Fra Valle dell'Oro e Val Porcellizzo
CARTA DEL PERCORSO - GALLERIA DI IMMAGINI - ALTRE ESCURSIONI IN VAL MASINO
Apri qui una panoramica sulla Valle dell'Oro dallo Zocun di Val Porcellizzo
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Bagni di Masino-Pian del Fango-Alpe Sceroia-Zucun-Prima Baita-Bagni di Masino |
4 h |
890 |
E |
SINTESI. All'altezza di Ardenno, dopo il ponte degli archi, ci stacchiamo dalla ss 38 sulla sinistra (per chi proviene da Milano) e saliamo in Val Masino. Superate Cataeggio, Filorera e S. Martino, saliamo fino al termine della provinciale, raggiungendo i Bagni di Masino (m. 1172). Dopo aver parcheggiato nel parcheggio interno, a pagamento, ci incamminiamo lungo il sentiero che
parte nei pressi dell’edificio dei Bagni di Masino; ignorata la deviazione
a destra, segnalata, per la Gianetti, superiamo, su un ponticello, il
torrente, Un cartello dell'anello dell'alpe Sceroia dà il Piano di Porcellizzo a 3 ore. Procediamo in direzione del bosco e sul suo limite, ignorato il sentiero che procede diritto, prendiamo la mulattiera segnalata che sale verso destra ed inizia la salita, con
una pendenza sempre piuttosto impegnativa, verso nord-ovest e nord, in una faggeta, dalla quale usciamo al bel poggio del pian del Fango (m. 1590). Ignoriamo il sentiero che prosegue per il rifugio Omio ed imbocchiamo la deviazione, a destra (segnalata da un cartello presso una baita) per l'alpe Sceroia (sentiero Life delle Alpi Retiche). Guidati dai segnavia bianco-rossi, ci immergiamo, dunque, in una fresca
pineta, procedendo in direzione nord. La traccia è stretta ma
ben marcata, ed esce dal bosco scendendo, fra alcuni massi, per un tratto,
fino al punto di guado di un torrentello che scende dal selvaggio ramo
settentrionale della Valle dell’Oro. Sul lato opposto troviamo
una radura, dove il sentiero, con traccia assai
debole, volge a sinistra e comincia a salire, ripido, proponendo alcuni
tornanti, prima di volgere a destra, rientrando nella pineta. Poi gli
alberi si diradano, e raggiungiamo l’ampio anfiteatro dell’alpe
Sceroia, dietro la quale emergono, come da un mare di verde intenso,
i grigi giganti della testata della Val Porcellizzo.
Seguendo i segnavia, raggiungiamo il limite inferiore dell’alpe
e volgiamo a sinistra, salendo, a zig-zag, fino alla baita quotata m. 1785. Piegando a destra ed assumendo di nuovo la direttrice
verso nord, proseguiamo nella salita graduale, circondati da pascoli
e da qualche rado larice. Un tratto scalinato ci permette di superare
l’ultimo gradino che ci nasconde alla vista il cuore dell’alpe
Sceroia, dove si trova il baitone di quota 1961. Il sentiero supera il baitone, passando vicino ad una croce in legno, prosegue salendo ad un dosso
boscoso, per poi scendere verso est al limite inferiore
del pianone della Val Porcellizzo, sul lato opposto del torrente rispetto
a quello raggiunto dal sentiero per il rifugio Gianetti. Una serrata sequenza di
massi infissi nel terreno e corredati da segnavia bianco-rossi dettano
il percorso fino al ponte sul torrente Porcellizzo, dove il Sentiero Life si immette,
per un breve tratto, nel sentiero per il rifugio Gianetti. Non attraversiamo il ponte verso destra, ma restiamo a sinistra
e, per un breve tratto, saliamo sul sentiero: al primo tornante verso
sinistra, però, dobbiamo staccarcene sulla destra, verso nord, seguendo le
indicazioni del Sentiero Life (targa gialla su un grande masso, segnavia
rosso-bianco-rossi e bianco-rossi). Il Sentiero Life, infatti, effettua
un grande giro che abbraccia, in senso
orario, l’intero pianone del Porcellizzo. Saliamo ancora un po’, fra pascoli e massi, poi procediamo quasi
in piano, su traccia di sentiero, lungo il bordo rialzato del pianone,
ad una quota approssimativa di 2000 metri. Alcuni ponticelli di legno
o di massi affiancati ci aiutano a superare i viversi torrentelli. Raggiunta la parte settentrionale del pianone, volgiamo a destra. Altri ponti in legno ci assistono
nella seconda parte del circuito, che termina, dopo una breve discesa,
sempre nei pressi del ponte sul torrente principale, questa volta, però,
sul lato opposto del pianone (quello di sinistra, per chi scende).
Ci portiamo quindi alla casera del Porcellizzo (m. 1899), proseguendo sul sentiero che scende
verso i Bagni di Masino. Il sentiero corre, quindi, a ridosso di una
parete di roccia, a sinistra, ed il torrente
a destra. ed inizia la lunga discesa lungo la media valle. Il sentiero taglia dapprima una fascia di prati, poi incontra una sorgente (segnalata) e scende
fino ad attraversare il torrente che scende, lungo un impressionante
scivolo di granito, dalla val Sione. Dopo una svolta a destra,
prosegue nella discesa lungo il ripido versante di pascoli a sinistra
del vallone del torrente, prima di piegare a sinistra e di assumere
un andamento meno ripido.
Superata una seconda fonte, sempre sulla sinistra, siamo agli enormi massi delle
Termopili, che il sentiero attraversa, portandosi poi alla Corte Vecchia, o prima casera
del Porcellizzo (m. 1405). Qui lasciamo il Sentiero LIFE che prende a sinistra e proseguiamo diritti sulla marcata mulattiera che scende in una fitta abetaia, con diversi tornanti, uscendone ai prati dei Bagni di Masino, attraversando i quali torniamo al parcheggio dove abbiamo lasciato l'automobile. |
I Bagni di Masino
Fra le molteplici escursioni che hanno come base i bagni di Masino la meno nota è sicuramente quella che disegna un anello basso fra Valle dell'Oro e Val Porcellizzo passando per l'alpe Sceroia.
Per raggiungere i Bagni basta percorrere interamente la strada provinciale 9 della Val Masino, che si imbocca staccandosi dalla ss 38 dello Stelvio
all’altezza di Ardenno: oltrepassate Cataeggio ("cataöcc") e San Martino ("san martìn"),
la strada risale la bella Valle dei Bagni, terminando proprio ad un
ponticello sul torrente Màsino (punt dai bàgn), oltre il quale si entra nell’area
dell’Hotel Bagni di Masino, dove è possibile parcheggiare
a pagamento, in un ampio spiazzo, l’automobile (ed in effetti
nei finesettimana estivi o nel periodo di punta della stagione non è
facile trovare parcheggio altrove).
Alla nostra destra troviamo l’antico edificio dei Bagni (i bàgn véc'), costruito
nel 1832 a partire da un preesistente nucleo in legno che risale al
secolo XVII, quando si sentì la necessità di offrire un
ricovero confortevole alle numerose dame che raggiungevano l’allora
isolata e remota valle per avvalersi delle proprietà curative
delle acque termali. A queste ultime, infatti, non ai paesaggi alpini
è legata la fama storica della valle: l’interesse alpinistico
per le cime del gruppo del Màsino è assai recente (data
dagli anni Sessanta dell’Ottocento), mentre fin dall’antichità
questi luoghi accoglievano visitatori che potevano permettersi il costo
del viaggio e desideravano curare affezioni dell’apparato respiratorio
o gastro-intestinale con l’acqua termale, che sgorga da una fonte
alle spalle dei Bagni vecchi ad una temperatura costante di 38 gradi
(e che aveva fama di curare anche i problemi di sterilità femminile). Il
nuovo Hotel dei Bagni (l’albergo nöf dei bagn), unito al vecchio edificio da una passerella di
legno sopraelevata, risale invece al 1883.
Apri qui una panoramica sulla Valle dell'Oro ed il monte Boris dalla piana dei Bagni di Masino
La valle dei Bagni è, in se stessa, piuttosto modesta, ma è
circondata da tre considerevoli anfiteatri alpini. Il più modesto,
sconosciuto e selvaggio è posto a sud dei Bagni, ed è
la Valle della Merdarola ("val da merdaröla"). A nord, invece, si trova la valle più
ampia e famosa dell’intero gruppo del Màsino, la Val Porcellizzo (val do porsceléc').
Ad ovest, infine, ecco la valle dell’Oro, l’unica che, nella
sua solarità, si mostri allo sguardo dalla piana dei Bagni, anche
se il severo gruppo costituito dalle punte Medaccio (medàsc, da "meda", mucchio, quindi monte, in forma dispregiativa) e Fiorelli, sulla
costiera Merdarola-Ligoncio, ne nasconde la parte meridionale (cioè
la val Ligoncio).
Ci incamminiamo quindi lungo
il sentiero che, ignorata la deviazione segnalata per la Gianetti (presso la quale, sulla sinistra, su un enorme abete, si vede ancora il cartello con una vecchia indicazione per i rifugi Omio e Gianetti, che dà il primo ad una quota di 2003 metri, sottostimata di un centinaio di metri), supera
su un ponticello il torrente (punt da sgèra), punta in direzione del bosco, attraversando una fascia di pascoli e ghiaione chiamata "èl chignö". Un cartello dell'anello dell'alpe Sceroia dà il Piano di Porcellizzo a 3 ore.
Apri qui una panoramica sui pizzi Badile e Cengalo dal Pian del Fango
Ci portiamo all'ingresso del bosco, dove troviamo subito un bivio: il sentiero che prosegue diritto è il senté dò ligunc', mentre quello, più largo, che piega a destra è il senté dè l'òr. Seguendo le indicazioni per il rifugio Omio, prendiamo a destra. Iniziamo, così, a salire con una pendenza sempre piuttosto impegnativa, nella cornice di una splendida faggeta. Sotto i nostri piedi sfilano gli innumerevoli massi affioranti, levigati per il passaggio di tanti alpigiani ed escursionisti. Una curiosità geologica: non si tratta, è facile accorgersene, del granito, signore del gruppo del Masino, ma del serpentino, che in questo angolo della valle fa, si può ben dirlo, da intruso inatteso. Stiamo risalendo
il fianco settentrionale della valle, ed usciamo ad una prima più
modesta radura, per poi raggiungere, ignorate alcune deviazioni a destra, dopo circa tre quarti d’ora
di cammino, il bel poggio costituito dal pian del Fango (córt dai fènch, m. 1590). Questa radura acquitrinosa costituisce non solamente un buon punto di sosta, ma anche e soprattutto
un ottimo osservatorio sull'angolo meridionale dell'anfitreatro dell'Oro (Val Ligoncio), alla nostra sinistra, ma anche sulla sorella maggiore, la Val Porcellizzo, della
quale si mostra da qui un suggestivo squarcio, con i pizzi Badile (badì) e
Cengalo (cìngol, dal latino "cingulum", da cui anche "seng" e "cengia", stretto risalto di roccia) in evidenza.
Ignoriamo il sentiero che prosegue per il rifugio Omio ed imbocchiamo la deviazione, a destra, verso nord (segnalata da un cartello presso una baita) per l'alpe Sceroia (sentiero Life delle Alpi Retiche).
Apri qui una panoramica sull'alpe Sceroia
Guidati dai segnavia bianco-rossi, ci immergiamo, dunque, in una fresca
pineta, procedendo in direzione nord. La traccia è stretta ma
ben marcata, ed esce dal bosco scendendo, fra alcuni massi, per un tratto,
fino al punto di guado di un torrentello che scende dal selvaggio ramo
settentrionale della Valle dell’Oro. Sul lato opposto troviamo
una radura, dove il sentiero, con traccia assai
debole, volge a sinistra e comincia a salire, ripido, proponendo alcuni
tornanti, prima di volgere a destra, rientrando nella pineta. Poi gli
alberi si diradano, e raggiungiamo l’ampio anfiteatro dell’alpe
Sceroia, dietro la quale emergono, come da un mare di verde intenso,
i grigi giganti della testata della Val Porcellizzo ("val do porscelécc").
Seguendo i segnavia, raggiungiamo il limite inferiore dell’alpe
e volgiamo a sinistra, salendo, a zig-zag, fino alla baita quotata m. 1785. Piegando a destra ed assumendo di nuovo la direttrice
verso nord, proseguiamo nella salita graduale, circondati da pascoli
e da qualche rado larice. Un tratto scalinato ci permette di superare
l’ultimo gradino che ci nasconde alla vista il cuore dell’alpe
Sceroia (munt da sceróia), dove si trova il baitone di quota 1961 (baitùn da sceróia).
Lo Zucun
L'alpeggio, di grande importanza, venne venduto nel 1054 da Filippino Parravicini ad un Vicedomini di Piussogno. Anche quest’alpe
non è ancora deserta (attenzione, quindi, all’immancabile
cane da pastore), nonostante il numero dei capi di bestiame sia assai
ridotto rispetto al passato. È, questo, un angolo della Val Porcellizzo sconosciuto ai più, in quanto rimane nascosto a coloro che salgono
al rifugio Gianetti per il percorso classico. Dietro il baitone, ammiriamo
il familiare succedersi delle imponenti cime della testata, i pizzi
Badile, Cengalo, Gemelli e del Ferro occidentale (o cima della Bondasca).
Il sentiero supera il baitone (baitùn) e, passando vicino al "crosùn" (croce in legno eretta presso un ciglio dal quale precipitò, diversi decenni fa, un'intera mandria in una notte di tremenda tempesta), prosegue salendo ad un dosso
boscoso che nasconde l’alpe alla vista di coloro che transitano
sul sentiero per la capanna Gianetti, per poi scendere al limite inferiore
del pianone della Val Porcellizzo ("val do porscelécc"), sul lato opposto del torrente rispetto
a quello raggiunto dal sentiero per la Gianetti.
Una serrata serie di
massi infissi nel terreno e corredati da segnavia bianco-rossi dettano
il percorso fino al ponte sul torrente Porcellizzo, dove il Sentiero Life si immette,
per un breve tratto, nel sentiero per la Gianetti.
Non attraversiamo, dunque, il ponte verso destra, ma restiamo a sinistra
e, per un breve tratto, saliamo sul sentiero: al primo tornante verso
sinistra, però, dobbiamo staccarcene sulla destra, seguendo le
indicazioni del Sentiero Life (targa gialla su un grande masso, segnavia
rosso-bianco-rossi e bianco-rossi). Il Sentiero Life, infatti, effettua
un grande giro che abbraccia, in senso
orario, l’intero pianone del Porcellizzo (detto
anche “Zucùn”, cioè grande buca, catino).
Scendendo dallo Zucun
Saliamo ancora un po’, fra pascoli e massi, poi procediamo quasi
in piano, su traccia di sentiero, lungo il bordo rialzato del pianone,
ad una quota approssimativa di 2000 metri. Alcuni ponticelli di legno
o di massi affiancati ci aiutano a superare i viversi torrentelli che
dall’ampio salto glaciale che ci separa dal circo terminale della
valle scendono al pianone. Luogo davvero suggestivo, questo pianone.
Un tempo, molto probabilmente, era occupato da un lago di origine glaciale,
che ora, purtroppo, non c’è più. Resta, al centro
della piana erbosa che ne costituisce il cuore, un grande e squadrato
masso erratico, che sembra giunto fin lì da una qualche remota
regione del tempo.
Raggiungiamo, così, la parte più interna del pianone,
costituita da una sorta di conca leggermente rialzata rispetto alla
piana principale. Siamo ai piedi di enormi placche di granito, che nascondono
le più famose cime della testata della valle. In compenso, alla
nostra destra, verso est, possiamo ammirare, da un inconsueto e suggestivo
punto di vista, le cime della costiera del Cavalcorto, dall’affilata
punta del pizzo Camerozzo (m. 2876), sulla sinistra, alle punte Bertani
(m. 2803) e Moraschini (m. 2815), più a destra, fino all’affilata
cima del Cavalcorto ("sciöma da cavalcürt", m. 2763), che da qui, però rimane quasi
interamente nascosta. Quel che impressiona sono i vertiginosi salti
di granito che dalla costiera precipitano sui fianchi della valle, quasi
a celebrare il trionfo del regno minerale su quello vegetale, uno dei
temi ricorrenti negli ambienti di Val Masino. Ma, a ben guardare, il
pianone propone un esito alterno della lotta, perché la molteplicità
delle forme di vita vegetali, che trovano il loro equilibrio in questo
ecosistema, fanno da contrappunto, come in un fluire di esili ma tenaci
linee melodiche di flauti e legni, all’incedere perentorio delle
figurazioni degli ottoni di granito. Altri ponti in legno ci assistono
nella seconda parte del circuito, che termina, dopo una breve discesa,
sempre nei pressi del ponte sul torrente principale, questa volta, però,
sul lato opposto del pianone (quello di sinistra, per chi scende).
Non
ci resta che percorrere la parte inferiore della piana, dove si trova
la casera del Porcellizzo (m. 1899), proseguendo sul sentiero che scende
verso i Bagni di Masino. Il sentiero corre, quindi, a ridosso di una
parete di roccia, a sinistra, mentre a destra si affaccia sul torrente
che precipita urlando verso valle. Si chiude così, alle nostre
spalle, quello che è stato definito uno dei più begli
scenari alpini, la corona di cime che regala sfumature di colore sempre
diverse innalzandosi sopra il pianone e lo sterminato circo dell’alta Val Porcellizzo. Inizia la lunga discesa che ci condurrà alla
Corte Vecchia. Il sentiero taglia dapprima una fascia di prati, passando
a sinistra di un calecc, poi incontra una sorgente (segnalata) e scende
fino ad attraversare il torrente che scende, lungo un impressionante
scivolo di granito, dalla misteriosa val Sione. Dopo una svolta a destra,
prosegue nella discesa lungo il ripido versante di pascoli a sinistra
del vallone del torrente, prima di piegare a sinistra e di assumere
un andamento meno ripido.
Scendendo dalla Casera di Porcellizzo
Superata una seconda fonte, sempre sulla sinistra, eccoci ai due enormi
massi che poggiano l’uno sull’altro, lasciando aperta una
porta nella quale il sentiero è costretto a passare. Una scritta
in caratteri greci ci svela la denominazione del luogo: si tratta delle
Termopili (che significa “porte calde”), nome assegnato
ai massi, nel 1878, dal conte Lurani, per analogia con la celebre stretta
porta che, in terra di Grecia, permise agli Spartani, capeggiati da
Leonida, di tener testa allo sterminato esercito persiano, incommensurabilmente
superiore di numero. Meno suggestiva la denominazione locale di còrna büsa (roccia cava). La nostra traversata delle Termopili ha un sapore
assai meno epico, e ci porta direttamente all’ultimo tratto di
sentiero che precede la Corte Vecchia, o prima casera
del Porcellizzo ("préma casèra de porscelécc", m. 1405).
Qui lasciamo il Sentiero LIFE che prende a sinistra e proseguiamo diritti sulla marcata mulattiera che scende in una fitta abetaia, con diversi tornanti, uscendone ai prati dei Bagni di Masino, attraversando i quali torniamo al parcheggio dove abbiamo lasciato l'automobile.
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo (CNS, come quelle sopra riportate), che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line.
CARTA DEL TERRITORIO COMUNALE sulla base della Swisstopo (CNS), che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri).
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