Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Cristini-Crisci-Campei-Bracciascia
2 h e 30 min.
730
E
SINTESI. Saliamo da Sondrio in Valmalenco; dopo aver attraversato il ponte sul torrente Valdone, saliamo fino ad un tornante sx (la strada qui sale verso Torre di S. Maria), al ci stacchiamo sulla destra procedendo diritti e superando un secondo ponte, oltre il quale lasciamo la strada principale per impegnare uno svincolo segnalato, sulla destra, per Cristini. Imboccata la strada, dopo pochi tornanti siamo a Cristini, dove, ad uno slargo dove termina la strada, possiamo lasciare l’automobile. Ci mettiamo, dunque, in cammino, seguendo le indicaziuoni per Dagua ed i segnavia bianco-rossi; oltrepassate le case e le baite di Cristini, troviamo subito un bivio: il più largo e segnalato sentiero di sinistra sale diritto verso il nucleo di Dagua, per poi traversare a Gianni ed alla Motta di Caspoggio. Non lo seguiamo, ma imbocchiamo il sentierino di destra che ci porta proprio nel solco della valle. Oltrepassato il torrente Frisigaro, ci portiamo sul lato opposto della valle (quello meridionale) e saliamo ad intercettare il sentiero che esce dal nucleo di Zarri. Invece di procedere verso destra, cioè verso le case della frazione, prendiamo a sinistra (direzione nord-est), tornando verso il centro della valle. Il sentierino piega poi bruscamente a destra, risalendo l’ombroso versante della valle in direzione sud, per poi piegare quasi subito a sinistra (direzione est). Oltrepassiamo un rudere di baita (cartello di divieto di caccia), su cui è dipinto un bollo rosso (altri bolli rossi, quasi sempre su tronchi d’alberi, accompagnano la salita). Oltrepassata una grande baita ristrutturata, proseguiamo nella salita inanellando un gran numero di tornantini, nella cornice di un bosco di betulle. Il sentiero piega di nuovo a destra, riprendendo la direzione sud, e sbucando, infine, alle baite del maggengo di Crisci (m. 1268). Sul limite occidentale dei prati, alla nostra destra, vediamo una grande croce. Il sentiero oltrepassa alcune baite isolate, poi piega a sinistra (ignoriamo una deviazione a destra che scende a Spotolo) e si affaccia al poggio oltre il quale si intravvedono le baite del maggengo dei Campèi (m. 1386). Saliti alle baite, troviamo una bandiera italiana ed un cartello su una baita, che reca scritto “Alpe Campei”. Ci portiamo, dunque, al limite alto dei prati, dove, sulla sinistra, individuiamo una sorta di ripido scivolo che sale al limite del bosco. Raggiunto questo limite, cerchiamo il sentierino che sale zigzagando fra betulle e larici, procedendo nel primo tratto in direzione sud-est, poi nord-est, ed infine di nuovo sud-est, fino a sbucare in vista delle baite dell’alpe Bracciascia (m. 1573). Il ritorno a Cristini può avvenire per la medesima via di salita, ma anche, con variante più lunga, passando per Spotolo, Cevo a Marveggia. Se scegliamo questa seconda opzione, scendendo dai Campei lasciamo il sentiero di salita per piegare a sinistra al bivio sopra menzionato. Dopo un tratto in piano, il sentierino attraversa una valletta e, procedendo in direzione sud-est, raggiunge il nucleo di Spotolo (m. 1237). Nella successiva discesa troviamo una lunga serie di tornantini e procediamo in direzione sud-ovest, fino alle baite di Cevo (m. 1034). Scendiamo ancora con quale tornantino, verso ovest, poi pieghiamo a sinistra (direzione sud) e raggiungiamo la frazione di Marveggia (m. 833), alla quale sale un strada asfaltata. La percorriamo, in discesa, fino al primo tornante sx, dove troviamo la partenza del sentiero che traversa in direzione nord-nord-ovest fino a Zarri. Qui, restando nella parte alta del nucleo, troviamo il sentierino che scende al torrente Frisigaro e porta a Cristini.


Apri qui una panoramica della Val Dagua

C'è una Valmalenco che non ti aspetti. Ombrosa, chiaroscurale, silenziosa: semplicemente, bellissima. Tale è la Val Dagua, fra le meno note della Valmalenco. Essa scende ripida dalla bocchetta di Dagua, sul crinale che separa Valmalenco e Val di Togno, poco a sud del pizzo Palino (m. 2686, munt palìn, chiamato "sufrìna olta" a Caspoggio; il suo nome deriva probabilmente da "pala", "rupe", e significherebbe, dunque, "piccola rupe"), il punto di massima elevazione del territorio comunale di Caspoggio, dove convergono i confini dei comuni di Caspoggio, Lanzada e Montagna in Valtellina. La si vede bene da Torre S. Maria ed ha un aspetto impervio e desolato. Il suo ripido solco è percorso dal torrente Frisigaro. Mentre oggi appare un angolo di territorio montano dimenticato dagli uomini per la sua natura selvaggia ed ingrata, in passato fu oggetto di accesa contesa fra le Quadre (e successivamente i comuni) di Torre S. Maria e di Caspoggio. Fu, ad essere precisi, il versante settentrionale ad essere al centro dei contrasti per l’uso dei maggenghi, in tempi nei quali ogni fazzoletto strappato al versante montano per i pascoli e le colture rappresentava un tassello di importanza essenziale nei delicati equilibri di un’economia di sussistenza. Nel 1544 si giunse, quindi, alla definitiva assegnazione degli alpeggi alle Quadre della Valmalenco.


Apri qui una panoramica della Val Dagua vista dalla Val Torreggio (Val del Turéc')

Per garantire una ripartizione equa fra le comunità, alpeggi che rientravano nel territorio di una quadra potevano essere assegnati ad un'altra. Per questo a Caspoggio, in ragione del suo territorio limitato (la sua estensione è, infatti, di soli 6,82 kmq), vennero assegnati anche alpeggi nel territorio della Quadra di Chiesa (alpeggio di Lagazzuolo) ed in quella di Lanzada (a quel tempo la più ricca), come gli alpeggi di Campagneda e la splendida alpe Prabello (prabèl), ai piedi della parete occidentale del pizzo Scalino (che viene, per questo sentito dai Caspoggini un po’ come la loro montagna). Le regolamentazioni del cinquecento non posero, però, termine alle controversie, che proseguirono ed, anzi, si acuirono fino al secolo XIX. In particolare assai duro fu, appunto, lo scontro fra le comunità di Caspoggio e di Torre per lo sfruttamento dei prati della Val Dagua.
Scrivono, a tal proposito, Eliana e Nemo Canetta, nel bell’opuscolo di presentazione del territorio di Caspoggio (“Le tracce dei secoli – Conosciamo meglio il nostro territorio”, Caspoggio, 2006): “Chi conosce la storia delle Alpi sa che gli urti confinari furono tutt’altro che rari e che sovente si giunse alle espteme conseguenze. Spesso infatti i montanari sequestravano il bestiame dei concorrenti, cosa che ovviamente appariva ai danneggiati come un vero e proprio abigeato! Lo stesso successe anche in Val Dagua. Anzi, oggi pare impossibile, i due Comuni si scontrarono a mano armata nella prima metà dell’ottocento, tanto che ci scappò perfino un morto. Finalmente nel 1901 il Tribunale di Milano riconobbe in parte i diritti di Torre…” Ed ancora Nemo Canetta scrive, in “Alta Via della Valmalenco”, sempre in riferimento alla Val Dagua (Vivalda editrice, Torino, 2004): “La valle che oggi ci appare ripida e poco adatta all’attività umana, era per il tempo ricca di messi, di foraggi e di boschi. Naturale che quelli di Torre masticassero amaro e non si rassegnassero a perdere un territorio per loro così vicino ed importante. Spesso vi furono attriti ed in qualche caso anche “incontri di pugilato”. Incredibilmente la contesa arrivò sino agli inizi dell’Ottocento quando leggiamo sul Corriere della Valtellina che “gli abitanti dei due Comuni, indossati gli indumenti della defunta Guardia Nazionale, mossero armati di moschetto a far guerra a quelli dell’altro e l’epica giornata ebbe il suo morto in un bellicoso fornaio”. Solo nel 1901 il tribunale di Milano riconoscerà i diritti di Torre..”


Val Dagua

Oggi la pace regna sovrana sull’intera valle. Non che sia scomparsa ogni presenza umana: nei suoi bei nuclei che rappresentano una sorta di museo etnologico all’aperto si incontrano ancora persone di Torre legate a questa terra, appartata, discreta, rasserenante, dove le ferite del tempo si risanano in un quieto oblio. Ma percorrere i sentieri che si dipanano fra gli antichi abituri è certo un’esperienza inusuale, assai diversa da quella rappresentata dal cammino sui più classici sentieri dell’escursionismo in Valmalenco. Ciò non significa che la superba montagna malenca si defili: i panorami che si godono dalla Val Dagua, per quanto non amplissimi, sono di tutto rispetto.
Ecco una proposta di escursione ad anello, che da Cristini porta a Piazzo Cavalli, passando da Gianni e Pra’ Mosìn, con ritorno dalla Motta di Caspoggio. Per raggiungere Cristini in automobile procediamo così. Lasciamo la ss. 38 dello Stelvio, se proveniamo da Milano, allo svincolo sulla destra in corrispondenza della rampa con la quale inizia la tangenziale di Sondrio. Percorso il rettilineo che immette in Sondrio, ci portiamo alla rotonda all’ingresso dell’abitato e qui svoltiamo a sinistra (indicazioni per la Valmalenco). Dopo i primi tornanti, la strada passa per la conca di Mossini (a 3,5 km da Sondrio), poi, lasciata sulla sinistra la deviazione per Triangia, prosegue addentrandosi sul fianco occidentale della valle. Passiamo, così, nei pressi delle località di Cagnoletti (6,8 km da Sondrio) e Prato (8,3 km). Ignorata la deviazione a destra per Spriana, raggiungiamo, a 10 km da Sondrio, il punto in cui dalla strada provinciale che sale a Torre, ad un suo tornante sx, si stacca, verso destra, la strada che scavalca il Mallero su un ponte e prosegue sul versante opposto della valle (orientale, di destra per chi sale), verso Chiesa, Caspoggio e Lanzada. Ora, poco sopra questo secondo ponte prestiamo attenzione allo svincolo segnalato, sulla destra, per Cristini. Imboccata la strada, dopo pochi tornanti siamo a Cristini, dove, ad uno slargo dove termina la strada, possiamo lasciare l’automobile.
Qui troviamo un pannello con una cartina della Valmalenco, ed un cartello, che reca scritto “Cristini 850 m.” ed indica la partenza del sentiero 357, segnalando Dagua ad un’ora e 10 minuti, Gianni ad un’ora e 40 minuti e Motta di Caspoggio a 2 ore e 10 minuti. Il nucleo dal quale partiamo merita qualche attimo di attenzione. “E’ stata avvalorata l’ipotesi che i due borghi si siano sviluppati attorno a un insediamento preistorico, forse di carattere sacrale. Dalla piazza si evidenzia la disposizione a quadrato delle case e le fortificazioni e feritoie ancora ben visibili, nonostante il rimaneggio delle passate ristrutturazioni, lasciano pensare che il paese fosse chiuso e difeso in ogni lato.” (dal sito www.comune.torredisantamaria.so.it).


Alta Valmalenco

Ci mettiamo, dunque, in cammino, seguendo i segnavia bianco-rossi; oltrepassate le case e le baite di Cristini, troviamo subito un bivio: il più lagro e segnalato sentiero di sinistra sale diritto verso il nucleo di Dagua, per poi traversare a Gianni ed alla Motta di Caspoggio. Se invece imbocchiamo il sentierino di destra possiamo salire ai maggenghi di Crisci e Campei, ed all'alpe Bracciascia, luoghi ancora più affascinanti, nella loro dolce mestizia che culla il ricordo di una vita ormai persa fra le nebbie del passato. Il sentierino ci porta proprio nel solco della valle, al cospetto di un poderoso muraglione di contenimento edificato per porre un argine alla furia del torrente Frisigaro, che solo di rado fa la voce grossa, ma quando la fa può arrecare danni considerevoli.
Oltrepassato il torrente, ci portiamo sul lato opposto della valle (quello meridionale) e saliamo ad intercettare il sentiero che esce dal nucleo di Zarri. Invece di procedere verso destra, cioè verso le case della frazione, prendiamo a sinistra (direzione nord-est), tornando verso il centro della valle. Il sentierino piega poi bruscamente a destra, risalendo l’ombroso versante della valle in direzione sud, per poi piegare quasi subito a sinistra (direzione est). Oltrepassiamo un rudere di baita (cartello di divieto di caccia), su cui è dipinto un bollo rosso (altri bolli rossi, quasi sempre su tronchi d’alberi, accompagnano la salita). Oltrepassata una grande baita ristrutturata, proseguiamo nella salita inanellando un gran numero di tornantini, nella cornice di un bosco di betulle.


Croce dei Crisci (Cruus di Crisc')

Il sentiero piega di nuovo a destra, riprendendo la direzione sud, e sbucando, infine, alle baite del maggengo di Crisci (Crisc', m. 1268). Sul limite occidentale dei prati, alla nostra destra, vediamo una grande croce in ferro, alta 4 metri, posta (ma da qui non ce ne rendiamo conto) sul ciglio di un selvaggio salto roccioso. Oltrepassato un traliccio dell’alta tensione, ci portiamo alla croce (Cruus di Crisc'), dove una targa recita: “A Cristo Re dei secoli nell’alba del secolo XX il popolo di Torre”. Non si tratta di una croce qualsiasi, perché venne commissionata ad una fabbrica di Dongo e collocata qui nel marzo del 1901 a protezione di tutti gli abitanti di Torre S. Maria. Gli abitanti del paese se la presero a turno in spalla, con il peso aggiuntivo di diversi fiaschi di vino per ristorare la salita, e la portarono fino a questi prati, dove don Francesco Folatti, soprannominato per la ragguardevole stazza "el Fulatùn", celebrò una S. Messa con la solenne benedizione.
Guardando verso nord, da un’ampia finestra si innalzano le cime che forse più di tutte le altre sono icona della Valmalenco, cioè la triade del pizzo Tremoggia, del pizzo Malenco e della Sassa d’Entova.
Risaliamo, ora, alle baite, prendendo a destra e procedendo in direzione sud-sud-est. Il sentiero oltrepassa alcune baite isolate, poi piega a sinistra (ignoriamo una deviazione a destra che scende a Spotolo) e si affaccia al poggio oltre il quale si intravvedono le baite del maggengo dei Campèi (m. 1386), già citato negli ordini di Milirolo del 1573 e caricato in passato dai pastori di Zarri e Cristini in primavera ed autunno. Saliti alle baite, siamo accolti da una bandiera italiana e da un cartello su una baita, che reca scritto “Alpe Campei”. Molto interessante il panorama. Verso sud si mostra un’ampia sezione delle Orobie centrali, sulla quale spiccano appena tre arrotondate punte di lancia, ovvero, da sinistra, i pizzi del Diavolo di Malgina e di Tenda e la punta S. Stefano. Ad ovest possiamo scorgere l’intera tormentata parte bassa della Val Torreggio (Val del Turéc'), e colpisce il grande corpo franoso sul lato alla nostra sinistra. Oltre il limite di soglia della bassa valle occhieggiano, con sovrano distacco, i Corni Bruciati. Alla loro destra la ferrigna dorsale segnata dai Corni di Airale, dal pizzo Giumellino, dalla cima Sassersa, dal pizzo Rachele, dal pizzo di Val Orsera e dal monte Braccia. Infine, a nord, la finestra sull’alta Valmalenco si apre dalla punta di Fora alla triade Tremoggia-Malenco-Entova.


Baita ai Campei

L’escursione potrebbe concludersi qui, ma un supplemento di mezzora di cammino può condurci fino alla parte alta di questo sistema di meggenghi-alpeggi, costituito dall’alpe Bracciascia (i Braciasci). Unico problema: nel tratto di bosco da attraversare nella salita il sentiero si indovina appena, per cui bisogna prestare attenzione, soprattutto scendendo. Portiamoci, dunque, al limite alto dei prati, dove, sulla sinistra, individuiamo una sorta di ripido scivolo che sale al limite del bosco. Raggiunto questo limite, cerchiamo il sentierino che sale zigzagando fra betulle e larici, procedendo nel primo tratto in direzione sud-est, poi nord-est, ed infine di nuovo sud-est, fino a sbucare in vista delle baite dell’alpe Bracciascia (Braciàsci, m. 1573), posta sull’ampio crinale che scende verso ovest dal monte Foppa (di cui scorgiamo la cima oltre il limite del versante boscoso a monte dell’alpe). Anche questo maggengo è già citato negli ordini di Milirolo del 1573 e caricato in passato dai pastori di Zarri e Cristini in primavera ed autunno.Dopo aver ben memorizzato lo “zapèl”, cioè la piccola porta disegnata da due massi sulla soglia del bosco (per non perderla al ritorno), saliamo ai prati dell’alpe, per respirare il profumo di profonda solitudine che ora li possiede. Dalla parte alta dei prati possiamo, infine, dominare con un suggestivo colpo d’occhio le valli Torreggio, Giumellino ed Orsera.  La salita fino a qui richiede circa due ore e mezza di cammino, per superare un dislivello approssimativo di 730 metri.


Baite ai Campei

Il ritorno a Cristini può avvenire per la medesima via di salita, ma anche, con variante più lunga, passando per Spotolo, Cevo a Marveggia. Se scegliamo questa seconda opzione, scendendo dai Campei lasciamo il sentiero di salita per piegare a sinistra al bivio sopra menzionato. Dopo un tratto in piano, il sentierino attraversa una valletta e, procedendo in direzione sud-est, raggiunge il nucleo di Spotolo (m. 1237). Nella successiva discesa troviamo una lunga serie di tornantini e procediamo in direzione sud-ovest, fino alle baite di Cevo (m. 1034). Scendiamo ancora con quale tornantino, verso ovest, poi pieghiamo a sinistra (direzione sud) e raggiungiamo la frazione di Marveggia (m. 833), alla quale sale un strada asfaltata. La percorriamo, in discesa, fino al primo tornante sx, dove troviamo la partenza del sentiero che traversa in direzione nord-nord-ovest fino a Zarri. Qui, restando nella parte alta del nucleo, troviamo il sentierino che scende al torrente Frisigaro e porta a Cristini.


Apri qui una panoramica dall'alpe Bracciascia

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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