CARTA DEL PERCORSO - ALTRI PERCORSI IN VAL MASINO


Apri qui una fotomappa del sentiero da San Martino ad Arcanzo

SAN MARTINO-ARCANZO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
San Martino-Arcanzo
2 h e 30 min.
650
E
SINTESI. Raggiunta San Martino, parcheggiamo l'automobile e ci incamminiamo verso il centro del paese. Attraversata la strada, ci dirigiamo a destra, seguendo le indicazioni per il parcheggio libero (zona mercato). Raggiungiamo così il ponte sul torrente della Valle di Preda Rossa, oltre il quale ci si porta all'area mercato-parcheggio (possiamo ovviamente portarci fin qui in automobile: se siamo fortunati troveremo spazio nell'unico parcheggio libero del paese). Torniamo presso il ponte: senza riattraversarlo in direzione del centro del paese, restiamo sul lato destro (per noi) del torrente. Seguendo l'argine in cemento, raggiungiamo, dopo pochi metri, l'imbocco di un sentiero che si addentra quasi in piano sul lato meridionale (di destra, per noi) della val di Mello. Ben presto, se si fa attenzione, si vede una deviazione a destra, che sale gradualmente nella boscaglia. Il sentiero (senté dè narchènz) si fa poi più evidente e guadagna quota, con alcuni tornanti, in una bella pecceta di abeti bianchi, chiamata con termine dialettale "abièz".  Il sentiero, all'inizio promettente, riserva però una delusione: uscito dalla pineta, sembra perdersi su un terreno segnato da una grande massa franosa. Se però si risale il corpo franoso e, alla sua sommità, ci si sposta verso destra, si ritrova una traccia evidente, che prosegue, con qualche bello scorcio panoramico sulla valle del Ferro, superando una fascia di rocce nei boschi. Bisogna comunque prestare un'attenzione costante: in diversi punti il sentiero può essere perso in un dedalo di false tracce. E' dunque consigliabile, se non si è molto esperti, farsi guidare, per questa escursione, da persone esperte dei luoghi. È, inoltre, bene memorizzare i passaggi meno evidenti, lasciando anche tracce preziose per il ritorno. Per alcune centinaia di metri di dislivello il sentiero sale con direzione complessiva est, proponendo molti tornantini. A quota 1690 metri circa troviamo un bivio. Se prendiamo a sinistra, proseguiamo su una debole traccia, con poche svolte. Risalito un fianco erboso a destra di un dosso, raggiungiamo, dopo una breve traversata a sinistra, le due baite poste a quota 1727, su un piccolo terrazzo dal quale si può godere lo spettacolo della testata della valle del Ferro e, alla sua sinistra, della cima del Cavalcorto e di una parte della testata della Val Ligoncio. Si tratta di due baite poste, più o meno, a metà strada fra gli alpeggi di Arcanzolo (narcanzö) ed Arcanzo (narchènz). La baita più piccola è ancora in discrete condizioni, mentre quella più grande è ridotta a ben poco. Sulla destra delle baite, stando alle carte, parte un sentiero che dovrebbe salire per un breve tratto e biforcarsi in due tracciati, l'uno che scende verso destra ad Arcanzo e l'altro che compie una traversata a sinistra verso Arcanzolo. In ogni caso, si devono evitare "fuori-sentiero": la natura dei luoghi non li permette, in quanto discese a vista con tutta probabilità condurrebbero sull'orlo di precipizi senza sbocco. Per raggiungere Arcanzo ridiscendiamo al bivio di quota 1690 e prendiamo a sinistra (a destra se saliamo), iniziando un lungo traverso verso sud, che taglia il ripido versante boscoso, alternando tratti in piano a tratti in leggera salita. Al termine del traverso il bosco si apre e ci troviamo ad una sorta di piccola porta rocciosa, sul crinale che separa la Val di Mello dal solco principale della Val Masino. La porta ci introduce alla parte alta dei prati che ospitano le baite di Arcanzo (m. 1675).


Cima di Cavalcorto dal sentiero per Arcanzo

Arcanzo (narchènz) è un maggengo-alpeggio che si stende ai piedi (ad ovest) della cima d’Arcanzo (omèt), la prima della costiera Remoluzza-Arcanzo, che separa la Val di Mello dalla Valle di Preda Rossa e dalla Valle di Sasso Bisolo, in Val Masino.
I prati di Arcanzo si sviluppano dal limite basso dei 1400 metri fin quasi ai 2500 metri, su un versante aspro, dove l’uomo ha dovuto faticare non poco per strappare ai ripidi versanti montani lembi di pascolo. Le poche baite sono raccolte ai prati di quota 1675 m.
Da tempo deserto, l’alpeggio era un tempo caricato da un buon numero di capi, ed era di proprietà di quattro famiglie di Filorera (frazione di Cataeggio), i Folla (madrö), i Folla (fóla), i Marchetti (marchèt) ed i Sertori (mastro). La gestione dell'alpeggio era affidata ad una serie di figure fra le quali si istituiva una gerarchia netta. Al vertice stava il caricatore, cui le famiglie dei "lacée", cioè dei contadini che possedevano mucche, affidavano i capi di bestiame. Veniva, poi, il casaro, alla cui sapiente arte era affidata la confezione dei prodotti d'alpe, formaggi e burro. Seguivano il capo-pastore ed i pastori, che, coadiuvati anche da abili cani, sorvegliavano il bestiame e ne governavano gli spostamenti, stando attenti che nessuna mucca cadesse nei dirupi (il che rappresentava un vero e proprio dramma). Infine, i più giovani fungevano da cavrèe (pastori di capre) e cascìn (garzoni d'alpe, cui erano affidati i compiti più umili, in genere ragazzini affidati dalle famiglie ai caricatori d'alpe nella stagione estiva). Arcanzo, per quanto modesto nelle dimensioni, riproduceva questo microcosmo alpino.
Un alpeggio legato ad una certa aura di mistero, a voler dar retta ad una vecchia storia, che racconta di una ragazza che una notte si trovò a dover dormire da sola in una baita dell’alpeggio, e che però non chiuse occhio perché a più riprese udì rumori sinistri fuori della baita e fu presa dal terrore per la presunta presenza di fantasmi, spiriti malevoli, confinati o qualche altra forma di anime senza pace. Sul far del giorno, quando tutto parve tacere, non aspettò neppure un minuto in più e ridiscese a San Martino giurando che non avrebbe più messo piede in alpeggio. Una storia come tante, si dirà, ma certo una testimonianza di come la permanenza in alpeggio non fosse solo un duro tirocinio di disciplina e fatica, ma anche di forza d’animo contro le insidie della malinconia.
Oggi Arcanzo è deserta: ben pochi si spingono fin quassù, nonostante l’escursione non sia lunga e regali scorci panoramici interessantissimi. La via più diretta per salirvi è il vecchio sentiero per il vallone di Arcanzo (val de narchènz), che sale dai prati di Visido (visì). Sentiero sconsigliabile, però: poco battuto, impervio, facile a perdersi. Molto meglio seguire lo storico sentée de Narchènz, usato per condurre le mucche all’alpeggio, che parte da San Martino. Vediamo come.
Il primo paese che si incontra, salendo in Val Masino, Cataeggio (cata(i)öc’, 787 m). L'abitato termina con la frazione di Filorera (felorèra, 841 m), dove si incontra anche la deviazione per la valle di Sasso Bisolo. Se, ignorata questa deviazione, si prosegue, si raggiunge la piana di Zocca, dove campeggia la Preda di Remenno, o Sasso Remenno (943 m).
Oltre la Preda di Remenno la strada, dalla quale sono ben visibili la cima del Cavalcorto e la valle del Ferro, raggiunge San Martino (san martìn, 923 m). Da qui si può proseguire verso i Bagni di Masino, oppure imboccare (quando è permesso) la strada per la val di Mello.
Raggiunta San Martino, parcheggiamo l'automobile e ci incamminiamo verso il centro del paese. Attraversata la strada, ci dirigiamo a destra, seguendo le indicazioni per il parcheggio libero (zona mercato). Raggiungiamo così il ponte sul torrente della Valle di Preda Rossa, oltre il quale ci si porta all'area mercato-parcheggio (possiamo ovviamente portarci fin qui in automobile: se siamo fortunati troveremo spazio nell'unico parcheggio libero del paese).
Torniamo presso il ponte: senza riattraversarlo in direzione del centro del paese, restiamo sul lato destro (per noi) del torrente. Seguendo l'argine in cemento, raggiungiamo, dopo pochi metri, l'imbocco di un sentiero che si addentra quasi in piano sul lato meridionale (di destra, per noi) della val di Mello.


Baite di quota 1727, cima del Cavalcorto e testata della Valle del Ferro

Ben presto, se si fa attenzione, si vede una deviazione a destra, che sale gradualmente nella boscaglia. Il sentiero (senté dè narchènz) si fa poi più evidente e guadagna quota, con alcuni tornanti, in una bella pecceta di abeti bianchi, chiamata con termine dialettale "abièz". 
Il sentiero, all'inizio promettente, riserva però una delusione: uscito dalla pineta, sembra perdersi su un terreno segnato da una grande massa franosa. Se però si risale il corpo franoso e, alla sua sommità, ci si sposta verso destra, si ritrova una traccia evidente, che prosegue, con qualche bello scorcio panoramico sulla valle del Ferro, superando una fascia di rocce nei boschi.
Bisogna comunque prestare un'attenzione costante: in diversi punti il sentiero può essere perso in un dedalo di false tracce.
E' dunque consigliabile farsi guidare, per questa escursione, da persone esperte dei luoghi. È, inoltre, bene memorizzare i passaggi meno evidenti, lasciando anche tracce preziose per il ritorno.


Valle del Ferro dalle baite di quota 1727

Per alcune centinaia di metri di dislivello il sentiero sale con direzione complessiva est, proponendo molti tornantini. A quota 1690 metri circa troviamo un bivio. Se prendiamo a sinistra, proseguiamo su una debole traccia, con poche svolte.
Risalito un fianco erboso a destra di un dosso, raggiungiamo, dopo una breve traversata a sinistra, le due baite poste a quota 1727, su un piccolo terrazzo dal quale si può godere lo spettacolo della testata della valle del Ferro e, alla sua sinistra, della cima del Cavalcorto e di una parte della testata della Val Ligoncio.
Si tratta di due baite poste, più o meno, a metà strada fra gli alpeggi di Arcanzolo (narcanzö) ed Arcanzo (narchènz). La baita più piccola è ancora in discrete condizioni, mentre quella più grande è ridotta a ben poco. Sulla destra delle baite, stando alle carte, parte un sentiero che dovrebbe salire per un breve tratto e biforcarsi in due tracciati, l'uno che scende verso destra ad Arcanzo e l'altro che compie una traversata a sinistra verso Arcanzolo.


San Martino e Valle dei Bagni dalla porta che introduce ad Arcanzo

In ogni caso, si devono evitare "fuori-sentiero": la natura dei luoghi non li permette, in quanto discese a vista con tutta probabilità condurrebbero sull'orlo di precipizi senza sbocco. E', questa, una montagna severa, che non tollera improvvisazioni e che, quindi, va affrontata con il massimo rispetto.
Per raggiungere Arcanzo ridiscendiamo al bivio di quota 1690 e prendiamo a sinistra (a destra se saliamo), iniziando un lungo traverso verso sud, che taglia il ripido versante boscoso, alternando tratti in piano a tratti in leggera salita. Al termine del traverso il bosco si apre e ci troviamo ad una sorta di piccola porta rocciosa, sul crinale che separa la Val di Mello dal solco principale della Val Masino. Ottimo il colpo d'occhio, da qui, su San Martino e la Valle dei Bagni di Masino.


Arcanzo

La porta ci introduce alla parte alta dei prati che ospitano le baite di Arcanzo (m. 1675). Un profondo senso di solitudine ci prende. Dai prati si domina la parte mediana della Val Masino, con Cataeggio. Ottimo anche il colpo d'occhio, a destra, sulla selvaggia costiera Cavislone-Lobbia, che incute timore anche solo a vederla. A sinistra, infine, il profondo solco della Valle di Sasso Bisolo.
Torniamo per la medesima via di salita, evitando ogni variante ed ogni fuori-sentiero: orridi strapiombi sono sempre in agguato, appena oltre la soglia del bosco.


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CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo (CNS), che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line.


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