Alpe Mara

DAL PARCHEGGIO DELL'ALPE MARA AL RIFUGIO GUGIATTI-SERTORELLI

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio alpe Mara-Rifugio Gugiatti-Sertorelli
1 h e 30 min.
480
T
SINTESI. Saliamo da Sondrio a Montagna in Valtellina ed appena sopra la chiesa di San Giogrio ad un bivio andiamo a destra, seguendo le indicazini per l'alpe Mara e proseguendo sulla carozzabile che, con fondo un po' sconnesso nell'ultimo tratto, porta, dopo molti tornanti e brevissima discesa, al parcheggio dell'alpe Mara o di Arcino (m. 1748). Torniamo indietro per breve tratto, al punto in cui termina la salita della pista, per salire su un largo sentiero che se ne stacca, sulla sinistra, in corrispondenza di un singolare fusto di larice, incenerito. Il sentiero, segnalato da radi segnavia bianco-rossi e rosso-bianco-rossi, corre per un tratto verso sinistra, poi volge a destra, salendo parallelo, ma più alto rispetto alla pista che abbiamo lasciato, poi piega di nuovo a sinistra, attraversa una brevissima macchia di larici e, con un’ultima svolta a destra, raggiunge la solitaria casera di Mara (m. 1951). Pochi metri sopra intercettiamo la carozzabile che da Arcino sale fino al rifugio Gugiatti-Sertorelli, e la seguiamo per un brevissimo tratto: sulla verticale della casera, infatti, vediamo, a sinistra della carozzabile, la ripartenza della vecchia gippabile, che per un tratto corre parallela alla carozzabile, poi volge a sinistra e sale verso una fascia di larici, oltre la quale, dopo una svolta a destra, intercettiamo per la seconda volta la carozzabile Arcino-rifugio Gugiatti-Sertorelli, che ora seguiamo nel traverso verso ovest che ci porta al rifugio Gugiatti-Sertorelli (m. 2138).


Apri qui una fotomappa del versante a monte di Montagna in Valtellina

Alle falde occidentali del Dosso Liscio, che delimita, ad est, l’ampio bacino della valle di Mara (l’alta valle del Davaglione, a monte di Montagna in Valtellina), poco sopra un ampio avvallamento di pascoli denominato zucàscia, hanno trovato la morte, per una slavina scena dal fianco del dosso, negli anni Ottanta del secolo scorso, i due sci-alpinisti Ermanno Gugiatti ed Oscar Sertorelli. Sul punto in cui si è consumata la tragedia è stata collocata una Croce in ferro, ed a loro è stato poi dedicato il rifugio omonimo (rifügiu gugiatti-sertorelli), a 2137 metri, ricavato da una baita sul lato opposto (occidentale) della conca di Mara, di proprietà della sezione Valtellinese del CAI. Il rifugio è posto in una posizione estremamente aperta e panoramica, nella parte bassa dei pascoli denominati “cavalìnna” (alpe Cavallina), posti a sud della “ciàna di cavài” (Piana dei Cavalli), ai piedi delle falde meridionali del Corno di Mara (còrna màra, m. 2807, il corno del drago, secondo una probabile etimologia).


Alpe Mara

L’accesso al rifugio avviene, normalmente, seguendo una pista sterrata che lo raggiunge dall’alpe Mara (ma è chiusa al traffico dei mezzi non autorizzati, per cui la si percorre a piedi), ma può avvenire anche per via diversa, da Carnale, passando dalla Croce di Carnale e risalendo il lungo dosso boscoso e prativo denominato “fil de la ciugèra”, che costituisce il prolungamento del crinale che scende dal Corno di Mara verso sud-ovest. I due itinerari, ovviamente, possono essere combinati ad anello.
Illustriamo il primo, da Arcino (alpe Mara). Con l’automobile, saliamo, da Sondrio, lungo la strada provinciale Panoramica dei Castelli, superando la località Colda ed entrando nel territorio del comune di Montagna. Percorsa la via S. Francesco, percorriamo un buon tratto della via Pace, fino a raggiungere, ad un semaforo, lo svincolo, sulla sinistra, per il centro di Montagna. Prendiamo, dunque, a sinistra, salendo lungo via Barella e via Bonini, fino al tornante dx al quale si stacca, sulla sinistra, la via Madonnina, che sale all’omonima contrada (madunìnna). Noi, però, volgiamo a destra e seguiamo la strada principale (via Roma), passando sotto il muraglione che sostiene un campo di calcio. Una coppia di tornanti dx ed sx ci portano ad un bivio a monte della chiesa parrocchiale di San Giorgio (san giörsc): ignorate le indicazioni di sinistra (San Giovanni e Carnale), prendiamo a destra (indicazioni per l’alpe Mara), passando sul ponte che scavalca il torrente Davaglione (davaiùn) e passando a sinistra del cimitero (qui ignoriamo una deviazione che scende verso destra, la via Caparoni - caparùn).
Proseguiamo, ora, salendo lungo le vie Farina, Paolina e Vervio, ed attraversando la contrada Ca’ Vervio (cà vèrf, m. 700), che contava, secondo il censimento del 1861, 30 abitanti e che mostra ancora alcuni rustici interessanti. Superata la contrada, proseguiamo seguendo la via per Santa Maria che, con diversi tornanti, conduce a Santa Maria Perlungo. Al primo tornante sx ignoriamo la strada che se ne stacca sulla destra, la via Surana, e che scende all’omonima contrada a monte di Poggiridenti.  Dopo una sequenza di tornanti dx-sx-dx-sx giungiamo al tornante destrorso dal quale si stacca, sulla sinistra, una stradina che, dopo pochi metri, porta alle case della contrada Ca’ Zoia (cà zöija, m. 900) assai importante in passato, ma soggetta a progressivo spopolamento nel secolo scorso (vi si contavano 74 abitanti nel 1861, ridotti ora a 2). Impegnato il tornante dx, proseguiamo passando a sinistra della chiesetta di Santa Maria Perlungo (santa marìa a pérlùnch, m. 913, a circa 4,2 km dal centro di Montagna), cuore della quadra di Santa Maria. Si tratta di una chiesetta il cui nucleo originario risale al secolo XV, ma che venne ristrutturata fra il 1588 ed il 1616. Questa zona è di grande interesse storico, dal momento che vi venne ritrovata una lapide nord-etrusca, o retica, ora conservata nel Museo Civico di Sondrio. Al successivo tornante sx, ignoriamo la strada che se ne stacca sulla destra e sale alla località Foppe (fòppa) e continuiamo a salire verso l’alpe Mara. Dopo un lungo traverso in direzione nord-ovest, raggiungiamo il successivo tornante dx, poco oltre il quale siamo al maggengo di Roncaglia (runcàija, m. 1000), dove si trova un nuovo bivio: la strada di sinistra attraversa la valle del Davaglione e porta a S. Giovanni ed a Carnale, mentre quella di destra prosegue per l’alpe Mara.
Seguendo questa seconda indicazione, saliamo ancora, fino al successivo tornante sx, cui segue un lungo traverso in direzione nord-ovest, seguito da una rapida serie di tornanti dx-sx-dx, che ci portano alla località Scessa (scèssa, m. 1272). Proseguendo, ci portiamo al successivo tornante sx, dove, sulla destra, si stacca la pista per Nesarolo e dove termina la strada con fondo in asfalto, sostituita da una carozzabile con fondo sterrato che sale fino all’alpe Mara (il fondo, in diversi punti, non è buono) e prosegue, più stretta, fino al rifugio Gugiatti-Sertorelli. Segue una rapida sequenza di tornanti dx-sx; al successivo tornante dx, troviamo un cartello che segnala un largo sentiero che se ne stacca sulla sinistra e porta a Davaglione Piano (dauncìan), Bedoié (beduié), Stodegarda (studegàrda) e Croce di Carnale (crùs de carnà), tutte località sul versante opposto (occidentale) della valle del Davaglione (val del davaiùn). Segue una nuova rapida sequenza di tornanti sx-dx-sx, ed un lungo traverso in direzione nord. L’ultima sequenza di tornanti dx-sx porta, infine, alle baite del maggengo di Arcino (arcìn, m. 1748). Poco oltre le baite, giungiamo al punto nel quale la carozzabile scende ad un parcheggio appena prima del guado del torrente Davaglione (vi si trova anche un pannello con la carta dei sentieri nel territorio del comune di Montagna).


Pista per il rifugio Gugiatti-Sertorelli

Lasciata l’automobile al parcheggio, torniamo indietro per un breve tratto, fino al termine della salita, ed imbocchiamo una pista che si stacca sulla sinistra dalla carozzabile (cartello escursionistico che dà il rifugio Gugiatti-Sertorelli ad un’ora ed un quarto, la bocchetta di Mara ad un’ora e 40 minuti e l’alpe Rogneda a 2 ore),  seguiamola per un breve tratto, lasciandola, poi, per imboccare un largo sentiero (in realtà ciò che resta del tratturo, oggi inerbito e chiamato chiamato “stràda véggia da màra”,  che portava all’alpe prima della costruzione della carozzabile), che se ne stacca, sulla sinistra, in corrispondenza di un singolare fusto di picco larice, incenerito. Il sentiero, segnalato da radi segnavia bianco-rossi e rosso-bianco-rossi, corre per un tratto verso sinistra, poi volge a destra, salendo parallelo, ma più alto rispetto alla pista che abbiamo lasciato, poi piega di nuovo a sinistra, attraversa una brevissima macchia di larici e, con un’ultima svolta a destra, raggiunge la solitaria casera di Mara (casìnna de màra, ai pascoli detti anticamente graséi, oggi alpe Mara, m. 1951). L’alpeggio riveste ancora oggi una certa importanza, e viene caricato da 140 capi di bestiame, che però, per una parte della stagione, vengono trasferiti anche nell’alpe gemella di Rogneda, nel territorio del comune di Tresivio.
Salendo pochi metri sopra il piano della casera intercettiamo la carozzabile che da Arcino sale fino al rifugio Gugiatti-Sertorelli, e la seguiamo per un brevissimo tratto: sulla verticale della casera, infatti, vediamo, a sinistra della carozzabile, la ripartenza della vecchia gippabile, che per un tratto corre parallela alla carozzabile, poi volge a sinistra e sale verso una fascia di larici. Usciti dalla breve fascia, vediamo proprio diritta ed alta davanti a noi la Corna Mara; dopo una svolta a destra, intercettiamo per la seconda volta la carozzabile Arcino-Rifugio Gugiatti-Sertorelli, che sale da destra verso sinistra. Non ci resta che seguirla, verso sinistra, nel lungo traverso che la porta ad attraversare da est ad ovest il solco centrale dell’anfiteatro di Mara. Poco prima di raggiungere il centro della valle dl Mara, troviamo tre cartelli escursionistici, che segnalano la direzione per l’alpe Rogneda, data a 50 minuti (direzione est, passando per l’evidente sella fra il Dosso Bruciato ed il Dosso Liscio, che sono alle nostre spalle), per la bocchetta di Mara, data a 30 minuti (sentiero che si stacca, sulla destra, dalla pista e sale verso nord e nord-est) e per il rifugio Gugiatti-Sertorelli, dato a 15 minuti, e la Corna Mara, data a 2 ore e 40 minuti (pista che stiamo percorrendo). Superato l’avvallamento centrale, vediamo, a monte della pista, la ganda, o gandòn, de màra, accumulo di sfasciumi in buona parte scaricati dalla Corna Mara, ingentiliti da qualche rado larice e colonizzati da rododendri, genziane ed erba iva. Il luogo è anche legato ad una celebre leggenda, che parla del patto fra il diavolo ed il canonico di San Giovanni, che stava edificando la chiesa nell’omonima frazione di Montagna: il diavolo avrebbe dovuto portare nel luogo di edificazione dell’edificio sacro il più grande masso della ganda prima dei rintocchi dell’Ave Maria vespertina, per poter avere in premio l’anima del sacerdote; le campane suonarono, però, appena prima che riuscisse nell’impresa, per cui, in preda ad un’ira cieca, scagliò via il masso, vomitò e defecò, generando i calanchi della media valle del Davaglione.
La pista prosegue, in leggera salita, e raggiunge l’alpe Cavallina, segnalata da un cartello; accanto ad esso due cartelli escursionistici, che segnalano il sentiero che, staccandosi dalla pista verso destra, effettua la traversata alla bocchetta di Mara (data a 40 minuti) con successiva discesa all’alpe Mara (50 minuti) o all’alpe Rogneda (un’ora); nella direzione della pista la Corna Mara viene, invece, data a 2 ore e mezza. Nei pressi del cartello vediamo una vasca per la raccolta dell’acqua e, poco più avanti, l’edificio del rifugio Gugiatti-Sertorelli, adagiato, in beata solitudine, su una pianetta erbosa. L’abbiamo raggiunto con un’ora e mezza circa di cammino (il dislivello approssimativo in salita è di 480 metri). Alle sue spalle, a nord, veglia la Corna Mara (da qui parte infatti l’itinerario di salita, che ne segue il crinale che scende verso sud-ovest fino ad una conca terminale, dalla quale, non senza qualche difficoltà, si guadagna la cima). Buono il panorama, che però è chiuso, ad est dal Dosso Liscio e dal Dosso Bruciato. A sud, invece, dominiamo da qui l’intera catena orobica, ed in particolare vediamo, in primo piano, la sezione centrale, dal pizzo del Diavolo di Malgina, leggermente a sinistra, ai pizzi di Coca, Scais e Redorta, i “tremila” orobici, più a destra; ed ancora, il pizzo Brunone ed il pizzo del Diavolo di Tenda e, a seguire, una teoria di cime che solo l’occhio esperto distingue, fino al corno del monte Legnone, che chiude la catena ad ovest. Anche ad ovest il panorama è chiuso dal crinale erboso.
Se vogliamo gettare un’occhiata sul gruppo del Disgrazia, saliamo, a vista, attaccando il crinale erboso, un po’ ripido, alle spalle del rifugio, fino a raggiungere, dopo una ventina di minuti circa, nel punto in cui la pendenza si addolcisce e si apre allo sguardo il grande corridoio erboso che sale verso la Corna Mara, una piccola croce in legno. Ebbene, da qui si apre il panorama occidentale, che mostra, subito a destra del Legnone, i monti Rolla e Canale, seguiti dai Corni Bruciati e dal monte Disgrazia che appare con profilo insolito. Poi il severo versante occidentale della Val di Togno sottrae alla vista la testata della Valmalenco.

DA CARNALE AL RIFUGIO GUGIATTI-SERTORELLI

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Carnale-Croce di Carnale-Dosso della Foppa-Crinale-Rifugio Gugiatti Sertorelli
3 h
960
E
SINTESI. Saliamo da Sondrio a Montagna in Valtellina e di qui proseguiamo sulla carozzabile per i maggenghi, prendendo a sinistra al primo bivio e salendo verso San Giovanni. Proseguiamo sulla medesima strada che termina al maggengo di Carnale (m. 1250), dove parcheggiamo. Superiamo le ultime baite ed incontriamo il punto nel quale parte la pista tagliafuoco, tracciata di recente, che piega a destra ed effettua una traversata fino a Stogegarda. La seguiamo per breve tratto ma dopo uno slargo ed un accenno di curva a sinistra, nel punto in cui comincia a salire, vediamo, a sinistra, sul limite di uno splendido bosco di abeti rossi e larici, un accenno di pista che si restringe ed entra nel bosco, facendosi sentiero. Lo seguiamo salendo in pineta, verso nord-est, e fino alla radura della Crus, cioè alla Croce di Carnale (m. 1569). Il sentiero prosegue fino alla poco evidente sommità del Dosso della Foppa, a quota 1629. Dopo un tratto quasi pianeggiante, il sentiero, sempre sul filo del lungo dosso, riprende a salire, verso nord-est. Raggiungiamo, così, quota 1840, e troviamo un casello dell’acqua, in cemento. Qui ignoriamo una pista che vediamo alla nostra destra e che scende all'alpe Mara. Seguendo le indicazioni per il rifugio saliamo ancora, e subito siamo ad un nuovo bivio: il sentiero più marcato lascia il crinale e prende a sinistra, in leggera salita, mentre un sentiero più debole sale su un rossetto abbastanza ripido. Dobbiamo seguire questo secondo sentierino (segnavia bianco-rosso su un tronco), che passa a destra del crinale ed esce dal bosco. Dobbiamo, poi, prestare attenzione, perché il sentierino non sale all’ultima macchia che vediamo diritta sopra di noi, ma piega a destra, allontanandosi dal crinale ed affacciandosi ad un brullo versante. Con pochi tornantini raggiungiamo, così, la sommità del versante, ed approdiamo ad una sorta di conca-corridoio, appena accennato, delimitato da modeste roccette (m. 2078). Abbiamo, ora, davanti a noi un grande corridoio erboso, che sale dolcemente fin quasi a ridosso del versante roccioso della Corna Mara. Riportiamoci, ora, a sinistra, in prossimità del limite del crinale e troviamo una sorta di traccia di sentiero: seguendola, superiamo una fascia con qualche masso. Saliamo piegando, poi, leggermente a destra e scegliendo la traiettoria più agevole, sempre in diagonale, verso nord-est, senza allontanarci troppo dal crinale e passando in mezzo a qualche abete. Superata la fascia degli abeti, continuiamo in direzione del punto nel quale il crinale aumenta bruscamente la pendenza, e prendiamo a destra: ci troveremo, alla fine, faccia a faccia con il rifugio Gugiatti-Sertorelli (m. 2138).

Vediamo, però, ora come salire al rifugio partendo da Carnale, per via più lunga ma più varia ed interessante. Per salire a Carnale in automobile al bivio appena sopra la chiesa di S. Giorgio a Montagna bisogna prendere a sinistra, imboccando la strada che passa per Ca’ Paini (ca’ paìn, m. 650, contrada che contava, nel 1861, 100 abitanti, e che prende il nome dalla famiglia Paini, cui appartiene anche il caratteristico palazzo denominato “palàz di paìn”) e, giunti ad un bivio, prendere a destra (indicazioni per S. Giovanni e Carnale). Dopo una sequenza di tornanti sx-dx-sx-dx-sd-dx-sx, passiamo per le poche case della contrada Ca’ Bongiascia (cà bungiàscia, m. 850, che contava, nel 1861, 61 abitanti, legati alla coltivazione di segale, patate, fieno e grano saraceno nei prati vicini; da qui parte, è interessante annotarlo, un bel sentiero che in breve porta allo splendido Castello di Mancapane – castèl del mancapàn -), a 4 km dal centro di Montagna.
La successiva sequenza di tornanti dx-sx-dx-sx-dx-sx-dx-sx-dx ci porta alla frazione di San Giovanni (san giuàn, m. 1000, che contava 122 abitanti nel 1861 ed era abitata per tutto l’anno fino a qualche decennio fa), dove ci accoglie la bella chiesetta di origine quattrocentesca (gésa de san giuàn, ristrutturata nei secoli XVI e XVIII), scenario della leggenda che abbiamo sopra menzionata. Senza entrare nel cuore del paese, ne raggiungiamo la parte alta ed intercettiamo la strada che proviene dalla località Roncaglia, sul lato opposto della valle del Davaglione. Prendiamo a sinistra e cominciamo la salita a Carnale, che raggiungiamo dopo una sequenza di tornanti dx-sx ed un traverso in direzione ovest. Alle prime baite, che appartengono al maggengo di Pozzolo (puzzö), troviamo un bivio: la stradina di destra sale ad un parcheggio e prosegue fino all’agriturismo La Baita del Sole.
Noi andiamo avanti diritti, fino al termine della strada asfaltata, con parcheggio e pannello che propone una carta dei sentieri nel territorio del comune di Montagna. Troviamo anche alcuni cartelli escursionistici, che danno la Croce di Carnale ad un’ora e 10 minuti, il rifugio Val di Togno ad un’ora e 40 minuti ed il rifugio Gugiatti-Sertorelli a 3 ore e 30 minuti.
Lasciata qui l’automobile, iniziamo l’escursione, da una quota di 1180 metri, imboccando una pista con fondo sterrato nel primo tratto, in cemento nel successivo, che si affaccia alla parte bassa dei prati di Carnale (i ciàna) e li risale, volgendo prima a destra, poi a sinistra, e raggiungendo un gruppo di baite con una fontana. Un cartello indica che prendendo a destra ci si porta all’agriturismo Baita del Sole. Carnale, infatti, è oggi un apprezzatissimo centro di villeggiatura estiva (ma anche invernale), soprattutto per la sua posizione panoramicamente e climaticamente felice, posto, com’è, a 1250 m., quasi a cavallo fra Val di Togno e versante retico mediovaltellinese. In passato “carnà” aveva un valore soprattutto come maggengo; da qui, alla festa di San Giovanni (21 giugno), i pastori lasciavano il maggengo per scendere alla Madonnina e portarsi all’alpe di Acquanera in Valmalenco (gli alpeggi della Val di Togno erano invece caricati da alpeggiatori di Albosaggia). Ancora oggi, però, la vocazione agricola della località è ben viva, come conferma la presenza di un’azienda agricola.
Nei pressi della fontana troviamo altri cartelli, che danno la Croce a 50 minuti, il rifugio Val di Togno ad un’ora e 20 minuti ed il rifugio Gugiatti-Sertorelli a 3 ore e 10 minuti. Proseguiamo in direzione opposta a quella dell’agriturismo, mentre davanti a noi si mostra un suggestivo scorcio della Valmalenco: da sinistra distinguiamo i monti Rolla e Canale, di seguito il pizzo Rachele, la cima del Duca, la punta Rosalba ed il monte Senevedo, poi, sul fondo, i pizzi delle Tre Mogge e Malenco e la Sassa d’Entova; quindi, in primo piano, sul crinale che separa Valmalenco e Val di Togno, il monte Foppa e, sul versante opposto, la Corna Mara. Proseguendo in leggera salita, lasciamo alle spalle le ultime baite (i masùn) e giungiamo al punto nel quale la pista volge a destra ed è chiusa da una sbarra, mentre a sinistra parte il sentiero per il rifugio Val di Togno (senté da tùgn), segnalato da un cartello che lo dà ad un’ora e 20 minuti.
Imbocchiamo la nuova pista tagliafuoco, che porta ai maggenghi della media Valle del Davaglione (Davaglione Piano, Bedoiè, Stodegarda), che procede in falsopiano. Dopo uno slargo ed un accenno di curva a sinistra, nel punto in cui comincia a salire, vediamo, a sinistra, sul limite di uno splendido bosco di abeti rossi e larici, un accenno di pista che si restringe ed entra nel bosco, facendosi sentiero. Lo seguiamo e saliamo nella magica cornice di una pecceta di rara bellezza. Dopo breve salita, intercettiamo la pista che sale da destra, lasciandola, però, subito per riprendere il sentiero sul lato opposto. Su un larice alla nostra sinistra e su un sasso alla nostra destra troviamo i primi due segnavia bianco-rossi. Superata una modesta radura che si apre fra i larici alti e diritti, intercettiamo per l’ultima volta la pista, che sale da sinistra.
Ancora una volta ritroviamo il sentiero sul lato opposto della pista. Su un larice un cartello reca scritto “La Crus” e ci conferma della correttezza dell’itinerario, che, infatti, passa per la Croce di Carnale (crus de carnà). Proseguiamo nel bosco e superiamo una radura, giungendo ad un bivio, segnalato da un cartello: il sentiero di destra porta a Davaglione Piano (daunciàn), mentre quello che prosegue diritto va alla Croce. Proseguiamo, ovviamente, diritti, volgendo leggermente a sinistra, poi a destra, con pendenza severa, che poi si addolcisce.


Carnale

Un nuovo strappo verso sinistra è seguito da un tratto con andamento quasi pianeggiante, che conduce ad una radura (segnavia bianco-rosso su un sasso). Il sentiero comincia, poi, a volgere gradualmente a destra ed a salire nel bosco che si fa più fitto. Alla fine approdiamo alla radura sul cui limite superiore è posta la Croce di Carnale (crus de carnà, m. 1569). Sul limite inferiore, invece, un cartello segnala nella direzione dalla quale veniamo carnale, mentre proseguendo diritti, senza piegare verso la Croce, viene segnalato il sentiero per Davaglione Piano. Nella direzione della croce, infine, due cartelli segnalano il rifugio Gugiatti-Sertorelli e le località Stodegarda, Beduié e Mara.
L’antica croce in legno, che, essendo la radura ben più ampia, si vedeva fin dal centro di Montagna ed è ora conservata nella chiesa di San Giovanni, era già citata nel secolo XVIII, ma è stata sostituita dall’attuale croce in metallo in occasione del Giubileo dell’anno 2000. Una targa invita a pregare con queste parole: “O Dio, Creatore del cielo e della terra, che tutto hai creato per amore e in Gesù Cristo, tuo Figlio, ti sei rivelato Padre, che hai posto il creato nelle nostre mani, ti preghiamo: rendici fedeli e degni della fiducia che hai riposto in noi. Ci hai scelto per essere sacerdoti del creato, per cantare Te, onnipotente Signore. Fa’ che scopriamo e rispettiamo l’armonia, l’ordine, la bontà che ci circondano. Le nostre montagne sono un invito a elevarci a Te, le nostre acque ci dissetano, portano vita e sono segno di Te, acqua per la vita eterna. Il nostro spirito vibri ed esulti di gioia, di riconoscenza e di lode a Te che a noi hai fatto dono della tua presenza onnipotente.” Segue una citazione dal salmo 120: “Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto. Il nostro aiuto viene dal Signore”. Il luogo è particolarmente caro agli abitanti di Montagna, e, secondo un’antichissima tradizione, qui il parroco celebra la Messa all’inizio dell’estate (vicino alla croce è stato edificato un piccolo altare). Ai piedi della Croce, infine, un utile pannello in legno ci aiuta ad individuare le cime che la catena orobica, a sud, ci mostra: da sinistra, il pizzo di Coca (m. 3052), il Dente di Coca (m. 2920), il gruppo Scais-Redorta nascosto dal pizzo di Scotes (m. 2975), il pizzo di Rodes (m. 2810), il pizzo del Diavolo di Tenda (m. 2914), il pizzo Campaggio (m. 2502), il Corno Stella (m. 2620) ed il monte Vespolo (m. 2385). Dopo aver letto l’incisione sulla croce (“Christus heri, hodie, semper”, cioè “Cristo ieri, oggi e sempre”), riprendiamo a salire, rientrando nel bosco; dopo un breve tratto, due cartelli segnalano un nuovo bivio: il sentiero di destra porta a Beduié, quello che prosegue diritto al rifugio Gugiatti-Sertorelli.
Continuiamo, quindi, a salire sul filo del lungo dosso, chiamato “fil de la ciugèra”, che scende verso sud-ovest dalla cima della Corna Mara. La salita porta ad una splendida radura, contornata da larici ma anche da qualche pino mugo. Tre cartelli segnalano il quarto bivio: il sentiero di destra porta a Stodegarda ed all’alpe Mara, mentre proseguendo diritti si va al rifugio Gugiatti-Sertorelli. Sempre diritti, dunque: in effetti l’intera salita si effettua seguendo il filo del dosso. Rientrati nel bosco, saliamo per breve tratto, poi proseguiamo in piano ed in leggera discesa, che porta ad una pianetta nel cuore del bosco, fra larici, abeti rossi e pini silvestri. Poco più avanti il sentiero lascia per la prima volta, ma solo per breve tratto, il crinale, scendendo leggermente sulla sinistra. Siamo al Dosso della Foppa (dòs de la fòppa, m. 1700 circa), punto nel quale il fil de la ciugèra smorza l’andamento ascendente. Seguono, infatti, una modesta radura, un lungo tratto pianeggiante, una leggera discesa, una nuova piccola radura, una salitella ed una successiva discesa ad una conca-radura. Poi la salita riprende, raggiungendo un casello dell’acqua, poco sopra il quale il sentiero è intercettato da un marcato sentiero pianeggiante che proviene da destra e prosegue verso sinistra. Siamo a quota 1800 m. circa. Continuiamo a salire, fra gli abeti rossi: il sentiero si fa più ripido. Un’apertura del bosco sulla nostra sinistra ci regala un bel colpo d’occhio sul versante occidentale della bassa Val di Togno.
A quota 1840 m. circa il sentiero giunge ad un grande casello dell’acqua; da destra giunge qui una pista, che si stacca dal primo tornante dx della pista che, dopo Arcino, sale al rifugio Gugiatti-Sertorelli. È una pista da tenere ben presente, perché potremo utilizzarla per il ritorno: scendendo, infatti, dal rifugio per la pista (senza seguire le scorciatoie esposte nell’illustrazione sopra riportata), all’ultimo tornante sx la si lascia, verso destra, seguendo una pista secondaria che entra nel bosco e sale fin qui. Troviamo anche due cartelli escursionistici: il primo segnala, nella direzione dalla quale siamo saliti, la Croce a 50 minuti e Carnale ad un’ora e 20 minuti; il secondo segnala, nella direzione di prosecuzione della salita, il rifugio Gugiatti-Sertorelli a 50 minuti ed il Corno Mara (EE) a 3 ore e 10 minuti.
Saliamo ancora, e subito siamo ad un nuovo bivio: il sentiero più marcato lascia il crinale e prende a sinistra, in leggera salita, mentre un sentiero più debole sale su un rossetto abbastanza ripido. Dobbiamo seguire questo secondo sentierino (segnavia bianco-rosso su un tronco), che passa a destra del crinale, costituito qui dal crap di àsen (letteralmente, la roccia degli asini) ed esce dal bosco. Vediamo, ora, un bello spaccato della media valle del Davaglione; alle sue spalle, la sezione orientale e centrale della catena orobica. Dobbiamo, poi, prestare attenzione, perché il sentierino non sale all’ultima macchia che vediamo diritta sopra di noi, ma piega a destra, allontanandosi dal crinale ed affacciandosi al brullo versante chiamato “matarüch”, che mostra chiari i segni di un incendio che l’ha devastato. Con pochi tornantini raggiungiamo, così, la sommità del versante, ed approdiamo ad una sorta di conca-corridoio, appena accennato, delimitato da modeste roccette chiamate “crap da fùra”, o “crap da fur” (m. 2078): qui si è arrestato l’incendio che ha distrutto il bosco del versante.
Abbiamo, ora, davanti a noi un grande corridoio erboso, che sale dolcemente fin quasi a ridosso del versante roccioso della Corna Mara. Il rifugio dovrebbe essere ormai vicino e ci sorprende non poco il fatto di non riuscire a scorgerlo. In effetti è vicino (diciamo ad un quarto d’ora di cammino), ma nascosto dietro la piega di un dosso, a nord-est. Riportiamoci, ore a sinistra, in prossimità del limite del crinale (qui sono stati piantati paletti uniti da filo di ferro per impedire agli animali di avventurarsi sul ciglio del versante che cade ripido sul lato della Val di Togno), dove troviamo una sorta di traccia di sentiero: seguendola, superiamo una fascia con qualche masso quasi spaesato in questo oceano d’erba ed un rinsecchito larice solitario. Più avanti troviamo altri massi; saliamo piegando, poi, leggermente a destra e scegliendo la traiettoria più agevole, sempre in diagonale, verso nord-est, senza allontanarci troppo dal crinale e passando in mezzo a qualche abete. Superata la fascia degli abeti, continuiamo in direzione del punto nel quale il crinale aumenta bruscamente la pendenza, e prendiamo a destra: ci troveremo, alla fine, faccia a faccia con il rifugio che ci ha fatto tanto sospirare. Camminiamo da circa tre ore ed abbiamo superato un dislivello approssimativo in altezza di 960 metri.


Dosso che sale al rifugio Gugiatti-Sertorelli

Se scegliamo questo itinerario per il ritorno, dobbiamo inquadrare visivamente la conca-corridoio del “crap da fùra” e lì scendere, procedendo a vista; poi dobbiamo cercare il sentierino che, restando a sinistra del bosco, arriva al ripido rossetto del  “crap di àsen”. Scesi al crinale, non sbagliamo più. Vediamo, infine, come tornare, per diversa via, a Carnale. Dal rifugio scendiamo al parcheggio presso le baite di Arcino, seguendo l’itinerario sopra descritto. Qui, invece di proseguire sulla carrozzabile, scendiamo ai nuclei di baite di Mara bassa (màra bassa, m. 1680; si trovano, ben visibili, disposte sul lungo prato proprio a valle del parcheggio). Scendendo al nucleo più basso, verso destra, cerchiamo il sentiero che attraversa una breve fascia boscosa e porta alle baite di Stodegarda (studegàrda, m. 1583, dalla voce longobarda "stodigard", "recinto per cavalli"), poste nella parte alta di una lunga fascia di prati. Qui abbiamo due possibilità: seguire il sentiero che si inoltra decisamente nel bosco, a destra, e che ci riporta sul filo del dosso, oppure, se vogliamo seguire un itinerario interamente diverso, seguire il sentiero, anch’esso sulla destra, ma in direzione sud-ovest, che, correndo sul limite dei prati, scende alle baite di Bedoié, o Beduié (beduié, m. 1505). Anche da qui parte un sentiero che, tagliando il bosco della ciugéra, torna al filo del dosso. Ma anche da qui si può proseguire nella discesa dei prati, fino alle baite di Davaglione Piano (daunciàn, m. 1405): solo, lo si deve fare procedendo a vista, restando sulla destra, sul limite del bosco. Prima di giungere alle baite, che in realtà restano alla nostra sinistra, giungeremo al punto nel quale si interrompe (2008) la pista tagliafuoco che proviene da Carnale: non ci resta, ora, che seguirla, tornando al maggengo di Carnale ed al parcheggio dove abbiamo lasciato l’automobile.  


Stodegarda


CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - elaborata su un particolare della tavola di Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

GALLERIA DI IMMAGINI

ALTRE ESCURSIONI A MONTAGNA

Copyright © 2003 - 2024 Massimo Dei Cas Designed by David Kohout