GALLERIA DI IMMAGINI - CARTA DEL PERCORSO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Novate Mezzola-Codera-Cii-Tracciolino-Verceia
7 h
700
E
Novate Mezzola-Codera-Cii-Tracciolino-San Giorgio di Cola-Tracciolino-Verceia
8 h
850
E
SINTESI. Seguendo la ss 36 dello Spluga raggiungiamo l'imbocco della Valchiavenna e, dopo 2 gallerie, Novate Mezzola. Giunti in vista della chiesa della SS. Trinità, prendiamo a destra e saliamo alla parte alta del paese, parcheggiando al termine della strada, in località Mezzolpiano (m. 316). Qui parte (abbondanti segnalazioni del Sentiero Roma e del Sentiero Italia) una mulattiera ben scalinata, che sale al nucleo di Avedée (m. 790) e si addentra sul fianco occidentale della Val Codera, perdendo quota in un paio di punti, in corrispondenza di altrettante gallerie paramassi. Un'ultima salita porta al cimitero di Codera ed a Codera (m. 825), dove si trovano i rifugi Risorgimento ed Osteria Alpina. Passiamo in mezzo alle antiche baite e ad una serie di cartelli lasciamo il Sentiero Roma per scendere a destra al ponte sul torrente Codera. Sul lato opposto rvoaimo un sentiero che prende a destra ed in breve porta al ponte sul torrente Ladrogno, dopo il quale il sentiero sale a Cii (m. 851) e prosegue nel bosco fino ad intercettare il Tracciolino (m. 910), che seguiamo verso destra, superando la Val Grande. Troviamo poi una dopia deviazione: un sentiero sale a sinistra verso Cola, un secondo scende a destra verso San Giorgio. Dopo un'eventuale visita al nucleo di Cola, vale la pena di scendere a destra sul sentiero che si porta al vallone di Revelaso e riprende sul lato opposto con un passaggio esposto (attenzione), per poi traversare tranquillamente verso ovest-sud-ovest, fino a San Giorgio di Cola (m. 749). Qui ci portiamo al lavatoio e volgiamo a sinistra, salendo a monte del paese. Passiamo così accanto al cimitero e proseguiamo su un senterino che sale diritto ad est e torna ad intercettare il Tracciolino. Lo seguiamo verso destra giungendo ad una serie di gallerie scavate nella roccia. L'ultima è lunga 300 metri ed alla sua uscita il Tracciolino è molto più largo. Una serie di curve e qualche ponte ci permette di superare alcuni valloncelli, mentre comincia ad aprirsi qualche scorcio sulla val dei Ratti, annunciata. Alla fine, la casa dei guardiani della diga di Moledana in valle dei Ratti annuncia che la meta è vicina: dopo circa otto chilometri di cammino (ma l’intero tracciolino supera i dodici chilometri), intercettiamo la bella mulattiera che sale da Verceia a Frasnedo. Scendiamo verso destra e ci portiamo alla località del Piazzo; l'ulteriore discesa sulla carozzabile porta a Verceia. Sfruttando la pista pedonale che bypassa la galleria torniamo a Novate Mezzola.


Apri qui una fotomappa del Tracciolino

Il Tracciolino (o Trecciolino) è uno straordinario percorso che si snoda per circa 12 km, ad una quota costante di circa 912 metri, dalla Val Codera alla Val dei Ratti. Venne tracciato negli anni Trenta del secolo scorso dalla SONDEL per unire la presa idroelettrica di Saline, in Val Codera, alla diga di Moledana, in Valle dei Ratti. Nella sua seconda parte troviamo anche i binari di una ferrovia a scartamento ridotto (con relative traversine), che serviva il villaggio costruito per ospitare gli operai.


Il Vallone di Revelaso

Negli ultimi decenni la sua fama presso gli appassionati dell’escursionismo ma anche della mountain-bike è cresciuta con inarrestabile progressione, tanto da indurre gli amministratori locali a porre in atto una serie di interventi che lo hanno messo in sicurezza. Il fondo è sempre buono, largo almeno 170 cm e in buona parte protetto da corrimano che fungono da protezione, anche se chiunque lo percorra, a piedi o su due ruote, deve conservare sempre la dovuta attenzione.


Il Tracciolino

Al momento (estate 2018) il percorso viene aperti solo nel periodo estivo (è stato aperto per la stagione attuale il 28 maggio 2018). Inoltre, per il ripetersi di eventi franosi e smottamenti nel primo tratto, da Saline alla Val Grande, il primo tratto è chiuso, in attesa della realizzazione del progetto di ponte tibetano di cui però non si intravvede ancora la concretizzazione. Per questo chi volesse percorrerlo deve salire da Novate Mezzola a Codera e da qui percorrere il sentiero Life (o anche sentiero Italia) che passa per Cii e sale ad intercettare il Tracciolino prima dell’attraversamento della Val Grande (da Codera a Moledana lo sviluppo si riduce quindi a 10 km circa). Una variante più breve (utile soprattutto per chi procede a piedi) prevede la salita da Novate Mezzola a San Giorgio di Cola e da lì con sentiero diretto al Tracciolino nel tratto fra Vallone di Revelaso e la Val di Monte.


Il Tracciolino

Gli amanti della mountain-bike optano in genere per il percorso in senso inverso, che offre il vantaggio di poter salire quasi interamente all’imbocco del Tracciolimo su due ruote (una carrozzabile sale infatti da Verceia fino ad una quota di poco inferiore all’intersezione con il Traccolino), mentre da Novate Mezzola, sia che si salga a Codera, sia che si salga a San Giorgio, non vi sono piste per l’accesso, ma solo due mulattiere scalinate in granito. Il Tracciolino è interamente ciclabile, ma non lo è la discesa dal Traccolino a Cii ed a Codera. Molto problematica è anche la mulattiera che da Codera scende a Novate, per cui, in sostanza, l’anello del Tracciolino è ciclabile per una percentuale del 70% circa (a meno che lo si ripercorra a ritroso: in tal caso è ciclabile al 97% circa).


Il Tracciolino


Il fascino del Tracciolino è legato agli scorci incredibilmente selvaggi che non manca di regalare, perché si snoda, nella parte centrale, fra valloni e strapiombi impressionanti e selvaggi. Non è facile trovare altre occasioni per poter camminare in tutta tranquillità sul filo di strapiombi vertiginosi e quasi assediati da roccioni che si piegano ed incombono sopra il capo. A chi procede a piedi conviene disporre di due automobili, da parcheggiare a Mazzolpiano o presso il ponte sul torrente Codera (Novate Mezzola) ed al parcheggio terminale della pista sopra Verceia (accesso previo pagamento di pass al bar del paese), per evitare il lungo e monotono ritorno a piedi da Verceia a Novate.

Raggiungiamo dunque, percorrendo la ss 36 dello Spluga, Novate Mezzola, dove lasciamo la strada statale volgendo a destra e percorriamo interamente la via Ligoncio, fino al suo termine, il parcheggio della frazione di Mezzolpiano (m. 314), dove inizia la mulattiera che sale verso Codera, e lasciamo qui l’automobile. Dobbiamo ora raggiungere il piccolo nucleo, abitato tutto l’anno (m. 850), che costituisce il centro principale della valle omonima, e per farlo non possiamo che spingere la mountain bike lungo un tracciato peraltro bellissimo, scavato letteralmente, in molti punti, nel granito.
Il sentiero si inerpica, con diversi tornanti, lungo il fianco occidentale della forra terminale della valle, prima di concedersi pendenze più tranquille in corrispondenza del nucleo di case di Avedèe, dove comincia ad inoltrarsi nella bassa valle, che da qui comincia a mostrare il volto ben noto a coloro che frequentano da innamorati mai delusi le impagabili montagne del gruppo Masino-Bregaglia, ed in particolare il Sentiero Roma. Da Avedèe Codera è già ben visibile, ma per raggiungerla dobbiamo perdere qualche decina di metri di quota, perché la mulattiera deve superare alcuni aspri valloncelli che solcano il fianco occidentale della valle. Nei punti maggiormente esposti alcune gallerie paramassi garantiscono il viandante dal pericolo di essere colpito da piccoli smottamenti. E’ comunque essenziale, in questo percorso, munirsi di un casco che protegga da questa eventualità sfortunata, la cui possibilità non si può, in diversi punti escludere, e questo vale sia per chi pratichi in questi scenari la mountain-bike, sia per chi li percorra da escursionista. I periodi in cui il pericolo è maggiore sono quello primaverile, quando il disgelo rende più instabili i fianchi rocciosi, e quelli susseguenti ad abbondanti precipitazioni: in ogni caso, l’attenzione non è mai troppa.
Raggiunta, dopo poco più di due ore, Codera, possiamo ristorarci alla locanda Risorgimento o all’Osteria Alpina, prima di iniziare una traversata per molti aspetti unica, quella che conduce dalla val Codera alla valle dei Ratti, lungo un sentiero che attraversa valloni e dirupi mantenendosi costantemente su una quota di poco superiore ai 900 metri, il Tracciolino.

Poco oltre l'Osteria Alpina, proseguendo verso l'interno della valle, sulla destra, troviamo un bivio: prendendo a destra (segnalazioni per San Giorgio, il Sentiero Italia ed il Sentiero Life delle Alpi Retiche) scendiamo, con pochi tornanti, al ponte sul torrente Codera (Punt de la Muta, m. 769), piccolo capolavoro d’ingegneria, sospeso su quaranta metri di vuoto. Subito dopo il ponte si incontra un bivio al quale si procede diritti (ignorando la deviazione di sinistra che sale nel bosco), raggiungendo ben presto l’impressionante forra terminale della val Ladrogno Val Mala), valicata da un secondo e non meno ardito ponte, il Punt de la Val Mala (m. 765), anch'esso costruito in pietra nel Settecento

Il Punt de la Val Mala

Proseguiamo diritti ignorando una deviazione a sinistra (si tratta del sentiero che sale in Val Ladrogno ed al bivacco Casorate Sempione) e passiamo poi accanto ad un grande castagno che protende i suoi rami sul sentiero. Non è un castagno qualsiasi, ma è “l’èrbul di mort”, il castagno dei morti, perché le sue castagne venivano vendute per offrire il ricavato ai defunti. Portar via quelle castagne per sé era considerato quasi un sacrilegio. Superati un tratto fangoso e due vallecole, passiamo accanto alla croce collocata in memoria di Attilio Colzada (Tìlu), uno degli ultimi abitanti di Cii e posatore di lastre di pietra, che morì scivolando dal sentiero proprio in questo punto mentre tornava a casa da Codera. Proseguendo nel bosco di castagni dopo un ultimo strappo usciamo ai prati di Cii (m. 851), e precisamente al primo dei suoi quattro nuclei, Cà di Piatt.


Cii

Si tratta di uno dei più singolari nuclei della Val Chiavenna, l’unico della Val Codera a non avere neppure un fazzoletto di prato in piano. Per quanto piccolo, è diviso in quattro nuclei. Ci accolgono una fontana ed uno splendido colpo d’occhio sul lago di Mezzola e l’alto Lario.
Nella già citata statistica del Prefetto Scelsi del 1866 a Cii risultavano residenti 49 persone (26 maschi e 23 femmine), in 9 famiglie. Le case complessive erano 14, 9 abitate e 5 vuote.


Il lago di Mezzola visto da Cii

Oltre Cii, il sentiero prosegue nella salita, con traccia meno evidente, ma non lo si può perdere: alla fine si congiunge con il Tracciolino.
Inizia da qui la lunga traversata in piano, ad una quota di circa 912 metri. Usciamo all’aperto in vista del solco della Val Grande (Val di Curbiùm). La sede è sempre sufficientemente larga (170 cm) per consentirci di camminare e pedalare in sicurezza (conservando però sempre la dovuta concentrazione), ma la montagna comincia ad assediarci da presso, con pareti quasi verticali alla nostra sinistra ed impressionanti salti a destra. A tratti il versante a monte si allunga incurvandosi sopra la nostra testa. Una breve galleria ci ripara da una cascatella. Più avanti ne incontreremo di ben più lunghe ed audaci.
Oltrepassato il solco della valle, il Tracciolino procede ancora per un po’ all’aperto per poi immergersi nella fresca ombra di un bosco di castagni. Ci sorprende un grande edificio, perché non comprendiamo a cosa serva in una landa così distante da prati o pascoli. Il mistero è presto risolto: fungeva da mensa per gli operai durante i lavori di costruzione del tracciato e della condotta forzata delle acque che corre non distante da noi, anche se invisibile ai nostri occhi. Poco più avanti siamo ad un trivio, segnalato. A sinistra e a destra del Tracciolino si staccano due sentieri (in realtà si tratta di un unico sentiero che lo taglia). Quello di sinistra (segnalazione “Cola” in bianco su fondo rosso su un masso) sale al nucleo di Cola, mentre quello di destra scende sul fondo del Vallone di Revelaso per poi risalire e traversare a San Giorgio di Cola. Il tempo a disposizione va calcolato con attenzione, data la lunghezza della traversata, ma se optassimo per una versione più breve (con ritorno per la medesima via di salita) le due digressioni sarebbero davvero raccomandabili.


Baite di Cola

Interrompiano quindi il racconto del Tracciolino per illustrare entrambe le possibilità.
Se imbocchiamo il sentiero di sinistra, in un quarto d'ora, dopo qualche svolta in un bel bosco di castagni, usciamo ai prati di Cola (o La Cola, m. 1048).
Una manciata di baite ben curate, la piccola graziosa chiesetta dedicata a S. Antonio Abate ed alla Visitazione, due belle fontane con ampie vasche ricavate da grandi blocchi di granito (quella sotto la chiesa è chiamata "Pisa di Sant"), un'ampia fascia di prati dominio incontrastato delle capre, con un maestoso faggio solitario come nume tutelare, un panorama eccellente sul lago di Mezzola e l'alto Lario, qualche arnia con le api che producono un eccellente miele di montagna, tutto questo è Cola. D'estate si anima delle voci dei villeggianti che vi ritrovano le radici più profonde, poi, per molti mesi, regna un silenzio che non è malinconia, ma respiro profondo di un tempo che qui accenna appena a scorrere.
Diversa la situazione nei tempi passati, quando Cola era, insieme a San Giorgio (o Cola Inferiore) uno dei cinque cantoni del comune denominato, dal secolo XII al XVI, Lezzeno superiore, successivamente Novate (i cinque cantoni erano Novate, Codera, Cola con San Giorgio, Campo e Verceia con la Valle dei Ratti). Ogni cantone del comune gestiva autonomamente la propria economia tramite un consiglio. I parroci erano eletti autonomamente dai cantoni e ricevevano solo successivamente il placet del vescovo di Como. Nella già citata statistica del Prefetto Scelsi del 1866 a Cii risultavano residenti 10 persone (4 maschi e 6 femmine), in 2 famiglie. Le case complessive erano 13, 2 abitate e 11 vuote.


La chiesetta di S. Antonio a Cola

La chiesetta appare dimessa, ma riveste più di un motivo di interesse. Decorata nel 1674 grazie ai contributi degli emigranti di Roma, ha una sola navata ed ospita affreschi del celebre pittore G.B. Macolino il giovane, con scene della vita di Gesù e santi. Le due campane che oggi sono mestamente appoggiate sul campaniletto appena accennato non sono meno interessanti. Una, in particolare, è la più antica della Valchiavenna e risale al secolo XV, come attesta la scritta "Battista Cuanta Comensis 1486".


Lago di Mezzola ed alto Lario visti da Cola

Ridiscendiamo quindi al Tracciolino. Possiamo ora decidere per un eventuale secondo fuori-programma, la visita a San Giorgio di Cola. In tal caso, invece di seguirlo verso sinistra (ma se siamo su due ruore ci conviene assolutamente continuare sul Tracciolino, attraversare il Vallone di Ladrogno e sfruttando più avanti la deviazione segnalata sulla destra per San Giorgio, scendendo comunque di sella) lo lasciamo subito, in discesa, imboccando il sentiero segnalato da segnavia rosso-bianco-rossi. Passiamo così accanto ad una cappelletta e scendiamo per quasi duecento metri nel cuore impressionante dell’ombroso vallone di Revelaso (o Revelasco: da "rava", dirupo), una sorta di Purgatorio da cui si riemergiamo, sul lato opposto del vallone, superando un tratto di sentiero esposto e non protetto (attenzione, dunque). La risalita porta, in breve tempo, dopo un tratto con qualche saliscendi (non soffermarsi per pericolo di caduta pietre) al bellissimo abitato di San Giorgio di Cola (voce dialettale che significa "colle", "vetta", m. 748), paese di cavatori di granito, gentile e sorprendente isola bucolica in un mare di forre e precipizi. Dopo aver ricordato che al paesino possiamo giungere anche per via più tranquilla, anche se un po' più lunga, cioè procedendo sul Tracciolino ed imboccando il facile sentiero che scende a destra dopo il Vallone di Revelaso, cerchiamo di sapere qualcosa di più di questo luogo straordinario.
Nel 1866, qualche anno dopo l’unità d’Italia, il prefetto Scelsi curò la redazione di un’ampia statistica della provincia di Sondrio, dalla quale risultava che nelle 26 case di San Giorgio (di cui 9 vuote) abitavano 17 famiglie e 69 persone (31 maschi e 38 femmine), 45 celibi, 20 coniugate e 4 vedove. Una piccola comunità alacre, legata all’attività estrattive del granito. Nel comune di Novate, infatti, erano allora attive 4 cave di granito, il celebre sanfedelino, a grana molto compatta, di color grigio latteo, apprezzatissimo per costruzioni e pavimentazioni.


San Giorgio di Cola

Retrocedendo nel tempo, San Giorgio nei secoli passati era, con Cola, uno dei cinque cantoni del comune denominato, dal secolo XII al XVI, Lezzeno superiore, successivamente Novate (i cinque cantoni erano Novate, Codera, Cola con San Giorgio, Campo e Verceia con la Valle dei Ratti). Ogni cantone del comune gestiva autonomamente la propria economia tramite un consiglio. I parroci erano eletti autonomamente dai cantoni e ricevevano solo successivamente il placet del vescovo di Como.
L’avvento del III millennio vide la popolazione permanente di San Giorgio ridotta a 3 abitanti.


Apri qui una panoramica di San Giorgio di Cola

Questi luoghi, come testimonia un avello celtico nei pressi del cimitero, hanno visto da tempo assai antico la mano operosa dell’uomo. Una leggenda vuole che questo avello, insieme ad un altro simile, abbia ospitato la salma di un comandante spagnolo, in servizio al Forte di Fuentes (edificato nel 1603), morti per la malaria che infestava il Pian di Spagna (la leggenda è riportata nel volume di Giambattista Gianoli "Dizionario storico delle valli dell'Adda e del Mera", Tipografia Commerciale Valtellinese, Sondrio, 1945, pg. 59).
Un'altra leggende è legata alla denominazione del paese, che si dovrebbe alla reale presenza di San Giorgio, il grande santo che sconfisse un terribile drago e che negli ultimi anni scelse di vivere proprio qui, con il suo fidatissimo cavallo. Lo proverebbe, fra l'altro, l'orma impressa da quest'ultimo su un masso, quando spiccò, con il santo in sella, un prodigioso balzo fin sul versante opposto della valle, ad Avedée, dove si fermò per abbeverarsi. Una variante vuole che il santo, subito dopo la faticosa uccisione del drago, sia venuto a dissetarsi all'acqua di uno dei due avelli di origine forse celtica che sono uno dei motivi che rendono famoso questo borgo. Dopo la sua morte, sarebbe, quindi, stato sepolto nel cimitero del borgo, luogo davvero unico, con una cappella ricavata sotto un enorme blocco di granito.


Chiesetta di San Giorgio

La magia di questo pugno di baite e della chiesetta già dedicata ai santi Giorgio ed Eufemia (oggi dedicata ai Sacri Cuori di Gesù e Maria), manufatti tutti rigorosamente in granito, è difficilmente esprimibile.
Gli stipiti di granito sull’ingresso delle case recano incise le iniziali dei proprietari, ma ce n’è uno nel quale è incisa la tavola del gioco della tria (conosciuta anche con il nome di tris o mulinello – in tedesco mühlenrett ), uno dei più diffusi in tutto il mondo, assai conosciuto perché riportato sul retro di gran parte delle scacchiere (si tratta di un reticolo costituito da tre quadrati concentrici collegati da una croce inscritta, nel quale si inseriscono i pezzi con lo scopo di allinearne tre per eliminare un pezzo avversario).
La chiesetta conserva tratti romanici nell'abside semicircolare con lesene esterne, anche se fu interamente rifatta nel 1778 e decorata nel 1852 e nel 1901 (il campanile venne aggiunto nel 1880). Alle spalle della sua piazza ombreggiata da grandi platani, segnaliamo la fontana e l'adiacente cappelletta fatta costruire dal parroco di Cola, don Ghiggioli, nel 1855, per scongiurare la minaccia del colera, che in quegli anni mieteva non poche vittime in Val Chiavenna. Nella cappelletta viene raffigurata la Beata Vergine Maria Immacolata e si legge: "A gloria di Dio Trino e Uno, di Maria SS e dei Santi, i Colesi apprestando i materiali con amore, d. Gius. Maria Chiggioli parroco di Cola a sue spese fece edificare e dipingere la presente opera, dominando il colera morbo in Chiavenna, l'anno 1855". La vasca, scavata in un grande blocci di granito, è datata 1849.


Cappelletta a San Giorgio di Cola

Fra le curiosità di questo straordinario borgo si può ricordare anche la presenza di vigneti la cui uva viene raccolta a fine ottobre.
Ma per scovare i luoghi più suggestivi dobbiamo salire per breve tratto lungo il sentiero che, alle spalle della cappelletta, si dirige verso monte per intercettare a quota 920 metri circa la lunga striscia del Tracciolino. Una breve salita appena oltre il paese ci porta accanto al già citato masso-avello, a destra del sentiero, lungo 2 metri e largo circa 50 centimetri. Nel masso è scavato l'incavo destinato ad accogliere la salma, poi coperta da una lastra di granito andata perduta. Un canalino assicurava lo scolo dell'acqua piovana.
Misteriose le sue origini. Secondo alcuni risale all'epoca pre-romana (Barelli e Buzzetti) o romana (Giussani e Magni), anche se è probabile che si debba all'opera di popolazioni locali, estranee alla cultura romana. Secondo altri, invece, risalirebbe all'età medievale. L'immaginazione popolare vuole infine che nell'avello sia stato custodito il corpo di San Giorgio.


Masso-avello di San Giorgio di Cola

Se proseguiamo nella salita siamo subito al cimitero di San Giorgio, unico e davvero indimenticabile: al suo interno un enorme blocco di granito aggettante, che sembra la visibilizzazione della lotta di tutto ciò che sussiste contro lo strapotere beffardo del tempo, funge da cappelletta. Un po' più in alto ancora, infine, si trova un secondo masso-avello. Il breve ripiano del cimitero si chiamava anticamente "Mòta". Il parroco di Cola Martino della Pietra vi scoprì, nel 1798, varie ampolle, lucernetti ed olle con ceneri e bicchierini. Per questo chiamò il luogo "Cimitero dei pagani" (ma entrò nell'uso anche l'espressione "Sagràa di Pagàn"), supponendo che si trattasse di oggetti dedicati al culto pagano in epoca precedente all'arrivo dei cristianesimo fra questi monti. Purtroppo questi reperti sono andati smarriti.
Non così per uno "scyphus" (vasetto in pietra ollare lavorato al tornio) scoperto nel 1900 dallo storico chiavennasco don Pietro Buzzetti, che lo lasciò in dono alla Biblioteca capitolare laurenziana di Chiavenna.


Cimitero di San Giorgio di Cola

Nella seconda edizione della "Guida alla Valtellina" curata per il CAI di Sondrio da Fabio Besta (1886), si legge in proposito: "A pochi passi dal camposanto, sulla cima di due enormi massi sono scavati dei sepolcri, che il Barella e altri giudicano etruschi. Non molto lungi, là dove si dice la Motta, vicino alla chiesa, vi ha un antico sepolcreto che i contadini del luogo chiamano tuttora Sagrà di pagan (Sagtato dei pagani). Ivi nel 1798 dal curato di Cola, Martino della Pietra, furono rinvenuti diversi avanzi di sepolcri, ampolle, anelli e altri oggetti; probabilmente anche ora, scavando, si farebbero nuove scoperte."
D'estate, infine, non manchiamo di visitare il piccolo Museo di San Giorgio, assai ben curato.


San Giorgio di Cola

Riprendiamo, dalle case alte del paese, il cammino e, seguendo le indicazioni, incamminiamoci sul sentiero che riporta al Tracciolino, passando appunto a lato del citato cimitero. Superati il cimitero ed un bel bosco di betulle, intercettiamo di nuovo il Tracciolino, che, risaliti in sella, dobbiamo percorrere verso destra, in direzione della Val dei Ratti.


Vallone di Revelaso

Riprendiamo ora il racconto della versione "standard" della traversata, cioè quella senza digressioni. Eravamo rimasti al trivio Revelaso-Cola-San Giorgio, e da qui ripartiamo.
Proseguiamo diritti, verso il solco del selvaggio Vallone di Revelaso (Val Revelàs), intagliato ai piedi della splendida parete meridionale del Sasso Manduino (m. 2888), una delle icone di questo comprensorio. Camminando in questo tratto gettiamo un’occhiata ai boschi di castagni che si stendono alla nostra destra: si tratta delle selve (self), una delle più vaste estensioni di castagneti dell’intera provincia. Non lo vediamo da qui, ma il suo bordo si affaccia sui paurosi salti delle forre dei torrenti Codera e Revelaso.


Il Tracciolino oltre S. Giorgio

Oltrepassato il centro del vallone, proseguiamo quasi schiacciati contro una parete verticale (il pericolo di caduta massi è qui concreto, per cui evitiamo di soffermarci), con l’ausilio di quattro passerelle di assi e metallo. Superiamo il punto nel quale parte, sulla sinistra, un sentierino che sale lungo il vallone (indicazioni del Sentiero LIFE delle Alpi Retiche, che lo sfrutta per salire alla Forcella di Frasnedo). Ovviamente lo ignoriamo proseguendo fino al filo del lungo crinale che scende dalla cima di Provinaccio.
Il Tracciolino piega qui a sinistra e vediamo a destra la partenza segnalata del sentierino che scende a San Giorgio di Cola (cfr. sopra), che vediamo, sui prati alle spalle di uno sperone, quasi duecento metri più in basso. La rapida discesa allo straordinario nucleo ed il ritorno richiedono un’oretta.


Il Tracciolino

Proseguiamo sul Tracciolino e ci approssimiamo al suo cuore selvaggio. Ecco comparire, infatti, le gallerie scavate nella viva roccia che ne costituiscono l’elemento più caratteristico. Ad una prima breve galleria ne segue una seconda lunga una cinquantina di metri, che ci porta dal bacino di Revelaso a quello della Valle del Monte (Val de Munt). Ma quella che si apre ai nostri occhi non è una valle, bensì un ripido ed impressionante dirupo, stretto fra pareti verticali. Poco più avanti si apre un bello scorcio su San Giorgio, lago di Mezzola e bassa Valchiavenna. Dopo la breve terza galleria siamo ancora nel cuore della montagna più aspra: il Tracciolino, zigzagando, ne segue l’alternarsi di speroni e rientranze.


Il Tracciolino

Dopo la quarta galleria, ci immergiamo nella quinta, contrappuntata da finestre che regalano suggestivi scorci. Procediamo ora quasi sospesi su balconi di roccia esposti al vuoto. La sesta galleria ci impone di procedere a capo chino, essendo alta 1 metro e 75 centimetri. Dopo qualche breve perforazione, siamo alla settima galleria, che, dopo poche decine di metri, ci fa uscire ad un nuovo vallone che sembra sospeso sul nulla. Entriamo poco oltre nell’ottava galleria, lunga 80 metri, per uscirne al cospetto di un’alta parete verticale che si eleva alla nostra sinistra, sul lato del terzo selvaggio vallone detritico. Vista da qui sembra un ardito picco. Stiamo sempre percorrendo i possenti fianchi della cima di Provinaccio (il Pruinàcc’).


Il Tracciolino

Passiamo quindi a sinistra di una cabina di sezionamento e nella successiva nona galleria incontriamo i binari che ci accompagneranno per tutto il resto della traversata. Alla nostra sinistra possiamo udire lo scroscio dell’acqua che corre nella condotta forzata dalle prese di Saline ai tubi che servono la centrale di Campo di Novate, 500 metri più in basso. Ci attende ora la più ampia e lunga galleria, la decima. La percorriamo per 250 metri. La necessaria illuminazione si attiva azionando un pulsante a tempo al suo ingresso, sul lato sinistro.


Apri qui una panoramica sull'ultimo tratto del Tracciolino

All’uscita si apre uno scenario diverso: non più orride ombrose pareti, ma un ampio panorama che spazia sull’alto Lario, incorniciato, sul lato sinistro, dall’inconfondibile corno del Monte Legnone. Abbiamo lasciato alle spalle il bacino della Val Codera e ci stiamo avvicinando a quello della Valle dei Ratti. Alla nostra destra un ramo della ferrovia a scartamento ridotto si stacca dal Tracciolino e porta ai ruderi del piccolo villaggio costruito per ospitare gli operai che costruirono il manufatto. Sul muro a sinistra due grandi scritte a vernice, San Giorgio, Cola e Val Codera nella direzione dalla quale proveniamo e Valle Ratti nella direzione che stiamo seguendo. C’è anche una terza scritta, sulla diramazione della ferrovia alla nostra destra, Campo, perché seguendola ci portiamo alla partenza di un sentierino che scende ripido a Campo di Novate.


Vallone

Proseguiamo diritti, verso la Valle dei Ratti, attraversando il Vallone di Campo, che segna il confine fra i comuni di Notate e Verceia, superando una breve galleria paramassi ed un’altrettanto breve galleria scavata nella roccia. Siamo sempre a ridosso di un versante roccioso, quasi spinti verso un salto pauroso, ma lo scenario è decisamente più luminoso e gentile. Dopo una nuova galleria paramassi ed un ponticello in metallo su un vallone quasi verticale, ci approssimiamo al termine del Tracciolino. Davanti a noi si aprono il lago di Mazzola, Verceia e la riserva naturale del Pian di Spagna. Sul fono, l’alto Lario.


Rudere del villaggio dei costruttori del Tracciolino

Superati alcuni tralicci dell’alta tensione, dopo una semicurva siamo faccia a faccia con la casa dei guardiani della diga di Moledana. Qualche centinaio di metri ancora ed il Tracciolino incrocia la mulattiera per Frasnedo, in Valle dei Ratti. Procedendo diritti poco più avanti possiamo visitare l’impressionante diga di Moledana.


Ultimo tratto del Tracciolino

Se siamo a corto di tempo, però, ci conviene prendere subito a destra e cominciare a percorrere la mulattiera, scendendo ai prati della Cappella di San Sciöch (dove si trova una struttura usata dagli Alpini di Verceia per le loro sagre estive). Poco sotto siamo al parcheggio al quale termina la carrozzabile che sale dalla frazione Vico di Verceia.


La casa dei guardiani della diga di Moledana

Se siamo su due ruote e siamo partiti da Novate, scendiamo a Verceia ed alla ss 36 dello Spluga, portandoci alla galleria che però non impegniamo. Dobbiamo infatti percorrere la pista ciclo-pedonale che corre a lato della galleria, verso il lago, fino ad uscire in vista di Novate Mezzola. Se siamo a piedi, invece, possiamo proseguire sulla mulattiera solo per un breve tratto ancora, scendendo al Piazzo; poi dobbiamo seguire per intero la carrozzabile, fino a Verceia, tornando infine a Novate seguendo il medesimo itinerario dei bikers. Per questo è vivamente raccomandabile munirsi di due automobili.

Lago di Mezzola da Vico, sulla strada per la Valle dei Ratti. Foto di Massimo Dei Cas www.paesidivaltellina.it
Vico (sopra Verceia)

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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