CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Vi fu un ventennio nel quale la Valtellina fu al centro della storia d'Europa. Non fu un bel periodo per questa terra, saccheggiata ed impoverita dal passaggio degli eserciti che se ne contendevano il controllo. Si combatteva la guerra dei Trent'anni (1618-1648), che vedeva schierati, su fronti opposti, da una parte la Spagna e la corte asburgica di Vienna, dall'altra la Francia e, in Italia, la Repubblica d Venezia. Gli Spagnoli dominavano Milano, mentre i domini assurgici raggiungevano il Tirolo. In mezzo stava proprio la valle dell'Adda, che assunse, quindi, un ruolo strategico decisivo, in quanto il suo controllo da parte degli spagnoli avrebbe assicurato il collegamento fra i due potentissimi alleati.
La valle era però, da più di un secolo, possesso della Lega Grigia, i Grigioni, che facevano parte della Confederazione Svizzera. Costoro erano protestanti, mentre in Valtellina la fede cattolica era rimasta largamente maggioritaria. Di qui una crescente tensione fra i Grigioni e le maggiori famiglie valtellinesi, determinate a resistere ad ogni tentativo di infiltrazione del Protestantesimo nella valle. In questo clima di tensione si inserisce l'episodio che segnò una sorta di punto di non ritorno. Nicolò Rusca, che da 28 anni reggeva con grande energia la parrocchia di Sondrio, venne rapito da una sorta di incursione dei soldati svizzeri e portato a Thusis, dove era stato costituito un tribunale speciale, lo "Strafgericht": qui morì, sotto tortura, il 4 settembre 1618. L'episodio suscitò uno scalpore enorme, e convinse i cattolici a preparare una ribellione sanguinosa che ebbe inizio a Tirano il 19 luglio 1620, con la strage di Protestanti nota come "sacro macello valtellinese".

Una facile escursione che ci permette di rievocare l'episodio del rapimento del Rusca è quella che ci porta da Chiareggio al passo del Muretto: fu infatti proprio attraverso questo valico che l'arciprete venne condotto in Engadina (la salita al passo, infatti, è assai agevole, così come lo è la discesa, in territorio svizzero, al passo del Maloja).
Si tratta di un'escursione classica, effettuata d'estate da molti turisti, che però si diradano, fino a scomparire, con l'avanzare dell'autunno. Eppure è proprio ad autunno inoltrato che la salita al passo regala gli scenari più suggestivi, finché le prime nevicate giungono a renderla assai più faticosa e talora anche sconsigliabile.
Da Chiesa in Valmalenco imbocchiamo la strada che sale a San Giuseppe e prosegue per Chiareggio (m. 1612). Sul limite occidentale del paese la strada che lo attraversa porta ad un bivio: proseguendo diritti ci dirigiamo verso la pineta di Pian del Lupo, mentre prendendo a destra saliamo alla volta dell'alpe dell'Oro e della valle del Muretto (o val Muretto), che, insieme alla val Ventina ed alla val Sissone, costituisce l'estrema propaggine dell'alta Valmalenco.
Scegliamo, seguendo le chiare indicazioni di un grande cartello, questa seconda possibilità, dopo aver parcheggiato l'automobile in uno dei parcheggi disponibili nel paese o nei suoi pressi. La strada, larga e comoda,
sale in una bella pineta con diversi tornanti, nei cui pressi si trovano anche alcune aree di sosta attrezzata.
La maggior parte del suo tracciato è sostenuto,
nel versante verso valle,
da un muretto ben tenuto.
Alcune soste ci permettono di ammirare buona parte della testata della val Sissone,
dal monte omonimo, a destra (m. 3330), all'impressionante parete nord del monte Disgrazia (m. 3678),
alla cui sinistra si distingue il pizzo Cassandra (m. 3226).
Dopo circa un'ora
di cammino
usciamo dalla pineta
e guadagniamo
il bellissimo terrazzo dell'alpe dell'Oro (m. 2010), che costituisce un eccellente belvedere dal quale ammirare la parete nord del monte Disgrazia, con il severo e tormentato ghiacciaio. Non è questa, però, l'unica cima degna di essere osservata con attenzione: alla sua sinistra si distinguono, oltre al citato pizzo Cassandra, il pizzo Ventina (immediatamente a destra dell'omonimo passo) ed il pizzo Rachele;
alla sua destra, invece, sono ben visibili le cime di Vazzeda (m. 3301) e di Val Bona (m. 3033), che delimitano il piccolo ghiacciaio di Vazzeda,
e l'elegante
monte del Forno
(m. 3214), a destra dell'omonimo valico.
Il percorso da Chiareggio all'alpe costituisce anche una variante della prima parte della quarta tappa dell'Alta Via della Valmalenco (da Chiareggio al rifugio Palù); l'Alta Via, però, si stacca sulla destra dalla strada per il passo (un cartello che segnala il rifugio Longoni è posto proprio nel punto in cui i due percorsi si dividono).
Ignorata la deviazione a destra, proseguiamo sulla larga strada:
improvvisamente, dopo un breve tratto, si apre al nostro sguardo l'alta valle del Muretto ed il passo appare, là in fondo, inconfondibile.
Sembra che non manchi molto prima di raggiungerlo, ma è un'impressione ingannevole: ci vuole ancora un'ora e tre quarti circa.
Tuttavia la salita non è monotona e permette di ammirare, fra l'altro, lo splendido versante nord-orientale,
con le cime che vanno dal monte dell'Oro al monte Muretto.
Se la giornata è buona, siamo immersi in un vero e proprio bagno di luce (ma teniamo presente che nella prima metà di novembre, periodo in cui la salita regala colori stupendi, il sole ci abbandona intorno alle due del pomeriggio).
Ad un certo punto, in corrispondenza del cartello che segnala la quota 2115, dobbiamo lasciare per un tratto il percorso storico, interrotto più a monte da una frana, per seguire una pista più bassa. Poi giungiamo allo strappo finale:
il tracciato guadagna quota sul lato destro (per noi), è interrotto in un punto per un breve tratto (lo ritroviamo salendo in verticale per una ventina di metri) e, dopo alcuni secchi tornanti,
ci porta al breve corridoio terminale, che termina ai 2562 metri del passo,
posto sul confine italo-svizzero.
Sul lato opposto si apre lo scenario, non molto ampio, ma grandioso, delle Alpi retiche svizzere. Scenario che però non ebbe certamente modo di gustare l'arciprete che, quasi quattro secoli fa, fu costretto a valicare il passo per trovare in terra svizzera la morte.
A noi, invece, è concessa la sorte ben migliore
di poter tornare sui nostri passi
e conservare il ricordo di una bellissima escursione.

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