Monte Berlinghera (la biling(h)iéra), il monte della luce. Diversi elementi concorrono a ritenere appropriata questa definizione. L’etimo, innanzitutto, meglio, un’ipotesi di etimo preromano, che significherebbe “divinità splendente”. Poi le chiare e verticali pareti del suo versante sud-orientale, che si tuffano, luminose e selvagge, nel lago di Mezzola, interrotte, appena, dai solchi profondi delle valli Meriggiana e Giröla. Infine le solatie distese di alpeggi che si adagiano quietamente sul versante sud-occidentale.

Il monte Berlinghera visto da Verceia. Foto di Massimo Dei Cas www.paesidivaltellina.it

Ma, a ben guardare, la faccenda non è poi così chiara. Innanzitutto ci sono da considerare i rimanenti versanti, soprattutto quello settentrionale, che guarda a Samolaco, ombroso, cupo, scostante, tanto che alla sua sommità (poco ad ovest della cima), come una liberazione, si apre uno spiraglio che si è pensato bene di chiamare bocchetta del Chiaro (buc(h)iéta de ciàer), perché chi risale il versante può finalmente rivedere, affacciandosi a quello opposto, la luce. Infine, ulteriore elemento da considerare, il monte rappresenta l’estrema elevazione della catena detta dei Muncèch, sul limite sud-orientale della catena della Mesolcina. Ora, Muncèch significa monti dei Cèch, e di Cèch non è facile indovinare l’origine (così anche per l’omonima ampia costiera posta all’ingresso della Valtellina, a settentrione): Cèch forse da Franchi, o forse da ciechi, con riferimento a genti che tardarono a convertirsi alla religione cattolica. Eccoci, dunque, condotti, dal mistero di questo monte, dalla luce alla cecità! Senza contare, possiamo ben dirlo, che monete, e non luce, stanno forse nell’etimo del nome, le famose (nel Seicento) berlinghe. Eh sì, perché presso il piede orientale del monte stava la Porta, allo sbocco dell’omonimo vallone, cioè la dogana, dove si pagava il dazio passando dalla contea di Chiavenna (sotto la giurisdizione delle Tre Leghe Grigie) e l’alto Lario, soggetto, come Como ed il milanese, alla corona di Spagna. E le ipotesi non terminano qui, perché un analogo toponimo nel territorio di Prata Camportaccio (sul versante opposto della Valchiavenna) parrebbe ricondurre al significato di “cima rocciosa” (tale appare il monte, visto da Verceia e Novate Mezzola). Dunque, un monte dalle poche certezze e dai molti misteri. Ma non tutto è mistero. Ci sono anche alcuni solidi punti fermi. La salita al monte regala un panorama eccellente ed entusiasmante. Condotta per la cosiddetta via normale (San Sebastiano di Gera Lario) è un’escursione non difficile, di un paio d’ore. Altra faccenda è la salita al monte da Paiedo (paèe) di Samolaco. Ma vediamole entrambe, partendo proprio da quest’ultima.

Lago di Mezzola e monte Berlinghera. Foto di Massimo Dei Cas www.paesidivaltellina.it

Diciamo che, questa volta, come accade non di rado, ripercorriamo un itinerario tanto frequentato in passato, quanto negletto al presente. Lo cita anche il celebre storico e uomo d’armi grigione Guler von Weineck (nel volume “Rhaetia”, Zurigo, 1616): “Più in alto, sopra la montagna, sorge il villaggio di Paiedo, da cui una strada mette a Sorico, nelle Tre Pievi”. Nei secoli passati, infatti, la salita da Paiedo alla bocchetta del Chiaro (detta anche bocchetta di Tamulta) veniva affrontata da mandrie e pastori che transitavano ai pregiati alpeggi di Alpe di Mezzo, Pescedo e Gigiài, sul versante comasco, acquistati nell’Ottocento da gente di Era e Montenuovo di Samolaco. Ma non solo miti armenti, bensì anche bellicosi soldati passarono di qui, soldati delle Tre Leghe Grigie, in guerra, durante il travagliatissimo terzo decennio del Seicento, contro i cattolici ribelli di Valtellina e gli Spagnoli loro alleati. Un corpo di spedizione salì, infatti, da Paiedo alla bocchetta per scendere sul versante comasco e prendere alle spalle gli Spagnoli, che avevano nel Forte di Fuentes il loro caposaldo. La sorpresa non riuscì e la bocchetta non udì più, da allora, sferragliare di armi. Altri tempi. Oggi l’escursionista che ripercorra queste orme probabilmente vivrà un’esperienza di intensa e un po’ desolata solitudine, almeno fino alla bocchetta.


Salita al monte Berlinghera

ERA-PAIEDO-MONTE BERLINGHERA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Era di Samolaco-Paiedo-Bocchetta del Chiaro-Monte Berlinghera
6 h
1740
EE

Lago di Mezzola e monte Berlinghera. Foto di Massimo Dei Cas www.paesidivaltellina.itIntanto bisogna vedere come salire a Paiedo, lo splendido terrazzo panoramico a monte di Era di Samolaco. Era (éra, m. 213) è centro geografico del comune di Samolaco e sua sede amministrativa Essa è di origine antica (citata nel 1219 come “Léra”). Per raggiungerla, lasciamo la statale 36 dello Spluga, percorsa da Nuova Olonio in direzione di Chiavenna, a Novate Mezzola: dopo l’indicazione della deviazione, sulla destra, per la Val Còdera, vedremo, sulla sinistra, una deviazione che scende subito ad un sottopasso ferroviario (indicazioni per Era, S. Pietro e Gordona). Imbocchiamo questa strada, e ci ritroviamo sulla strada provinciale “Trivulzia”, dedicata al capitano Gian Giacomo Trivulzio (il quale promosse la prima bonifica della piana di Samolaco, agli inizi del Cinquecento), che percorre la bassa Valchiavenna fino a Chiavenna, mantenendosi, per un buon tratto, sul lato opposto della Mera, rispetto alla strada statale. Ignorata la deviazione a destra per Somaggia, attraversiamo la Mera sul Ponte Nave e, subito dopo il ponte, troviamo la deviazione a sinistra per Casenda e Vigazzuolo.
Ignorata questa deviazione, proseguiamo fino ad Era (1,5 km dal ponte), dove possiamo lasciare l’automobile al parcheggio posto proprio sotto la chiesa di S. Andrea, nei pressi del cimitero. La chiesa venne edificata nel 1910-11, è posta a 213 m. s.l.m., nel luogo in cui, secondo la tradizione, iniziò il martirio di S. Fedele (che si conclude più a sud, in località Torretta, dove si trova, già in territorio di Sorico – Como – il tempietto di S. Fedelino) ed è ispirata allo stile romanico. Da Era parte una strada asfaltata che sale a Paiedo. Possiamo chiedere in comune informazioni sull’acquisto del pass per l’accesso, oppure propendere per una stoica ed integrale camminata dal piano alla cima Il monte Berlinghera visto dal lungolago di Verceia. Foto di Massimo Dei Cas www.paesidivaltellina.itdel monte. In questo caso, Possiamo sfruttare la strada asfaltata, oppure l’antica mulattiera che sale da Casenda: in questo secondo caso dobbiamo tornare indietro per un tratto, fino alla già citata deviazione (che ora resta sul lato destro) con indicazione che dà Paiedo ad un’ora. Ipotizziamo di sfruttare quest’alternativa per il ritorno. Cominciamo, ora, a salire seguendo la strada consortile (un cartello all’imbocco della prima rampa dopo S. Andrea segnala il divieto di accesso ai veicoli non autorizzati). Ci attendono poco più di 4 km e mezzo di salita (diciamo un’ora circa di cammino), con pendenza costante, non eccessiva ma abbastanza marcata (lo diciamo per chi volesse salire in mountain-bike). Superiamo, quindi, una sequenza di tornanti dx-sx-dx: al successivo tornante sx si apre un eccellente panorama sulla piana di Samolaco e Chiavenna, ma anche un bello scorcio della Valle di Spluga e dell’imbocco della Val Bregaglia: siamo alla “guardiöla”, cioè al piccolo posto di guardia. Procedendo nella salita, siamo raggiunti, da sinistra, da una pista sterrata che proviene da un piccolo pianoro boscoso. Avanti ancora, superando una roggia, fino al tornante dx, impegnato il quale passiamo nei pressi di un rudere a monte della strada, con una gentile fontanella, prima di superare di nuovo la medesima roggia. Il bosco che circonda il rudere veniva chiamato “cóof”. Al successivo tornante sx, di quota 680, si stacca, sulla destra, un tratturo: non c’è indicazione segnaletica alcuna (almeno per ora, marzo 2008).
Poco più avanti troviamo, sulla destra, un cartello con scritto “Boscasc” (busc’c(h)iàsc), che si riferisce ad una vasta estensione boschiva a monte della strada; guardando in alto, nel bosco, vediamo una cappelletta solitaria. Si tratta del “gesaöo de mèz”, cioè “cappelletta di mezzo percorso” (anche se assai più vicina alla meta che alla partenza!), sull’antica mulattiera S Andrea – Paiedo (di cui oggi è però difficile individuare il tracciato), a quota 720 metri circa Paiedo. Foto di Massimo Dei Cas www.paesidivaltellina.ited a sud (sinistra) di una vasta fascia boscosa chiamata “cumünàanz” perché gestita, in passato, in comune da un gruppo di famiglie. Le cappellette venivano un tempo collocate nei punti di particolare pericolo (p. es. esposti su dirupi) oppure nei punti di sosta, come invito ad utilizzare saggiamente il tempo del riposo con la preghiera. Stacchiamoci dalla strada asfaltata e raggiungiamola, salendo a vista. La traccia dell’antica mulattiera non si vede quasi più.
Proseguiamo oltre la cappelletta, salendo sempre a vista, fino ad intercettare di nuovo la strada asfaltata. Saliamo, poi, verso destra fino al tornante dx di quota 790. Raggiunto il successivo tornante dx, procediamo trovando, sulla sinistra, una piana, con una baita rammodernata che reca scritto, su una targa, “Amici di Paiedo – 2001”. Nei pressi, un grande abete ed un grande castagno secolare. Si tratta della “pièna da óolt”: qui, nel mese di settembre, si tiene la tradizionale festa del maggengo. Poco distante dalla baita vediamo una cappelletta da poco restaurata e datata 1826: è il “gesaöo de scìma”, denominato così perché ormai siamo prossimi a Paiedo. Proseguendo su una pista nella selva, siamo al vecchio e piccolo cimitero, “simitéri de paée”, utilizzato fino al 1920, quando venne costruito il nuovo cimitero di Era. Qui il senso della morte non ha nulla di lugubre o di macabro, ma si stempera nel quieto sussurro, che si avverte appena, del vento fra le fronde, perché anche il tempo Comprensorio dlel'Acquafraggia visto dalla cima del monte Berlingherasembra interrompere il suo cammino sostando in questo luogo, pensoso.
Proseguendo e, piegando a destra, saliamo in direzione del nucleo di Paiedo (paée, m. 886). Eccolo, alla fine: un grumo di case affratellate da una comunanza antica, sul limite di una fascia di prati che si innalza, alle sue spalle, per oltre 200 metri di dislivello. La sua esistenza è attestata per la prima volta da documenti che risalgono alla seconda metà del XV secolo, e che fanno menzione di Pagieriis, Pegiedo e Palierio, ma la sua origine, come testimonierebbero alcune dimore costruite con la tecnica del “c(h)iàrdan” o carden (introdotta nella valle della Mera probabilmente da popolazioni di origine Walser), ossia con pareti costituite da tronchi squadrati sovrapposti, risale probabilmente al 1100-1200. Il nome, secondo la tradizione, deriverebbe dalle paglie dei piccoli campi di segale, orzo, miglio e panìco nei pressi del nucleo abitato e che, unitamente alla coltivazione della patata, alla raccolta delle castagne ed alla pastorizia, chiudeva il circuito di un’economia per buona parte autosufficiente. L’equilibrio di questo microcosmo rurale si incrinò solo sul finire dell’Ottocento, quando iniziò lo spopolamento di Paiedo, in concomitanza con la bonifica del piano.

PAIEDO-MONTE BERLINGHERA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Paiedo-Bocchetta del Chiaro-Monte Berlinghera
4 h
1060
EE

L'alto Lario visto dai pressi della bocchetta del Chiaro

Ci accoglie la chiesetta di S. Francesco, che fu benedetta nel 1605 e rinnovata nel 1689, e che contiene dipinti del pittore locale G. B. Macolino il vecchio. Il vicino campanile mostra con orgoglio le sue tre campane, ricchezza non consueta per una chiesetta di maggengo. L’autosufficienza di Paiedo era anche spirituale: mentre all’inizio, infatti, condivideva il cappellano con S. Andrea, in seguito ne ebbe uno proprio e successivamente fu eretta a parrocchia autonoma. Dopo il 1815 venne aperta anche una scuola elementare. Una sosta ristoratrice sul sagrato della chiesa si impone, visto che camminiamo da circa un’ora e 50 minuti (abbiamo superato un dislivello approssimativo in altezza di 670 metri).
Si tratta ora di affrontare la parte più scorbutica dell’escursione (sconsigliata in inverno e ad inizio primavera per la possibilità di trovare neve e ghiaccio). Portiamoci sul lato sud-occidentale del paese, dove parte il sentiero che sale L'alto Lario visto dalla cima del montealla bocchetta del Chiaro. Attraversato, in discesa,  un dosso di betulle, scendiamo alla briglia di un torrentello, tributario del principale torrente, il Casenda, che dà il nome alla valle nel cui cuore oscuro ci stiamo addentrando. Dopo una breve salita sul versante opposto, ci portiamo al torrente Casenda e lo attraversiamo nei pressi di un enorme macigno. Dopo un primo breve traverso che sale a sinistra, su versante esposto, con qualche protezione, il sentiero piega leggermente a destra ed inizia la lunga e un po’ monotona salita, che inanella una lunga sequenza di tornanti mantenendo la direzione sud, sul filo di un largo dosso. La mulattiera sale quasi interamente nel bosco, e noi duriamo una fatica non indifferente prima di sbucare ai ruderi dell’alpe di Tamulta (tamüül, m. 1600), da cui la bocchetta prende uno dei suoi nomi. La bocchetta del Chiaro, infatti , non è lontana: la mulattiera piega ora verso destra (sud-ovest) e giunge ad un bivio, al quale dobbiamo prendere a sinistra. Dopo un ultimo traverso quasi in piano verso destra, siamo infine all’agognata sella (m. 1666), presidiata ora da un grande traliccio dell’alta tensione. E davvero comprendiamo, in un’esperienza quasi dantesca, il senso del suo nome: un altro mondo si apre, perché dall’angusto ed umido versante meridionale della Val Casenda ci affacciamo alle luminose e gentili balze che si stendono a sud-ovest del monte Berlinghera.
Pizzo di Prata visto dalla cima del monte BerlingheraSi tratta ora di affrontare gli ultimi tre quarti d’ora di salita: prendendo a sinistra, cerchiamo la debole traccia che segue il crinale del monte, dapprima in un bel bosco di larici (i rododentri a tratti nascondono un po’ la traccia), poi, dopo la croce di ferro a quota 1830 m., su terreno erboso e, nell’ultimo tratto, piegando a sinistra, tra sfasciumi e roccette non difficili (che però richiedono un po’ di cautela). In breve siamo sulla cima del monte Berlinghera (1930 m.), dopo sotto la quale vediamo i resti di una cappella degli Alpini distrutta probabilmente da un fulmine: il tetto in cemento armato, dalla curiosa forma di cappello d’alpino, giace a qualche metro di distanza. La cappella votiva venne costruita nel 1969 dal Gruppo Alpini di Sorico per conservarvi diverse lapidi provenienti dai gruppi alpini italiani ed esteri a ricordo dei caduti di tutte le guerre. La scelta del luogo non fu casuale. Questi luoghi sono, infatti, legati anche ad una storia recente e non meno tragica di quella della prima metà del Seicento. Durante la fine della seconda Guerra Mondiale, infatti, la 52sima Brigata Garibaldi "Luigi Clerici", guidata dal partigiano Pier Luigi Bellini delle Stelle, la stessa che arrestò Benito Mussolini il 28 aprile 1945, aveva eletto le pendici del monte Berlinghera a propria base operativa. Per questo motivo qui furono paracadutate, il 5 aprile del 1945, molte armi per i partigiani del posto: 20 mitragliatrici pesanti, trecento Sten, mortai e munizioni.

Cappella degli Alpini ed alto Lario visti dalla cima del monte Berlinghera

Volgendo la nostra attenzione al panorama, molto bello, siamo riconsegnati a pensieri di pace. A nord, infatti, si apre l’ampio solco della Valchiavenna e della Valle di S. Giacomo, e possiamo scorgerne tutte le principali cime. Sul limite meridionale della piana di Chiavenna vediamo il lago di Mezzola, dalle acque di un intenso azzurro. A sud, invece, il lago di Como scende, ampio e placido, fra una corona di monti dalle forme leggere e gentili. Alla sua sinistra, il poderoso corno del monte Legnone, a dire che termina la catena orobica dei monti di Valtellina.
Qualche conteggio, infine: se siamo eroicamente partiti da Era di Samolaco, abbiamo superato la bellezza (si fa per dire) di 1740 metri di dislivello circa, diciamo in almeno 5 ore. Se invece siamo saliti in automobile a Paiedo, il dislivello si riduce ai pur sempre ragguardevolissimi 1060 metri circa, e le ore scendono a poco meno di 4.

Lago di Mezzola visto dalla cima del monte Berlinghera

SAN BARTOLOMEO-MONTE BERLINGHERA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
San Bartolomeo-Bocchetta del Chiaro-Monte Berlinghera
2 h e 30 min.
730
E

Escursione troppo impegnativa? Resta sempre la seconda soluzione, la salita al monte per la cosiddetta via normale, da San Bartolomeo, molto più breve e semplice. Per salire a San Bartolomeo ci si deve portare a Gera Lario (chi proviene dalla Valtellina o dalla Valchiavenna, al Trivio di Fuentes  deve procedere in direzione di Como, fino all’imbocco della strada statale 340 “Regina” per Como: superato il ponte del Passo, prosegue Monte Legnone visto dalla cima del monte Berlingherafino a Gera Lario (secondo comune, dopo Sorico, sull’alta sponda occidentale del lago di Como). Qui deve lasciare la Regina prendendo a destra (indicazione per Carceno, Burano e san Bartolomeo). Dopo tre chilometri di salita, ad un bivio prende a destra (indicazioni per Bugiallo e San Bartolomeo), percorrendo una stradina alquanto stretta, con bruschi tornanti quasi a gomito, che termina al grazioso maggengo di San Bartolomeo, dove si trova l’omonima chiesetta, presso la quale si può parcheggiare (m. 1200, ad 11,5 km da Gera Lario).
Lasciata l’auto, ci incamminiamo sul sentiero a destra di una fontanella, seguendo il cartello che indica l’Alta Via dei Monti Lariani ed il Sasso Canale. Saliamo in un bel bosco di abeti, pini silvestri, faggi e querce, fino ad intercettare la pista sterrata agro–silvo–pastorale che parte anch’essa da San Bartolomeo, ma effettua un largo giro, e che seguiamo, proseguendo la salita, verso sinistra.
Ad un bivio, lasciamo la strada sterrata, che prosegue a destra (anche per questa via si può giungere alla cima passando per l’alpe Pero, ma noi puntiamo ad una nostra vecchia conoscenza, la bocchetta del Chiaro), e continuiamo sulla sinistra Valchiavenna vista dalla cima del monte Berlingheraseguendo i segni bianco-rossi dell’Alta Via del Lario. Usciti dal bosco, entriamo nel solco della Valle Scura (di nuovo il gioco luce-ombra, che sembra dominare il regno del Berlinghera), e scorgiamo, alla nostra sinistra, sul versante opposto della valle, le baite dell'alpe di Mezzo (1540 m). Superato un cartello accanto ad una fontana, proseguiamo sulla strada sterrata, per poi attraversare il torrente della Valle Scura su un ponte e passare a monte dell'alpeggio. Qui dobbiamo prestare attenzione: non seguiamo più i segnavia bianco-rossi dell'Alta Via del Lario, ma pieghiamo a destra, salendo in direzione di una baita isolata. Seguendo, poi, una debole traccia di sentiero attraversiamo prima una ganda e proseguiamo in direzione dei tralicci dell'alta tensione, fino ad intercettare un sentiero più marcato, che ci conduce in breve alla Bocchetta di Chiaro 1666 m, che, come sappiamo, è presidiata dal traliccio più alto. Di qui, prendendo a destra, come sopra descritto, siamo alla fine, in cima al monte Berlinghera, dopo poco più di due ore di cammino (il dislivello approssimativo è di 730 metri).

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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