqua, appena sopra la pista carozzabile per il rifugio Gugiatti-Sertorelli. Raggiunta la pista, proseguiamo la discesa verso sinistra, ripassando sotto la verticale della bocchetta fra Dosso Bruciato e Dosso Liscio; qui, dopo un tornante dx, lasciamo la pista scendendo a sinistra lungo il sentiero che abbiamo utilizzato nella salita, e che ci riporta alla casera di Mara. Anche qui, appena a destra della casera, imbocchiamo il sentiero, già percorso in salita, che scende ad intercettare la pista secondaria che, percorsa verso destra, ci riporta nei pressi del parcheggio dell’alpe Mara. Per tornare all'automobile possiamo seguire un sentiero che si stacca dalla carozzabile sul lato destro e più in basso la intercetta tre volte. Alla terza, seguiamo la carozzabile fino all'automobile a quota m. 1300.


Apri qui una fotomappa del versante a monte di Montagna in Valtellina

Il Dosso Liscio (dos lìs, m. 2387) è la dorsale di pascoli e modeste formazioni rocciose affioranti che costituisce il prolungamento, a sud della bocchetta di Mara (buchèl o buchétta de màra, m. 2342), del crinale meridionale della Corna Mara (còrna màra, m. 2807) e che separa il bacino dell’alpe Mara, ad ovest, da quello dell’alpe Rogneda, ad est. Su di esso corre, quindi, il confine fra i comuni di Montagna (ovest) e Tresivio (est). La sua denominazione è dovuta all’assenza di vegetazione o forse, anche, alla sua conformazione particolarmente arrotondata. Per la sua panoramicità e luminosità, si fa consigliare come meta escursionistica, particolarmente nelle stagioni della primavera inoltrata e dell’autunno, ma anche, in assenza di abbondanti nevicate, in inverno. Con neve abbondante e non bene assestata, invece, è sconsigliabile avventurarsi fra le sue balze. Prova ne è che proprio alle sue falde occidentali, in un ampio avvallamento di pascoli denominato zucàscia, hanno trovato la morte, per una slavina scena dal fianco del dosso, i due sci-alpinisti Gugiatti e Sertorelli, cui è stato poi dedicato il rifugio omonimo (rifügiu gugiatti-sertorelli), che dal dosso è ben visibile, sul lato opposto della conca di Mara. Sul luogo della tragedia è stata posta, in loro ricordo, una croce in ferro. È assai istruttivo andare a visitarla, perché rende l’idea di come un versante apparentemente inoffensivo (tale è, appunto, qui, il versante occidentale del dosso) possa scaricare una slavina di dimensioni tali da seppellire mortalmente persone peraltro sicuramente non sprovvedute. Come dire: la montagna può accettare ammirazione e dedizione, ma spesso malsopporta la confidenza.
La salita al Dosso Liscio può anche essere l’occasione per visitare uno dei luoghi meno noti del versante montuoso sopra Montagna, i prati e la croce Salvà. Ecco come procedere. Con l’automobile, saliamo, da Sondrio, lungo la strada provinciale Panoramica dei Castelli, superando la località Colda ed entrando nel territorio del comune di Montagna. Percorsa la via S. Francesco, percorriamo un buon tratto della via Pace, fino a raggiungere, ad un semaforo, lo svincolo, sulla sinistra, per il centro di Montagna. Prendiamo, dunque, a sinistra, salendo lungo via Barella e via Bonini, fino al tornante dx al quale si stacca, sulla sinistra, la via Madonnina, che sale all’omonima contrada (madunìnna). Noi, però, volgiamo a destra e seguiamo la strada principale (via Roma), passando sotto il muraglione che sostiene un campo di calcio. Una coppia di tornanti dx ed sx ci portano ad un bivio a monte della chiesa parrocchiale di San Giorgio (san giörsc): ignorate le indicazioni di sinistra (San Giovanni e Carnale), prendiamo a destra (indicazioni per l’alpe Mara), passando sul ponte che scavalca il torrente Davaglione (davaiùn) e passando a sinistra del cimitero (qui ignoriamo una deviazione che scende verso destra, la via Caparoni - caparùn).


Croce di Salvà

Proseguiamo, ora, salendo lungo le vie Farina, Paolina e Vervio, ed attraversando la contrada Ca’ Vervio (cà vèrf, m. 700), che contava, secondo il censimento del 1861, 30 abitanti e che mostra ancora alcuni rustici interessanti. Superata la contrada, proseguiamo seguendo la via per Santa Maria che, con diversi tornanti, conduce a Santa Maria Perlungo. Al primo tornante sx ignoriamo la strada che se ne stacca sulla destra, la via Surana, e che scende all’omonima contrada a monte di Poggiridenti.  Dopo una sequenza di tornanti dx-sx-dx-sx giungiamo al tornante destrorso dal quale si stacca, sulla sinistra, una stradina che, dopo pochi metri, porta alle case della contrada Ca’ Zoia (cà zöija, m. 900) assai importante in passato, ma soggetta a progressivo spopolamento nel secolo scorso (vi si contavano 74 abitanti nel 1861, ridotti ora a 2). Impegnato il tornante dx, proseguiamo passando a sinistra della chiesetta di Santa Maria Perlungo (santa marìa a pérlùnch, m. 913, a circa 4,2 km dal centro di Montagna), cuore della quadra di Santa Maria. Si tratta di una chiesetta il cui nucleo originario risale al secolo XV, ma che venne ristrutturata fra il 1588 ed il 1616. Questa zona è di grande interesse storico, dal momento che vi venne ritrovata una lapide nord-etrusca, o retica, ora conservata nel Museo Civico di Sondrio.
Al successivo tornante sx, ignoriamo la strada che se ne stacca sulla destra e sale alla località Foppe (fòppa) e continuiamo a salire verso l’alpe Mara. Dopo un lungo traverso in direzione nord-ovest, raggiungiamo il successivo tornante dx, poco oltre il quale siamo al maggengo di Roncaglia (runcàija, m. 1000), dove si trova un nuovo bivio: la strada di sinistra attraversa la valle del Davaglione e porta a S. Giovanni ed a Carnale, mentre quella di destra prosegue per l’alpe Mara. Seguendo questa seconda indicazione, saliamo ancora, fino al successivo tornante sx, cui segue un lungo traverso in direzione nord-ovest, seguito da una rapida serie di tornanti dx-sx-dx, che ci portano alla località Scessa (scèssa, m. 1272). Proseguendo, ci portiamo al successivo tornante sx, dove, sulla destra, si stacca la pista per Nesarolo e dove termina la strada con fondo in asfalto, sostituita da una carozzabile con fondo sterrato che sale fino all’alpe Mara (il fondo, in diversi punti, non è buono) e prosegue, più stretta, fino al rifugio Gugiatti-Sertorelli.
Noi, però, lasciamo qui l’automobile, ad una quota di circa 1300 metri (uno slargo appena dopo il tornante serve perfettamente allo scopo), ed iniziamo la nostra escursione, ignorando la pista per Nesarolo. Percorso un breve tratto sulla carozzabile per l’alpe Mara, troviamo, sulla destra, la partenza di un sentiero, segnalato da segnavia bianco-rosso, che sale per via più diretta nella pecceta (con abeti rossi e larici) e ci permette di intercettare più in alto la carrozzabile medesima, tagliando fuori un tornante dx. Il sentiero riprende sul lato opposto, ma noi proseguiamo sulla pista, incontrando ben presto un tornante sx. Al successivo tornante dx, troviamo un cartello che segnala un largo sentiero che se ne stacca sulla sinistra e porta a Davaglione Piano (dauncìan), Bedoiè (beduié), Stodegarda (studegàrda) e Croce di Carnale (crùs de carnà), tutte località sul versante opposto (occidentale) della valle del Davaglione. Noi, però, lo ignoriamo e proseguiamo sulla carrozzabile, ignorando altre due piste che se ne staccano alla nostra sinistra (la seconda in corrispondenza di una baita alla nostra destra). Giunti al tornante sx, lasciamo la carrozzabile per continuare a salire su una pista che se ne stacca sulla destra (poco più avanti, su un sasso, troviamo un segnavia bianco-rosso); dopo due strappi, giungiamo ad un bivio (quota 1470), al quale, guidati dal segnavia, prendiamo a sinistra, nella splendida cornice di un bosco di abeti e larici. La pista, in breve, intercetta di nuovo la carrozzabile, che sale da sinistra. Seguendola verso destra, siamo quasi subito ad un tornante sx. Poco oltre, troviamo una nuova pista che se ne stacca sulla destra e, su un larice alla nostra sinistra, una croce tracciata con vernice rossa.
Imbocchiamo, dunque, la pista, che in breve ci porta al limite inferiore dei prati del maggengo di Salvà, dove si trova la grande croce lignea di Salvà (crus o crós da salvà, m. 1600 circa), posata nel 2003 da gente della quadra di Santa Maria in sostituzione di una croce più piccola che si trovava appena sotto e che ora è conservata nella chiesetta di Santa Maria Perlungo. Su una targa sul legno si legge: “O Croce di nostra salvezza, albero tanto glorioso, un altro nel bosco non v’è di rami e di fronde a te uguale – Anno 2003 – I Muntagnun riposero”. Vicino alla croce, un altare edificato di recente (2007) a cura dell’A.N.A. di Montagna e della Protezione civile; vi si legge: Salvaci per Salvà. Il luogo, interamente circondato da boschi di abeti, ispira pensieri e sentimenti di pace ed armonia. Oltre la linea degli abeti, a sud, si mostrano le più importanti cime della sezione centrale delle Orobie, dal pizzo del Diavolo di Malgina, leggermente a sinistra, ai pizzi di Coca, Scais e Redorta, i “tremila” orobici, più a destra; ed ancora, il pizzo Brunone ed il pizzo del Diavolo di Tenda, il pizzo Campaggio ed il pizzo di Presio, meno imponenti ma ugualmente significativi.  Se guardiamo, invece, ad est scorgiamo il pizzo di Combolo e, sul fondo, il gruppo dell’Adamello. Salendo lungo il prato, troviamo, non lontano dal limite del bosco, una piccola fontanella in sasso, sormontata dalla scultura di un cappello da alpino.
Raggiunto il limite di una breve fascia di abeti, troviamo un sentiero che sale verso destra e raggiunge, in breve, il limite inferiore di destra della parte alta dei prati di Salvà, dove troviamo una baita isolata, sulla quale è scritto A. 1948 M. G.. Non si tratta di un’indicazione altimetrica (la quota, infatti, è di 1660 metri circa), ma di una data, verosimilmente quella di ristrutturazione della baita medesima. A destra della baita parte un sentiero che si inoltra nel bosco; noi, però, dobbiamo andare in direzione opposta, seguendo una traccia più debole che risale il versante, piuttosto ripido, dei prati, e porta ad uno splendido terrazzo erboso, dove si trovano un rudere di baita, una fontana ed un cartello con la scritta “Proprietà privata – Divieto di campeggio”. Si tratta del maggengo di Salvà, quotato 1684 metri sulla carta IGM. Saliamo ancora, verso nord, in direzione del limite del bosco. Alla nostra sinistra occhieggiano, oltre la linea degli abeti, i Corni Bruciati ed il monte Disgrazia che, visto da qui, mostra un profilo decisamente insolito, più slanciato. Passando a destra di un secondo rudere, rientriamo nel bosco di abeti rossi e larici. Superata una radura, rientriamo nel bosco e procediamo verso sinistra. Il sentiero, in breve, intercetta la pista sterrata che dalla località di Arcino taglia, verso est, il fianco montuoso, portandosi fin nei pressi del cuore della valle della Rogna (val de rùggna). Un sasso con un bollo rosso, nel punto in cui il sentiero raggiunge la pista, è utile per chi voglia percorrere questo itinerario in senso inverso (infatti la partenza del sentiero non è evidente).
Siamo ad un punto di slargo. Prendiamo, ora, a sinistra, cominciando, dopo un tratto in falsopiano, una discesa graduale che ci porta al punto di partenza della pista, in corrispondenza del maggengo di Arcino (cà d'arcìn, m. 1748). Qui ritroviamo la carrozzabile per l’alpe Mara; seguendola verso destra, in leggera salita, superiamo le poche baite del maggengo e giungiamo al punto nel quale scende ad un parcheggio appena prima del guado del torrente Davaglione (vi si trova anche un pannello con la carta dei sentieri nel territorio del comune di Montagna).
Invece di scendere al parcheggio, imbocchiamo una pista che se ne stacca sulla destra (cartello escursionistico che dà il rifugio Gugiatti-Sertorelli ad un’ora ed un quarto, la bocchetta di Mara ad un’ora e 40 minuti e l’alpe Rogneda a 2 ore),  seguiamola per un breve tratto, lasciandola, poi, per imboccare un largo sentiero (in realtà ciò che resta del tratturo, oggi inerbito e chiamato chiamato “stràda véggia da màra”,  che portava all’alpe prima della costruzione della carozzabile), che se ne stacca, sulla sinistra, in corrispondenza di un singolare fusto di picco larice, incenerito. Il sentiero, segnalato da radi segnavia bianco-rossi e rosso-bianco-rossi, corre per un tratto verso sinistra, poi volge a destra, salendo parallelo, ma più alto rispetto alla pista che abbiamo lasciato, poi piega di nuovo a sinistra, attraversa una brevissima macchia di larici e, con un’ultima svolta a destra, raggiunge la solitaria casera di Mara (casìnna de màra, ai pascoli detti anticamente graséi, oggi alpe Mara, m. 1951).


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L’alpeggio riveste ancora oggi una certa importanza, e viene caricato da 140 capi di bestiame, che però, per una parte della stagione, vengono trasferiti anche nell’alpe gemella di Rogneda, nel territorio del comune di Tresivio. Ottimo il panorama che si gode da qui: verso sud di nuovo la catena orobica, che propone, da sinistra, in primo piano il pizzo del Diavolo di Tenda, seguito dal più modesto pizzo Campaggio e dalle dorsali che separano valle del Livrio, val Cervia, Val Madre, val di Tartano e Val Gerola. A chiudere la catena, ad ovest, l’inconfondibile corno del monte Legnone, alla cui destra si intravede uno spicchio delle alpi Lepontine, chiuso, ad ovest, dai monti Rolla e Canale, presidio occidentale della bassa Valmalenco. Poi lo sguardo è chiuso dal lungo crinale che scende verso sud-ovest dalla Corna Mara fino a Carnale (il fil de la ciugèra).


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Salendo pochi metri sopra il piano della casera intercettiamo la carozzabile che da Arcino sale fino al rifugio Gugiatti-Sertorelli, e la seguiamo per un brevissimo tratto: sulla verticale della casera, infatti, vediamo, a sinistra della carozzabile, la ripartenza della vecchia gippabile, che per un tratto corre parallela alla carozzabile, poi volge a sinistra e sale verso una fascia di larici. Usciti dalla breve fascia, vediamo proprio diritta ed alta davanti a noi la Corna Mara; dopo una svolta a destra, intercettiamo per la seconda volta la carozzabile Arcino-Rifugio Gugiatti-Sertorelli, che sale da destra verso sinistra. La seguiamo, salendo per un breve tratto, fino a trovare, sulla destra, la partenza di un largo sentiero che punta in direzione dell’evidente sella (chiamata localmente "cuncalèt" o "cuncalét", cioè "piccola conca") che, ad est (alla nostra destra) separa il più modesto Dosso Bruciato, a destra (sud), dal ben più imponente Dosso Liscio, a sinistra (nord). In pochi minuti siamo alla selletta (m. 2167), che si affaccia ai versanti scoscesi del fianco occidentale dell’alta Valle della Rogna (costituiti dalla valle del Solco, tributaria della Valle della Rogna). Sul lato opposto parte un sentiero che taglia i ripidi versanti (sconsigliabilissimo in presenza di neve) e porta all’alpe Rogneda.


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Non lo seguiremo, ma faremo due cose: dapprima, imboccando un sentierino a sud, che volge a destra, ci porteremo, con brevissima salita, sulla cima erbosa del Dosso Bruciato (dòs brüsàt, m. 2184), dal quale si gode di un ottimo panorama, analogo a quello della cima del Dosso Liscio (per cui ne rimandiamo l’illustrazione).
Tornati, poi, alla selletta, attaccheremo direttamente il largo e ripido versante meridionale del Dosso Liscio. La salita è abbastanza faticosa, sia per l’inclinazione accentuata, sia per la presenza di “vìsega”, cioè festuca, erba molto resistente e scivolosa (ma anche organizzata in zolle ben scalinate e quindi sfruttabili per salire evitando antipatiche scivolate). Raggiunto quel che ci appariva come punto culminante del dosso, scopriamo che tale non è: il crinale prosegue, meno ripido, restringendosi, e sembra culminare in un modesto dosso con alcune roccette affioranti. Neppure questo è il punto più alto del dosso: da qui si apre un’ulteriore tratto di salita, sempre più leggera, che culmina nel cupolone tondeggiante della cima del Dosso Liscio (m. 2387). Lo raggiungiamo dopo circa tre ore di cammino (il dislivello approssimativo in salita è di 1090 metri).


Il dosso Liscio

Dalla cima si mostra, verso est, in tutta la sua bellezza, l’ampio scenario dell’alpe Rogneda. Ottimo il panorama. Partendo da nord e procedendo in senso orario vediamo la Corna Mara (còrna màra, 2807), la Corna Rossa (còrna rùssa, m. 2916), la Corna Nera (corna négra, m. 2926) e la Corna Brutana (còrna brütàna, m. 3059), sul crinale che separa l’alpe Rogneda dalla Val di Togno (val de tùgn). Resta, invece, nascosta dietro la Corna Brutana la Vetta di Ron (m. 3137). Procedendo verso destra, vediamo il profilo slanciato della Cima dei Motti e, alle sue spalle, il pizzo Combolo. Poi lo sguardo fugge all’orizzonte orientale, dove raggiunge il gruppo dell’Adamello. Dominiamo da qui l’intera catena orobica, ed in particolare vediamo, in primo piano, la sezione centrale, dal pizzo del Diavolo di Malgina, leggermente a sinistra, ai pizzi di Coca, Scais e Redorta, i “tremila” orobici, più a destra; ed ancora, il pizzo Brunone ed il pizzo del Diavolo di Tenda e, a seguire, una teoria di cime che solo l’occhio esperto distingue, fino al corno del monte Legnone, che chiude la catena ad ovest. Alla sua destra si intravede uno spicchio delle alpi Lepontine, chiuso, ad ovest, dai monti Rolla e Canale, presidio occidentale della bassa Valmalenco, che si elevano alle spalle del lungo crinale che scende verso sud-ovest dalla Corna Mara fino a Carnale (il fil de la ciugèra). Più a destra spiccano le cime gemelle dei Corni Bruciati ed il monte Disgrazia, con un profilo insolitamente slanciato e torreggiante.
Tappa successiva dell’escursione è la bocchetta di Mara (buchèl o buchéta de màra, m. 2342, agevole porta che congiunge il bacino della val da màra - alta valle del Davaglione - con l’alp de ruggnéda). Possiamo raggiungerla in due modi. Proseguendo verso nord e tenendo più o meno il centro del largo dosso, scendiamo ad una sorta di conca, sul lato del bacino di Mara, dal cui limite settentrionale parte un sentierino che taglia il fianco occidentale del dosso e porta alle balze che precedono di poco la bocchetta. Possiamo anche ignorare il sentierino e seguire il crinale del dosso procedendo diritti, verso nord: esso si restringe, propone una fascia di roccette che attraversiamo con un po’ di attenzione, e comincia a scendere all’intaglio della bocchetta. Senza eccessive difficoltà, ma con tutta la prudenza richiesta da un terreno non elementare, alla fine siamo all’ometto della bocchetta, alla quale giunge, dall’alpe Rogneda, una pista sterrata. Inizia ora il ritorno.
La discesa lungo la valle di Mara può avvenire seguendo la traccia classica (ma poco visibile) dettata dai segnavia bianco-rossi: scesi ad una conca, passiamo alla sua destra e ci affacciamo ad un ampio versante ondulato, sul quale perdiamo quota un po’ a zig-zag, ma sempre restando a sinistra dell’avvallamento centrale, fino ad una baita solitaria che precede un casello dell’acqua, appena sopra la pista carozzabile per il rifugio Gugiatti-Sertorelli. Raggiunta la pista, proseguiamo la discesa verso sinistra, ripassando sotto la verticale della bocchetta fra Dosso Bruciato e Dosso Liscio; qui, dopo un tornante dx, lasciamo la pista scendendo a sinistra lungo il sentiero che abbiamo utilizzato nella salita, e che ci riporta alla casera di Mara. Anche qui, appena a destra della casera, imbocchiamo il sentiero, già percorso in salita, che scende ad intercettare la pista secondaria che, percorsa verso destra, ci riporta nei pressi del parcheggio dell’alpe Mara.
Possiamo, però, scendere dalla bocchetta di Mara con un percorso leggermente diverso: alla conca appena sotto la bocchetta, invece di stare sulla destra, portiamoci sulla sinistra e proseguiamo la discesa, a vista, tenendoci non troppo lontano dal fianco occidentale del dosso. Potremo, così, trovare la Croce di ferro collocata nel punto in cui la slavina travolse i sci-alpinisti Gugiatti e Sertorelli. Scendendo ancora, passiamo per la zòcca e, piegando gradualmente a destra, intercettiamo la carrozzabile che sale al rifugio dedicato alla loro memoria. Il resto della discesa ricalca quanto sopra illustrato.


Alpe Rogneda

Prendiamo, ora, a sinistra e riportiamoci alle baite di Arcino (Ca’ d’Arcin); qui, invece di proseguire sulla carrozzabile, cerchiamo, sulla destra, la partenza del sentiero, ben marcato e segnalato da segnavia bianco-rossi, che prosegue in diagonale la discesa nel bosco, intercettando la carrozzabile più a valle (tagliamo fuori, così, il primo tornante dx in discesa della stessa); sul suo lato opposto il sentiero riprende la discesa nel bosco, intercettandola di nuovo più in basso (tagliamo fuori, quindi, il secondo tornante sx). Anche qui il sentiero, che mantiene l’andamento verso sinistra (sud), riprende sul lato opposto della carozzabile e rientra nella pecceta, dove scende con una lunga diagonale, nella quale si alternano tratti in cui attraversiamo un bosco fitto ad altri in cui questo si dirada, punti più ripidi e punti in falsopiano. Nell’ultimo tratto il sentiero si fa pista inerbita, e termina confluendo per la terza volta nella carozzabile. Scendiamo, ora, lungo la carozzabile, verso destra; dopo una sequenza di tornanti sx-dx, ripassiamo dalla baita isolata che abbiamo notato salendo (ora si trova alla nostra sinistra). Al successivo tornante sx ritroviamo il cartello che segnala la deviazione per Davaglione Piano, Bedoié, Stodegarda e Croce di Carnale. La successiva coppia di tornanti dx-sx ci porta all’ultimo tratto: appena prima dell’ulteriore tornante dx, dove inizia la strada asfaltata, troviamo, sulla destra, l’automobile. 

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - elaborata su un particolare della tavola di Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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