Maggenghi ed alpeggi a monte di Vione
CARTA DEL PERCORSO - GALLERIA DI IMMAGINI
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Vione-Motta-Campasc'-Bivacco Salina |
5 h |
1600 |
E |
SINTESI. Percorrendo verso Bormio la ss. 38 dello Stelvio, nel tratto fra
Tirano e Grosio, imbocchiamo lo svincolo, sulla destra, per Mazzo, raggiungiamone
il centro e proseguiamo fino ad imboccare l ponte che ci fa passare
dal versante orientale (di destra, per noi che saliamo verso Grosio)
a quello occidentale della Valtellina. Al termine del ponte, stacchiamoci
subito dal tracciato della vecchia ss. 38, sulla sinistra, seguendo
le indicazioni per Vione. Troviamo subito la trecentesca chiesa di S.
Abbondio. A sinistra della chiesa si trova un piccolo parcheggio, dove
possiamo lasciare l’automobile, a quota 580 metri circa. Saliamo alla parte alta del paese ed imbocchiamo la ripida stradella he risale il versante montuoso, con diversi tornanti, verso ovest-nord-ovest, passando per prati
della Motta, disposti su una fascia che va dai 1350 ai 1500 metri, e terminando a Campasc'
(m. 1701). Da qui parte un sentiero che sale deciso in una splendida
pineta. Percorrendolo ed ignorando una deviazione a sinistra che punta
pianeggiante al cuore della valle, usciamo dal bosco e risaliamo l’alto
fianco settentrionale della val Carogna. Attraversato, verso sinistra,
un valloncello laterale, che
confluisce nel suo solco principale (che, a questa quota, è assai
meno marcato ed impressionante), aggiriamo il fianco di un dosso ed
affrontiamo l’ultimo tratto della salita, che ci porta all'alpe ed al bivacco Salina (m. 2174).
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Il
comune di Mazzo in Valtellina si trova sul versante orientale della
valle (sulla destra, per chi sale verso Bormio), ma nel suo territorio
ricade anche una parte del versante montuoso occidentale, che separa
la Valtellina dalla Val Grosina. Proprio su questo versante è
stato recentemente attrezzato un nuovo bivacco, all’alpe Salina,
a 2174 metri di quota.
Si tratta di una struttura utilissima per chi voglia percorrere il Sentiero
Italia, nella sezione che da Tirano passa in Val Grosina e la attraversa
interamente, per poi congiungersi con l’Alta Via della Magnifica
Terra. Il bivacco Salina, infatti, si trova più o meno a metà
strada fra l’alpe Schiazzera, dove si trova il rifugio omonimo,
e Malghera, in Val Grosina, località nela quale, pure, si trova
un rifugio. Chi fosse, dunque, sorpreso da maltempo nella traversata
Schiazzera-Malghera, seconda tappa di questa sezione del Sentiero Italia,
sa di poter contare su un ricovero prezioso.
Si può, tuttavia, salire al bivacco direttamente dal fondovalle,
per la via più breve, da Vione, frazione di Mazzo. Si tratta
di una salita faticosa (5 ore, necessarie per superare 1600 metri di
dislivello), ma molto interessante. Per
raggiungere Vione, usciamo dalla ss. 38 dello Stelvio, nel tratto fra
Tirano e Grosio, allo svincolo, sulla destra, per Mazzo, raggiungiamone
il centro e proseguiamo fino ad imboccare l ponte che ci fa passare
dal versante orientale (di destra, per noi che saliamo verso Grosio)
a quello occidentale della Valtellina. Al termine del ponte, stacchiamoci
subito dal tracciato della vecchia ss. 38, sulla sinistra, seguendo
le indicazioni per Vione. Troviamo subito la trecentesca chiesa di S.
Abbondio. A sinistra della chiesa si trova un piccolo parcheggio, dove
possiamo lasciare l’automobile, a quota 580 metri circa.
Dobbiamo proseguire a piedi, con una camminata di circa quattro ore,
perché la strada che sale sul fianco del monte sopra Vione è
chiusa al traffico. Si tratta però di una bella camminata, che
si affronta volentieri, anche nel periodo invernale, se non c’è
troppa neve. La strada risale lungo le case di Vione (ignoriamo una
deviazione a sinistra) e, nella parte alta, piega a destra, diventando
un ripido tratturo. Superato il cartello di divieto di transito, iniziamo
la salita in una cornice tranquilla, silenziosa e luminosa (qui, anche
d’inverno, la luce non manca, ed il sole, con il suo gradito tepore, accompagna
i nostri passi). Boschi di castagni circondano la strada, il cui fondo
in asfalto cede il posto ad un fondo sterrato. Si potrebbe anche pensare
di effettuare la salita in mountain-bike, ma la pendenza è sempre
piuttosto ripida, e gli sforzi sarebbero davvero considerevoli.
La salita avviene lungo l’ampio dosso delimitato a nord (cioè
alla nostra destra) dalla più modesta val Cornin ed a sud dalla
profonda e cupa val Carogna (nome azzeccato, si direbbe, dal momento
che la valle, nel suo tratto medio ed inferiore, è stretta, incassata,
profonda ed oscura). Superiamo alcune baite ed un ponticello, guadagnando
rapidamente quota. Più in alto comincia una serie regolare di
tornanti. La strada, in questo tratto, tocca, nei tornanti destrorsi,
il ciglio della profonda forra della val Carogna: attenzione a non sporgersi!
Ad un tornante sinistrorso troviamo, in una nicchia scavata nella roccia,
alla nostra destra, il crocifisso denominato “Signur de ‘l
gos” e, al successivo tornante destrorso, ci ritroviamo sul ciglio
del cosiddetto “crap de ‘l Sant”, sul luogo legato
ad un’antica leggenda,
che parla di una prodigiosa seconda venuta del Bambin Gesù. Si
tratta di un vallone dirupato, che scende, con un salto di circa duecento
metri, fino al cuore tenebroso della val Carogna. Di
recente è stato costruito un muretto di protezione, perché
scivolare giù dal ciglio sarebbe cosa da non augurare neanche
al peggiore nemico. Dal cuore della forra sembra emergere un respiro
gelido, e sale il rumore del torrente che ne percorre il fondo. Il fianco
dirupato del versante opposto della valle è davvero impressionante.
Narrano che su questo versante lavorasse, un giorno, un gruppo di boscaioli,
che si misero a bestemmiare per la fatica connessa con il terreno ripido
ed insidioso. Passava di lì il diavolo che volle cogliere l’occasione
di portarsi via, all’inferno, quelle anime in peccato mortale,
scagliando su di loro un enorme masso. Ma prima che potesse farlo Dio
Padre, impietosito per quei poveri boscaioli, mandò ancora una
volta il proprio Figlio, il Bambino Gesù, che, ponendo il proprio
pugno sul masso, lo fermò prima che rotolasse sugli sventurati.
Possiamo ancora vedere le impronte del pugno del Bambin Gesù
e della mano del diavolo, ma dobbiamo guardare con un po’ di attenzione.
Si trovano sulla roccia a destra del ciglio della strada, più
o meno in corrispondenza del punto in cui si comincia ad impegnare il
tornante. Non sono di grandi dimensioni: l’impronta del pugno
corrisponde proprio a quella del pungo di un bambino. Sono poste a distanza
di pochi centimetri l’una dall’altra, quella del pungo a
sinistra rispetto all’altra. Si
riconoscono perché sono concavità con bordi nettamente
arrotondati, e si staccano dalle altre venature della roccia, che hanno
contorni spigolosi.
Siamo in prossimità della località “Zambèl”,
oltrepassata la quale si raggiungono i “Mürèi”
ed i prati della Motta. Proseguiamo, dunque, fino ai luminosi prati
della Motta, disposti su una fascia che va dai 1350 ai 1500 metri circa.
Di qui il panorama è davvero splendido, verso sud e verso est.
Su una baita troveremo anche un grazioso dipinto, che raffigura Gesù
Bambino fra le braccia della Madonna, circondato da S. Stefano, a sinistra,
e da S. Antonio, a destra. Due sono le ore di cammino necessarie per
raggiungerli partendo dalla chiesa di S. Abbondio.
Proseguendo nella salita, sempre sulla strada sterrata, ne raggiungeremo
il punto terminale ai prati superiori della località Campasc'
(m. 1701). Da qui parte un sentiero che sale deciso in una splendida
pineta. Percorrendolo ed ignorando una deviazione a sinistra che punta
pianeggiante al cuore della valle, usciamo dal bosco e risaliamo l’alto
fianco settentrionale della val Carogna. Attraversato, verso sinistra,
un valloncello laterale, che
confluisce nel suo solco principale (che, a questa quota, è assai
meno marcato ed impressionante), aggiriamo il fianco di un dosso ed
affrontiamo l’ultimo tratto della salita.
Alla fine, dopo circa 5 ore di cammino da Vione, raggiungiamo l’alpe
Salina (m. 2174), dove si trova anche l’omonimo bivacco, che si
presenta, improvviso, davanti ai nostri occhi. E' la prima e più
piccola delle due baite dell'alpe. Qui intercettiamo il Sentiero Italia,
nel tratto che congiunge l’alpe Schiazzera, sopra Vervio, all’alpe
Piana, in Val Grosina. Un cartello segnala che, proseguendo verso sinistra
(sud), possiamo raggiungere in 2 ore di cammino il lago di Schiazzera,
in 4 ore Pra’ Baruzzo ed in 6 Tirano. Proseguendo verso destra,
invece, ci possiamo portare in 2 ore e 25 minuti di camino all’alpe
Piana, in 4 ore all’alpe Guinzana ed in 5 ore e 15 minuti a Malghera.
Un’ultima indicazione, per grandi camminatori: seguendo il sentiero
Italia verso sud, cioè verso il lago di Schiazzera, possiamo
affacciarci all’ampia conca dell’alpe e
scendere direttamente, senza effettuare l’ampio giro che conduce
al lago, al rifugio Schiazzera,
dal quale, poi, su breve mulattiera e successiva pista sterrata, possiamo
cominciare una lunga discesa che, passando per Susen, conduce a Vervio,
sul fondovalle. Da Vervio possiamo, infine, salire a recuperare l’automobile
a Vione, dopo circa 10 ore di cammino.
CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
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