Quanto si pensa alle possibilità escursionistiche
che hanno come base Madésimo (m. 1560), viene subito in mente
la facile e classica salita al rifugio Bertacchi ed al lago di Emet,
con la breve prosecuzione per il passo di Emet.
Pochi sanno, però, che questa escursione può essere prolungata
di circa un’ora e mezza, effettuando un’elegante traversata
al passo di Suretta, nel territorio svizzero della val Ursaregls (tributaria
della val Niemet), in uno scenario caratterizzato dalla presenza di
diversi incantevoli laghetti e, soprattutto, da un’atmosfera di
selvaggia ma non aspra solitudine, temperata da una cornice alpina di
grande fascino visivo. Si tratta di una traversata non difficile, che
richiede, però, attenzione, perché è servita da
una traccia di sentiero discontinua e poco marcata, per cui, mancando
anche i segnavia, ci si deve affidare ad un sistema di ometti che, con
pazienza ci accompagnano lungo l’intero tragitto.
Ma andiamo con ordine, e cominciamo con il raggiungere l’amena
e conosciuta località turistica di Madesimo, il cui nome, probabilmente
derivato da “Amatissimo”, con successiva perdita della “A”
e modificazione fonetica, testimonia la bellezza e gentilezza dei luoghi.
Prima di raggiungere la località di villeggiatura, però,
dobbiamo passare attraverso le forche caudine del tratto più
faticoso ed impressionante della ss. 36 dello Spluga, tratto nel quale
la strada supera il pauroso salto roccioso che separa la piana superiore
della zona di Madesimo dal fondovalle.
Usciti dalle strettoie e dagli impressionanti scorci sulle rocce strapiombanti,
attraversiamo la località di Pianazzo e, prendendo a destra ad
un bivio, percorriamo l’ultima galleria che precede il lato meridionale
del paese. Dobbiamo ora attraversarlo, raggiungendone il limite opposto,
ignorando le deviazioni a destra per la Motta e cominciando a salire
verso le frazioni di Casone e Macolini (m. 1656). Qui la strada asfaltata
termina, ad un parcheggio nel quale possiamo lasciare l’automobile,
iniziando a percorrere una pista che corre a destra del torrente Scalcoggia,
nella valle omonima.
Ci addentriamo, così, nel
bel pianoro che è chiuso, alla nostra sinistra, dalla lunga
dorsale degli Andossi, |
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alla nostra destra dall’aspro versante
della val Sterla e, davanti a noi, dalle armoniche forme del pizzo
Spadolazzo (m. 2720). |
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Dopo un breve tratto, |
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dobbiamo lasciare la pista, per seguire il
largo sentiero che, staccandosene sulla destra, comincia a risalire,
con andamento regolare e buon fondo, il versante montuoso, superando,
un tornante dopo l'altro, una fascia di bassa vegetazione. |
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Poi il sentiero, con un traverso a sinistra,
conduce ad un ponticello, che valica un torrentello tributario dello
Scalcoggia, |
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approdando alle balze che precedono il pianoro
terminale, |
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che ospita l’ampio lago di Emet (m.
2136) |
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e, in posizione un po’ più elevata,
il rifugio Bertacchi (m. 2196). |
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Per superare i 540 metri circa che separano
il parcheggio dal rifugio è necessaria un’ora e mezza
circa di cammino. Alle spalle del rifugio osserviamo, di nuovo,
il pizzo Spadolazzo, a sinistra, e l’ampia sella del passo
di Emet, a destra. Dal rifugio partono due sentieri, l’uno,
a sinistra, per la località di Montespluga, raggiungibile
in un’ora e mezza circa, l’altro, a destra, per il passo
di Emet, sul confine italo-svizzero. |
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La salita al passo è breve ed agevole: |
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qui, a 2299 metri (un centinaio di metri più
in alto, rispetto al rifugio, quindi ad una ventina di minuti di
cammino dallo stesso), si apre al nostro sguardo l’alta val
Niemet, percorrendo la quale si può scendere all’alpe
Sura, all’alpe di Niemet, ad Innerferrera e ad Ausferrera,
raggiungendo, infine, la strada che scende in territorio svizzero
dal passo dello Spluga, fra Sufers ed Andeer. |
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Alla nostra destra possiamo osservare, in
particolare, il pizzo di Emet, o piz Timun (m. 3210), dal profilo
arrotondato e dolce, mentre a sinistra si scorge il pizzo venerocolo,
in val Ursareigls o Ursaregls. |
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La carta kompass segnala anche la partenza,
dal passo, del sentiero che effettua la traversata al passo di Suretta,
ma i cartelli che troviamo non ne fanno menzione, indicando solo
il sentiero che scende all’alpe Sura, il sentiero interregionale
italo-svizzero Walser.
Per effettuare la traversata, in effetti, dobbiamo tornare indietro
per un breve tratto, ripercorrendo a ritroso il sentiero fino a
trovare, sulla nostra destra, la deviazione, segnalata da un cartello
e dalla scritta su un masso, per il pizzo Spadolazzo. Si tratta
di un itinerario, servito da segnavia rosso-bianco-rossi, che permette
di salire alla croce che sovrasta il pizzo. |
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Lo seguiamo per un buon tratto, risalendo
un fianco erboso ed addentrandoci in una sorta di corridoio fra
pascoli e rocce arrotondate. |
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Dopo una decina di minuti di cammino, ecco,
inaspettato, un grazioso laghetto, ben nascosto fra le rocce levigate. |
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Siamo ancora in territorio italiano, ma, proseguendo
ancora lungo il sentiero che percorre il corridoio, incontriamo
il cippo di confine n. 9, che ci segnala che stiamo entrando di
nuovo in territorio svizzero. |
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Lasciamo i segnavia, che, staccandosi sulla
sinistra dal sentiero, dettano un percorso che risale il versante
orientale del crinale che scende verso sud-est dal pizzo Spadolazzo,
e guidano nell'ascensione alla cima. Dobbiamo, ora, affidarci agli
ometti, numerosi e ben visibili, che ci guidano nella traversata. |
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Guadagniamo quota con molta gradualità
e con qualche saliscendi, mentre si fa più ampia e bella
la visuale, alle nostre spalle, sul pizzo di Emet. |
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Il percorso taglia l’arrotondato versante
montuoso che separa l’alta val Niemet dalla val Ursareigls
(o Orsareigls, o anche, italianizzato, Orsareiglo), |
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incontrando anche |
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due piccoli laghetti, |
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nei quali si specchia il corrugato profilo
del pizzo Veneroccal (o Venerocolo, m. 2763), |
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che ci sta proprio di fronte. |
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Man mano proseguiamo nel cammino, si fa più
chiara la conformazione di questa valle solitaria, |
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anche se la meta, il passo
di Suretta, rimane nascosto:lo indoviniamo là, in fondo, in cima al
canalone terminale nascosto da una piccola dorsale rocciosa.
Così come indoviniamo, nella conca protetta dalle rocce arrotondate,
la presenza del lago Ghiacciato che è segnalato dalla carta Kompass
(non invece, stranamente, dalla carta IGM), ma che rimane ancora ben
nascosto al nostro sguardo, che invece raggiunge, in basso, sulla nostra
destra, la piccola piana della valle.
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Se non fosse per il belato di qualche
pecora, che si sente protetta dalla profonda solitudine di questi
luoghi, avremmo l'impressione di addentrarci in una landa alla quale
non è ammesso essere vivente che non sia l'erba dei magri pascoli. |
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Non dobbiamo, però,
lasciarci troppo prendere dai pensieri: rischieremmo di perdere la deviazione
a destra, ben segnalata dagli ometti, proseguendo su un sentiero che
conduce ad un pianoro sul quale è posto il rudere di un calecc.
Se così fosse, ridiscendiamo per un tratto, fino ad un ometto
molto più grande dei rimanenti: è qui che dobbiamo prendere
a destra (se stiamo salendo), effettuando un traverso in discesa che
ci porta nel cuore di un valloncello, in corrispondenza di un nevaietto,
al di là del quale troviamo il sentiero che risale il fianco
sinistro di un dosso che immette all'ampia conca del lago. |
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Si può effettuare la salita anche seguendo
il crinale del dosso: in entrambi i casi raggiungiamo, sempre
guidati fagli ometti, il limite della conca,e, finalmente, ci appare il lago Ghiacciato (m. 2508),
di dimensioni considerevoli e dalla forma che disegna una sorta di ampia
“C”. |
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Lo scenario è stupendo: la severa solitudine della parte terminale
della val Ursareigls sorveglia questo piccolo tesoro, nascondendolo
agli occhi degli uomini. Ben pochi, ci avverrà di pensare, passano
di qui e possono imprimersi nell'anima un quadro naturale nel quale,
possiamo in questo caso dire con piena sicurezza, tutto rimane
intatto e sospeso in un'arcana originaria bellezza. |
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Sopra il lago,
di fronte a noi, le rughe rocciose del pizzo di Ursareigls (m. 2825),
mentre il pizzo Veneroccal rimane leggermente defilato, e sempre accigliato,
alla sua destra. Scendendo al limite orientale del lago, verso destra,
possiamo osservare bene, alla nostra sinistra, la regolare ed arrotondata
piramide della punta Levis (m. 2690), |
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che si specchia nelle acque del
lago e che lascia, alla sua destra, una marcata depressione sul crinale.
Non è però questa la depressione del passo: dobbiamo percorrere,
infatti, tutto suo limite orientale prima di raggiungere l’ampio
e sassoso canalone terminale che porta ad esso. |
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Ora lo possiamo vedere: manca poco, ormai, e
possiamo salire comodamente a vista. |
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Ma, se ci capita di fermarci per prendere
fiato, volgiamo lo sguardo alle nostre spalle: il lago non si vede
più, resta solo una distesa di pietre bianche, ed il senso di
solitudine si fa tanto accentuato da sconfinare in una strana ed
indicibile sensazione agro-dolce, dove il sentimento di una pace
profondissima si mescola ad un pauroso senso di abbandono, come se
ci fossimo persi nella più remota delle lande. |
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Qualche sforzo ancora, e siamo al passo, no, non ancora,
quel che sembrava il passo si rivela l’ingresso al tratto terminale,
ma, percorsi gli ultimi cento metri, eccolo, finalmente, il passo.
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Il passo di Suretta è posto a 2580 metri, e dà sulla valle
omonima, che scende fino al lago di Montespluga. |
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In alto, alla nostra destra, scorgiamo il
bivacco Suretta (m. 2748), sulla cima di un cono di sfasciumi (in
realtà il bivacco è visibile anche nella seconda parte della
traversata, guardando verso nord-ovest). |
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Nell’ultimo
tratto della salita al passo ritroviamo anche i segnavia rosso-bianco-rossi,
che si alternano a bolli gialli. Varcando il passo rientriamo anche
in territorio italiano, ma sul versante della Valle di Spluga il terreno
è molto più accidentato e ripido, per cui la discesa all’alpe
Suretta (m. 1908) richiede molta cautela ed esperienza, soprattutto
nel tratto in cui dobbiamo passare in mezzo a due fasce di roccette.
Se non vogliamo rischiare, possiamo tornare al rifugio Bertacchi per
la medesima via percorsa. Se invece scendiamo all’alpe (percorso
C14), possiamo proseguire, seguendo per un buon tratto la sponda nord-orientale
del lago, fino a trovare, alla nostra sinistra, le indicazioni del percorso
(C6) che, risalendo la parte alta degli Andossi, riporta al rifugio
Bertacchi. Nel primo caso il dislivello complessivo dell’escursione,
partendo da Macolini, è di circa 1000 metri, ed il tempo necessario,
fra andata e ritorno, è di circa 5 ore; nel secondo il dislivello
sale a circa 1200 metri, ed il tempo a 7 ore.

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