CARTA DEL PERCORSO


Apri qui una fotomappa della Costiera dei Cech


Apri qui una fotomappa degli alti bacini di Visogno e Toate

Quarta giornata: siamo al giro di boa, ed irrompe con prepotenza l'aspetto più propriamente escursionistico di questa settimana, con un'escursione molto impegnativa dal punto di vista fisico, ma sicuramente memorabile.
Anzi, qualcuno, letta la relazione sull'intera settimana, potrebbe decidere di tagliare le prime tre tappe e di cominciare da qui (qualcuno altro potrebbe anche fare il contrario!).
Abbiamo dunque pernottato a Poira; da qui, e precisamente dalla chiesetta, partiamo per una lunga salita che ci porterà fino al limite superiore della val Toate. Dai paraggi della chiesetta di Poira iniziano due importanti sentieri: il primo parte alle spalle di alcune case a sinistra (cioè a nord ovest) della chiesetta e sale al Pra' Sücc e di qui all'alpe Visogno (lo percorreremo a ritroso nella quinta giornata); il secondo parte invece dalla carrozzabile a destra (cioè a nord est) della chiesetta, strada che percorre quasi pianeggiante una bella pineta, per poi cominciare a salire decisa verso Ledino (l'abbiamo percorsa scendendo alla fine della terza giornata).
Incamminiamoci sul secondo sentiero, gustando la bellezza di questi luoghi, dove alcune baite ben curate si inseriscono in una cornice naturale incantevole. Raggiunta Ledino, lasciamo la strada che prosegue pianeggiante verso il vallone della val Toate ed imbocchiamo il sentiero che se ne stacca a sinistra, risalendo deciso un bel bosco. Ad un bivio presso una cappelletta, prendiamo a sinistra (indicazione: Croce, perché il sentiero serve anche per salire alla Croce di Ledino; il sentiero di destra è invece segnalato con l'indicazione Laghi).
Al termine di un bosco che, in autunno, regala uno splendore cromatico raro, raggiungiamo le baite della località Pecc' (o Peccio, a 1613 metri), dove il sentiero attraversa i prati, prima di riprendere a salire sul versante occidentale della val Toate. Dopo alcuni ripidi tornanti, raggiungiamo, non senza fatica, la baita del Colino, a 1937 metri.Qui il sentiero piega a destra, effettuando una lunga diagonale che ci porta sul lato sinistro idrografico della valle, al cospetto del severo corno roccioso della Torre di Bering (m. 2403).
Continuiamo poi la salita rimanendo nei pressi del filo di un ampio dosso, fino a raggiungere il piede del canalino che scende dal passo del Colino orientale (m. 2414; Ercole Bassi, nella sua monografia sulla Valtellina, pubblicata a Milano nel 1890, riporta il toponimo "Culino", che si trova anche nella Val Corta in Val di Tartano e che deriverebbe dal latino "aquilinus", con nobile riferimento alla presenza delle aquile; l'alpe Culino, a valle del passo, caricava allora 45 mucche), che permette di scendere in valle di Spluga ed ai laghi della valle (questo giustifica le indicazioni Laghi che talora troviamo sul percorso). I segnavia rosso-bianco rossi indirizzano a questo passo, mentre noi dobbiamo salire al passo del Colino, che è posto sul lato opposto (occidentale) dell'alta val Toate. Quindi, non appena possibile, compiamo una traversata verso sinistra (nord ovest) e, sfruttando tracce di sentiero o salendo a vista, superiamo un salto costituito da un crinale erboso e detritico, raggiungendo così un singolare pianoro, al centro del quale due grandi massi sembrano delimitare una porta simbolica.
La salita dal pianoro all'evidente sella del passo non è difficile, soprattutto se troviamo la traccia di sentiero che ci permette di superare con minor fatica il declivio detritico che ci separa da esso.
Alla fine raggiungiamo i 2630 metri del passo del Colino occidentale, il punto più alto in questa maratona di sette giorni. Dall'altra parte ci troviamo alla sommità di un ampio canalone detritico (siamo in val dei Ratti), chiuso alla nostra destra dal versante meridionale del monte Spluga (o cima del Desenigo, a seconda delle carte, m. 2845) ed alla nostra sinistra dalla costiera che separa la Valtellina dalla val dei Ratti e che culmina nella cima di Malvedello (m. 2640). Il panorama sulla val dei Ratti è per ora molto limitato, ma ci rifaremo. Si tratta ora di raggiungere un secondo passo, che ci riporterà sul versante valtellinese: si tratta del passo di Visogno, quotato 2574, che sulle carte IGM non ha nome. Lo vediamo già, sulla costiera alla nostra sinistra, e ci appare come una marcata depressione nella cresta della costiera. Per raggiungerlo dobbiamo scendere fino al fondo del vallone, per poi risalire, seguendo i segnavia (che abbiamo lasciato ai piedi del passo di quota 2412), al passo, facendo attenzione perché parte del percorso avviene su un terreno costellato da grandi massi.
L'impressione, in questi luoghi, è di assoluta e misteriosa solitudine: ben difficilmente ci capiterà di imbatterci in qualche altro escursionista, e ci sembrerà di aver scoperto una sorta di valle segreta e nascosta, resa ancor più surreale dallo scenario lunare creato dalla miriade di massi grandi e piccoli. Se, invece di salire al passo di Visogno, continuassimo a scendere seguendo il canalone, ci ritroveremmo in un ambiente ben diverso, cioè nella verdeggiante alpe Primalpia, attraversata la quale verso destra potremmo raggiungere il bivacco Primalpia. Ma questo non rientra nei nostri progetti.
Saliamo dunque al passo, e fermiamoci a gustare il panorama che si apre davanti ai nostri occhi.
Non vediamo l'intera testata della val dei Ratti, ma possiamo ammirarne l'intero settore centro-occidentale e parte di quello orientale. Distinguiamo, da sinistra, l'inconfondibile Sasso Manduino (m. 2888), la punta Magnaghi (m. 2871), le cime di Gaiazzo (m. 2920), il pizzo Ligoncio (m. 3032), il pizzo della Vedretta (m. 2907) e la cima del Calvo (sciöma del munt Splügao monte Spluga, a seconda delle carte, m. 2967).
La discesa in alta val Visogno è facile e si compie sfruttando una labile traccia di sentiero indicata dai segnavia (cerchiamo di non perderli, per evitare inutili giri a vuoto).
Seguiamo così una direttrice che punta a sud ovest e che ci porta, fra grandi massi e magri pascoli, alla meta, che ad un certo punto appare come piccolo oggetto rosso al centro della valle, il bivacco Bottani-Cornaggia. Verso la fine del sentiero troviamo, su un grande masso, l'indicazione per i rifugi Volta ed Omio. Tali indicazioni (che riguarda la direzione opposta alla nostra, cioè la direzione di salita) si giustificano per il fatto che dal passo di Visogno si può scendere, come già detto, in val dei Ratti e quindi raggiungere non solo il bivacco Primalpia, ma anche il rifugio Volta; da quest'ultimo, poi, seguendo il sentiero attrezzato Dario di Paolo, si può salire al passo della Vedretta meridionale e scendere al rifugio Omio in
Valle dell'Oro.
Ma, stanchi come siamo, non abbiamo voglia, ora, di pensare ad altre traversate: il bivacco Bottani-Cornaggia (m. 2327) sarà per noi il punto d'appoggio per il meritato riposo (purché ci siamo ricordati di ritirare le chiavi all'albergo Belvedere di Poira!): abbiamo infatti camminato per sette-otto ore circa ed i nostri piedi implorano pietà.
Il bivacco Bottani-Cornaggia è dedicato alla memoria degli alpinisti Nino Bottani e Siro Cornaggia, ed è collocato, a 2327 metri, fra le balze del circo terminale a monte dell'alpe Visogno, ai piedi della cima di Malvedello (m. 2640); costituisce un ottimo punto di appoggio per chi volesse effettuare interessantissime ma poco praticate traversate, dall'alta Costiera dei Cech alla Valle dei Ratti (bivacco Primalpie e rifugio Volta), per il passo di Visogno, o alla Val Masino (alta Valle di Spluga e Valle dell'Oro, dove si trova il rifugio Omio), per i passi di Visogno, Colino e del Calvo. Teniamo, però, presente che, pur essendo un bivacco, non è sempre aperto, per cui chi intendesse fruirne deve chiedere le chiavi, a Morbegno presso Oscar Scheffer del GAM di Morbegno (tel.: 0342 611022), oppure agli alberghi Scaloni o Ville di Poira, a Poira di Civo, o, infine, da Anselmo Tarca, all’alpe Visogno o al Pre’ Soccio.
Il bivacco è stato posato nel 1983 ed è di proprietà del G.A.M. (Gruppo Aquile di Morbegno), lo stesso che ha anche posato la croce sulla quota 2585, a nord-ovest del bivacco. Dispone di 9 cuccette, un tavolo ed una panchina ribaltabile. Non confidiamo troppo, invece, nella possibilità di procurarci acqua nei dintorni: la Costiera dei Cech è in generale piuttosto arida, per cui è meglio portarne una buona scosta da casa.
Ecco, infine, una variante che rende l'itinerario assai più breve. Alla baita del Colino, invece di salire verso destra, proseguiamo la salita effettuando una diagonale verso sinistra, fino a portarci ai piedi di un largo e ben visibile vallone che si apre sulla costiera occidentale (di sinistra per noi) della Val Toate): si tratta della bocchetta di Toate, che si apre fra la Val Toate ed il circo più alto della Val Visogno. Possiamo risalirlo seguendo qualche segno blu, o anche, senza troppa difficoltà, a vista (è ingombro di massi, ma con un po' di attenzione riusciamo a districarci agevolmente). Alla fine della salita ci troviamo su un ampio pianoro che si trova ad oriente del bivacco, che raggiungiamo facilmente compiendo una traversata a vista, mantenendo più o meno sempre la medesima quota.
Ma cosa ci attende il quinto giorno? Per saperlo, aprite la presentazione che lo racconta.

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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