Apri qui una fotomappa della Val Vicima

RIFUGIO ERLER-ALPE VICIMA-BOCCHETTA DI RON

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Rifugio Erler-Basalone-Alpe Vicima-Bocchetta di Ron
4 h
1240
EE


Imbocco della Val Vicima

Nella già solitaria Val Fontana, la Val Vicima (da non confondere con l'omonima in Val di Tartano) rivaleggia con la Valle del Combolo per la palma della valle più solitaria. Si tratta della prima valle che si incontra, sulla sinistra, entrando in Val Fontana, e non è una valle minore, ma di dimensioni medie. Gli amanti dei passi inanellati nella cornice di silenzi profondissimi non potranno, quindi, mancare di farci un serio pensierino. Aggiungiamo: con due automobili a disposizione, si può effettuare un’elegantissima traversata, per la bocchetta di Ron, dalla Val Fontana all’alpe di Ron, con successiva discesa S. Bernardo, sopra Ponte in Valtellina.
Vediamo, allora, come salire in questa valle. Con l’automobile dobbiamo raggiungere, partendo da Chiuro, la località Campello, oltre S. Antonio, in Val Fontana, dove si trova anche il rifugio intitolato al finanziere Massimino Erler.
Appena prima di incontrare, sulla destra, l’ex caserma della guardia di Finanza adibita ora a rifugio, troviamo, sulla sinistra della strada, una stradina che scende al torrente di Val Fontana, dove un ponticello in legno (m. 1401) porta sul lato opposto della valle, in un punto immediatamente a monte a quello di confluenza del torrente Vicima nel torrente di Val Fontana. Lasciamo, quindi, l’automobile in uno dei pochi slarghi della strada, ed imbocchiamo la pista, che, oltre il ponte, procede verso destra, tagliando la parte bassa della fascia di prati nella quale si allarga la basse Val Vicima. Se gettiamo un’occhiata alle nostre spalle, vedremo un interessato spaccato della catena orobica, che ci propone gli unici “tremila” di questa catena, i pizzi di Coca, Scais e Redorta.
Dopo aver valicato un ponticello più modesto ed essere passati a fianco delle baite ai piedi dei prati (m. 1458), risaliamo la fascia di prati, su traccia di sentiero, portandoci gradualmente verso sinistra, fino a trovare un ponticello piuttosto rudimentale, costituito da pochi tronchi allineati, che ci consente di valicare, da destra a sinistra, il torrentello che scende dalla valle, a quota 1570. Il sentiero comincia, quindi, a salire nella fresca e luminosa cornice di un bel bosco di larici. Incontriamo qualche segnavia giallo, il colore che ci accompagnerà nel resto della salita. A quota 1629 approdiamo ad una radura, quel che resta dell’alpe Basalone, dove si trovano due baite.
La salita prosegue nel bosco, finché, superato di nuovo il torrente da sinistra a destra, sbuchiamo, a quota 1850, ad un’ampia fascia prativa (dove il sentiero quasi scompare), che attraversiamo in diagonale verso destra, incontrando anche, su un grande masso, un ometto, mentre davanti a noi, a nord, occhieggia la cima Cigola (m. 2560). Terminata la diagonale e raggiunto il limite settentrionale della fascia, pieghiamo a sinistra, guidati da un secondo ometto, e rientrando, per un breve tratto, nella macchia.
Poi usciamo di nuovo all’aperto, su un largo versante occupato da massi ed erba piuttosto alta. Dobbiamo stare sempre molto attenti ai bolli ed agli ometti, perché il sentiero appare e scompare. In particolare, può trarre in inganno la carta IGM, che segna il sentiero nei pressi del torrente. In realtà proseguiamo in direzione di una formazione rocciosa che vediamo davanti a noi. Dopo aver guadato, da sinistra a destra, un ramo secondario del torrente, pieghiamo decisamente a destra, lasciando la formazione rocciosa alla nostra sinistra, e raggiungendo il fianco roccioso di destra (nord-est) della valle. Poi volgiamo di nuovo a sinistra, superando una fascia di ontani ed un successivo versante erboso disseminato di sassi, fino ad approdare alla soglia dell’alpe Vicima, distesa sulla piana di quota 2183. La traccia di sentiero è sempre discontinua, per cui l’attenzione agli ometti è essenziale. Di più: è proprio quest’ultimo tratto che precede l’alpe ad offrire i maggiori problemi al ritorno, in quanto non è facile individuare il sentiero, se non si sono memorizzati alcuni punti di riferimento.
Poco prima di raggiungere l’alpe, si mostrano, a chiudere il panorama dell’alta valle, eleganti e signorili, tre cima, la centrale vetta di Ron (m. 3137), regina della valle, e le sue due ancelle, la corna Brutana (m. 2989), a sinistra, e la Cima Corti (m. 3032), alla sua destra. All’alpe ci accoglie un grande masso, dalla forma singolare, poi il rudere di due edifici per il ricovero del bestiame e di alcune baite minori. Si intuisce che in passato questa fosse un’alpe di primaria importanza. Ora vive dignitosamente il suo torpido oblio, e non sembra ridestarsi neppure allo sguardo curioso dell’escursionista. Proseguiamo, tenendo più o meno il centro della piana. Un grande sperone roccioso centrale ci impedisce la visuale sull’alta valle. Anche la vetta di Ron torna a nascondersi. È il gioco della valle, che contrappunta i suoi silenzi.
Guardiamo alla testata della valle, sulla sinistra: riconosceremo due depressioni, una più marcata a destra, una appena accennata a sinistra. La bocchetta di Ron (m. 2639), che consente di scendere all’alpe omonima, è la meno evidente di queste selle, cioè quella di sinistra. Prima di lasciare l’alpe, volgiamo per un attimo lo sguardo: ottima è la visuale sulla Valle del Combolo, che culmina nel pizzo Combolo, a sinistra, nella bocchetta della Combolina, al centro, e nel monte Calighè, a destra.
La traccia di sentiero punta, ora, al fianco sinistro dello sperone centrale (attenzione a non seguire la traccia che, invece, piega a destra e sale in Val Molina, prolungamento settentrionale dell’alta Val Vicima), attraversa il torrente da destra a sinistra ed approda ad un’ampia conca di sfasciumi (m. 2300), a sinistra dello sperone. Ora possiamo vedere con maggiore chiarezza le due selle. Quella di destra sembra più agevole ed invitante, ma è a quella, più stretta e leggermente più alta, di sinistra che dobbiamo puntare. Le possibilità sono due. Una diagonale, a vista, che guadagna, per via diretta, il piede del ripido versante che sale alla bocchetta, oppure l’ampio semicerchio, più a destra, descritto dall’esile traccia di sentiero. La prima via è più breve, ma anche più faticosa, perché ci impone di attraversare una fascia di sfasciumi, con tutte le attenzioni del caso.
Se optiamo per la seconda soluzione, dobbiamo stare attenti a lasciare alla nostra destra la traccia che sale al più alto passo di Vicima (m. 2869), lo stretto intaglio nel quale culmina un ripido canalino di sfasciumi, posto fra la cima Corti, a sinistra, e la cima Vicima (m. 3124), a destra. Segnaliamo, en passant, che questo passo, ancor più disagevole della bocchetta di Ron, permette di passare dall’alta Val Vicima alla Val Painale, scendendo al rifugio De Dosso.


Apri qui una panoramica della Val Vicima vista dalla vetta di Ron

Ma torniamo al versante sotto la bocchetta di Ron. La salita, nel primo tratto, è abbastanza faticosa, ma senza problemi. Incontriamo, anche, un grande triangolo rosso contornato di giallo, il simbolo dell’Alta Via della Val Fontana, che parte dall’alpe di Ron, scende in Val Vicima proprio dalla bocchetta di Ron e poi comincia una traversata alta sul versante opposto della valle. Più si sale, e più sale la fatica, perché aumenta la pendenza. Nell’ultimo tratto i magri pascoli lasciano il posto a canalini generati da slavine. Il terreno è duro, per cui dobbiamo attraversare l’ultimo tratto con piede fermo.
Pieghiamo, alla fine, leggermente a destra, per raggiungere la sella erbosa dei 2639 metri della bocchetta, che si apre fra il Rovinadone, alla nostra destra (m. 2748) e la cima dei Motti, alla nostra sinistra (m. 2773). Camminiamo da quasi 4 ore, ed abbiamo superato un dislivello in altezza di 1240 metri. Sul versante opposto, si apre la vasta distesa dell’alpe di Ron, ai piedi di un versante di sfasciumi e magri pascoli.
La discesa all’alpe non presenta problemi, se non nel primo tratto, un po’ ripido, e può avvenire anche a vista, in direzione del ben visibile baitone dell’alpe (m. 2164). Appena sotto il baitone giunge una pista sterrata che scende all’alpe Campo, dalla quale una seconda e più larga pista conduce a S. Bernardo (m. 1270). Molto bello è anche il panorama orobico, che propone, in primo piano, da sinistra, la Valle d’Arigna con la sua poderosa testata, la Val Venina e la Valle del Livrio. Alle nostre spalle, l’estremo orizzonte della solitudine, quella Val Molina che si presenta come un immenso e rossastro deserto di massi. Alla sua sinistra, la cima Vicima (m. 3124), preceduta dalle anticime quotate 3092 e 3123, poste a destra del passo di Vicima. A sinistra del passo, invece, si mostra solo la cima Corti, mentre la
vetta di Ron resta nascosta. A destra della cima Vicima, infine, il versante dell’alta valle risale, dopo l’ampia conca della Val Molina, alla tozza cima di Forame (m. 3058) ed a quella singolare del pizzo Calino (m. 3022).
Una serie di signore cime, dunque, contorna questa valle che merita di essere chiamata una signora valle. Una signora abbandonata ed un po’ triste, ma non desolata. Qualunque sia la via del ritorno (per la via d’andata o per l’alpe di Ron), non può che essere questo il pensiero che ci accompagna.


La Val Vicima

RIFUGIO ERLER-RIFUGIO DE DOSSO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Rifugio Erler-Basalone-Alpe Vicima-Passo di Vicima-Rifugio De Dosso
6-7 h
1490
EE


Apri qui una fotomappa del percorso che dalla Val Vicima sale al passo di Vicima

Risalendo per intero la Val Vicima possiamo valicare, sulla sua sommità, un passo alto e difficile, il passo di Vicima, che ci fa scendere in alta Val Painale concludendo una splendida traversata al rifugio De Dosso. Programmiamola però a stagione avanzata, per evitare problematici nevai presso il passo, e teniamo conto che la traversata richiede ottimo allenamento ed ottima esperienza escursionistica.
Con l’automobile dobbiamo raggiungere, partendo da Chiuro, la località Campello, oltre S. Antonio, in Val Fontana, dove si trova anche il rifugio intitolato al finanziere Massimino Erler.
Appena prima di incontrare, sulla destra, l’ex caserma della guardia di Finanza adibita ora a rifugio, troviamo, sulla sinistra della strada, una stradina che scende al torrente di Val Fontana, dove un ponticello in legno (m. 1401) porta sul lato opposto della valle, in un punto immediatamente a monte a quello di confluenza del torrente Vicima nel torrente di Val Fontana. Lasciamo, quindi, l’automobile in uno dei pochi slarghi della strada, ed imbocchiamo la pista, che, oltre il ponte, procede verso destra, tagliando la parte bassa della fascia di prati nella quale si allarga la basse Val Vicima. Se gettiamo un’occhiata alle nostre spalle, vedremo un interessato spaccato della catena orobica, che ci propone gli unici “tremila” di questa catena, i pizzi di Coca, Scais e Redorta.


Allo sbocco della Val Vicima

Dopo aver valicato un ponticello più modesto ed essere passati a fianco delle baite ai piedi dei prati (m. 1458), risaliamo la fascia di prati, su traccia di sentiero, portandoci gradualmente verso sinistra, fino a trovare un ponticello piuttosto rudimentale, costituito da pochi tronchi allineati, che ci consente di valicare, da destra a sinistra, il torrentello che scende dalla valle, a quota 1570. Il sentiero comincia, quindi, a salire nella fresca e luminosa cornice di un bel bosco di larici. Incontriamo qualche segnavia giallo, il colore che ci accompagnerà nel resto della salita. A quota 1629 approdiamo ad una radura, quel che resta dell’alpe Basalone, dove si trovano due baite.
La salita prosegue nel bosco, finché, superato di nuovo il torrente da sinistra a destra, sbuchiamo, a quota 1850, ad un’ampia fascia prativa (dove il sentiero quasi scompare), che attraversiamo in diagonale verso destra, incontrando anche, su un grande masso, un ometto, mentre davanti a noi, a nord, occhieggia la cima Cigola (m. 2560). Terminata la diagonale e raggiunto il limite settentrionale della fascia, pieghiamo a sinistra, guidati da un secondo ometto, e rientrando, per un breve tratto, nella macchia.


Accesso all'alpe Vicima

Poi usciamo di nuovo all’aperto, su un largo versante occupato da massi ed erba piuttosto alta. Dobbiamo stare sempre molto attenti ai bolli ed agli ometti, perché il sentiero appare e scompare. In particolare, può trarre in inganno la carta IGM, che segna il sentiero nei pressi del torrente. In realtà proseguiamo in direzione di una formazione rocciosa che vediamo davanti a noi. Dopo aver guadato, da sinistra a destra, un ramo secondario del torrente, pieghiamo decisamente a destra, lasciando la formazione rocciosa alla nostra sinistra, e raggiungendo il fianco roccioso di destra (nord-est) della valle. Poi volgiamo di nuovo a sinistra, superando una fascia di ontani ed un successivo versante erboso disseminato di sassi, fino ad approdare alla soglia dell’alpe Vicima, distesa sulla piana di quota 2183. La traccia di sentiero è sempre discontinua, per cui l’attenzione agli ometti è essenziale. Di più: è proprio quest’ultimo tratto che precede l’alpe ad offrire i maggiori problemi al ritorno, in quanto non è facile individuare il sentiero, se non si sono memorizzati alcuni punti di riferimento.
Poco prima di raggiungere l’alpe, si mostrano, a chiudere il panorama dell’alta valle, eleganti e signorili, tre cima, la centrale vetta di Ron (m. 3137), regina della valle, e le sue due ancelle, la corna Brutana (m. 2989), a sinistra, e la Cima Corti (m. 3032), alla sua destra. All’alpe ci accoglie un grande masso, dalla forma singolare, poi il rudere di due edifici per il ricovero del bestiame e di alcune baite minori. Si intuisce che in passato questa fosse un’alpe di primaria importanza. Ora vive dignitosamente il suo torpido oblio, e non sembra ridestarsi neppure allo sguardo curioso dell’escursionista. Proseguiamo, tenendo più o meno il centro della piana. Un grande sperone roccioso centrale ci impedisce la visuale sull’alta valle. Anche la vetta di Ron torna a nascondersi. È il gioco della valle, che contrappunta i suoi silenzi.


Alpe Vicima

Guardiamo alla testata della valle, sulla sinistra: riconosceremo due depressioni, una più marcata a destra, una appena accennata a sinistra. La bocchetta di Ron (m. 2639), che consente di scendere all’alpe omonima, è la meno evidente di queste selle, cioè quella di sinistra. Prima di lasciare l’alpe, volgiamo per un attimo lo sguardo: ottima è la visuale sulla Valle del Combolo, che culmina nel pizzo Combolo, a sinistra, nella bocchetta della Combolina, al centro, e nel monte Calighè, a destra. Davanti a noi troviamo una sorta di dosso roccioso posto proprio in mezzo alla valle.
Dobbiamo ora prestare molta attenzione ad un bivio, a quota 2350 metri circa. Lasciamo la traccia che va a sinistra e sale alla bocchetta di Ron,
e procediamo verso destra (nord-ovest), restando a destra del torrente Vicima. Superati due avvallamenti laterali, pieghiamo leggermente a sinistra e raggiungiamo la sommità del dosso centrale della valle, quotato 2450 metri, restando sempre nei pressi del torrentello di Vicima, nel solco principale della valle.


Alpe Vicima

Procediamo ora, salendo gradualmente verso ovest, nella parte terminale della Val Vicima, la Val Molina, una delle valli più solitarie e desolate del versante retico, un vero luogo da cunfinàa, anime dannate condannate a dar di mazza senza tregua sulle innumerevoli pietre, anche se non si segnala alcuna leggenda che corrobori tale ipotesi. Meglio però non verificarlo dopo l’imbrunire, perché udire i colpi sordi e trovare le mazze equivale ad essere condannati alla medesima sorte. Il sentiero si riduce a traccia intermittente. Davanti a noi il canalone che si restringe alla sommità del passo di Vicima (m. 2879), posto più o meno a metà fra la vetta di Ron, a sinistra, e la cima Vicima, a destra. Alla nostra sinistra spicca il poggio quotato 2554 metri.
Inizia la parte più faticosa della traversata, perché la pendenza subisce una prima impennata. Procediamo a zig-zag prendendo leggermente a destra e restando più o meno al centro del canalone, in direzione nord-ovest, su terreno di pietrame minuto e sfasciumi. Intorno a quota 2700 la pendenza si fa ancora più accentuata e la salita diventa molto faticosa. Conviene affrontare la traversata a stagione inoltrata, quando nella maggior parte dei casi la selletta del passo è libera da neve. La presenza di un nevaio nell’ultima parte della salita può renderla molto insidiosa, soprattutto se la neve è dura.


Apri qui una fotomappa della salita al passo di Vicima

Raggiunto lo stretto intaglio del passo di Vicima (o di Painale, m. 2879), ci affacciamo alla Val Painale. Sul versante opposto lo scenario è altrettanto selvaggio e la pendenza ugualmente ripida. Scendiamo lungo un canalino mantenendo la direzione sud-ovest, con rapidi zig-zag imposti dalla pendenza severa, su terreno di sfasciumi ma spesso anche di nevaio. Nella salita e nella discesa dobbiamo stare molto attenti a non mettere in moto sassi con conseguenze potenzialmente assai gravi per chi ci segue (o precede). Davanti a noi, alla nostra destra, il massiccio pizzo Gombaro sembra indifferente alle nostre difficoltà.


Apri qui una fotomappa della discesa dal passo di Vicima al rifugio De Dosso

Usciti dal canalino proseguiamo in un vallone sempre molto ripido, fino a quota 2500: qui la pendenza si smorza di parecchio ed approdiamo ad una sorta di conca di pietrame. Procedendo verso ovest raggiungendo la soglia del dosso di quota 2400, oltre la quale la traccia scende restando sulla destra di una valletta, fino alla quota 2271. Alla nostra sinistra si apre lo scenario impressionante di un vero e proprio mare di pietre, il Buco del Cacciatore, un raro esempio di rock glacier. Pieghiamo leggermente a destra (nord-nord-ovest) e procedendo in piano verso nord-nord-ovest raggiunge una traccia più marcata di sentiero. Ci affacciamo all’ampio ripiano dell’alta Val Painale e pieghiamo leggermente a sinistra (ovest-nord-ovest), procedendo un terreno ondulato fra massi, macereti e lembi di pascolo, fino ad uscire ai più convinti prati dell’alpe Painale, raggiungendo il rifugio De Dosso (m. 2119).


Apri qui una panoramica del rifugio De Dosso

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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