Il monte Garone al centro della Valle del Monte

Il monte Garone (m. 3030) è una grande cupola rossastra che si impone alla vista al centro della Valle del Monte, ed è infatti localmente chiamato Pizòn dal Mont. Il nome "Garone" deriva da "gerùn", ghiaione. Infatti mentre il versante sud è costituito da una rossastra verticale parete, quello nord ed i fianchi orientale ed occidentale hanno il volto ben diverso di un ripido declivio di sfasciumi. La salita alla sua cima può avvenire per tre vie, la prima relativamente breve, la rimanenti non difficili, ma piuttosto lunghe e, in caso di visibilità limitata, problematiche per l'orientamento.

MONTE GARONE DAL CAROSELLO 3000

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Carosello 3000-Crestone di confine-Monte Garone
2 h
550
EE
SINTESI. Saliamo sfruttando gli impianti di risalita di Carosello 3000 (sul limite sud di Livigno, imbocco della Val Federia) alla sella di Carosello 3000 (m. 2740). Scendiamo al vicino laghetto di Blesaccia e di qui traversiamo in piano il versante alto della Val Federia, rimanendo in quota passando a monte del laghetto dei Gessi e sotto il cupolone del pizzo Cantone e la piramide del pizzo Campaccio, puntando poi al crestone che separa la Val Federia dalla Valle del Monte. Saliamo una rampa di pietrame puntando ad una sella sulla testata della valle che, da una quota di circa 2900 metri, fra il pizzo Campaccio, alla nostra sinistra (m. 3007) e l'erbosa cima quotata 2982 metri, alla nostra destra. Possiamo puntare al crestone anche più avanti. Dalla sella di quota 2900 percorriamo ora il crestone alla nostra destra, verso sud-ovest, salendo alla cima quotata 2982 m. Il crestone piega poi leggermente a destra (ovest-nord-ovest) e seguendolo tocchiamo le cime quotate 2918 e 2938 m. Nell'ultimo tratto saliamo ad intercettare il crestone principale sul quale corre il confine italo svizzero, al Matoc dal Mont (m. 2982), poco a sud della Forcola di Federia. Lo seguiamo verso sinistra (sud), passando per le cime quotate 3003 e 2950 m., prima dell'ultimo tratto che sale alla cima del monte Garone (m. 3030).


Apri qui una fotomappa della traversata dell'alta Val Federia

La via più breve sfrutta la possibilità di partire da una quota di 2740 metri, dal Carosello 3000, traversando il limite alto della Val Federia.
Gli impianti di risalita del Carosello 3000 sono aperti anche d'estate. Li troviamo sul limite meridionale di Livigno, quello all'imbocco della Valle della Forcola di Livigno, e ci portano all'ampia sella erbosa denominata, appunto, Carosello 3000, anche se la quota è di 2740 metri. Da qui scendiamo al vicino laghetto di Blesaccia (m. 2694). Da qui traversiamo in piano il versante alto della Val Federia, rimanendo in quota passando a monte del laghetto dei Gessi e sotto il cupolone del pizzo Cantone e la piramide del pizzo Campaccio, puntando poi al crestone che separa la Val Federia dalla Valle del Monte. Saliamo una rampa di pietrame puntando ad una sella sulla testata della valle che, da una quota di circa 2900 metri, fra il pizzo Campaccio, alla nostra sinistra (m. 3007) e l'erbosa cima quotata 2982 metri, alla nostra destra. Possiamo puntare al crestone anche più avanti.


La traversata dal laghetto di Federia al crestone Val Federia-Valle del Monte

Dalla sella di quota 2900 percorriamo ora il crestone alla nostra destra, verso sud-ovest, salendo alla cima quotata 2982 m. Il crestone piega poi leggermente a destra (ovest-nord-ovest) e seguendolo tocchiamo le cime quotate 2918 e 2938 m. Nell'ultimo tratto saliamo ad intercettare il crestone principale sul quale corre il confine italo svizzero, al Matoc dal Mont (m. 2982), poco a sud della Forcola di Federia, il valico che si affaccia sull'elvetica val Chamuera e che costituisce la massima depressione del crestone di confine fra il monte Cotschen, a nord, ed il monte Garone, a sud. Seguiamo il crestone verso sinistra (sud), con qualche saliscendi, passando per le cime quotate 3003 e 2950 m., prima dell'ultimo tratto che sale alla cima del monte Garone (m. 3030).


Testata della Val Nera vista dal monte Garone

Molto ampio il panorama. Ovviamente ad ovest si mostra, alle spalle del cupolone del Monte Breva, il gruppo del Bernina, che mostra, da sinistra, le tre poco pronunciate cime del piz Palù, i massici e quasi abbracciati piz Argient e Zupò, la Cresta Güzza, inconfondibilmente fedele al suo nome, con a destra alcune imponenti cime che dal versante della Valmalenco non si vedono, perché si staccano dal crinale principale verso nord, vale a dire i pizzi Morteratsch, Tschierva e Boval. Si vede appena, alle loro spalle, il Bernina.


La Val Nera vista dal monte Garone

Proseguendo nella rassegna delle cime che chiudono l’orizzonte, in senso orario, vediamo in primo piano la val Chamuera e, sul fondo, un’ampia teoria di cime engadinesi; spicca, diritta, a nord, la massiccia cima della Margna, il monte simbolo di St. Moritz, mentre a destra si distingue la regolare e slanciata piramide del Piz Linard. L'occhio esperto riconoscerà anche l'affilato profilo del piz Buin. Davanti al pizzo la valle di S’chanf, storico corridoio di transito fra Engadina e Livignasco, perché da essa si sale facilmente al passo di Cassana, con successiva discesa alla Val Federia.


Il gruppo del Bernina visto dal monte Garone

Ad est inizia la lunga teoria di cime del bormiese e della Valfurva: l’occhio esperto riconosce la cima Schumbraida, la Reit, il ghiacciaio dello Stelvio, l’Ortles, il Gran Zebrù, il Cevedale, la cima Confinale, il pizzo Tresero ed il monte Gavia. A sud, dietro il crinale delle livignasche valle delle Mine e val Vago (che si biforca nella val Nera e nella val di Campo), si intravedono le cime della Val Grosina, fra le quali spicca la massiccia cima Piazzi, con il ghiacciaio del versante settentrionale. Proseguendo verso destra, vediamo bene il passo della Forcola, prima di tornare allo splendido gruppo del Bernina.


Piz Linard dal monte Garone

Piccolo e grande Piz Buin dal monte Garone

MONTE GARONE DALLA VALLE DEL MONTE

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Statale per la Forcola-Lago del Monte-Sella di quota 2900-Crestone di confine-Monte Garone
4 h
1150
EE
SINTESI. A Livigno, lasciata un'automobile al parcheggio del ponte di Calcheira all'imbocco della Val Federia, imbocchiamo con la seconda la strada per il passo della Forcola ed il confine svizzero. Lasciate alle spalle le ultime baite di Livigno, prestiamo attenzione ai cartelli: quando vediamo quello che dà il passo a 6 km, proseguiamo per breve tratto fino a trovare, sulla nostra sinistra, l’ampio parcheggio del park siglato P7 (area di sosta attrezzata per picnic). Lasciamo qui l’automobile e percorriamo un breve tratto sulla statale per il passo della Forcola, in direzione del passo, finché vediamo, alla nostra destra, un cartello escursionistico. Attraversata la strada, siamo al punto di partenza di una pista sterrata chiusa al traffico dei veicoli non autorizzati. Dopo un breve tratto, siamo, infatti, alla baita della parte bassa dell’alpe Campaccio (m. 1950). Cominciamo, ora, a salire, inanellando una lunga serie di tornanti sx-dx, fino a trovare, dopo un tornante, sx, un bivio, al quale andiamo a sinistra. Superato un torrente secondario, a quota 2160 la pista supera su un ponte quello principale. Sul lato opposto della valle lascia il posto ad una larga mulattiera, che sale con andamento ben più deciso, inanellando una lunga serie di tornanti, su un ampio costolone di magri pascoli, e scavalcando due volte un torrentello, prima di superare la piccola edicola che ospita un crocifisso, sul ciglio di un roccione all’ingresso della piana che ospita il lago del Monte. Dopo un ultimo tratto siamo di fronte al il Lago del Monte; sul lato opposto, alla base del costone di roccette e sfasciumi, il Baitèl dal Mont (m. 2615), al quale ci portiamo. Saliamo su tracce di sentiero e sfasciumi il versante a monte del bivacco, che scende verso nord-est dal monte Breva (Dòs de la Breva), su una traccia che risale una valletta verso sinistra, poi piega a destra seguendo una seconda valletta e si affaccia alla parte alta del versante. Qui la traccia piega a sinistra e si porta ad una selletta erbosa che, da una quota di circa 2730 metri, si affaccia alla parte alta della Valle del Monte, chiamata Valle del Monte di Dentro. Scendiamo ora lungo un valloncello solcato da uno dei rami del torrente della valle, chiamato Rin da li plata bianca per le candide formazioni calcaree che caratterizzano questo versante. Attraversato il torrentello, restiamo in quota, sul lato sinistro del vallone, e traversiamo descrivendo un arco verso destra (in senso orario, procedendo verso est), in direzione del ben visibile pianoro ai piedi del versante meridionale del monte Campaccio (m. 3007), che ci sta proprio di fronte. Il pianoro si stende ai piedi di un caratteristico versante di rocce calcaree. Lo raggiungiamo senza difficiltà, trovando due deboli sentieri che procedono verso est. Prendiamo quello di sinistra, che inizia a salire, verso nord, i magri pascoli sul versante meridionale del pizzo Campaccio. Saliamo puntando ad una sella sulla testata della valle che, da una quota di circa 2900 metri, fra il pizzo Campaccio, alla nostra destra (m. 3007) e l'erbosa cima quotata 2982 metri, alla nostra sinistra. (VARIANTE: Traversando al pianoro ai piedi del monte Campaccio, pieghiamo a sinistra salendo a vista al crestone, tendendo leggermente sinistra e raggiungendolo alla sella compresa fra le quote 2982 e 2918 o più a sinistra fra la quota 2918 e la quota 2982, il Matoc dal Mont). Dalla sella di quota 2900 percorriamo ora il crestone alla nostra sinistra, verso sud-ovest, salendo alla cima quotata 2982 m. (Matoc dal Mont). Il crestone piega poi leggermente a destra (ovest-nord-ovest) e seguendolo tocchiamo le cime quotate 2918 e 2938 m. Nell'ultimo tratto saliamo ad intercettare il crestone principale sul quale corre il confine italo svizzero, poco a sud della Forcola di Federia. Lo seguiamo verso sinistra (sud), passando per le cime quotate 3003 e 2950 m., prima dell'ultimo tratto che sale alla cima del monte Garone (m. 3030).


Apri qui una fotomappa della salita dalla Valle del Monte al monte Garone

La più breve via di salita al monte Garone passa per la Valle del Monte, denominata dai bormini “val de campàcc”, perché vi posseggono l’ampio alpeggio di Campaccio (àlp de campàcc, per i livignaschi alp dal mónt), già attestato da documenti cinquecenteschi, che si estende, per oltre 712 ettari, da una quota di 1950 metri alla quota ragguardevole di 2800 metri. Una valle, dunque, storicamente legata alle due comunità, che veniva chiamata in passato (come ricaviamo da alcune carte topografiche) valle Ambie o valle Abrie.


Valle del Monte

La salita passa per il lago del Monte, sulle cui si trova anche il simpatico Baitèl dal Mónt, costruito fra il 1974 ed il 1977 con il contributo di volontari del Moto Club Trela Pass di Livigno. La piccola struttura (16 metri quadrati in tutto) è sempre aperta, e l’ultima domenica di luglio diventa il ritrovo di una festa popolare che riscuote parecchio successo. Raggiungere le amene rive del lago è già di per sé una soddisfazione che ripaga ampiamente per gli sforzi della salita; chi volesse di più, può portarsi con un piccolo sforzo aggiuntivo alla sella ad ovest del lago e di qui alla vicina e facile cima del monte Ganda. Ma se davvero si vuole ammirare un panorama di prim’ordine, vale la pena di spendere un supplemento di energia (diciamo un’ora ed un quarto dal lago) per portarsi alla cime del monte Breva, o pizzo la Stretta, che sovrasta ad occidente il lago e che regala un colpo d’occhio superbo sul versante settentrionale del Gruppo del Bernina, per molti escursionisti sicuramente inedito. Dopo quest’ampia presentazione, vediamo come muoverci.
Da Livigno dobbiamo imboccare la strada per il passo della Forcola ed il confine svizzero. Lasciate alle spalle le ultime baite di Livigno, prestiamo attenzione ai cartelli: quando vediamo quello che dà il passo a 6 km, proseguiamo per breve tratto fino a trovare, sulla nostra sinistra, l’ampio parcheggio del park siglato P7 (area di sosta attrezzata per picnic).
Lasciamo qui l’automobile e percorriamo un breve tratto sulla statale per il passo della Forcola, in direzione del passo, finché vediamo, alla nostra destra, un cartello escursionistico. Attraversata la strada, siamo al punto di partenza di una pista sterrata chiusa al traffico dei veicoli non autorizzati. Il cartello, con numerazione 191, dà il Tröi da li Tea a 20 minuti ed il Lach dal Mont a 2 ore e 20 minuti. Troviamo anche un cartello che segnala l’alpe Campaccio. Dopo un breve tratto, siamo, infatti, alla baita della parte bassa dell’alpe (m. 1950), ed un secondo cartello ci informa che essa appartiene al comune di Bormio. Poco più avanti, superato su un ponticello il torrente della Valle del Monte (rin del campacc’), eccoci ed un bivio: prendendo a destra siamo in 5 minuti alla località denominata Tea (la caratteristica baita in legno di Livigno) da li S’ctéblìna (Stebline sulla carta IGM, gruppo di baite poste poco a nord del punto in cui il torrente della Valle del Monte si immette nella parte superiore del corso dello Spöl (àcqua grànda), il torrente principale che percorre la Valle di Livigno. A noi interessa, però, la pista di sinistra (sentiero 151), che in 2 ore e 10 minuti porta al Lach dal Mont. Il cartello segnala anche, a 50 minuti, la Chèseira dal Mont, cioè la casera dell’alpe del Monte o Campaccio; noi, però, seguendo il percorso più breve, non passeremo da essa.
Cominciamo, ora, a salire, inanellando una lunga serie di tornanti sx-dx, fino a trovare, dopo un tornante, sx, un bivio: la pista di destra continua a salire decisa, mentre quella di sinistra procede in leggera salita. I segnavia rosso-bianco-rossi ci mandano a sinistra (la pista di destra porta alla casera dell’alpe Campaccio, di cui abbiamo appena detto, e di qui, poi, si deve ridiscendere sul fondovalle per intercettare la pista che ora andiamo ad imboccare, il che, appunto, allunga il percorso). Stiamo, dunque, sulla sinistra, circondati da alcuni grandi pini mughi e cembri, che conferiscono al paesaggio un aspetto non consueto per le valli di Valtellina. Descrivendo un ampio arco verso destra, ci portiamo al guado di un ramo secondario del torrente della valle. Più avanti la pista si avvicina al corso del torrente principale e, oltrepassato un casello dell’acqua, lo scavalca su un ponte in legno, a 2160 metri. È qui che da destra una mulattiera che scende dalla casera dell’alpe si congiunge con il nostro percorso.
Dal bivio fin qui la pista ci ha proposto un andamento decisamente rilassante: sul lato opposto della valle lascia il posto ad una larga mulattiera, che sale con andamento ben più deciso, inanellando una lunga serie di tornanti, su un ampio costolone di magri pascoli. Alle nostre spalle possiamo, ora, vedere il baitone della casera dell’alpe Campaccio (o Cascina del Monte, secondo quella duplice denominazione di cui abbiamo detto, m. 2213). Diritto davanti a noi, invece, il solco principale della valle, dal quale ci allontaniamo gradualmente, chiuso, sul fondo, dalla cupola rosseggiante del monte Garone (curioso esempio di errore di trascrizione sulla carta IGM, dall’originale “gerone”, giustificato dalla grande distesa di sfasciumi di cui è costituita la cima). La mulattiera si porta nei pressi di una piccola gola di rocce candide, nella quale scorre il torrente emissario del Lago del Monte, quindi scarta a sinistra e comincia la sequenza di tornanti. Dopo il primo tornante dx vediamo, alla nostra sinistra, a protezione della mulattiera una bella palizzata in legno che sostiene il versante a rischio di smottamento. Dopo alcuni tornanti, la mulattiera si porta al torrente emissario e lo supera da sinistra a destra; poco sopra, lo riattraversa in direzione opposta, iniziando una nuova serie di serrati tornanti, che guadagnano quota sul filo di un costolone erboso. L’andamento è sempre abbastanza deciso, ma la pendenza non è eccessiva e, soprattutto, è costante. Quando la fatica comincia a farsi sentire, ecco, alta, davanti a noi, la piccola edicola che ospita un crocifisso, sul ciglio di un roccione all’ingresso della piana che ospita il lago ed il ricovero.
C’è ancora da versante un po’ di sudore, prima di imboccare l’ultimo traverso che, con largo giro, porta proprio nei pressi del punto in cui dal Lago del Monte esce il piccolo emissario. Ecco, finalmente, il Lago del Monte; sul lato opposto, alla base del costone di roccette e sfasciumi, il Baitèl dal Mont. Un cartello escursionistico (numerazione 104 e 105) segnala che alla nostra sinistra parte il sentiero per il Baitel Grasso Agnelli (2 ore e 30 minuti, facile) o per il passo della Forcola (2 ore e 30, facile), mentre prendendo a destra possiamo compiere un largo giro che, passando per il Baitel dal Lach, riporta, in un’ora e mezza, all’alpe Campaccio.
Prendiamo a destra e, seguendo la riva orientale del lago, ci portiamo al Baitèl dal Mont (m. 2615), bivacco molto caro agli amanti delle due ruote in montagna, che ogni anno, d'estate, si danno convegno qui per la loro festa. Inizia da qui la parte più impegnativa della traversata, perché dobbiamo salire alla testata che separa la Valle del Monte dalla Val Federia.


Apri qui una fotomappa della salita dal Lago del Monte al crestone fra Valle del Monte e Val Federia

Saliamo su tracce di sentiero e sfasciumi il versante a monte del bivacco, che scende verso nord-est dal monte Breva (Dòs de la Breva), su una traccia che risale una valletta verso sinistra, poi piega a destra seguendo una seconda valletta e si affaccia alla parte alta del versante. Qui la traccia piega a sinistra e si porta ad una selletta erbosa che, da una quota di circa 2730 metri, si affaccia alla parte alta della Valle del Monte, chiamata Valle del Monte di Dentro. Scendiamo ora alla lungo un valloncello solcato da uno dei rami del torrente della valle, chiamato Rin da li plata bianca per le candide formazioni calcaree che caratterizzano questo versante.


Apri qui una fotomappa della salita dal Lago del Monte al Monte Garone

Attraversato il torrentello, restiamo in quota, sul lato sinistro del vallone, e traversiamo descrivendo un arco verso destra (in senso orario, procedendo verso est), in direzione del ben visibile pianoro ai piedi del versante meridionale del monte Campaccio (m. 3007), che ci sta proprio di fronte. Il pianoro si stende ai piedi di un caratteristico versante di rocce calcaree. Lo raggiungiamo senza difficiltà, trovando due deboli sentieri che procedono verso est. Prendiamo quello di sinistra, che inizia a salire, verso nord, i magri pascoli sul versante meridionale del pizzo Campaccio. La pendenza non è eccessiva e la meta è facilmente distinguibile: si tratta di una sella sulla testata della valle che, da una quota di circa 2900 metri, si affaccia sull'alta Val Federia.


Apri qui una fotomappa del percorso di salita al monte Garone

(VARIANTE: Traversando al pianoro ai piedi del monte Campaccio, pieghiamo a sinistra salendo a vista al crestone, tendendo leggermente sinistra e raggiungendolo alla sella compresa fra le quote 2982 e 2918 o più a sinistra fra la quota 2918 e la quota 2982).


La traversata al monte Garone sul crestone di confine italo-svizzero

Dalla sella di quota 2900 percorriamo ora il crestone alla nostra sinistra, verso sud-ovest, salendo alla cima quotata 2982 m. Il crestone piega poi leggermente a destra (ovest-nord-ovest) e seguendolo tocchiamo le cime quotate 2918 e 2938 m. Nell'ultimo tratto saliamo ad intercettare il crestone principale sul quale corre il confine italo svizzero, al Matoc dal Mont (m. 2982), poco a sud della Forcola di Federia, il valico che si affaccia sull'elvetica val Chamuera e che costituisce la massima depressione del crestone di confine fra il monte Cotschen, a nord, ed il monte Garone, a sud. Seguiamo il crestone verso sinistra (sud), con qualche saliscendi, passando per le cime quotate 3003 e 2950 m., prima dell'ultimo tratto che sale alla cima del monte Garone (m. 3030).


La Val Nera vista dal monte Garone

Molto ampio il panorama. Ovviamente ad ovest si mostra, alle spalle del cupolone del Monte Breva, il gruppo del Bernina, che mostra, da sinistra, le tre poco pronunciate cime del piz Palù, i massici e quasi abbracciati piz Argient e Zupò, la Cresta Güzza, inconfondibilmente fedele al suo nome, con a destra alcune imponenti cime che dal versante della Valmalenco non si vedono, perché si staccano dal crinale principale verso nord, vale a dire i pizzi Morteratsch, Tschierva e Boval. Si vede appena, alle loro spalle, il Bernina.


Ometto di cima del monte Garone e monte Cotschen (est)

Cima del monte Garone e monte Cotschen (est)

Proseguendo nella rassegna delle cime che chiudono l’orizzonte, in senso orario, vediamo in primo piano la val Chamuera e, sul fondo, un’ampia teoria di cime engadinesi; spicca, diritta, a nord, la massiccia cima della Margna, il monte simbolo di St. Moritz. Davanti al pizzo la valle di S’chanf, storico corridoio di transito fra Engadina e Livignasco, perché da essa si sale facilmente al passo di Cassana, con successiva discesa alla Val Federia.


Il gruppo del Bernina visto dal monte Garone

Ad est inizia la lunga teoria di cime del bormiese e della Valfurva: l’occhio esperto riconosce la cima Schumbraida, la Reit, il ghiacciaio dello Stelvio, l’Ortles, il Gran Zebrù, il Cevedale, la cima Confinale, il pizzo Tresero ed il monte Gavia. A sud, dietro il crinale delle livignasche valle delle Mine e val Vago (che si biforca nella val Nera e nella val di Campo), si intravedono le cime della Val Grosina, fra le quali spicca la massiccia cima Piazzi, con il ghiacciaio del versante settentrionale. Proseguendo verso destra, vediamo bene il passo della Forcola, prima di tornare allo splendido gruppo del Bernina.


Apri qui una fotomappa della salita al monte Garone

FORCOLA DI FEDERIA E MONTE GARONE DALLA VAL FEDERIA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Ponte Calcheira-Forcola di Federia-Monte Garone
5 h
1210
EE
SINTESI. A Livigno seguiamo le indicazioni per il Passo del Gallo e la Svizzera e prendiamo, poi, a sinistra poco prima di raggiungere il lago di Livigno (indicazioni per la Val Federia). Percorso un tratto di strada, seguendo le indicazioni per la Val Federia pieghiamo a destra e ci portiamo ai parcheggi che precedono il ponte di Calcheira (m. 1850), all'imbocco della Val Federia; parcheggiamo ai parcheggi oltre i quali il transito dei veicoli non autorizzati è vietato. Ci inamminiamo sulla strarina che oltrepassa la chiesetta di Val Federia (m. 1954). Proseguiamo, con andamento pianeggiante o in falsopiano, superiamo il modesto “Rin Toscè” su un ponticello in legno e siamo ad un primo bivio, al quale ignoriamo la pista di destra e proseguiamo diritti. Superato su alcune pietre un secondo torrentello, raggiungiamo una leggera discesa che ci porta al “Pian de l’Isoléta”. Sulla destra indoviniamo il solco di una valle piuttosto incassata, ed infatti poco più avanti siamo al bivio segnalato per il rifugio Cassana. Ignoriamo la deviazione e proseguiamo seguendo il corso della valle e passando per la località Baitèl de la Cheseira (Baitello della Casera). Poco oltre superiamo su un ponticello il rio della Valle del Leverone (m. 2146), che si apre a sud-est del pizzo Leverone (m. 3052). La pista qui piega leggermente a sinistra, passando dall'andamento sud-ovest a quello sud. Dopo aver superato su un nuovo ponticello il rio che scende dalla Valle del Forno, che scende ad est sempre dal pizzo Leverone, siamo alla Cascina di Mortarecc', o Cheseira da Fedaria (m. 2218), a circa un'ora e mezzo di cammino dal parcheggio. Qui troviamo anche l'agriturismo Federia. Inizia la parte più faticosa dell'escursione, che richiede esperienza, allenamento ed ottime condizioni atmosferiche e di visibilità. Ci sono due possibili percorsi che salgono dal fondovalle alla Forcola di Federia e che si ricongiungono a metà percorso. La variante alta sale subito sul versante occidentale della valle (quello alla nostra destra), la seconda resta per buon tratto sul fondovalle. Se scegliamo la prima, restiamo a destra del torrente della valle e procediamo su una traccia all'inzio poco visibile che sale lungo i pascoli alla nostra destra, con pendenza media, verso sud-sud-ovest, cioè verso il fondo della valle, superando diverse vallette. Consideriamo che il versante erboso che stiamo risalendo propone diverse terrazzette erosive che danno l'impressione ingannevole di sentieri di mezzacosta. Massima attenzione, dunque, ai segnavia Superata la terza valletta maggiore, a quota 2400 metri, dobbiamo stare molto attenti i segnavia e volgere decisamente a destra, tornando verso l'imbocco della valle, cioè verso nord e ripassando la valletta che abbiamo superato poco sotto, giungendo poi quasi subito al baitello quotato 2440 metri (baitèl di Planon, adibito a ricovero). Non seguiamo la traccia di destra (sentiero 163), ma quello che piega decisamente a sinistra (sentiero 187) e riprende l'andamento in direzione del crinale terminale della Val Federia, procedendo verso sud-ovest. Dopo una manciata di minuti piega ancora leggermente a sinistra e procedendo in piano verso sud supera per la terza volta la medesima valletta. Camminiamo sulle ampie praterie contrappuntate da pietraie che si stendono fra pizzo Leverone e monte Cotschen (m. 3104), salendo guadualmente verso sud-ovest. Passiamo sotto la prominenza rocciosa quotata 2672 m. ed attraversiamo a quota 2630 metri circa un avvallamento. Tagliato un dosso, iniziamo ad attraversare alcune pietraie rossastre, procedendo sempre diritti verso sud-ovest. Piegando a destra (ovest) il sentiero si porta poi al centro di un vallone, dove scavalca un torrente, a quota 2670 metri. Sul lato opposto volge a sinistra (sud) e sale ad una pianetta (m. 2740) sul costone che scende ad est del monte Cotschen. Alla nostra destra incombono gli scuri roccioni di una priminenza quotata 2805 metri. Poi pieghiamo a destra e tagliamo un ripido versante, raggiungendo il bordo superiore di un canalone dove scorre un torrentello. Si tratta del punto più ostico, perché il canalone è occupato da terreno franoso e l'attraversamento richiede molta cautela. Tagliato in piano il fianco opposto del vallone ci immettiamo finalmente in una valletta, per la quale scende l'emissario del laghetto di Federia, che ancora non vediamo. Restando a destra del torrente saliamo lungo il pietroso fianco settentrionale della valletta, fino a sbucare alla conca che ospita il lago (m. 2863). Dopo tanti sforzi una sosta sulle sue tranquille ed un po' tristi acque ci ritempra, dal momento che siamo probabilmente in cammino da un paio d'ore dalla Cascina di Mortarecc'. Passando poi alla sua destra saliamo verso sud-ovest la breve rampa di sfasciumi che in pochi minuti ci porta alla larga sella della Forcola (o Forca) di Federia (m. 2899), dove troviamo il cippo di confine n. 5, perché il valico si affaccia sull'elvetica val Chamuera. a sella è la massima depressione del crestone di confine fra il monte Cotschen, a nord, ed il monte Garone, a sud. L'ultima parte della salita è in realtà un facile ma sfibrante saliscendi fra le poche gobbe del crestone che ci separano dalla cima del monte Garone. Saliamo dapprima, verso sud-ovest, la rampa di sfasciumi che ci separa dalla cima quotata 2982 metri, poi pieghiamo a destra (sud-sud-ovest) e traversiamo scendendo e risalendo alla cima di quota 3003 e di seguito a quota 3002, quindi scendiamo verso sud ad una depressione che precede l'elevazione di quota 2950 ed infine affrontiamo l'ultima faticosa ma facile rampa che ci porta alla pianetta sommitale del monte Garone (m. 3030).
VARIANTE BASSA. Dalla Cascina di Mortarecc' o Cheseira da Fedaria ci portiamo su un ponte (m. 2200) sul lato meridionale della Val Federia, quello di sinistra (per noi), proseguendo su un marcato sentiero (ignoriamo il sentiero che sale a sinistra verso la vetta Blesaccia ed il pizzo Cantone), verso sud, in leggera salita. Passiamo così appena sotto lo stallone quotato 2266 metri. Il sentiero prosegue diritto fino alla stretta della valle di quota 2400 metri circa. Una frana ha reso molto difficile percorrere il sentiero, fra ripidi versanti e roccioni, per cui conviene piegare decisamente a destra, attraversare il torrente Federia e salire a vista verso nord-ovest, sull'erboso e ripido versante settentrionale della valle. Pieghiamo gradualmente a destra, verso nord, salendo faticosamente a quota 2500 metri. Qui la pendenza si attenua. Volgiamo leggermente a sinistra e proseguiamo zigzagando fra sul versante di pascoli compreso fra due ampie pietraie, intercettando a quota 2650 metri circa la traccia di sentiero che costituisce il percorso alto. Dobbiamo stare molto attenti ai segnavia per non perderla e salire troppo. Il punto di concluenza è quello che precede l'attraversamento della lunga pietraia rossatra, che raggiungiamo procedendo a sinistra. ll resto della salita avviene come sopra descritto.


Baita in Val Federia

Più lunga ed impegnativa la salita al monte Garone dalla Val Federia.
Punto di Partenza è Livigno, e precisamente il ponte di Calcheira, all’imbocco della Val Federia (m. 1850). Lo raggiungiamo con l’automobile dirigendoci verso il lago di Livigno (indicazioni per il Passo del gallo e la Svizzera) e prendendo, poi, a sinistra poco prima di raggiungerlo (indicazioni per la Val Federia). Percorso un tratto di strada, seguendo le indicazioni per la Val Federia (o Val Fedarìa) pieghiamo a destra e ci portiamo ai parcheggi che precedono il ponte, oltre il quale il transito dei veicoli non autorizzati è vietato.
Parcheggiata l’automobile, iniziamo a salire lungo la stradina asfaltata che si addentra in questa incantevole valle (da “feta”, termine che dal significato originario di “prima pecora che ha partorito” è passato a significare semplicemente “pecora”: si tratterebbe, dunque, della valle delle pecore). Incontriamo subito un cartelo escursionistico che segnala, sulla destra, la partenza del Sentiero Federico Cusini; proseguendo sulla stradina, invece, viene segnalato il rifugio Cassana, dato a 3 ore, ed il passo di Val Federia, dato a 5 ore. C’è da dire che l’indicazione delle 3 ore è sicuramente abbondante: camminando con passo medio si impiegano circa 2 ore ed un quarto.


Chiesetta in Val Federia

La stradina comincia a salire, passando a valle di alcune belle baite; incontriamo anche una prima cappelletta, datata 1970, e poco più avanti una seconda. Molto bello è lo scenario che lasciamo alle nostre spalle, nel quale spicca, al centro, il corrugato massiccio del pizzo del Ferro e della Cassa del Ferro. Davanti a noi, invece, dopo un po’ compare l’ottocentesca chiesetta di Val Federia (m. 1954), con il caratteristico campanile a bulbo, un gioiellino perfettamente incastonato nello scenario bucolico della valle. È dedicata alla Beata Vergine Addolorata ed è stata interamente ricostruita, rispettando però fedelmente il modello originale, nel 1984. Oltrepassata la chiesa, il fondo della strada diventa sterrato e propone una breve discesa. Ripresa la salita, oltrepassiamo alcune baite che hanno la forma caratteristica della “tea” livignasca (baita in legno), ed un crocifisso. Su un successivo baitone alla nostra sinistra vediamo dipinto un crocifisso con le anime purganti, e leggiamo: “Oh passeggier se brami di sicurar la via dimmi un requiem con una Ave Maria”. Sulla nostra destra, ora, si stende un’ampia fascia di prati, con qualche baita disseminata qua e là; i prati sono ben curati, e testimoniano di un’attività agricola che è ancora presenza importante nella valle.


Salendo in Valle di Livigno

L'escursione ci consente di ammirare diversi esempi ben conservati di dimore rurali livignasche. Scrive, al proposito, Dario Benetti, nell’articolo “Abitare la montagna.Tipologie abitative ed esempi di industria rurale”, (in AA.VV., “Sondrio e il suo territorio”, Silvana Editoriale, Milano, 1995):
"La valle di Livigno è posta al di là dello spartiacque ed è stata sempre condizionata, fino ad un recentissimo passato, da un particolare isolamento e dalla quota elevata (tutto il territorio è posto al di sopra dei 1800 m s.l.m.). L'economia era basata sostanzialmente sull'allevamento, rigoglioso grazie agli ampi pascoli. L'agricoltura era limitata ad un brevissimo periodo ed a pochi resistenti prodotti (come le rape). Ancora oggi, nonostante il «boom» edilizio e turistico di questi ultimi anni, è riconoscibile l'antico assetto insediativo, caratterizzato da una lunga teoria di abitazioni in legno, poste ad una certa distanza l'una dall'altra. È probabile che l'insediamento di Livigno sia da collegarsi a migrazioni di popolazioni walser: la cosa sarebbe confermata anche da alcune caratteristiche della casa, come la presenza delle piccole aperture dalle quali si pensava dovesse uscire l'anima delle persone morenti.


Baita in Val di Livigno

La tipologia delle dimore rurali si ripete con poche varianti, dovute soprattutto alla diversa epoca di costruzione. Le case più antiche sono completamente in legno, con struttura a travi incastrate, qui detta cardàna (a parte le zone interrate adibite a cantina, detta ceseta), mentre più ci si avvicina temporalmente ai nostri giorni acquista rilevanza la muratura in pietrame. A causa del clima molto rigido acquista una certa importanza l'atrio interno coperto (cort) che divide l'edificio residenziale (‘l bait) da quello rurale (toilà) e che è utilizzato anche come svincolo dei locali e come luogo riparato per svolgere attività lavorative. La corte interna si ripete anche ai piani superiori e a volte dà accesso ad un balcone (lòbia) con parapetto in assicelle lavorate e alla latrina esterna (omìn).


Salendo in Valle di Federia

Per quanto riguarda le destinazioni d'uso, al piano terra sono poste le stalle e il pollaio (tipica è la scaletta esterna per l'accesso delle galline), al primo piano da una parte troviamo il fienile, dall'altra la cucina (cogina), la stüa e le camere da letto vere e proprie (arcobi). È frequente la presenza di un altro piano nella parte residenziale dove è collocata la stüa alta; mentre la stüa, quando è costituita solo dalla struttura a travi incastrate senza rivestimento interno, è detta stüa mata. Il sottotetto della parte residenziale è detto i sot i teit, mentre nella parte rustica è denominato crapéna (nella crapéna venivano legati a fasci i salami di rape, detti lughégna da pàssola). Altra caratteristica della casa di Livigno è la larga scala in legno esterna che conduce al fienile (la pont da toilà). La casa in genere è attigua alla stalla e al fienile; in certi casi però il fienile è isolato, senza stalla ed è chiamato nassa. Nonostante la quota elevata, anche nella valle di Livigno si assiste ad uno spostamento estivo della residenza, seguendo, in agosto e settembre, il bestiame. A mezza costa si trovano infatti delle baite di alpeggio dette li tea."


Media Val Federia

Cascina di Mortarecc'

Torniamo al nostro cammino. In cima ad un primo vallone che intaglia il crinale vediamo innalzarsi da un’ampia base di rocce pallide quello che da qui sembra poco più che uno spuntone di roccia. Si tratta della già citata punta di Cassana (m. 3007), che sorveglia da nord-est il passo omonimo. Proseguiamo, con andamento pianeggiante o in falsopiano, superiamo il modesto “Rin Toscè” su un ponticello in legno e siamo ad un primo bivio: un cartello indica la pista che sale a destra come percorso della “Pedaleda”; noi proseguiamo diritti, seguendo l’indicazione “Passo Cassana”. Superato su alcune pietre un secondo torrentello, raggiungiamo una leggera discesa che ci porta ad una splendida conca, eletta da molti villeggianti come luogo per un riposante pic-nic in un’area attrezzata: si tratta del “Pian de l’Isoléta”. Sulla destra indoviniamo il solco di una valle piuttosto incassata, ed infatti poco più avanti siamo al bivio segnalato per il rifugio Cassana, dato ad un’ora e 45 minuti (sentiero 119): qui, ad una quota di 2050 metri, prendiamo a destra, imboccando una pista che corre sul lato sinistro (per noi) del solco della valle, salendo nel primo tratto diritto, per poi piegare a sinistra.


La media Val Federia vista dalla Cascina di Mortarecc'

La media Val Federia

Ignoriamo la deviazione e proseguiamo seguendo il corso della valle e passando per la località Baitèl de la Cheseira (Baitello della Casera). Poco oltre superiamo su un ponticello il rio della Valle del Leverone (m. 2146), che si apre a sud-est del pizzo Leverone (m. 3052). La pista qui piega leggermente a sinistra, passando dall'andamento sud-ovest a quello sud. Dopo aver superato su un nuovo ponticello il rio che scende dalla Valle del Forno, che scende ad est sempre dal pizzo Leverone, siamo alla Cascina di Mortarecc', o Cheseira da Fedaria (m. 2218), a circa un'ora e mezzo di cammino dal parcheggio. Qui troviamo l'agriturismo Federia, dove possiamo ristorarci.
Inizia la parte più faticosa dell'escursione, che richiede esperienza, allenamento ed ottime condizioni atmosferiche e di visibilità. Se non ce la sentiamo, consideriamo che concludere qui l'escursione è comunque ripagante.


Apri qui una fotomappa della salita dalla media Val Federia al monte Garone

Ci sono due possibili percorsi che salgono dal fondovalle alla Forcola di Federia e che si ricongiungono a metà percorso.
La variante alta sale subito sul versante occidentale della valle (quello alla nostra destra), la seconda resta per buon tratto sul fondovalle. Se scegliamo la prima, restiamo a destra del torrente della valle e procediamo su una traccia all'inzio poco visibile che sale lungo i pascoli alla nostra destra, con pendenza media, verso sud-sud-ovest, cioè verso il fondo della valle, superando diverse vallette. Consideriamo che il versante erboso che stiamo risalendo propone diverse terrazzette erosive che danno l'impressione ingannevole di sentieri di mezzacosta. Massima attenzione, dunque, ai segnavia Superata la terza valletta maggiore, a quota 2400 metri, dobbiamo stare molto attenti i segnavia e volgere decisamente a destra, tornando verso l'imbocco della valle, cioè verso nord e ripassando la valletta che abbiamo superato poco sotto, giungendo poi quasi subito al baitello quotato 2440 metri (Baitèl di Planon), adibito a ricovero.


Percorso che sale alla Forcola di Federia

Qui il sentiero si fa debole traccia intermittente (è fondamentale seguire i segnavia). Non seguiamo la traccia di destra (sentiero 163), ma quello che piega decisamente a sinistra (sentiero 187) e riprende l'andamento in direzione del crinale terminale della Val Federia, procedendo verso sud-ovest. Dopo una manciata di minuti piega ancora leggermente a sinistra e procedendo in piano verso sud supera per la terza volta la medesima valletta.


Apri qui una fotomappa della salita dalla Val Federia al monte Garone

Camminiamo sulle ampie praterie contrappuntate da pietraie che si stendono fra pizzo Leverone e monte Cotschen (m. 3104), salendo guadualmente verso sud-ovest. Passiamo sotto la prominenza rocciosa quotata 2672 m. ed attraversiamo a quota 2630 metri circa un avvallamento. Tagliato un dosso, iniziamo ad attraversare alcune pietraie rossastre, procedendo sempre diritti verso sud-ovest. Piegando a destra (ovest) il sentiero si porta poi al centro di un vallone, dove scavalca un torrente, a quota 2670 metri. Sul lato opposto volge a sinistra (sud) e sale ad una pianetta (m. 2740) sul costone che scende ad est del monte Cotschen. Alla nostra destra incombono gli scuri roccioni di una priminenza quotata 2805 metri.


Il laghetto di Federia

Poi pieghiamo a destra e tagliamo un ripido versante, raggiungendo il bordo superiore di un canalone dove scorre un torrentello. Si tratta del punto più ostico, perché il canalone è occupato da terreno franoso e l'attraversamento richiede molta cautela. Tagliato in piano il fianco opposto del vallone ci immettiamo finalmente in una valletta, per la quale scende l'emissario del laghetto di Federia (laghèt da Fedaria), che ancora non vediamo.


Laghetto di Federia

Laghetto di Federia

Restando a destra del torrente saliamo lungo il pietroso fianco settentrionale della valletta, fino a sbucare alla conca che ospita il lago (m. 2863). Dopo tanti sforzi una sosta sulle sue tranquille ed un po' tristi acque ci ritempra, dal momento che siamo probabilmente in cammino da un paio d'ore dalla Cascina di Mortarecc'.


Traversata alla Forcola di Federia ed al crestone di confine

Passando poi alla sua destra saliamo verso sud-ovest la breve rampa di sfasciumi che in pochi minuti ci porta alla larga sella della Forcola (o Forca) di Federia (buchèta dal plan da Vaca, m. 2899), dove troviamo il cippo di confine n. 5, perché il valico si affaccia sull'elvetica val Chamuera. Un secolo e mezzo fa ci saremmo ritrovati nel cuore di un ghiacciaio: leggiamo infatti, nella "Guida alla Valtellina" edita per il CAI di Sondrio a cura di Enrico Besta (II ed., 1884): "In fondo alla Val Federia vi ha un altro passo arduo che guida direttamente attraverso ghiacciai alla Val Chiamnera". Oggi, ed è da diversi decenni, i ghiacciai se la passano male e questo è diventato il regno di sterminate pietraie contrappuntate da nevaietti perenni.


Salita al Monte Garone dalla Forcola di Federia o dal crestone Val Federia-Valle del Monte

La sella è la massima depressione del crestone di confine fra il monte Cotschen, a nord, ed il monte Garone, a sud. Ignoriamo ora il sentiero che scende in Val Chamuera (presso il passo vediamo anche quello che potrebbe sembrarci un baitone: è in realtà una casermetta svizzera) e pieghiamo a sinistra (sud), seguendo il crestone di confine. L'ultima parte della salita è infatti un facile ma sfibrante saliscendi fra le poche gobbe del crestone che ci separano dalla cima del monte Garone.


Dal lago di Federia al crestone che sale al monte Garone

Saliamo dapprima, verso sud-ovest, la rampa di sfasciumi che ci separa dalla cima quotata 2982 metri (chiamata localmente Matòc dal Mont), dove il crestone di confine incontra quello fra Val Federia e Valle del Monte. Pieghiamo poi a destra (sud-sud-ovest) e traversiamo scendendo e risalendo alla cima di quota 3003 e di seguito a quota 3002, quindi scendiamo verso sud ad una depressione che precede l'elevazione di quota 2950 ed infine affrontiamo l'ultima faticosa ma facile rampa che ci porta alla pianetta sommitale del monte Garone (m. 3030), che raggiungiamo dopo 2 ore e mezza/3 di cammino dalla Cascina di Mortarecc' (4 e mezzo-5 dal parcheggio di Calcheira).


La traversata al monte Garone sul crestone di confine italo-svizzero

Vediamo, infine, la variante bassa dell'itinerario di salita dalla Cascina di Mortarecc'. In questo caso ci portiamo su un ponte (m. 2200) sul lato meridionale della Val Federia, quello di sinistra (per noi), proseguendo su un marcato sentiero (ignoriamo il sentiero che sale a sinistra verso la vetta Blesaccia ed il pizzo Cantone), verso sud, in leggera salita. Passiamo così appena sotto lo stallone quotato 2266 metri. Il sentiero prosegue diritto, mentre alla nostra sinistra incombe il candido versante della Corna dei Gessi.


Dalla Forcola di Federia al crestone che sale al monte Garone

Giungiamo così alla stretta della valle di quota 2400 metri circa. Una frana ha reso molto difficile percorrere il sentiero, fra ripidi versanti e roccioni, per cui conviene piegare decisamente a destra, attraversare il torrente Federia e salire a vista verso nord-ovest, sull'erboso e ripido versante settentrionale della valle. Pieghiamo gradualmente a destra, verso nord, salendo faticosamente a quota 2500 metri. Qui la pendenza si attenua. Volgiamo leggermente a sinistra e proseguiamo zigzagando fra sul versante di pascoli compreso fra due ampie pietraie, intercettando a quota 2650 metri circa la traccia di sentiero che costituisce il percorso alto. Dobbiamo stare molto attenti ai segnavia per non perderla e salire troppo. Il punto di concluenza è quello che precede l'attraversamento della lunga pietraia rossatra, che raggiungiamo procedendo a sinistra. ll resto della salita avviene come sopra descritto.


Le cime dell'Engadina viste dal monte Garone

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

MONTE GARONE DAL CAROSELLO 3000

MONTE GARONE DALLA VALLE DEL MONTE

MONTE GARONE DALLA VAL FEDERIA

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

GALLERIA DI IMMAGINI

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