RODOLO


La chiesa dedicata alla B. V. Immacolata a Rodolo

Rodolo (Ròdul), nel comune di Colorina, è uno dei più caratteristici nuclei di mezza montagna del versante orobico valtellinese, popolato e vivo nei secoli passati, quasi deserto, oggi, se non per il ritorno di famiglie dal piano nei finesettimana e nel periodo estivo.
Il nome deriva forse da una voce preromana, che significa “rumoreggiare”, “creare frastuono”, con riferimento ad un torrente (lo stesso varrebbe per “Rodano”), anche se qui di torrenti rumoreggianti non ve ne sono. Il paesino, infatti, sta adagiato su un bel poggio a monte di Valle di Colorina, a 680 metri di quota, ad ovest della verticale Valle del Presio e ad est del solco appena accennato del Rio Rogolo, che segna il confine fra il comune di Colorina e quello di Forcola.
Antica la sua origine, sicuramente medievale. Nei secoli la sua popolazione crebbe e la comunità trovò il proprio equilibrio di sussistenza grazie allo sfruttamento delle ben curate selve e del prezioso apporto della castagna, alimento duttile e preziosissimo. Le castagne che non venivano consumate lesse (ferude) o arrostite (caldarroste) venivano fatte seccare con l’affumicatura in appositi locali chiamati cassìne. È antico il detto “De la Madona del Rusari li castagni i è per li stradi”, cioè ad inizio ottobre le castagne sono pronte per essere raccolte. Ma anche l’allevamento trovò uno spazio importante, grazie alla presenza di una cospicua estensione di prati da sfalcio, come quelli di Züch e Ciàa (il Piano, dove si trova anche il cimitero poco sotto il paese).


Rodolo

Il paese si costituì in comune con la solenne riunione di mercoledì 8 maggio 1532, come risulta dal rogito del notaio Giovanni Battista Camozzi, staccandosi dal comune di Colorina (a sua volta costituitosi in comune autonomo nel 1513, con distacco da Fusine). Vi parteciparono, in rappresentanza delle oltre 40 famiglie di Rodolo, Antonio del fu Giovanni della Flora ed Antonio del fu Zanetto de Betulis. Fu nominato Decano del neonato comune Marco del fu Giacomino de Aili della Corna, per la sua particolare saggezza, e gli fu riconosciuto il cospicuo compenso di 10 lire imperiali ogni tre mesi. In quel medesimo anno, però, la vicenda del comune ebbe termine, per motivi non chiari, e Rodolo tornò ad essere quadra, cioè frazione, di Colorina, insieme alla Corna ed a Valle. Nondimeno a partire dall'atto rogato da Tommaso Odescalco il 12 ottobre 1523 Rodolo ebbe un sacerdote dotato dell'autorità di amministrare i sacramenti staccandosi da Colorina e da Berbenno, anche se rimase fino a metà dell’Ottocento vicecura di Berbenno.
Il forte orgoglio, si può ben dire, campanilistico del paese è consegnato all’imponente torre campanaria eretta poco distante dalla chiesa, forse quattrocentesca (restaurata nel 1974), dedicata nel Novecento alla Beata Vergine Immacolata, ma già consacrata a S. Antonio Abate, il santo più popolate nel mondo contadino, essendo protettore degli animali.


Panorama dai prati sotto Rodolo

Nel 1589 il vescovo di Como Feliciano Ninguarda compie la sua celebre visita pastorale in Valtellina, di cui dà ampio resoconto, scrivendo: “Sulla montagna ... esiste un villaggio di ventitrè famiglie tutte cattoliche, chiamato Rodolo, che dista da Valle e dalla chiesa di San Giacomo un miglio e mezzo: vi è una chiesa vicecurata dedicata a S. Antonio abate che ha un proprio cappellano concesso dall’arciprete di Berbenno, ma che vive a spese del villaggio stesso: questo paese di Rodolo con le suddette razioni appartiene alla comunità di Colorina e tutta la comunità ammonta a centoventi famiglie.”
Di qualche decennio posteriore è il prezioso manoscritto di don Giovanni Tuana (1589-1636, grosottino, parroco di Sernio e di Mazzo), intitolato “De rebus Vallistellinae” (Delle cose di Valtellina), databile probabilmente alla prima metà degli anni trenta del Seicento (edito nel 1998, per la Società Storica Valtellinese, a cura di Tarcisio Salice, con traduzione dal latino di don Avremo Levi). Vi leggiamo che “Rodolo nella montagna sopra Colorina ha una chiesa vice parochiale di S. Antonio con 40 habitatori, è un luoco povero vivendo l’habitatori di castagne et latte, né l’aria è molto felice per le paludi del piano sottoposto...”


Rodolo

Stavano affacciandosi gli anni più bui per la comunità, in coincidenza con le tristemente famose epidemie di peste della prima metà del Seicento. La più virulenta, del 1636, colpì duramente Fusine e Colorina (tanto che fu costituito un posto di blocco al ponte sull’Adda per evitare la diffusione a Berbenno), ma non risparmiò neppure Rodolo. Furono anni terribili, nei quali la popolazione dell’intera Valtellina si ridusse drasticamente, secondo alcuni addirittura della metà. Solo con il Settecento la ripresa demografica assunse un andamento deciso.
Gli effetti della ripresa si fecero sentire nell’Ottocento. A metà del secolo, infatti, risale la costituzione della parrocchia autonoma di Rodolo: la chiesa di Sant'Antonio di Rodolo fu infatti eretta a parrocchia nel 1850 e definitivamente separata dalla matrice dei Santi Simone e Giuda di Valle con atto notarile del primo aprile 1851.
Qualche anno dopo la statistica del primo Prefetto dopo l’Unità d’Italia, il Scelsi (1866), registrava a Rodolo 23 case e 29 famiglie, per un totale di 175 persone, 87 maschi e 88 femmine. Un paese vivo e ben popolato, dunque, nonostante la bonifica del piano, voluta dall’amministrazione asburgica nella prima metà dell’Ottocento, avesse aperto la strada al progressivo popolamento del piano intorno al conoide della Valle del Presio.
Dal 1886 Rodolo e Colorina rimasero le uniche due parrocchie nel territorio comunale di Colorina. Il 1893 fu l’anno della visita pastorale del vescovo di Como Andrea Ferrari. In quel periodo alla parrocchia di Rodolo apparteneva anche l'oratorio di San Giacomo apostolo sul piano di Selvetta di Colorina. Nella chiesa parrocchiale di Sant'Antonio abate erano attive due confraternite del Santissimo Sacramento, una maschile e una femminile, ed il numero dei parrocchiani era di 375 (compresi quelli del piano).


Panorama da Rodolo

Nel Novecento la vita del paese sembra raggiungere l’apice dello sviluppo, tanto che ad inizio secolo vi si contavano 200 abitanti, serviti da una Scuola Elementare che venne chiusa solo negli anni Ottanta, quando già da una ventina d’anni almeno era iniziato l’inesorabile processo di spopolamento che ne portò progressivamente gli abitanti al piano. Oggi il paese rivive nei finesettimana, quando diverse famiglie vi salgono dal piano, e nel periodo estivo. Allora torna a risuonare il suono argentino delle tre campane della chiesa, un la3, un si3 ed un do#4, particolarmente intonate ed armoniose.
Facile è l'accesso al paese, grazie alla carrozzabile che parte da Selvetta di Forcola. La si raggiunge lasciando la ss38 prendendo a destra, per chi proviene da Milano, al secondo passaggio a livello del lungo tratto rettilineo Ardenno-Berbenno. Attraversiamo subito le case sparse di Selvetta di Colorina, passando a destra della chiesa di S. Maria Ausiliatrice. Dopo aver scavalcato il torrente Adda su un ponte, incrociamo la Strada Provinciale Pedemontana orobica, entrando poi subito a Selvetta. Procediamo diritti ed in ripida salita con una curva a sinistra imbocchiamo la carrozzabile che, dopo diversi tornanti, raggiunge un bivio. Andiamo a sinistra e dopo un tratto diritto passiamo per il Piano, a sinistra di uno dei due cimiteri del paese (particolarità più unica che rara) e raggiungiamo, dopo 4 km da Selvetta, il suo ingresso ad un ampio slargo al quale possiamo parcheggiare.


Panorama da Rodolo

Splendido il panorama sul versante retico: a sinistra (est) si vedono il limite orientale della Costiera dei Cech e la Valle Spluga di Val Masino, poi i terrazzi degli alpeggi di Granda, sopra Ardenno, e Scermendone, sopra Buglio, e le cime di Vignone e del pizzo Bello, sopra Berbenno. Più ad est distinguiamo i monti Rolla e Canale, sopra Sondrio.
Oltre lo spiazzo, procedendo diritti verso est, incontriamo la partenza della splendida mulattiera che scende a Valle di Colorina. La strada prosegue chiusa al traffico dei vicoli non autorizzati e dopo un lungo traverso porta al nucleo di Corna in Monte, un’ampia fascia di prati da 910 a 1023 metri di quota, con la splendida chiesetta di Santa Margherita.
Dal parcheggio prendendo a destra si sale invece al centro di Rodolo, caratterizzato dalle baite e dalle case strette l’una all’altra, e dalla chiese dell’Immacolata, caratterizzata dall’imponente campanile. Dal paese partono due sentieri. Il primo, alle spalle delle case più alte prima della chiesa, è una bella mulattiera che sale lungo i boschi fino ai prati delle Bruciate. Il secondo è una pista che passa a sinistra della chiesa e del secondo cimitero (di tipo ottocentesco, a giardino), poi procede per buon tratto quasi in piano verso ovest, diventando poi sentiero che sempre in piano traversa ad Alfaedo (raggiunge la carrozzabile che sale al paese all’inizio dell’ultima rampa).


Rodolo

DA VALLE DI COLORINA A RODOLO - ANELLO VALLE DI COLORINA-RODOLO-SELVETTA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Valle di Colorina-Rodolo
1 h e 15 min.
400
T
Valle di Colorina-Rodolo-Selvetta-Valle di Colorina
2 h e 45 min.
400
E
SINTESI. Dal parcheggio davanti al Santuario del Divin Prigioniero dell’Opera Don Folci a Valle di Colorina (m. 289) ci mettiamo in cammino imboccando la prima via a sinistra (verso monte) che sale fra le case della frazione Valle di Colorina, passando per via Berinzi. Lasciate le case alle spalle, procediamo su una pista sterrata che sale appena lungo una fascia di prati sul lato occidentale (destro, per noi) del conoide della Valle del Presio. La pista volge a destra e prosegue nella boscaglia. Passiamo così davanti ad una panchina isolata e ben presto troviamo a destra la partenza della bella e larga mulattiera lastricata che sale verso ovest-nord-ovest lungo il fianco del versante orobico, con andamento regolare, fino alle case del limite orientale di Rodolo. Da qui in breve, andando a destra (ovest) siamo al centro del paese. Se vogliamo tornare a Valle di Colorina per via diversa, possiamo procedere così. Scendiamo lungo la carrozzabile asfaltata per Selvetta, per un lungo tratto, passando a destra del cimitero e superando su un ponte il Rio Rodolo, che segna il confine fra Colorina e Forcola. La discesa termina ad un bivio: salendo a sinistra si va ad Alfaedo, mentre scendendo a destra si raggiunge il piano a Selvetta di Colorina. Scendiamo solo per pochi metri, trovando sul lato sinistro della strada una cappelletta. Qui troviamo la partenza di una marcata mulattiera che scende decisa, restando in una bella selva di castagni, lungo il versante boscoso, con diverse svolte, e termina proprio al sagrato della chiesa di San Carlo a Selvetta di Forcola. Dalla chiesa scendiamo lungo il paese alla Strada Provinciale Pedemontana Orobica, che percorriamo verso destra (est), per un buon tratto, lasciando alle spalle Selvetta e, dopo una semicurva a destra, tornando in vista delle case di Valle di Colorina, alle quali giungiamo dopo una salita, recuperando l’automobile.


Apri qui una fotomappa dei percorsi da e per Rodolo

La passeggiata più semplice per salire a piedi a Rodolo è quella di partire da Valle di Colorina. Per farlo lasciamo la ss38 dello Stelvio al primo svincolo a sinistra all’ingresso di S. Pietro-Berbenno (per chi proviene da Milano), imboccando la Strada Provinciale Pedemontana Retica che procede per un tratto in senso opposto (ovest), portando ad una rotonda, alla quale usciamo a sinistra (terza uscita), portandoci al cavalcavia che scavalca la ss38. Dopo una discesa ed una curva a destra, procediamo verso Fusine ma alla prima deviazione prendiamo a destra, imboccano una strada che scavalca su un ponte con gli archi il torrente Madrasco. Proseguiamo giungendo all’ingresso di Colorina e alla prima rotonda invece di salire al paese usciamo a destra (prima uscita) proseguendo poi diritti sulla Strada Provinciale Pedemontana Orobica, che ci porta davanti al Santuario del Divin Prigioniero dell’Opera Don Folci a Valle di Colorina. Qui possiamo parcheggiare (m. 289).


Il Santuario del Divin Prigioniero a Valle di Colorina

Ci mettiamo in cammino passando a destra del Santuario ed imboccando la prima via a sinistra che sale fra le case della frazione Valle di Colorina, passando per via Berinzi. Lasciate le case alle spalle, procediamo su una pista sterrata che sale appena lungo una fascia di prati sul lato occidentale (destro, per noi) del conoide della Valle del Presio. La pista volge a destra e prosegue nella boscaglia. Passiamo così davanti ad una panchina isolata e ben presto troviamo a destra la partenza della bella e larga mulattiera lastricata che sale verso ovest-nord-ovest lungo il fianco del versante orobico, con andamento regolare. Si tratta della storica via di accesso a Rodolo dal fondovalle (a Rodolo infatti viene chiamata "Via per Valle").


La pista che sale verso l'imbocco della mulattiera

Superato un piccolo corso d’acqua che scende da un roccione proseguiamo nella selva. Dopo un secondo piccolo corso d’acqua tagliamo un versante ripido ed una staccionata ci protegge dall’esposizione a valle. Sul lato sinistro si alternando roccette e muretti a secco. Superiamo il punto che reca i segni di una frana ed un traliccio, e proseguiamo fino ad uscire dalla selva ad una fascia di prati. Ignorata una deviazione a sinistra, andiamo diritti, passando a destra di una fontana-lavatoio con una grande vasca in pietra. Percorriamo ora una stradella con fondo erboso e passiamo a sinistra di un curioso casello a forma di torrette, prima di confluire in una carrozzabile in asfalto.


Mulattiera Valle-Rodolo

Mulattiera Valle-Rodolo

Siamo alle case del limite orientale di Rodolo, e su una parete vediamo un dipinto con Gesù Bambino, la Madonna e San Giuseppe e la scritta “Bulanti Salvatore fece fare 1911”. Proseguendo verso ovest, cioè verso il centro del paese, passiamo sotto una bella fascia di prati ed oltrepassiamo una cappelletta. Superati alcuni rustici siamo ad un bivio: davanti a noi il grande slargo-parcheggio al quale termina la carrozzabile che sale da Selvetta di Forcola, a sinistra la viuzza che sale al centro del paese, dominato dall’imponente campanile. Siamo così giunti alla meta dopo poco più di un’ora di cammino (il dislivello in altezza è di circa 400 metri).


La mulattiera che scende a Selvetta

Se vogliamo tornare a Valle di Colorina per via diversa, possiamo procedere così. Scendiamo lungo la carrozzabile asfaltata per Selvetta, per un lungo tratto, passando a destra del cimitero e superando su un ponte il Rio Rodolo, che segna il confine fra Colorina e Forcola. La discesa termina ad un bivio: salendo a sinistra si va ad Alfaedo, mentre scendendo a destra si raggiunge il piano a Selvetta di Colorina. Scendiamo solo per pochi metri, trovando sul lato sinistro della strada una cappelletta, che non conserva però più alcun dipinto. Qui troviamo la partenza di una marcata mulattiera che scende decisa, restando in una bella selva di castagni, lungo il versante boscoso, con diverse svolte, e termina proprio al sagrato della chiesa di San Carlo a Selvetta di Forcola. Dalla chiesa scendiamo lungo il paese alla Strada Provinciale Pedemontana Orobica, che percorriamo verso destra (est), per un buon tratto, lasciando alle spalle Selvetta e, dopo una semicurva a destra, tornando in vista delle case di Valle di Colorina, alle quali giungiamo dopo una salita, recuperando l’automobile e chiudendo un anello che richiede circa 2 ore e tre quarti di cammino.


Apri qui una fotomappa di strade, piste e sentieri del versante orobico di Rodolo

ANELLO RODOLO-BRUCIATE-AZZOLO-CORNA IN MONTE-RODOLO - IL GALLONACCIO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Rodolo-Bruciate-Azzolo-Corna in Monte-Rodolo
2 h e 30 min.
440
E
Rodolo-Bruciate-Azzolo-Gallonaccio-Azzolo-Corna in Monte-Rodolo
4 h
840
E
SINTESI. Dal parcheggio di Rodolo (m. 678) ci incamminiamo sulla stradina che sale verso la chiesa, piegando a destra. Noi però non la seguiamo fino alla chiesa, la lasciamo subito al primo viottolo a sinistra che passa fra le case portandosi sul limite dei prati alle loro spalle. Passiamo così davanti ad una casa sulla cui parete è dipinta una Madonna con Bambino insieme a due santi. Qui parte una larga mulattiera bel lastricata che sale diritta delimitata su entrambi i lati da un muretto a secco che la separa di prati che sono rialzati rispetto alla stessa. Ben preso la mulattiera piega un po’ a destra, passando a sinistra di un casello. Pieghiamo quindi decisamente a sinistra passando per un baitone, alla quale pieghiamo ancora nettamente a destra. Sul lato della curva vediamo un segnavia bianco-rosso. Altri ne vedremo lungo il percorso. Più in alto la mulattiera lascia il posto ad un sentiero che sale deciso in una pineta. L’andamento si fa più ripido e dopo circa venti minuti intercettiamo una pista sterrata, che sale fin qui dalla carrozzabile per Alfaedo. Una coppia di cartelli segnala che stiamo percorrendo il sentiero 224 e danno, in discesa, Rodolo a 40 minuti ed in salita Azzolo a 40 minuti. Sul lato opposto riprende, ma potremmo trovare più comodo seguire la pista, che sale con andamento più regolare e dopo qualche tornante porta ad Azzolo. Se seguiamo il sentiero possiamo invece passare per le Bruciate (m. 1035), un maggengo con poche baite dove intercettiamo un largo sentiero che sale da destra. Lo seguiamo salendo a sinistra, fra muretti a secco, e passando a destra di un generatore eolico. Passiamo a sinistra della baita più alta e traversiamo in pineta quasi in piano, diritti, fino ad uscirne al limite dei prati di Azzolo, passando a sinistra di uno stagno recintato. Piegando a sinistra scavalchiamo un modesto poggio erboso. Sul lato opposto rivediamo la pista. Alla nostra destra, un po’ più in alto, vediamo due baite ben ristrutturate. Una è la casera di Azzolo (m. 1120). Restiamo sul lato opposto, cioè sul limite basso dei prati, intercettando la pista già menzionata. Quando questa piega a sinistra salendo, la lasciamo procedendo diritti e restando presso il limite del bosco alla nostra sinistra. Dopo poche decine di metri siamo ad una pianetta, all’ombra d alcuni abeti, con un parapetto in legno posto sul ciglio di un ripido salto roccioso. Siamo al panoramico Crap de la Guardia. Rimettiamoci sulla pista e seguiamola salendo. Dopo un paio di tornanti rientra nella pineta e procede in leggera salita. Dopo un breve tratto, giunti in vista di una semicurva a destra seguita subito da una a sinistra, vediamo a sinistra la partenza di un sentiero che traversa in pineta verso sud-est. Il sentiero è ben marcato, ma camminiamo con attenzione perché il versante alla nostra sinistra è molto ripido. Procediamo con diversi saliscendi, attraversando anche una macchia di faggi, e ne usciamo alla baita più alta di Corna in Monte (m. 1023). Proseguendo sul sentiero arriviamo al punto terminale di una pista, che seguiamo scendendo con un largo giro che ci porta alla parte bassa di Corna in Monte (m. 910), dove vediamo la chiesetta di S. Margherita. Proseguendo sulla carrozzabile ridiscendiamo a Rodolo.
VARIANTE: SALITA AL GALLONACCIO. Torniamo ad Azzolo (m. 1120) e prendiamo come riferimento le due baite ristrutturate, la Casera ed una seconda baita adibita a rifugio. Le raggiungiamo proseguiamo salendo diritti sulla loro verticale, lungo i prati, fino al limite della pineta. Qui troviamo un sentiero che sale diritto verso sud, con brevi tornantini, all'ombra della fresta pineta. Ne esce ai prati, poco più che una radura, che ospitano la coppia di baite del Gallonaccio (m. 1420). Il ritorno ad Azzolo sfrutta il medesimo sentiero di salita.


Apri qui una fotomappa dei percorsi da e per Rodolo

Molteplici sono le possibili passeggiate ed escursioni effettuabili da Rodolo. Una delle più interessanti tocca i maggenghi a monte del borgo, le Bruciate, Azzolo e Corna in Monte.
Lasciamo dunque la ss38 prendendo a destra, per chi proviene da Milano, al secondo passaggio a livello del lungo tratto rettilineo Ardenno-Berbenno. Attraversiamo subito le case sparse di Selvetta di Colorina, passando a destra della chiesa di S. Maria Ausiliatrice. Dopo aver scavalcato il torrente Adda su un ponte, incrociamo la Strada Provinciale Pedemontana orobica, entrando poi subito a Selvetta. Procediamo diritti ed in ripida salita con una curva a sinistra imbocchiamo la carrozzabile che, dopo diversi tornanti, raggiunge un bivio. Andiamo a sinistra e dopo un tratto diritto passiamo per il Piano, a sinistra di uno dei due cimiteri del paese (particolarità più unica che rara) e raggiungiamo, dopo 4 km da Selvetta, Rodolo, all'ampio slargo al quale possiamo parcheggiare.


La mulattiera Rodolo-Bruciate

Ci incamminiamo sulla stradina che sale verso la chiesa, piegando a destra. Noi però non la seguiamo fino alla chiesa, la lasciamo subito al primo viottolo a sinistra che passa fra le case portandosi sul limite dei prati alle loro spalle. Passiamo così davanti ad una casa sulla cui parete è dipinta una Madonna con Bambino insieme a due santi.
Qui parte una larga mulattiera bel lastricata che sale diritta delimitata su entrambi i lati da un muretto a secco che la separa di prati che sono rialzati rispetto alla stessa. Ben preso la mulattiera piega un po’ a destra, passando a sinistra di un casello. Pieghiamo quindi decisamente a sinistra passando per un baitone, alla quale pieghiamo ancora nettamente a destra. Sul lato della curva vediamo un segnavia bianco-rosso. Altri ne vedremo lungo il percorso. Più in alto la mulattiera lascia il posto ad un sentiero che sale deciso in una pineta. Come sempre accade nei sentieri di pineta, alterna tratti in cui il solco è netto ad altri che richiedono un po’ di attenzione. Procediamo dunque decisi verso sud-ovest.


La mulattiera Rodolo-Bruciate

L’andamento si fa più ripido e dopo circa venti minuti intercettiamo una pista sterrata, che sale fin qui dalla carrozzabile per Alfaedo (se ne stacca poco sotto il paese e nel primo tratto coincide con la pista per il Tempietto degli Alpini). Una coppia di cartelli segnala che stiamo percorrendo il sentiero 224 e danno, in discesa, Rodolo a 40 minuti ed in salita Azzolo a 40 minuti. Sul lato opposto riprende, ma potremmo trovare più comodo seguire la pista, che sale con andamento più regolare e dopo qualche tornante porta ad Azzolo.
Se seguiamo il sentiero possiamo invece passare per le Bruciate (m. 1035), un maggengo con poche baite dove intercettiamo un largo sentiero che sale da destra. Anche qui troviamo una coppia di cartelli, con la targa “Le Bruciate 1035 m". Un cartello ci indica che salendo verso sinistra raggiungiamo Azzolo in 20 minuti.


Generatore eolico alle Bruciate

Saliamo dunque verso sinistra su un marcato sentiero delimitato da muretti a secco. Passiamo così a sinistra di un curioso manufatto: sul prato alla nostra sinistra, rialzato rispetto alla sede del sentiero, spicca una torretta con una specie di grande girasole meccanico a pale. Si tratta di un generatore eolico, costruito parecchi anni fa da un ingegnoso meccanico. Al mutare della direzione del vento, due alettoni fanno mutare il piano di rotazione. L’avvento dei pannelli fotovoltaici avrebbe poi introdotto un nuovo modo di generare energia elettrica, ma questo generatore resta come un elemento simpatico e caratteristico del paesaggio. Alle sue spalle, lontane, occhieggiano due fra le più famose cime del gruppo del Masino, i pizzi Badile e Cengalo. Alla loro destra cima di Arcanzo, cima degli Alli e cima Vicima si elevano sopra il tappeto erboso dell’alpe Scermendone.


Azzolo

Il sentiero sale ancora, poi passa a sinistra della baita più alta ed entra in una splendida pineta. Ci immettiamo in un sentiero che proviene pianteggiante da destra e proseguiamo a sinistra, in piano. Dopo una breve traversata passiamo a sinistra di un piccolo sbarramento in cemento, fatto per trattenere le acque di una sorgente. Poco più avanti vediamo un piccolo stagno delimitato da una staccionata ed un pannello del Parco delle Orobie Valtellinesi che illustra le caratteristiche del Sito di Importanza Comunitaria Val Madre.
Siamo usciti dalla pineta e piegando a sinistra scavalchiamo un modesto poggio erboso. Sul lato opposto rivediamo la pista. Siamo sul limite occidentale dei prati di Azzolo (m. 1120), termine che sta per un antico “Lagazzuolo”, a sua volta giustificato con tutta probabilità da quella che secoli fa dovette essere una pozza abbastanza grande, ridotta ora a piccolo stagno. L’alpe viene ancora (2018) caricata ed è delimitata da recinzione con filo. Alla nostra destra, un po’ più in alto, vediamo due baite ben ristrutturate. Una è la casera di Azzolo (m. 1120).


Apri qui una panoramica da Azzolo

Restiamo sul lato opposto, cioè sul limite basso dei prati, intercettando la pista già menzionata. Quando questa piega a sinistra salendo, la lasciamo procedendo diritti e restando presso il limite del bosco alla nostra sinistra. Dopo poche decine di metri siamo ad una pianetta, all’ombra d alcuni abeti, con un parapetto in legno posto sul ciglio di un ripido salto roccioso.


Apri qui una panoramica dal Crap de la Guardia

Siamo al Crap de la Guardia, posto di osservazione utilizzato dai Partigiani durante la seconda guerra mondiale. Da qui, in effetti, si dominano non solo le sottostanti Valle di Colorina e Colorina, ma anche la piana fino a Sondrio, il versante orobico ad est e l’intero versante retico sopra Berbenno e Castione. Sopra Berbenno distinguiamo il pianoro di Prati Maslino, l’alpe Vignone ed il pizzo Bello. Più in alto occhieggia la cima turrita e rosseggiante del Corno Bruciato meridionale. Alla sua destra un minuscolo spicchio della cresta sommitale del monte Disgrazia. Più a destra, a monte di Prato Isio, sopra Postalesio, si eleva l’erbosa cima del monte Caldenno. Seguono il monte Canale ed il monte Rolla a monte del colle di Triangia e di Sondrio. Ad est, infine, la media Valtellina va visivamente a morire ai piedi del pianeggiante Corno Baitone, nel gruppo dell’Adamello.


Apri qui una panoramica dalla Casera di Azzolo

Rimettiamoci sulla pista e seguiamola salendo. Dopo un paio di tornanti rientra nella pineta e procede in leggera salita. Dopo un breve tratto, giunti in vista di una semicurva a destra seguita subito da una a sinistra, vediamo a sinistra la partenza di un sentiero che traversa in pineta verso sud-est. Il sentiero è ben marcato, ma camminiamo con attenzione perché il versante alla nostra sinistra è molto ripido. Procediamo con diversi saliscendi, attraversando anche una macchia di faggi.


La cappelletta di don Pietro Libera

Usciamo dalla pineta in corrispondenza della baita più alta dei prati di Corna in Monte (baita con pannelli solari, m. 1023). In realtà non ci rendiamo ancora conto dei prati, perché la baita è circondata dal bosco, ad eccezione di un prato sottostante. Se scendiamo tagliandolo in diagonale verso destra e poi procediamo in piano, arriviamo ad un tempietto in mezzo al bosco, fatto edificare dal sacerdote don Pietro Libera nel 1946 e restaurato dal Gruppo Alpini di Colorina nel 1997 a ricordo dell’Alpino Del Curto Piergiorgio. Vi vediamo una Madonna con Bambino dipinta da Livio Benetti.


Le baite inferiori di Corna in Monte

Tornati sul sentiero principale, lo seguiamo fino al punto in cui termina alla piazzola terminale della pista che sale fin qui da Corna in Monte. Seguendola, compiamo un lungo giro in senso antiorario, passando per il punto nel quale, come indica un cartello, parte il sentiero che traversa alla Casera di Prigiolo. Restando sulla pista giungiamo in vista delle baite più basse di Corna in Monte. Sul loro limite basso troviamo, poco rialzata rispetto alla pista, la chiesetta di Santa Margherita (m. 910). Sulla facciata, sotto il campaniletto a capanna, vediamo due dipinti cinquecenteschi che rappresentano una Deposizione con due angeli e Santa Margherita, protettrice delle partorienti.


La chiesetta di Santa Margherita

Nel 1589 il vescovo di Como Feliciano Ninguarda compie la sua celebre visita  pastorale in Valtellina, di cui dà ampio resoconto, e scrive: "Sulla montagna vi è una frazione di diciassette famiglie, tutte cattoliche, chiamata alla Corna: vi è una chiesa dedicata a Santa Margherita, distante da Colorina mezzo miglio." Un tempo infatti il nucleo di Corna in Monte era tanto abitato (95 abitanti nel 1629) da indurre la richiesta di autonomia religiosa, ottenuta nel 1624 con il distacco da Colorina. Oggi si anima durante i finesettimana e l’estate. Dal prato del sagrato della chiesetta si gode di un ottimo panorama.
Per tornare a Rodolo seguiamo ora la carrozzabile chiusa al traffico dei veicoli non autorizzati che, dopo un paio di tornanti, scende gradualmente con un lungo traverso che taglia il dirupato versante della montagna. La monotonia della traversara è mitigata dagli scorci interessanti che si aprono sulla media Valtellina. Alla fine del lungo tratto diritto ci attende una doppia coppia di tornanti, prima dell’ultimo tratto che ci riporta a Rodolo ed al parcheggio dove abbiamo lasciato l’automobile.


I prati al Piano, sotto Rodolo

VARIANTE: SALITA AL GALLONACCIO. Visto che ci capita di passare per Azzolo, come sopra descritto, perché non approfittarne ed allungare l'escursione di un'ora ed un quarto circa, quel tanto che serve per salire al Gallonaccio e ridiscendere ad Azzolo? Il Gallonaccio era un tempo un alpeggio, ma l'abbandono ha fatto sì che il bosco si sia ripreso gran parte dei prati. Quel poco che ne resta si stringe attorno a due baite, a quota 1420 metri circa.
Ci sono due sentieri che le raggiungono, e probabilmente in futuro ci arriverà anche la pista sterrata che attualmente (2018) termina poco oltre Azzolo. Torniamo ad Azzolo e prendiamo come riferimento le due baite ristrutturate, la Casera ed una seconda baita adibita a rifugio. Le raggiungiamo proseguiamo salendo diritti sulla loro verticale, lungo i prati, fino al limite della pineta. Qui troviamo un sentiero che sale diritto verso sud, con brevi tornantini, all'ombra della fresta pineta. Ne esce ai prati, poco più che una radura, che ospitano la coppia di baite del Gallonaccio.


Sentiero per il Gallonaccio

Il nome curioso è legato alla presenza del gallo cedrone, tipica specie orobica, che ha avuto l'onore di diventare il simbolo stesso del Parco delle orobie Valtellinesi, entro il quale ci muoviamo. Il panorama, per uanto limitato dagli abeti, raggiunge molte delle cime del gruppo del Masino, oltre che una porzione del monte Disgrazia.
Il ritorno ad Azzolo sfrutta il medesimo sentiero di salita.


Baite del Gallonaccio

ANELLO VALLE-CORNA IN MONTE-AZZOLO-BRUCIATE.RODOLO-VALLE

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Valle di Colorina-Corna in Monte-Azzolo-Bruciate-Rodolo-Valle di Colorina
5-6 h
860
E
SINTESI. Parcheggiata l'automobile a Valle di Colorina (m. 289), ci mettiamo in cammino passando a destra del Santuario ed imboccando la prima via a sinistra che sale fra le case della frazione Valle di Colorina, passando per via Berinzi. Lasciate le case alle spalle, procediamo su una pista sterrata che sale appena lungo una fascia di prati sul lato occidentale (destro, per noi) del conoide della Valle del Presio. La pista volge a destra e prosegue nella boscaglia. Passiamo così davanti ad una panchina isolata e ben presto troviamo a destra la partenza della bella e larga mulattiera lastricata che sale verso ovest-nord-ovest lungo il fianco del versante orobico, con andamento regolare. Ignoriamo però questa mulattiera (la sfrutteremo al ritorno) e proseguiamo sulla pista, che si restringe e corre parallela al fianco occidentale del conoide della Valle del Presio. Alla fine si restringe a largo sentiero che volge a destra e comincia a salire lungo il ripido versante. Si tratta di una larga mulattiera, che sale decisa con diversi tornanti e tratti scalinati. Dopo poco più di mezzora passiamo sotto un roccione incombente ed intercettiamo una pista sterrata. La seguiamo per un breve tratto fino a trovare la ripartenza della mulattiera, che in pochi minuti ci porta al limite inferiore di una fascia di prati con un baitone rammodernato (m. 790). Il sentiero si porta alle spalle del baitone, supera su un ponticello in legno un piccolo ruscello e sale leggermente a destra. Oltrepassato in cancelletto il sentiero rientra nel bosco, dove sale con poche serpentine fino ad intercettare una pista, la pista che da Rodolo sale a Corna in Monte. Seguiamo in leggera salita la pista, verso sinistra, e dopo una semicurva a destra, una a sinistra ed un’ultima a destra, ci portiamo alla parte bassa dei prati di Corna in Monte. Vediamo subito sopra di noi, a destra, la chiesetta di Santa Margherita (m. 910). Imboccando poco più avanti un sentierino fra le baite possiamo portarci al suo panoramico sagrato. Tornati sulla pista, la seguiamo salendo con un largo giro in senso orario. Superata la deviazione segnalata del sentiero che si stacca a sinistra per la casera di Prigiolo, proseguiamo fino al termine della pista sterrata. Qui parte un sentiero che traversa in piano verso ovest, in pineta, ne esce passando appena sopra la baita più alta (m. 1023), per poi rientrare in pineta. Procediamo con qualche saliscendi, facendo attenzione perché il versante alla nostra destra è assai ripido. La traversata termina intercettando una pista sterrata, che seguiamo in leggera discesa, verso destra. Ci affacciamo così alla parte alta dei prati dell’ampio ripiano di Azzolo. Alla nostra sinistra, poco più alte, due baite rammodernate, la Casera di Azzolo (m. 1120) ed una baita che funge da rifugio. Seguiamo ora la pista in discesa, con due tornanti dx e sx. Dopo questo secondo tornante la lasciamo scendendo verso destra, raggiungendo una pianetta con una panca in legno ed un parapetto in legno che si affaccia su un pauroso salto di roccia, il panoramico Crap de la Guardia. Tornati sulla pista, la seguiamo per breve tratto, per poi lasciarla prendendo a sinistra e scavalcando un modesto dosso erboso. Sul lato opposto troviamo uno stagno recintato ed un pannello del parco delle orobie Valtellinesi. Oltrepassato il recinto verso destra, passiamo a destra di una piccola presa in cemento ed entriamo, seguendo un marcato sentiero, in una pineta. Troviamo subito il filo d’acqua di una sorgente che esce da un tubo. Seguendo il sentiero in piano, in breve siamo ad un bivio, al quale prendiamo a destra, scendendo ad affacciarsi alla parte alta dei prati delle Bruciate (m. 1035). Imbocchiamo qui un marcato sentiero che scende a sinistra dei prati, ma più basso rispetto al loro livello, delimitato da muretti a secco, fino ad un cartello, che segnala a destra il sentiero che scende per via diretta a Rodolo. Scendiamo a destra e dopo una ripida discesa intercettiamo di nuovo la pista sterrata. Ora abbiamo due possibilità di tornare a Rodolo Possiamo riafferrare sul lato opposto al traccia che scende ripida nella pineta e termina dopo una lunga discesa ai prati alle spalle delle case di Rodolo (nel primo tratto il sentiero non è chiarissimo, diventa più in basso più marcata mulattiera, ben lastricata). Oppure possiamo restare sulla più riposante pista sterrata, che dopo qualche tornante confluisce in una pista più larga, che sale a sinistra verso il Tempietto degli Alpini. Seguendola in discesa verso destra, confluiamo nella carrozzabile asfaltata che sale ad Alfaedo, che si trova un centinaio di metri alla nostra sinistra. Dopo una doverosa visita a questo interessantissimo borgo, torniamo sulla carrozzabile e scendiamo diritti, fino al primo tornante sx. Qui la lasciamo imboccando l’evidente sentiero che se ne stacca sulla destra e traversa in piano un ripido versante (attenzione), in una selva, verso est. Dopo pochi minuti il sentiero si allarga e diventa una larga pista con fondo erboso che ci porta proprio alla facciata della chiesa della B. V. Immacolata di Rodolo, di cui vediamo prima l’imponente campanile. Passando a destra della chiesa, siamo alle case di Rodolo e scendendo per una stretta via, che curva a sinistra, ci riportiamo all’ampio slargo con parcheggio appena a valle del paese. Ora prendiamo a destra, passando a sinistra delle ultime case del paese e di una cappelletta, fino a trovare sulla sinistra una pista che si stacca dalla carrozzabile scendendo leggermente. La imbocchiamo e, ignorata una deviazione a destra, proseguiamo diritti nella discesa, verso sud-est. Scendiamo su un larga mulattiera scalinata, la storica via di accesso da Valle di Colorina a Rodolo. La discesa tranquilla supera alcune vallette ed un tratto con gli evidenti segni di una frana del 2006. Alla fine della discesa intercettiamo la pista che abbiamo percorso all’andata salendo dalle case di Valle di Colorina. La percorriamo scendendo verso sinistra ed in breve torniamo al parcheggio dove abbiamo lasciamo l’automobile.


Apri qui una fotomappa dei percorsi da e per Rodolo

Uno dei più ampi anelli escursionistici che passano per Rodolo è quello che sfrutta la storica mulattiera Valle-Corna in MOnte, tornando poi per la mulettiera gemella Valle-Rodolo.
Per percorrerlo lasciamo la ss38 dello Stelvio al primo svincolo a sinistra all’ingresso di S. Pietro-Berbenno (per chi proviene da Milano), imboccando la Strada Provinciale Pedemontana Retica che procede per un tratto in senso opposto (ovest), portando ad una rotonda, alla quale usciamo a sinistra (terza uscita), portandoci al cavalcavia che scavalca la ss38. Dopo una discesa ed una curva a destra, procediamo verso Fusine ma alla prima deviazione prendiamo a destra, imboccano una strada che scavalca su un ponte con gli archi il torrente Madrasco. Proseguiamo giungendo all’ingresso di Colorina e alla prima rotonda invece di salire al paese usciamo a destra (prima uscita) proseguendo poi diritti sulla Strada Provinciale Pedemontana Orobica, che ci porta davanti al Santuario del Divin Prigioniero dell’Opera Don Folci a Valle di Colorina. Qui possiamo parcheggiare (m. 289).


Il Santuario del Divin Prigioniero a Valle di Colorina

Ci mettiamo in cammino passando a destra del Santuario ed imboccando la prima via a sinistra che sale fra le case della frazione Valle di Colorina, passando per via Berinzi. Lasciate le case alle spalle, procediamo su una pista sterrata che sale appena lungo una fascia di prati sul lato occidentale (destro, per noi) del conoide della Valle del Presio. La pista volge a destra e prosegue nella boscaglia. Passiamo così davanti ad una panchina isolata e ben presto troviamo a destra la partenza della bella e larga mulattiera lastricata che sale verso ovest-nord-ovest lungo il fianco del versante orobico, con andamento regolare. Si tratta della storica via di accesso a Rodolo dal fondovalle (a Rodolo infatti viene chiamata "Via per Valle").


La pista che sale verso l'imbocco della mulattiera

Ignoriamo però questa mulattiera (la sfrutteremo al ritorno) e proseguiamo sulla pista, che si restringe e corre parallela al fianco occidentale del conoide della Valle del Presio. Alla fine si restringe a largo sentiero che volge a destra e comincia a salire lungo il ripido versante.
Si tratta di una larga mulattiera, che sale decisa con diversi tornanti e tratti scalinati, che in passato costituiva la via di accesso principale a Corna in Monte, nucleo nei secoli passati popolato da diverse famiglie, tanto da diventare parrocchia autonoma nella prima metà del Seicento. Ai castagni si sostituiscono gradualmente gli abeti. Passiamo anche a sinistra di una edicola in legno con un dipinto di Madonna con Bambino.


La mulattiera Valle-Corna in Monte

Dopo poco più di mezzora passiamo sotto un roccione incombente ed intercettiamo una pista sterrata. La seguiamo per un breve tratto fino a trovare la ripartenza della mulattiera, che in pochi minuti ci porta al limite inferiore di una fascia di prati con un baitone rammodernato (m. 790).


Il baitone a quota 790 metri

Il sentiero si porta alle spalle del baitone, supera su un ponticello in legno un piccolo ruscello e sale leggermente a destra. Oltrepassato in cancelletto il sentiero rientra nel bosco, dove sale con poche serpentine fino ad intercettare una pista, la pista che da Rodolo sale a Corna in Monte. Seguiamo in leggera salita la pista, verso sinistra, e dopo una semicurva a destra, una a sinistra ed un’ultima a destra, ci portiamo alla parte bassa dei prati di Corna in Monte.
Vediamo subito sopra di noi, a destra, la chiesetta di Santa Margherita (m. 910). Imboccando poco più avanti un sentierino fra le baite possiamo portarci al suo panoramico sagrato. Sulla facciata, sotto il campaniletto a capanna, vediamo due dipinti cinquecenteschi che rappresentano una Deposizione con due angeli e Santa Margherita, protettrice delle partorienti.


La chiesetta di Santa Margherita

Nel 1589 il vescovo di Como Feliciano Ninguarda compie la sua celebre visita  pastorale in Valtellina, di cui dà ampio resoconto, e scrive: "Sulla montagna vi è una frazione di diciassette famiglie, tutte cattoliche, chiamata alla Corna: vi è una chiesa dedicata a Santa Margherita, distante da Colorina mezzo miglio." Un tempo infatti il nucleo di Corna in Monte era tanto abitato (95 abitanti nel 1629) da indurre la richiesta di autonomia religiosa, ottenuta nel 1624 con il distacco da Colorina. Oggi si anima durante i finesettimana e l’estate. Dal prato del sagrato della chiesetta si gode di un ottimo panorama.


Le baite inferiori di Corna in Monte

Tornati sulla pista, la seguiamo salendo con un largo giro in senso orario. Superata la deviazione segnalata del sentiero che si stacca a sinistra per la casera di Prigiolo, proseguiamo fino al termine della pista sterrata. Qui parte un sentiero che traversa in piano verso ovest, in pineta, ne esce passando appena sopra la baita più alta (m. 1023), per poi rientrare in pineta.


Pizzo di Presio visto dalla pista che sale a Corna in Monte

Procediamo con qualche saliscendi, facendo attenzione perché il versante alla nostra destra è assai ripido. La traversata termina intercettando una pista sterrata, che seguiamo in leggera discesa, verso destra. Ci affacciamo così alla parte alta dei prati dell’ampio ripiano di Azzolo. Siamo sul limite occidentale dei prati di Azzolo (m. 1120), termine che sta per un antico “Lagazzuolo”, a sua volta giustificato con tutta probabilità da quella che secoli fa dovette essere una pozza abbastanza grande, ridotta ora a piccolo stagno (ci passeremo accanto).


Apri qui una panoramica da Azzolo

L’alpe viene ancora (2018) caricata ed è delimitata da recinzione con filo. Alla nostra sinistra, poco più alte, due baite rammodernate, la Casera di Azzolo (m. 1120) ed una baita che funge da rifugio. Seguiamo ora la pista in discesa, con due tornanti dx e sx. Dopo questo secondo tornante la lasciamo scendendo verso destra, raggiungendo una pianetta con una panca in legno ed un parapetto in legno che si affaccia su un pauroso salto di roccia.


Apri qui una panoramica dal Crap de la Guardia

Siamo al Crap de la Guardia, posto di osservazione utilizzato dai Partigiani durante la seconda guerra mondiale. Da qui, in effetti, si dominano non solo le sottostanti Valle di Colorina e Colorina, ma anche la piana fino a Sondrio, il versante orobico ad est e l’intero versante retico sopra Berbenno e Castione. Sopra Berbenno distinguiamo il pianoro di Prati Maslino, l’alpe Vignone ed il pizzo Bello. Più in alto occhieggia la cima turrita e rosseggiante del Corno Bruciato meridionale. Alla sua destra un minuscolo spicchio della cresta sommitale del monte Disgrazia. Più a destra, a monte di Prato Isio, sopra Postalesio, si eleva l’erbosa cima del monte Caldenno. Seguono il monte Canale ed il monte Rolla a monte del colle di Triangia e di Sondrio. Ad est, infine, la media Valtellina va visivamente a morire ai piedi del pianeggiante Corno Baitone, nel gruppo dell’Adamello.


Azzolo

Tornati sulla pista, la seguiamo per breve tratto, per poi lasciarla prendendo a sinistra e scavalcando un modesto dosso erboso. Sul lato opposto troviamo uno stagno recintato (forse un'antica pozza, da cui il nome) ed un pannello del parco delle Orobie Valtellinesi. Oltrepassato il recinto verso destra, passiamo a destra di una piccola presa in cemento ed entriamo, seguendo un marcato sentiero, in una pineta. Troviamo subito il filo d’acqua di una sorgente che esce da un tubo. Seguendo il sentiero in piano, in breve siamo ad un bivio, al quale prendiamo a destra, scendendo ad affacciarsi alla parte alta dei prati delle Bruciate (m. 1035).
Imbocchiamo qui un marcato sentiero che scende a sinistra dei prati, ma più basso rispetto al loro livello, delimitato da muretti a secco.


Generatore eolico alle Bruciate

Passiamo così a destra di un curioso manufatto: sul prato alla nostra sinistra, rialzato rispetto alla sede del sentiero, spicca una torretta con una specie di grande girasole meccanico a pale. Si tratta di un generatore eolico, costruito parecchi anni fa da un ingegnoso meccanico. Al mutare della direzione del vento, due alettoni fanno mutare il piano di rotazione. L’avvento dei pannelli fotovoltaici avrebbe poi introdotto un nuovo modo di generare energia elettrica, ma questo generatore resta come un elemento simpatico e caratteristico del paesaggio. Alle sue spalle, lontane, occhieggiano due fra le più famose cime del gruppo del Masino, i pizzi Badile e Cengalo. Alla loro destra cima di Arcanzo, cima degli Alli e cima Vicima si elevano sopra il tappeto erboso dell’alpe Scermendone.


Le Bruciate

Scendiamo fino ad un cartello, che segnala a destra il sentiero che scende per via diretta a Rodolo. Scendiamo a destra e dopo una ripida discesa intercettiamo di nuovo la pista sterrata.
Ora abbiamo due possibilità di tornare a Rodolo Possiamo riafferrare sul lato opposto al traccia che scende ripida nella pineta e termina dopo una lunga discesa ai prati alle spalle delle case di Rodolo (nel primo tratto il sentiero non è chiarissimo, diventa più in basso più marcata mulattiera, ben lastricata). Oppure possiamo restare sulla più riposante pista sterrata, che dopo qualche tornante confluisce in una pista più larga, che sale a sinistra verso il Tempietto degli Alpini.


La chiesa della B. V. Immacolata di Rodolo

Seguendola in discesa verso destra, confluiamo nella carrozzabile asfaltata che sale ad Alfaedo, che si trova un centinaio di metri alla nostra sinistra. Dopo una doverosa visita a questo interessantissimo borgo, torniamo sulla carrozzabile e scendiamo diritti, fino al primo tornante sx.
Qui la lasciamo imboccando l’evidente sentiero che se ne stacca sulla destra e traversa in piano un ripido versante (attenzione), in una selva, verso est. Dopo pochi minuti il sentiero si allarga e diventa una larga pista con fondo erboso.
Passiamo accanto ad una grande baita e ad uno dei due cimiteri del paese ed usciamo dalla selva scavalcando su un ponte, in corrispondenza di una grande briglia, il torrente del Rio Rodolo, che segna il confine fra i comuni di Forcola, che lasciamo, e Colorina. La pista ci porta proprio alla facciata della chiesa della B. V. Immacolata di Rodolo, di cui vediamo prima l’imponente campanile (la facciata della chiesa resta più bassa rispetto al piano della pista, sulla sinistra). Passando a destra della chiesa, siamo alle case di Rodolo e scendendo per una stretta via, che curva a sinistra, ci riportiamo all’ampio slargo con parcheggio appena a valle del paese.


Pista Azzolo-Alfaedo

Ora prendiamo a destra, passando a sinistra delle ultime case del paese e di una cappelletta, fino a trovare sulla sinistra una pista che si stacca dalla carrozzabile scendendo leggermente. La imbocchiamo e, ignorata una deviazione a destra, proseguiamo diritti nella discesa, verso sud-est. Scendiamo su un larga mulattiera scalinata, la storica via di accesso da Valle di Colorina a Rodolo. La discesa tranquilla supera alcune vallette ed un tratto con gli evidenti segni di una frana del 2006. Alla fine della discesa intercettiamo la pista che abbiamo percorso all’andata salendo dalle case di Valle di Colorina. La percorriamo scendendo verso sinistra ed in breve torniamo al parcheggio dove abbiamo lasciamo l’automobile.


La mulettiera Rodolo-Valle di Colorina

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L'anello del Presio 1, 2

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