Il difficile ed unico valico diretto fra Val Masino ed alta Valmalenco
Vedretta del monte Disgrazia sotto il passo di Mello
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Piana di Preda Rossa-Rif. Ponti-Bocchetta Roma-Passo di Mello |
6 h |
1500 |
EE |
SINTESI. Saliamo in Val Masino e, dopo Cataeggio e la stretta di Filorera, prendiamo a destra (indicazioni per Preda Rossa). Acquistato il ticket giornaliero di transito, slaiamo lungo la carozzabile che passa per Sasso Bisolo e termina al parcheggio di di Preda Rossa (m. 1955), nei pressi di una presa idroelettrica. Qui seguiamo una pista che passa accanto ad un enorme masso erratico e porta al limite della piana di Preda Rossa (m. 1990). Attraversiamo la piana stando sul suo lato sinistro (segnavia) e sul lato opposto imbocchiamo il marcato sentiero che sale fra blocchi e larici ad un ripiano, dove piega a sinistra. Ignoriamo la deviazione a sinistra per il passo di Romilla (sentiero LIFE) e ci portiamo ai roccioni del versante nord-occidentale della valle, fra i quali il sentiero sale con diversi tornanti, guadagnando rapidamente quota. Vinta la soglia glaciale dell'alta valle, il sentiero prende a destra (direzione nord-est e nord-nord-est), procedendo diritto (segnavia ed ometti) in direzione del già visibile rifugio Ponti. Superata un'ultima valletta, raggiungiamo il rifugio Ponti (m. 2559). A poca distanza dal rifugio dobbiamo ignorare la deviazione, a destra,
per il monte Disgrazia ed il passo di Corna Rossa, seguendo invece i
segnavia rosso-bianco-rossi che ci guidano e descrivono, verso nord,
un arco, il quale dapprima conduce nei pressi della costiera Remoluzza-Arcanzo
(che separa la Valle di Preda Rossa dalla Val Cameraccio), volgendo,
poi, gradualmente a destra, lungo una faticosa fascia di massi, fino
al grande ometto della bocchetta Roma (m. 2840). La discesa dalla bocchetta Roma alla Val Cameraccio richiede molta cautela,
perchè, soprattutto nell'ultima parte, nella quale si tratta
di superare una fascia di rocce, propone qualche passo di arrampicata
assistito da corde fisse e staffe. Attraversato un nevaietto, seguiamo i numerosi segnavia e proseguiamo nella discesa di una
placca di rocce e sfasciumi, fino ad un secondo più piccolo nevaietto.
Oltrepassato anche questo, il percorso assume un andamento quasi pianeggiante;
dobbiamo superare una fascia di massi, approdando infine ad un terreno
più tranquillo. Cominciamo a scendere di nuovo, lungo il crinale
di una morena, in direzione di un microlaghetto. Al termine della discesa, passiamo a valle del laghetto, a quota
2640, attraversando una nuova fascia di grandi massi, che richiedono
una certa attenzione per evitare di scivolare e di infortunarsi.
Non manca molto alla meta: si tratta di sostenere un ultimo sforzo in
salita, sotto lo sguardo severo del monte Pioda che, visto da qui, appare
una possente piramide di granito. Raggiunto il filo di una evidente
e lunga morena, pieghiamo a destra, seguendolo, fino a trovarci improvvisamente
quasi faccia a faccia con il bell'edificio del bivacco Kima, a 2700 metri
circa di quota. Oltre il bivacco, il sentiero piega a sinistra, prosegue
quasi pianeggiante, risale poi una caratteristica placca rocciosa ed
approda ad una nuova fascia di massi. Qui
troviamo, presso un grande masso, l'indicazione della deviazione, a
destra, del sentiero per il passo di Mello. Seguiamola e lasciamo il Sentiero Roma. Davanti ai nostri
occhi si presentano, sul crinale fra la val Cameraccio e la val Sissone,
quattro evidenti depressioni. Guardando da qui non possiamo indovinare
su quale di queste sia collocato il passo. Solo la carta ci aiuta, mostrandoci
che si trova sulla più orientale (destra), collocata immediatamente
a sinistra della lunga propaggine rocciosa che scende ad ovest dalla
cima del monte Pioda. I segnavia sono piuttosto radi, e ci guidano, per un tratto, nella salita
fra grandi massi, che tende a destra. Poi scompaiono, e bisogna proseguire
a vista, risalendo un grande dosso morenico, che dà l'impressione,
illusoria, di condurre proprio in prossimità del passo. Spostandoci
gradualmente verso sinistra, evitiamo la faticosa fascia dei grandi
massi, ma dobbiamo prestare attenzione nella salita su un terreno caratterizzato
da ghiaietta e terriccio, assai scivolosi. Ovviamente questa descrizione
fotografa la situazione che possiamo trovare a stagiona avanzata, quando
la neve si è sciolta. Sormontato il dosso, scopriamo, con delusione,
di aver guadagnato non il passo, ma un falsopiano che si stende ai suoi piedi (la "zòca"), per cui c'è ancora un buon tratto di cammino, anche se ora la pendenza
è meno impegnativa. La
depressione su cui è collocato il passo è ora là,
ben evidente, di fronte ai nostri occhi. La carta ci assicura che in
prossimità del passo è collocato il bivacco Odello-Grandori,
ma lo sguardo non riesce ad individuarlo. Solo con grande attenzione
riusciamo a scovarlo: si trova sulla parte destra della depressione,
ed il suo colore si mimetizza quasi perfettamente con il grigio chiaro
del granito.
La neve, ritirandosi, lascia allo scoperto un terreno cosparso di ghiaia,
terriccio e sassi, talora molto instabili, perché poggiano su
lastre di ghiaccio che non si vedono. Saliamo quindi con attenzione,
fino al gradino roccioso terminale, proprio sotto il passo. Adesso vediamo bene dove dobbiamo
arrivare (lo scatolone del bivacco è proprio lì, poco
sopra il nostro naso), ma è meno evidente la via per arrivarci,
perché sotto il bivacco la parete è piuttosto ripida. Dobbiamo
quindi salire sul fianco sinistro del gradino, sfruttando un canalino non troppo difficile che sale verso
sinistra, e poi prosegue verso destra, pianeggiante, fino al bivacco.
In quest'ultimo tratto, però, è stretto ed esposto, senza
appigli di sicurezza, per cui dobbiamo prestare la massima attenzione, prima di giungere al bivacco Odello Grandori (m. 2992). |
Il bivacco Odello-Grandori
Due sono i passi che
congiungono le due più celebri valli retiche, cioà la
Val Masino e la Valmalenco. Il primo, più facile e più
orientale è il passo di Corna Rossa (m. 2836), che si trova sull'ideale
prolungamento del Sentiero Roma (senté róma) dal rifugio Ponti al rifugio Bosio.
Il secondo, meno agevole da raggiungere, è il passo di Mello,
che congiunge la val Cameraccio, che chiude la Val di Mello, alla val
Sissone (val de sisùm), in alta Valmalenco. Si tratta di un passo poco frequentato,
anche perché la discesa in Val Sissone è assai insidiosa
e richiede una preparazione alpinistica. Salire al passo dalla Val Cameraccio,
invece, non è, a stagione avanzata, troppo difficile.
Il passo è molto alto (m. 2992), ed è raggiungibile partendo
dalla val di Mello o dalla valle di Preda Rossa. Nel primo caso dobbiamo
superare più di 1900 metri di dislivello ed impiegare sei-sette
ore di marcia, partendo dal parcheggio della val di Mello, percorrendola
interamente e salendo in val Cameraccio. Un'interessante
alternativa, quasi equivalente in termini di dislivello complessivo
ma un po' più breve quanto al tempo necessario per raggiungere
il passo (quattro-cinque ore circa) è quella che parte dalla
piana di Preda Rossa.
Apri qui una foto-mappa della Val Cameraccio e della Val di Mello viste dalla bocchetta Roma
Saliamo in Val Masino ed a Cataeggio (cata(i)öc’), centro amministrativo del
comune di Val Masino (m. 787). Proprio al termine della via centrale,
che oltrepassa la chiesa ed il municipio, si trova, in prossimità
del Centro Polifunzionale della Montagna, una deviazione a destra, per
i rifugi Scotti e Ponti. Oltrepassato il torrente Masino (èl fiöm) su un largo
ponte (che, per fortuna, non ha cancellato quello antico, ben visibile
appena più a valle), la strada comincia a salire verso la valle,
tagliando il piede del selvaggio monte Piezza (sciöma da pièsa). Si tratta di una strada
dalla carreggiata ampia e comoda, costruita dall’ENEL negli anni
Sessanta, quando era stato elaborato il progetto di sfruttare la piana
di Preda Rossa per costruire un grande bacino artificiale. Il
progetto venne poi abbandonato, anche in seguito alle proteste di quegli
ambientalisti che, fra il 1966 e 67, diedero vita ad una campagna di
stampa che sottolineava il danno paesistico enorme che una diga in questo
scenario naturale avrebbe comportato. Possiamo percorrerla solo previo acquisto del pass di transito dal distributore posto in prossimità del ponte citato.
La strada raggiunge la località Valbiore (valbiórch, m. 1225), appena a
valle del punto in cui la valle si restringe, accennando ad una gola.
Lo scenario è qui dominato dagli impressionanti segni di due
enormi frane (la prima scesa nel 1976), che si sono staccate dai fianchi
occidentali della valle, lasciando una ben visibile ferita nella roccia.
Sui massi ciclopici disseminati in questo tratto della valle lavorano
i cavatori di marmo, per cui ci potrà capitare di sobbalzare
per lo scoppio di qualche mina. La strada asfaltata è qui interrotta
dalla frana.
È stata di recente costruita una pista alternativa sul fianco
orientale della valle, con un breve tratto in galleria, ma l’accesso
è vietato perché il tracciato non è ancora stato
messo in sicurezza ed il versante è instabile per alcuni smottamenti.
Per la verità molti, soprattutto d’estate, non si curano
né del divieto, né delle sospensioni delle proprie automobili,
e procedono sulla pista il cui fondo, oltretutto, è molto accidentato.
Il risultato è che, nei fine settimana estivi, la piana di Preda
Rossa gareggia con la Val di Mello quanto a brulicare di turisti tutti
intenti a farsi lentamente arrostire
dal sole (che qui non scherza) o ad immergere qualche arto nelle acque
sempre fredde del torrente.
La sterrata, dopo una breve galleria, ritorna, attraversando un ponte,
sul versante opposto (settentrionale) della valle, dove, dopo un breve
tratto, ritroviamo la strada asfaltata. All’ingresso della piana
di Sasso Bisolo è posto, sulla sinistra, il rifugio
Scotti (m. 1500); sulla destra, invece, ci capiterà certamente
di vedere, fino al primo autunno, le mucche al pascolo.
Dopo un lungo rettilineo, la strada comincia ad inanellare i tornanti
che le permettono di superare il gradino roccioso che separa la piana
di Sasso Bisolo da quella di Preda Rossa, fino al piccolo pianoro che
precede la piana di Preda Rossa.
La piana (m. 1900 circa) si apre, gentile,
nella cornice imponente del versante meridionale del monte Disgrazia.
I segnavia ci guidano verso il rifugio
Ponti, che si raggiunge dalla piana in un’ora e 45 minuti.
Raggiunto il limite di sinistra della piana, il sentiero guadagna un
secondo pianoro, prima di inerpicarsi, piegando leggermente a sinistra,
su un gradino roccioso. È, questo, il tratto più faticoso
della salita. Poi il tracciato si fa via via meno ripido e, piegando
di nuovo leggermente a destra, taglia gli ultimi magri pascoli che precedono
il rifugio (m. 2559).
Apri qui una panoramica sull'alta Valle di Preda Rossa
Dal rifugio Ponti dobbiamo ora salire alla bocchetta Roma (m. 2890), lungo il Sentiero Roma (che ci porterà poi, oltre la bocchetta, al bivacco). A poca distanza dal rifugio dobbiamo ignorare la deviazione, a destra, per il monte Disgrazia ed il passo di Corna Rossa, seguendo invece i segnavia rosso-bianco-rossi che ci guidano e descrivono, verso nord, un arco, il quale dapprima conduce nei pressi della costiera Remoluzza-Arcanzo (che separa la Valle di Preda Rossa dalla Val Cameraccio), volgendo, poi, gradualmente a destra, lungo una faticosa fascia di massi, fino al grande ometto della bocchetta Roma.
Rifugio Ponti e monte Disgrazia
Da qui il panorama sulla Val Cameraccio e le laterali settentrionali
della Val di Mello è stupendo. Sul fondo il colpo d'occhio raggiunge
anche la Val Ligoncio. Siamo in cammino da circa 3 ore ed abbiamo superato
1000 metri di dislivello in salita. Il bivacco è già visibile:
prendiamo, come punto di riferimento, il microlaghetto posto approssimativamente
al centro della valle, presso un masso ciclopico, seguendo, poi, il
filo della morena alle sue spalle. Il nostro sguardo incontrerà
la nuova struttura, edificata con pietre raccolte in loco, e quindi
ben inserita nel suo scenario.
La discesa dalla bocchetta Roma alla Val Cameraccio richiede molta cautela,
perchè, soprattutto nell'ultima parte, nella quale si tratta
di superare una fascia di rocce, propone qualche passo di arrampicata
assistito da corde fisse (alle quali, peraltro, è bene assicurarsi
con cordino e moschettone) e staffe. Ulteriore
elemento cui prestare attenzione sono i sassi mobili: se ne parte uno,
diventa un proiettile che rischia di colpire chi sta più in basso.
Alla fine, grazie anche ad alcune staffe, raggiungiamo un nevaietto
ai piedi della fascia di rocce e scendiamo fino al limite inferiore.
Sempre seguendo i numerosi segnavia, proseguiamo nella discesa di una
placca di rocce e sfasciumi, fino ad un secondo più piccolo nevaietto.
Oltrepassato anche questo, il percorso assume un andamento quasi pianeggiante;
dobbiamo superare una fascia di massi, approdando infine ad un terreno
più tranquillo. Cominciamo a scendere di nuovo, lungo il crinale
di una morena, in direzione del microlaghetto, alimentato dal piccolo
ghiacciaio che si annida fra le pieghe del versante meridionale del
monte Pioda (sciöma da piöda, m. 3431), la cima posta immedietamente ad occidente dell'imponente monte Disgrazia (m.
3678). Al termine della discesa, passiamo a valle del laghetto, a quota
2640, attraversando una nuova fascia di grandi massi, che richiedono
una certa attenzione per evitare di scivolare e di infortunarsi.
Non manca molto alla meta: si tratta di sostenere un ultimo sforzo in
salita, sotto lo sguardo severo del monte Pioda che, visto da qui, appare
una possente piramide di granito. Raggiunto il filo di una evidente
e lunga morena, pieghiamo a destra, seguendolo, fino a trovarci improvvisamente
quasi faccia a faccia con il bell'edificio del bivacco Kima, a 2750 metri
circa di quota. Oltre il bivacco, il sentiero piega a sinistra, prosegue
quasi pianeggiante, risale poi una caratteristica placca rocciosa ed
approda ad una nuova fascia di massi. Qui
troviamo, presso un grande masso, l'indicazione della deviazione, a
destra, del sentiero per il passo di Mello (il quale si trova, peraltro,
a sinistra del crinale di nord-ovest del monte Pioda (sciöma da piöda), a 2992 metri,
più o meno sulla verticale del bivacco, - è la più
orientale, cioè quella più a destra, fra le marcate depressioni
sulla testata della Val Cameraccio - ma viene raggiunto da qui con una
prima diagonale verso destra, cioè in direzione est). Il Sentiero
Roma prosegue, poi, verso il passo Cameraccio (2950), il suo punto più
alto, che da qui non si vede. Si vede bene, invece, l'inconfondibile
profilo, a punta di lancia, del pizzo Torrone orientale (m. 3333), sulla
testata della valle omonima.
Il pizzo è, ovviamente, ben visibile anche dal bivacco. Ma non
è l'unica cima che possiamo ammirare da qui. Alla sua sinistra
si vedono anche i pizzi Torrone centrale (m. 3290) ed occidentale (m.
3349), mentre alla sua destra vediamo, infatti, il monte Sissone ("sisùn", in Val Masino, "còrgn de sisùm", in Valmalenco; m.
3331), la punta Baroni (o cima di Chiareggio nord-occidentale, m. 3203)
e le cime di Chiareggio centrale e sud-orientale. Verso sud-ovest, dominiamo
la Val di Mello, sul cui sfondo si distinguono le Valli Merdarola e
Ligoncio, nella Valle dei Bagni di Masino. Alla loro sinistra possiamo
ammirare la costiera Remoluzza-Arcanzo e, sulla sua parte più
alta, scorgiamo ancora il grande ometto della bocchetta Roma. A
nord-est, infine, cioè proprio alle spalle del bivacco, è
sempre il monte Pioda a chiudere, maestoso, l'orizzonte.
Oltre il bivacco, il sentiero piega a sinistra, prosegue
quasi pianeggiante, risale poi una caratteristica placca rocciosa ed
approda ad una nuova fascia di massi. Qui
troviamo, presso un grande masso, l'indicazione della deviazione, a
destra, del sentiero per il passo di Mello (il quale si trova, peraltro,
a sinistra del crinale di nord-ovest del monte Pioda (sciöma da piöda), a 2992 metri,
più o meno sulla verticale del bivacco, - è la più
orientale, cioè quella più a destra, fra le marcate depressioni
sulla testata della Val Cameraccio - ma viene raggiunto da qui con una
prima diagonale verso destra, cioè in direzione est). Il Sentiero
Roma prosegue, poi, verso il passo Cameraccio (2950), il suo punto più
alto, che da qui non si vede. Si vede bene, invece, l'inconfondibile
profilo, a punta di lancia, del pizzo Torrone orientale (m. 3333), sulla
testata della valle omonima.
Il pizzo è, ovviamente, ben visibile anche dal bivacco. Ma non
è l'unica cima che possiamo ammirare da qui. Alla sua sinistra
si vedono anche i pizzi Torrone centrale (m. 3290) ed occidentale (m.
3349), mentre alla sua destra vediamo, infatti, il monte Sissone ("sisùn", in Val Masino, "còrgn de sisùm", in Valmalenco; m.
3331), la punta Baroni (o cima di Chiareggio nord-occidentale, m. 3203)
e le cime di Chiareggio centrale e sud-orientale. Verso sud-ovest, dominiamo
la Val di Mello, sul cui sfondo si distinguono le Valli Merdarola e
Ligoncio, nella Valle dei Bagni di Masino. Alla loro sinistra possiamo
ammirare la costiera Remoluzza-Arcanzo e, sulla sua parte più
alta, scorgiamo ancora il grande ometto della bocchetta Roma. A
nord-est, infine, cioè proprio alle spalle del bivacco, è
sempre il monte Pioda a chiudere, maestoso, l'orizzonte.
Il bivio sentiero Roma-passo di Mello
Ma vediamo come salire dalla deviazione segnalata sul grande masso al passo di Mello. Seguiamola e lasciamo il Sentiero Roma. Davanti ai nostri
occhi si presentano, sul crinale fra la val Cameraccio e la val Sissone,
quattro evidenti depressioni. Guardando da qui non possiamo indovinare
su quale di queste sia collocato il passo. Solo la carta ci aiuta, mostrandoci
che si trova sulla più orientale (destra), collocata immediatamente
a sinistra della lunga propaggine rocciosa che scende ad ovest dalla
cima del monte Pioda.
I segnavia sono piuttosto radi, e ci guidano, per un tratto, nella salita
fra grandi massi, che tende a destra. Poi scompaiono, e bisogna proseguire
a vista, risalendo un grande dosso morenico, che dà l'impressione,
illusoria, di condurre proprio in prossimità del passo. Spostandoci
gradualmente verso sinistra, evitiamo la faticosa fascia dei grandi
massi, ma dobbiamo prestare attenzione nella salita su un terreno caratterizzato
da ghiaietta e terriccio, assai scivolosi. Ovviamente questa descrizione
fotografa la situazione che possiamo trovare a stagiona avanzata, quando
la neve si è sciolta. Sormontato il dosso, scopriamo, con delusione,
di aver guadagnato non il passo, ma un falsopiano che si stende ai suoi piedi (la "zòca"), per cui c'è ancora un buon tratto di cammino, anche se ora la pendenza
è meno impegnativa. La
depressione su cui è collocato il passo è ora là,
ben evidente, di fronte ai nostri occhi. La carta ci assicura che in
prossimità del passo è collocato il bivacco Odello-Grandori,
ma lo sguardo non riesce ad individuarlo. Solo con grande attenzione
riusciamo a scovarlo: si trova sulla parte destra della depressione,
ed il suo colore si mimetizza quasi perfettamente con il grigio chiaro
del granito.
La neve, ritirandosi, lascia allo scoperto un terreno cosparso di ghiaia,
terriccio e sassi, talora molto instabili, perché poggiano su
lastre di ghiaccio che non si vedono. Saliamo quindi con attenzione,
fino al gradino roccioso terminale, proprio sotto il passo. E qui nasce
il dilemma: da che parte salire? Di segnalazioni, infatti, neppure l'ombra
(almeno fino all'autunno del 1999; non so se poi qualche pietosa mano
ha tracciato i provvidenziali segni). Adesso vediamo bene dove dobbiamo
arrivare (lo scatolone del bivacco è proprio lì, poco
sopra il nostro naso), ma è meno evidente la via per arrivarci,
perché sotto il bivacco la parete è piuttosto ripida. Dobbiamo
quindi salire sui fianchi del gradino, quello di sinistra o quello di
destra. Il primo mostra un canalino non troppo difficile che sale verso
sinistra, e poi prosegue verso destra, pianeggiante, fino al bivacco.
In quest'ultimo tratto, però, è stretto ed esposto, senza
appigli di sicurezza, per cui, soprattutto se abbiamo uno zaino ingombrante,
dobbiamo affrontarlo con tutta la cautela di questo mondo. Scegliendo
il lato destro, ci si presenta la difficoltà rovesciata: è
il primo tratto ad essere più delicato, poi possiamo più
agevolmente piegare a sinistra, in direzione del bivacco Odello Grandori.
Dal bivacco al passo di Mello non ci sono che pochi metri. La spaccatura nell'aspro
crinale roccioso ci permette di affacciarci ad uno scenario impressionante.
Gettando
lo sguardo verso nord, distinguiamo il pian del Lupo
e Chiareggio; oltre, la valle del Muretto ed il passo omonimo. Recentemente è stata attrezzata la cengia che consente di toccare la vedretta del Disgrazia e di scendere quindi a Chiareggio per la Val Sissone: la traversata richiede però esperienza alpinistica (sul ghiacciaio si deve procedere in cordata).
Il bivacco, di proprietà del CAAI (Club Alpino Accademico Italiano) è dedicato alla memoria è dedicato alla memoria degli alpinisti, entrambi appassionati di queste montagna, Carla Odello, morta nel 1944 nel tentativo di ascensione invernale della Cima di Vazzeda (Valmalenco), e Nando Grandori, morto nel 1945, per il maltempo, sulla via Solleder alla Civetta. Versa però in condizioni precarie ed è privo di dotazioni.
Le grandi fatiche profuse per la salita sono ripagate da un panorama eccezionale, così descritto da Bruno Galli Valerio, naturalista ed alpinista, in una relazione datata 28 luglio 1904 (in "Punte e Passi", a cura di Luisa Angelici e Antonio Boscacci, Sondrio, 1998):" Il panorama è uno dei più belli che possiamo immaginare: vicino a noi le bianche pareti del Disgrazia e del pizzo Ventina, lontano i giganti del gruppo del Bernina, ai nostri piedi l'immensa vedretta del Disgrazia che muore nel verde dei prati e dei boschi di Forbicina. La chiesetta di Chiareggio si staglia, bianca, sul verde dei prati. Sotto il passo, le rocce cadono a picco e le gande franano continuamente".
Il dislivello superato per giungere fin qui è di circa 1500 metri.
Vedretta del Disgrazia dal passo di Mello
Per tornare, possiamo ripercorre a rovescio il cammino effettuato, oppure, se abbiamo un appoggio al parcheggio di Val di Mello, scendere dalla val Cameraccio. Sconsiglio però questa seconda soluzione, (che potrebbe attrarre perché ci evita i circa 400 metri di salita per approdare alla bocchetta Roma) a chi non conosce il percorso che, sul lato destro (per chi scende) della valle permette di raggiungere la casera del Cameraccio e la parte terminale della val di Mello: è molto facile perdersi, perché esiste solo una traccia di sentiero discontinua, i segnavia sono rari e sbiaditi e qualche ometto non facilita di molto il compito.
Vedretta del Disgrazia dal passo di Mello
Recentemente, infine, è stata attrezzata la via che consente la discesa alla vedretta del Disgrazia e di qui alla Val Sissone ed a Chiareggio, ma la traversata presenta difficoltà di carattere alpinistico. Per diversi motivi. Innanzitutto la presenza di ghiaccio o neve rende molto problematica l'assicurazione alle corde fisse, per cui la discesa, che avviene superando le prime facili roccette e procedendo poi in diagonale da destra a sinistra su ripide placche, è assai insidiosa.
Passo di Mello
Toccata la vedretta del Disgrazia, poi, si deve procedere in cordata e c'è subito da prestare attenzione alla crepaccia terminale, che di solito si attraversa sulla verticale del passo, ma che può richiedere una ricerca laboriosa del punto più facile a seconda delle sue condizioni. Nella successiva discesa, che avviene dalla veticale del passo procedendo in diagonale leggermente a sinistra, bisogna infine prestare attenzione ad altri crepacci.
Val Sissone
Per tutti questi motivi è del tutto sconsigliabile affrontare la discesa dal passo senza una guida. Raggiunto il bordo della vedretta, ci affacciamo all'alta Val Sissone. la successiva discesa avviene sfruttando il fianco destro del grande cordone morenico che si trova alla nostra sinistra. Restiamo così a sinistra del torrente principale che scende dalla vedretta e finiamo per intercettare, duecento metri più in basso, i segnavia gialli dell'Alta Via della Valmalenco, che ci guidano nell'ultima parte della discesa che percorre il fondovalle fino all'alpe Forbesina , al ponte sul Mallero ed a Chiareggio.
APPENDICE: BRUNO GALLI VALERIO AL PASSO DI MELLO
Monte Disgrazia, passo di Mello e testata della Val Sissone (clicca qui per ingrandire)
Riportiamo qui di seguito il testo integrale della descrizione della traversata dalla Val di Mello (capanna Cecilia) a Chiareggio (per la bocchetta Roma ed il pasos di Mello), effettuata il 28 luglio 1904 da Bruno Galli Valerio, nel testo citato ("Punte e Passi", a cura di Luisa Angelici e Antonio Boscacci, Sondrio, 1998):
“28 luglio. Non una nuvola nel cielo. Un'aria calma e calda. Alle cinque, diciamo addio alla capanna. Le gande si susseguono alle gande, mentre risaliamo la valle, dirigendoci verso una depressione della cresta che separa la valle di Sasso Bisolo da quella di Mello, lassa, verso uno sperone roccioso quotato 2997 m. In quel deserto di pietre, non incontriamo che qualche cranio e qualche costola biancheggiante di pecora e di capra. Alle sei, raggiungiamo la depressione the a situata a circa 2800 m. e che potrebbe portare il nome di Passo di Preda Rossa. Sotto di noi si stende l'anfiteatro di Val di Mello, formato da gande, nevai, vedrette e circondato dalle cime del Torrone orientale, dal Sissone e dall'alta cresta che unisce quest'ultimo al Disgrazia. Giù, in fondo pascoli e boschi, e lontan lontano, le cime del Calvo, del Ligoncio e i Mischabel.
Per roccie che franano, per gande e nevai, guadagnamo l'anfiteatro di Val di Mello, che tagliamo di traverso per portarci sotto il Passo di Mello o Passo del Disgrazia. Siamo motto incerti sul punto ove si trovi questo passo. Io propendo per la prima bocchetta, quella che si trova immediatamente al di la dello sperone roccioso che limita a nordovest il ghiacciaio che scende dal Pizzo di Pioda (3427 m.) in Val di Mello. I miei compagni sostengono che il secondo. Per gande e nevai ci portiamo a quest'ultima, che raggiungiamo alle otto e mezzo. Passare è impossibile: Ci troviamo infatti in cima a una parete che cade a picco per qualche centinaia di metri sulla vedretta del Disgrazia.
Monte Disgrazia e monte Pioda
Il passo si trova dunque alla prima bocchetta. Mentre ridiscendiamo in Val di Mello, sentiamo gridare e una silhouette appare sul Torrone orientale e agita le braccia. Rispondiamo al saluto e attacchiamo la vedretta che scende sotto il Passo diMello. E' ripidissimo e lo risaliamo scalinando a zig zag sul suo fianco destro. Raggiungiamo un nevaio e di là la ganda che ci conduce a una larga depressione della cresta: il Passo di Mello (2991 m.).
Il panorama è uno dei più belli che possiamo immaginare: vicino a noi le bianche pareti del Disgrazia e del Pizzo Ventina, lontano i giganti del gruppo del Bernina, ai nostri piedi l'immensa vedretta del Disgrazia che muore nel verde dei prati e dei boschi di Forbicina. La chiesetta di Chiareggio si staglia, bianca, sul verde dei prati. Sotto il passo, le roccie cadono a picco e le gande franano continuamente.
Monte Disgrazia e monte Pioda
Abbiamo l'impressione di un gran salto fin sulla vedretta. Luigi scende lungo le roccie per cercare un passaggio. La discesa è accompagnata da un gran rotolare di pietre che saltano fin sulla vedretta. Dopo qualche tempo, Luigi ci grida che non c'e mezzo di passare. Non sono persuaso e scendo io stesso per esplorare le roccie. Scendendo direttamente sotto la bocchetta o portandosi verso sud-est, è fuor di dubbio che non si passa. Prendendo a nord-ovest, scopro una cengia verdastra e liscia che si restringe avvicinandosi alla vedretta. Sono convinto che quella cengia è la sola via, ma per esplorarla, occorre la corda. Chiamo il Dott. Corti che scende a portarmi la corda, leghiamo Luigi e dopo esserci ben fissati alle roccie, lo mandiamo in ricognizione sulla cengia. Dopo pochi istanti ci grida che si può passare; allora chiamiamo anche i Signori Bezzi e Guicciardi.
Val Sissone
Aiutandoci colla corda, passiamo l'uno dopo l'altro sulla cengia scivolosa che ci conduce ad una sporgenza della roccia che cade a picco sulla vedretta e che da una parte si continua con una punta di neve che risale la crepaccia terminale. La neve è piuttosto sottile e sembra diventarlo sempre pia avvicinandosi al ponte della crepaccia terminale. Bisogna scalinare con precauzione, per non far sprofondare la neve. Sulla lingua di neve, siamo sotto il tiro delle pietre che cadon dall'alto. Fortunatamente, quelle che cadono son piccole e poco numerose e non toccano nessuno. Scendiamo colla più grande attenzione: mentre uno avanza, gli altri stanno fermi, assicurando la corda a una picozza ben affondata nella neve. Più scendiamo più la neve rischia di sprofondare sotto i nostri piedi; e sotto c'e il vuoto.
Monte Disgrazia e monte Pioda
Il ponte sulla crepaccia terminale e si sottile che sconsiglio di passarlo in piedi. Lo passeremo sdraiati, l'uno dopo l'altro. I primi passano bene, io e Luigi passiamo quando il ponte e per meta affondato. Meno male che la crepaccia terminale e piena di neve. Ci troviamo cosi tutti riuniti dall'altra parte, tra la crepaccia terminale e un largo crepaccio. Scendiamo lungo una bella vedretta girando fra crepacci e passando su ponti di neve. Alle due, tocchiamo la morena di sinistra. Seduti sulle pietre, mentre l'acqua pel tè bolle nella pentola, ammiriamo il ghiacciaio del Disgrazia, coi suoi seracs azzurri, sopra il quale si erigono le cime del Ventina e del Disgrazia e la parete grigia che chiude l'anfiteatro e in cui si disegna il Passo di Mello a guisa di una spaccatura rettangolare, limitata a nord-ovest da una gran striscia di roccia bianca.
Val Sissone
Poi scendiamo per la vedretta portandoci a destra. Il ghiaccio è rugoso e si scende facilmente. Solo di tanto in tanto, quando qualcuno dà uno scossone un po' violento alla corda, gli altri si trovano assisi in qualche pozza d'acqua. Le gande ci portano ai primi larici. I resti di una valanga ci permettono di attraversare il flume e di arrivare al sentiero che scende sulla sinistra della valle, traversando boschi e pascoli. A Forbicina (1659 m.) gettiamo uno sguardo indietro e la vedretta ci appare ancor più bella nella verde cornice delle conifere. Alle cinque di sera, siamo a Chiareggio”.
Val Sissone
Monte Disgrazia
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line.
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