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Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Malghera-Pian di Baitìn-Bivacco Duilio Strambini-Passo di Sacco
3 h
800
E
SINTESI. Da Grosio, superata la chiesa di San Giuseppe e la successiva caratteristica “strecia de Ilda”, imbocchiamo, sulla sinistra (indicazioni per Ravoledo e Fusino) la carrozzabile della Val Grosina, che, superata la frazione di Ravoledo, dopo pochi tornanti, si addentra sul suo fianco orientale, passando per San Giacomo. Raggiunto il nucleo di Fusino, in corrispondenza dello spiazzo davanti alla chiesetta (m. 1203, il punto più comodo dove lasciare l’automobile: per proseguire in tutte le direzioni si deve inoltre acquistare un pass giornaliero), prendiamo a sinistra, imboccando la stretta stradina che porta al ponte sul torrente Roasco, poco a valle rispetto alla muraglia della diga di Fusino dell’AEM. Sul lato opporto la stradina piega leggermente a sinistra e comincia a salire su un ripido versante di prati e comincia un lungo traverso sul fianco della Val Grosina Occidentale, superando diversi nuclei e portando a Campo Pedruna. Nel tratto successivo la pendanza si fa molto severa e la stradina termina a Malghera (m. 1937), dove si trova il rifugio-ricovero omonimo, presso il santuario della Madonna del Muschio o della Neve. Ci incamminiamo sulla pista che si addentra in Val di Sacco (dir. nord), superando la sbarra e passando a lato della casera di Sacco (m. 2008). Ignoriamo le indicazioni per il passo di Vermolera (sentiero che scende a destra). Proseguiamo diritti sul fianco occidentale dell'imbocco della Val di Sacco (Pian di Mezzo) su marcato sentiero (dir. nord-nord-est), che dopo un buon tratto volge a sinistra (nord-ovest), portando in vista dell’ampio pianoro (Pian di Baitìn) chiuso dal gradino roccioso in cima al quale è posto il bivacco Duilio Strambini. Seguiamo i segnavia e, attraversato il pianoro verso nord-ovest, attacchiamo il crinale, seguendo il sentiero che risale il suo fianco sinistro. Raggiungiamo, così, un secondo e più modesto pianoro, che termina ben presto ai piedi di un canalone che si restringe alla sommità: dobbiamo risalirlo, piegando poi a destra (nord-est) per affacciarci alla piccola sella erbosa che ospita il bivacco Duilio Strambini, a 2535 metri. Proseguiamo, poi, verso nord, attaccando l'ampio canalone occupato da sfasciumi che si trova a nord del rifugio. Non esiste una vera e propria traccia di sentiero, ma dobbiamo destreggiarci fra massi di ogni dimensione, rimanendo sul lato destro. Qualche raro segnavia bianco-rosso ci aiuta ad individuare il percorso meno dispendioso e più sicuro. Passiamo a lato della conca sul lato opposto della quale, rispetto a noi, è adagiato il laghetto Zapelàsc (m. 2579). Per salire al passo di Sacco proseguiamo sul lato opposto della conca, rispetto al laghetto; sempre guidati da alcuni segnavia, lasciamo alla nostra destra un versante un po' ripido e, sfruttando un secondo canalino (che, per chi sale, dà l'impressione di terminare direttamente con il passo), saliamo ad un'ultima conca, ai piedi del passo. Alcuni tornantini, infine, in direzione nord-nord-est si fanno strada su un terreno di sassi mobili, fino alla sella del passo di Sacco (m. 2730), dalla quale ottima è la visuale sulla Valle di Campo.


Santuario della Madonna del Muschio o della Neve a Malghera


La Val Grosina non offre solo numerose ed interessanti soluzioni per gli appassionati dell’escursionismo, ma anche diverse possibilità per i cultori della mountain-bike, che possono trovarvi percorsi remunerativi e di grande soddisfazione panoramica.
Il punto di partenza è Grosio (m. 656): oltrepassato il centro del paese, si trovano le indicazioni per la strada che sale in valle, raggiungendo innanzitutto Ravoledo (m. 864), frazione che si incontra dopo 2 km di salita. Al tornante prima di Ravoledo, però, fermiamoci ad osservare lo scenario che ci si offre: abbiamo di fronte la lunga dorsale monte Padrio (m. 2153)-monte Serottini (m. 2967), che separa la Provincia di Sondrio da quella di Brescia, e che mostra l’evidente depressione sulla quale è posto il passo del Mortirolo (m. 1896), che congiunge Valtellina e Valcamonica. Sulla destra vediamo la forra terminale del torrente Roasco, che, prima di gettarsi nell’Adda, corre per un tratto parallelamente al suo corso, per aggirare un bastione roccioso all’imbocco della valle. Scorgiamo chiaramente anche il bel castello di Grosio, così come suggestiva è la visuale sui paesi di Grosio e Grosotto.
All’uscita da Ravoledo ci attende un primo strappo fino ad un tornante sinistrorso; al successivo tornante destrorso vale la pena di effettuare un breve fuoriprogramma, lasciando la strada per scendere lungo una pista che se ne stacca sulla sinistra e, raggiunto un gruppo di case con una fontana, comincia a salire per un breve tratto, fino ad un secondo gruppo di case. Siamo in località Bedognolo, ed il motivo della digressione è la visita ad uno degli alberi monumentali di classe superiore della provincia di Sondrio, un castagno che, per la verità, non è in buone condizioni di salute, ma mostra ancora orgoglioso il tronco che vanta, in assoluto, la maggiore circonferenza fra tutti gli alberi della provincia, circonferenza che misura la bellezza di 12 metri! Il castagno ha il tronco cavo, il che gli conferisce un’aria misteriosa ed esoterica, quasi fosse stato scelto come dimora da qualche spirito del bosco.
Dopo la visita doverosa, torniamo sulla strada, che, dopo un paio di tornanti, valica la dorsale orientale della valle (che scende dalla cima Rossa al monte Storile) e comincia ad addentrarsi sul suo fianco, in corrispondenza della frazione di san Giacomo (m. 1054), la cui bella chiesetta risale al secolo XIV. Puntando a nord, la strada ci porta a Fusino, a 9 km da Grosio (m. 1203), posto nel punto in cui la valle ospita due invasi artificiali dell’AEM, appena a monte del punto in cui la val Grosina occidentale si congiunge con il solco principale della valle. Una sosta nel piazzale della chiesa della Madonna delle Valli (costruita nel 1966 al posto di una cappelletta della Madonna del Buon Consiglio) ci permette di osservare l’imponente muraglia della diga superiore.
Imbocchiamo, ora, la deviazione a sinistra per la val Malghera: si tratta di una strada dalla carreggiata piuttosto stretta, che ci porta nel cuore della valle, per poi risalire sul fianco settentrionale della val Grosina occidentale. Questa strada ci porta fino all’alpe di Malghera, ad 11,2 km da Fusino, con un tracciato quasi interamente in asfalto e totalmente lineare (cioè senza tornanti) ed una carreggiata sempre stretta.
Il transito richiede l'acquisto del pass nella piazzola vicino alla chiesetta di Fusino.
Il primo strappo si presenta proprio all’inizio, quando oltrepassiamo i prati della località Dosso (Dos Giuèl, m. 1270). In questo tratto aggiriamo il largo fianco che dal monte Alpisella (m. 2756), a nord, scende alla forra del Roasco occidentale. Salendo, nei tratti meno impegnativi possiamo osservare la diversa natura dei due versanti della valle: quello alla nostra destra, il settentrionale, è caratterizzato da ampi prati, interrotti da macchie di larici, ontani, betulle, robinie e noccioli; il versante opposto, invece, per la diversa esposizione al sole, è ricoperto da fitte abetaie. Vi si susseguono, da est, gli imbocchi delle laterali val Mozzana, valle Piana, val Guinzana e val di Pedruna. Dopo circa 3 km di percorso in val Grosina occidentale raggiungiamo la località Dossa (m. 1350), dove la strada si avvicina al torrente mentre, sulla destra, si stacca una pista che sale sul fianco meridionale del monte Alpisella (termine che significa “piccola alpe”) e raggiunge l’alpe Biancadin, o Biancadino, in cui si trova l’omonimo rifugio (m. 1980). Avanti ancora, fino a Sacco (m. 1617) e Campo Pedruna (m. 1703), a 7,5 km da Fusino, dove lo scenario è ormai dominato dai pascoli di alta quota. Mancano 3,7 km dalla meta, Malghera: per raggiungerla, la strada comincia a volgere in direzione nord-ovest, dopo aver varcato il torrente che scende dalla valle di Pedruna. Superiamo anche le Baite della Pirla (denominate così perché si trovano presso una bella cascata, gemella della più famosa “pirla” di Eita), a 1830 metri, e giungiamo al punto in cui si apre, a nord, il solco della valle di Sacco, nella quale si prolunga la val Grosina occidentale.
Lo scenario è ampio, luminoso, bellissimo. La costiera che scende dalla punta di Sena (m. 3074) separa la valle di Sacco dalla valle di Malghera. Raggiungiamo il nucleo di baite di Malghera dopo aver superato su un ponticello anche il torrente Roasco occidentale. Ci accolgono il ricovero Malghera (m. 1937; per informazioni tel. allo 333 925966 - Giacomo Besseghini - sito web: www.rifugiomalghera.it) e, in fondo, separata dalle baite, il santuario della Madonna della Misericordia (Madòna de la néf), o Madonna del Muschio, edificata nel 1888, dal nucleo di una cappella preesistente, eretta per ricordare il miracolo dell’apparizione della Vergine, sul muschio di una roccia, ad un pastore nel 1750.


Ricovero Malghera

Spicca soprattutto il bel campanile, innalzato nel 1910. Una chiesa così elegante in un luogo, tutto sommato, così solitario suscita un’impressione singolare, ma ci ricorda anche non solo la devozione delle genti della valle, ma anche la ricchezza dei luoghi. In generale la Val Grosina è stata, ed in parte è ancora, uno dei luoghi dove l’allevamento del bestiame ha, nell’intera provincia, la maggiore rilevanza. Qui possiamo lasciare l'automobile.
Volendo, possiamo proseguire ancora per un buon tratto, fino alla Casera di Sacco (m. 2008), dove la pista termina. La casera è il punto di partenza per una bella escursione che ha come meta il passo di Sacco. Ci addentriamo, quindi, a piedi nel bellissimo pian di Mezzo su marcato sentiero e, volgendo a sinistra (nord-ovest), giungiamo in vista dell’ampio pianoro chiuso dal gradino roccioso in cima al quale è posto il bivacco Duilio Strambini (m. 2534).
Colpisce l'aspetto glabro della valle, la quasi totale assenza di alberi. Interessante la spiegazione che l'alpinista e naturalista Bruno Galli Valerio offre in "Punte e passi" (a cura di Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, edito dal CAI di Sondio nel 1998): "La distruzione dei boschi della Val Grosina è dovuta in gran parte all'uso di una speciale calzatura che portano gli abitanti della valle. Sono zoccoli di legno la cui punta è fortemente curvata in alto, come nelle calzature cinesi. Un tempo, si fissavan al piede con un intreccio di stecche di legno ed eran conosciute col nome di cusp; ora si fissan con strisce di cuoio e si chiamano zupèi, Per la loro costruzione non serve che il ceppo delle piante. Ogni paio di zupèi reclama l'impiego di due alberi. La loro durata è di tre mesi, in modo che ogni persona consuma otto alberi all'anno per queste calzature. Il comune di Grosio aveva proibito l'uso dei zupèi per rimediare al disboscamento, ma questa decisione non fu approvata dalla Giunta Provinciale."


Apri qui una fotomappa della salita al bivacco Duilio Strambini ed al passo di Sacco

Seguiamo, dunque, i segnavia e, attraversato il pianoro (il Pian di Baitìn), attacchiamo il crinale, seguendo il sentiero che risale il suo fianco sinistro. Raggiungiamo, così, un secondo e più modesto pianoro, che termina ben presto ai piedi di un canalone che si restringe alla sommità: dobbiamo risalirlo, per affacciarci alla piccola sella erbosa che ospita il bivacco Duilio Strambini, a 2535 metri. Il bivacco è intitolato alla guida alpina grosina, morta per un fulmine sulla Grigna, nel 1978. Siamo in cammino da circa due ore ed abbiamo superato oltre 600 metri di dislivello. Proseguiamo, poi, attaccando l'ampio canalone occupato da sfasciumi che si trova a nord del rifugio. Non esiste una vera e propria traccia di sentiero, ma dobbiamo destreggiarci fra massi di ogni dimensione, rimanendo sul lato destro. Qualche raro segnavia bianco-rosso ci aiuta ad individuare il percorso meno dispendioso e più sicuro. Alla fine, eccoci ad una bellissima conca, sul lato opposto della quale, rispetto a noi, è adagiato il laghetto Zapelàsc (m. 2579), che rimane un po' più in basso rispetto al punto raggiunto dal sentiero. Per salire al passo di Sacco, infine, proseguiamo sul lato opposto della conca, rispetto al laghetto; sempre guidati da alcuni segnavia, lasciamo alla nostra destra un versante un po' ripido e, sfruttando un secondo canalino (che, per chi sale, dà l'impressione di terminare direttamente con il passo), saliamo ad un'ultima conca, ai piedi del passo. Alcuni tornantini, infine, si fanno strada su un terreno di sassi mobili, fino alla sella (m. 2730), dalla quale ottima è la visuale sulla Valle di Campo laterale della valle di Poschiavo, in territorio svizzero, e sul suo grazioso laghetto. L'intera escursione richiede circa tre ore di cammino, per superare circa 800 metri di dislivello.


Apri qui una fotomappa dell'alta Val di Campo vista dal passo di Sacco

Concludiamo la presentazione di quest’escursione citando la relazione della traversata dalla Val di Sacco Grosina alla Val di Campo in Valle di Poschiavo, effettuata l’8 agosto del 1908 da Bruno Galli Valerio, valente alpinista e naturalista, nell’opera “Punte e passi” (tradotta da Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, Sondrio, 1998): “Oggi finalmente, il cielo si rasserena un poco, ma soffia un vento impetuoso e freddo. Ci decidiamo a partire lo stesso pel Passo di Sacco e la valle di Campo o Val Viola Poschiavina. E verso le nove del mattino, preso congedo dai nostri ospiti di Malghera, la Signora Rochaz de Jongh, io e la nostra guida Rinaldi, ci avviamo lungo il sentiero di Val di Sacco. Nere nebbie danzano intorno al Saoseo, mentre la Punta di Lago Negro si rizza elegante sull'azzurro del cielo. Tenendo sempre la destra della valle tutta pascoli e gande e senza un albero, raggiungiamo l'anfitatro terminale. Là, passati sulla sinistra, per gande, coste erbose e cengie, rimontiamo verso il Passo di Sacco. Pioviggina e soffia un vento impetuoso, freddo. Il termometro, in un punto protetto contro vento segna 7°C.


Apri qui una fotomappa della salita al passo di Sacco

D'un tratto appare sulla nostra sinistra il Pizzo del Teo, una torre formidabile, diritta e nera. Raggiungiamo una specie di grande bacino il cui fondo è occupato da un lago ed è rinchiuso fra il Saoseo e il Ruggiolo (lago di Sappellaccio). Sulla nostra destra si vede il Passo di Sacco (2751 m.), che raggiungiamo all'una e venti. Il vento ci intirizzisce ed è talmente forte che è faticosissimo avanzare. D'un colpo il cielo si spazza di nebbie e uno dei più splendidi panorami che sia dato ammirare ci sta davanti. Sulla nostra destra, le elegantissime cime del Dugorale e del Corno di Dosdé; davanti la massa imponente del Sasso di Campo, il Corno di Campo, la Cima di Campo, le Cime di Val Nera e del Vago; sulla sinistra, magnifico, il gruppo del Bernina, scintillante di ghiaccio e, giù sotto di noi, i boschi, i pascoli e i laghi della Val di Campo. Uno di questi laghi, il Lago Turchino (lago di Saoseo, ndc), ha il colore di un turchese ed è incastonato in un bosco di larici e gembri.


Val di Campo

Pochi passi offrono un panorama sì bello e sì svariato. Lungo un sentiero a zig-zag, raggiungiamo i primi boschi e l'alpe Saoseo o alpe delle Monache. E' una grande prateria affatto piana, completamente circondata da boschi di conifere. Le acque limpidissime del fiume la costeggiano. Lo sfondo è costituito dai pizzi e ghiacciai di Verona, Cambrena, Palù. Un po' più in su della prateria, c'è una baita occupata dai contadini di Montagna in Valtellina: giù in fondo, un gran fienile di legno bruno. I proprietari del fienile, contadini di Poschiavo, gentilissimi, ci consegnano la chiave di quello che sarà il nostro albergo: Un albergo splendido per la sua posizione, pel suo panorama e perchè non c'è nessuno. Gli unici mobili che troviamo sono del fieno come letto e una priala rovesciata come tavolo (la priàla è un antico mezzo di trasporto del fieno in montagna. E' costituita da un "carretto", che ha solamente le due ruote anteriori e due lunghe stanghe, ndc). I bravi contadini di Montagna mettono a loro volta a nostra disposizione la loro cucina, i loro utensili e ci forniscono di latte e farina di mais. E' la vera vita delle Alpi che stiamo per cominciare per qualche giorno, là, sulle rive del lago Turchino, così bello, così poetico, non ancora deturpato da alberghi alla moda e da gente annoiata in frac e abiti a strascico. Bisogna approfittarne perchè il posto è troppo bello per non venir presto deturpato. I colpi di mina che parton continuamente lungo la ferrovia del Bernina, ci avvertono che la così detta civiltà penetrerà presto anche in Val di Campo (la ferrovia del Bernina, che unisce Tirano con St Moritz, fu completata nel 1910, ndc)".


Val di Sacco

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la mappa on-line

Mappa del percorso - elaborata su un particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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