Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Frazione Palù di Poggiridenti-Panoramica dei Castelli-Via Inferno-Frazione Palù
1 h e 15 min.
200
T

L’iniziativa degli alunni della scuola primaria di Poggiridenti ha condotto alla riscoperta di un interessantissimo sentierino che da Poggiridenti piano sale alla provinciale Panoramica dei Castelli, ad est del poggio di San Fedele. Si tratta del sentiero del Rat (senté del rat). Cosa abbiano a che fare i roditori con questo sentiero, è difficile dirlo. In alcuni punti, per la verità, si ha l’impressione che un malaccorto scivolone ci possa far fare la fine del topo cadendo in una forra, ma basta un po’ di attenzione per scongiurare questa evenienza. Il Rat (al rat) è, per la verità, il nome della fascia di vigneti, selve, prati e rocce che si trova più ad est rispetto alla fascia di boschi e rocce attraversata dal sentiero.
Questo parte dalla frazione Palù (palü), la più orientale di Poggiridenti piano, nei pressi del confine con il territorio del comune di Tresivio. La raggiungiamo staccandoci, sulla sinistra (per chi procede da Sondrio a Tirano) dalla ss. 38 nei pressi della stazione di Poggiridenti, che si trova subito dopo la semicurva a destra dopo il tirone sul quale sono posti gli altri svincoli che dalla statale portano al paese. Imbocchiamo, così, la via stazione e raggiungiamo un bivio al quale prendiamo a destra. Svoltando, quindi, subito a sinistra raggiungiamo le poche case della contrada, dove possiamo parcheggiare l’automobile. Possiamo giungere fin qui, ovviamente, anche dal centro di Poggiridenti piano: dalla chiesa procediamo verso est, superiamo il ponte sul torrente Rogna e poi prendiamo a sinistra, seguendo il cartello che annuncia che la strada termina a 200 metri.
Parcheggiata l’automobile, proseguiamo superando un lavatoio. Lasciamo quasi subito la stradina asfaltata, che volge a destra e porta all’ingresso di una villa, e superiamo da destra a sinistra e poi di nuovo da sinistra a destra, su una pista sterrata, il fondo cementato del torrentello della val di Vedelìn. Troviamo, quindi, la partenza del sentiero, segnalata da due cartelli, ad una quota di 340 metri. Il cartello di destra dà la cascata a 5 minuti, mentre quello di sinistra dà la cava di Predera a 10 minuti, la gola a 20 minuti ed il mulino del Canain a 45 minuti.
Il sentiero vero e proprio parte da qui, staccandosi sulla sinistra dalla pista sterrata, ma c’è un breve quanto suggestivo preludio prendendo a destra: dopo un breve tratto sulla pista che sale, ad una semicurva a sinistra raggiungiamo il punto dal quale possiamo ammirare una bella cascata del torrente dei Vedelìn, con il suggestivo scroscio dell’acqua che cade da un salto di una ventina di metri.
Ammirata la cascata, non proseguiamo sulla pista (che si dirige alla fascia di vigneti del "Paradìs", sul confine fra Poggiridenti e Tresivio - davanti a noi sta, infatti, il caratteristico sperone roccioso del Calvario di Tresivio), ma torniamo indietro, ai cartelli, dove prendiamo a sinistra, imboccando il sentierino che comincia a risalire deciso il fianco del monte all’ombra della boscaglia, fra acacie, felci e ramificazioni di edera che colonizzano i muretti a secco. Alcuni pannelli che troviamo in diversi punti della salita illustrano gli aspetti naturalistici del percorso. Saliamo per un tratto verso sinistra, poi verso destra, infine diritti, in un tratto scalinato con pioli in legno, fino a trovare un paletto con segnavia rosso. Raggiungiamo, così, una scaletta in sasso a fianco di un muretto a secco.
Dopo un breve tratto a sinistra, il sentiero piega decisamente a destra, fiancheggiato, a monte, da un muro a secco, e ci porta ad un corpo franoso che si stende ai piedi della Predèra del Rat, la cava di pietra verde (la cosiddetta pietra di Tresivio, un cloritoscisto dal caratteristico color verde chiaro, che appartiene alla formazione del Servino dell’età Triassica inferiore) che fu utilizzata in passato per ricavare materiale da costruzione e decorazione pregiato, ancora visibile nel colonnato del cortile interno del Museo di Storia e Arte di Sondrio, in alcuni elementi del Palazzo del Municipio e del palazzo Martinengo, sempre a Sondrio, e nella base del santuario della Santa Casa di Tresivio. Superata la breve fascia di massi, il sentiero piega ancora a sinistra e riprende a salire, proponendo un secondo tratto con scalinatura di pioli di legno e raggiungendo la soglia superiore della cascata che abbiamo ammirato dal basso prima di imboccare il sentiero.
Il sentiero piega, quindi, leggermente a sinistra e prosegue nella salita, proponendo alcuni ripidi tornantini. Volge, quindi, a destra e passa a ridosso di un roccione, affondando subito dopo un punto nel quale siamo quasi stretti fra la parete rocciosa, alla nostra sinistra, ed il salto di una gola, alla nostra destra. È qui che ci può venire in mente la fine del topo: ma una protezione (corrimano) alla nostra destra ci offre la necessaria sicurezza. Superato questo passaggio, ci troviamo a monte dell’impressionante salto della gola, in un punto nel quale l’acqua si sofferma per un breve tratto in una piccola pozza, prima di proseguire la sua corsa verso il piano. La lasciamo alla nostra destra, prendendo a sinistra e salendo su una scaletta in sasso sbalzata dal muro a secco. Proseguendo nella salita, fra muretti a secco, pieghiamo a sinistra, attraversando una macchia di aceri e superando un paletto con segnavia rosso-bianco-rosso.
Superato un sasso scalinato, proseguiamo nella selva, fra robinie e frassini, ma ormai intravediamo, oltre il suo limite superiore, alcune case. Passiamo, così, a sinistra di una selva di noci ed intercettiamo, a quota 530 metri, una pista sterrata che corre pianeggiante. Seguendola verso sinistra, intercettiamo una nuova pista che sale da sinistra. Volgendo a destra, dopo una brevissima salita ci ritroviamo alla strada provinciale n. 21 denominata panoramica dei Castelli, appena a destra del ponte sul torrente Rogna. In questo tratto la strada segna il confine fra i comuni di Poggiridenti, a sud, e Trevisio, a nord. Appena al di là della strada c’è l’edificio del Mulìn del Canaìn, già in territorio del comune di Tresivio, che, alimentato dalle acque del torrente Rogna, serviva per macinare segale e grano saraceno. Camminiamo da circa mezzora ed abbiamo superato un dislivello approssimativo di 200 metri.
Vediamo, ora, come tornare all’automobile per una diversa ed interessante via. Percorriamo verso ovest la panoramica, superando il ponte sul torrente Rogna e tornando così nel territorio di Poggiridenti. Proseguiamo verso il dosso di San Fedele, passando proprio sotto l’imponente chiesa parrocchiale. Impegniamo, quindi, una semicurva a destra, raggiungendo il punto nel quale dalla panoramica si stacca, sulla destra, la strada che sale alla piazza del Buon Consiglio ed alla chiesa. Sulla sinistra, invece, si stacca una stradina, la via Fontanelle: seguiamola e scendiamo, in breve, ad intercettare la via Inferno (o strada provinciale 47, che si stacca anch’essa, sulla sinistra, dalla panoramica, poco più avanti), la quale scende fino alla chiesa di Poggiridenti Piano.
Possiamo, ora, seguirla tranquillamente, oppure sfruttare una larga mulattiera con fondo in risc (denominata "risc dal cian") che la taglia in più punti, scendendo per via più diretta e ripida. Nel primo caso affrontiamo una serie di tornanti sx-dx-sx-dx, piuttosto distanziati, prima degli ultimi brevi tornantini che ci portano alla via Masoni, appena ad est della chiesa: prendendo, ora, a sinistra attraversiamo il torrente Rogna su un ponte e ci riportiamo alla contrada Palù, dove abbiamo lasciato l’automobile. Se, invece, seguiamo il risc scendiamo per un primo tratto verso sud-ovest, poi, attraversata la via Inferno, volgiamo in direzione sud-est (sinistra), tagliando la medesima via, più in basso, una seconda volta ed una terza, prima di raggiungere la via al Risc, che porta al piazzale della chiesa; di qui, procedendo a sinistra, torniamo all’automobile.
Qualunque sia la via scelta, non manchiamo di fermarsi, di tanto in tanto, per ammirare i terrazzamenti che hanno colonizzato i roccioni ai piedi della chiesa della Madonna del Carmine, che si eleva, in alto, come segno della tensione verticale della fede. Il salto roccioso a valle della chiesa è denominato "cràp del Càrmen". Alcuni grandi cartelli ci segnalano che si tratta della zona di produzione delle case vinicole Nera e Bettini; vi si produce la celebre varietà vinicola dell’Inferno. L'intera zona trae, infatti, da esso il nome: si tratta dell'Infèren, che propone un suggestivo mosaico di rocce affioranti, terrazzamenti e vigneti, macchie di robinia e rovere.
Sotto un cartello dell’azienda Nera, proprio sotto la chiesa del Carmine, si può distinguere una grande rientranza della roccia. Si tratta del "böc' de la lébra", chiamato anche "crap de la dària", dal nome della sventurata donna la cui memoria è consegnata a questo luogo. Vi fu relegata, per lungo tempo, una donna, tal Daria, appunto, che aveva contratto una malattia di cui la popolazione temeva fortemente il contagio, la lebbra. Le veniva fornito di che vivere utilizzando una cesta calata dall'alto con una corda. Così racconta un'antica leggenda, che però non ha mai trovato riscontro in documenti storici. Non si sa che fine abbia fatto la sventurata.
E con questo tocco finale di malinconia chiudiamo questo splendido anello, che richiede poco più di un’ora di cammino; il dislivello approssimativo resta di 200 metri.

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