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La Val Grosina Occidentale, o Val de Dòsa, rappresenta l'ampio ramo occidentale della Val Grosina. Si tratta di una valle ricca di scenari e colori, di ampi alpeggi e valli laterali che offrono molteplici occasioni escursionistiche. Un interesante anello ne tocca l'intero versante settentrionale, ma richiede resistenza e capacità di orientamento, oltre che buone condizioni meteorologiche (in assenza delle quali la traversata del Pas de Lavazé può costituire un serio problema per la perdita di riferimenti orientativi). Se queste premesse ci sono, vale la pena di mettersi in cammino per toccare sentieri e luoghi tanto belli quanto poco escursionisticamente conosciuti ed apprezzati.

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Dossa-Foppa bassa ed alta-Masoncelli-Biancadin-Pas de Lavazé-Pian del Lago-Malghera-Dossa
8 h e 30 min.
1330
EE
Dossa-Foppa bassa ed alta-Masoncelli-Biancadin-Sella di quota 2390-Pian del Lago-Malghera-Dossa
7 h e 30 min.
1120
EE
Dossa-Foppa bassa ed alta-Masoncelli-Biancadin-Sella di quota 2390-Malghera-Dossa
6 h e 30 min.
1090
EE
SINTESI. Da Grosio, superata la chiesa di San Giuseppe e la successiva caratteristica “strecia de Ilda”, imbocchiamo, sulla sinistra (indicazioni per Ravoledo e Fusino) la carrozzabile della Val Grosina, che, superata la frazione di Ravoledo, dopo pochi tornanti, si addentra sul suo fianco orientale, passando per San Giacomo. Raggiunto il nucleo di Fusino, in corrispondenza dello spiazzo davanti alla chiesetta (m. 1203, il punto più comodo dove lasciare l’automobile: per proseguire in tutte le direzioni si deve inoltre acquistare un pass giornaliero), prendiamo a sinistra, imboccando la stretta stradina che porta al ponte sul torrente Roasco, poco a valle rispetto alla muraglia della diga di Fusino dell’AEM. Sul lato opporto la stradina piega leggermente a sinistra e comincia a salire su un ripido versante di prati. Piegando leggermente a destra ci affacciamo all’ampio solco della valle ed in breve siamo alla località Dossa (m. 1360), dove troviamo un parcheggio. Lasciamo qui l’automobile (m. 1400) e seguiamo le indicazioni del cartello che segnala “Biancadin”, iniziando a salire per una gippabile che porta ai maggenghi alti del versante settentrionale della valle. Nel primo tratto la gippabile procede quasi diritta verso nord-est, passando a monte del salto roccioso che sovrasta la località di Pier e passando per le baite chiamate, appunto, Sas Pier. Poi, dopo un tornante sx, la gippabile esce dal bosco sul limite inferiore di un’ampia fascia di prati. La parte bassa è costituita dalle baite di Fop (o Foppa bassa). La gippabile sale poi con quelche svolta alle baite più alte, della località La Zoca (o Foppa Alta, m. 1780). Su una baita troviamo l’indicazione della direzione per Biancadin. Lasciate le baite alle spalle, ci portiamo al limite del bosco, dove con un po’ di attenzione scoviamo la partenza della mulattiera che sale decisa verso nord. Nel primo tratto è un po’ nascosta dalla bassa vegetazione, ma poi nello splendido bosco di conifere si fa molto marcata e sale ripida, con qualche svolta, fino alla sua parte superiore, dove esce alla parte bassa dei prati di Masuncel (Masoncelli, m. 1980; su alcune certe viene erroneamente denominata “Biancadino”). Da qui saliamo in breve ad intercettare la pista principale per Biancadino (quella sopra descritta), presso un tornante dx. La seguiamo salendo e dopo pochi tornanti siamo alla chiesetta ed al rifugio di Biancadin (m. 2257). Imbocchiamo ora il sentiero (allargato a tratturo) che si trova a sinistra della chiesetta (per chi si volge a monte), cioè verso ovest-nord-ovest, in graduale salita. Procedendo diritti raggiungiamo il Pian delle Montanelle, ampia conca di radi pascoli ed estese pietraie ai piedi del versante sud-occidentale del Sasso Campana. Questo è il punto più delicato della traversata. Tagliamo il piano, presidiato a monte da una caratteristica muraglia di rocce, procedendo diritti verso ovest. Raggiungiamo così l'erboso fianco meridionale di un avamposto roccioso che si stacca dal crinale, aggirato il quale proseguiamo ancora per un tratto. Alla nostra destra vediamo la puntuta quota 2852, ad ovest del Sasso Campana, caratterizzata da un piccolo intaglio alla sua destra. Poi passiamo sotto una balconata rocciosa, oltrepassata la quale vediamo il crinale addolcirsi ad una comoda sella. Dobbiamo ora lasciare il sentiero 260, che prosegue nella traversata verso il crinale del Sasso Farinaccio, e volgere decisamente a destra, cominciando a salire verso nord e puntando alla più marcata depressione del crinale. La salita, prima su pascolo e poi su pietraia, è abbastanza ripida, ma non difficile, e ci porta a toccare la sella del Pas de Lavazé (m. 2663). La prima parte della discesa nel bacino di Pian del Lago avviene su terreno abbastanza ripido, ma più agevole rispetto a quello che abbiamo salito, anche perché le striscie di pascoli rendono più agevole il passo. Tocchiamo in breve un terreno più piano e ci muoviamo fra dolci dossi arrotondati. Prendiamo come riferimento il corso d’acqua che scende verso valle e lo seguiamo stando alla sua sinistra. Passiamo così a sinistra di un primo microlaghetto, quotato 2511 metri, poi appena a lato di un secondo microlaghetto, quotato 2419 metri. Seguendo la valletta principale ci affacciamo infine, procedendo sempre diritti, allo splendido pianoro erboso denominato Pian del Lach (Pian del lago), con il laghetto di Pian del Lago (m. 2316). Sulla sponda opposta del laghetto vediamo il solitario baitello adibito a bivacco di Pian del Lago (m. 2320), sempre aperto ed utilissimo in caso di maltempo. Dobbiamo proseguire verso ovest-nord-ovest, attraversando in piano i prati e scovando la partenza del marcato sentiero che inizia la discesa verso il fondovalle, con diverse svolte, verso sud-sud-ovest. Tagliamo così un ripido dosso e scendiamo ad intercettare una pista sterrata. Seguendola in discesa tocchiamo il fondo della Valle di Sacco, nei pressi di un ponte che ci porta dal versante orientale a quello occidentale. Qui ci ritroviamo sulla parte iniziale della pista che percorsa verso sinistra ci porta a Malghera (m. 1937). Inizia ora la parte più monotona dell’anello, perché il ritorno a Dossa non può che avvenire sfruttando per 8 km buoni la carrozzabile della Val Grosina Occidentale che, lasciata Malghera, descrive un ampio arco che la porta a correre sulla parte bassa del fianco settentrionale della valle. Nel primo tratto si alternando tratti in asfalto e tratti sterrati, poi inizia il tratto permanente in asfalto. Passiamo così per interessanti nuclei ben conservati, Campo Pedruna (m. 1703), Sacco (m. 1617), Ginogiola, Ortesei, Porto e finalmente, Dossa, dove l’anello si chiude.
VARIANTE BREVE (SENTIERO 260). Dopo aver effettuato la traversata da Biancadìn al Pian delle Montanelle come sopra descritto, non pieghiamo a destra per salire al crinale, ma proseguiamo diritti, sul sentiero 260, che è stato allargato a tratturo e che procede verso ovest con diversi saliscendi. Il sentiero si tiene sotto una fascia di roccette ed attraversa lunghe strisce di pascolo e qualche pietraia, passando sotto il severo e roccioso versante meridionale del Sasso Farinaccio. Distinguiamo facilmente la meta, cioè il poggio o sella di quota 2390, che interrompe la discesa del crinale sud-occidentale del Sasso Campana, prima che questo si impenni nei salti rocciosi che sovrastano Malghera. L’ultimo tranquillo tratto di traversata dei pascoli ci porta a questa sella, che si affaccia sulla soglia della Val di Sacco. Il tratturo prosegue inoltrandosi in questa valle e tagliando, in leggera discesa, il fianco occidentale del Sasso Farinaccio. Alla discesa segue un breve tratto di salita, prima che il tratturo riprenda a scendere più ripidamente con qualche svolta. Terminata la breve salita, dobbiamo scegliere se traversare al Pian del Lago oppure proseguire nella discesa al fondovalle. Nel secondo caso non ci sono problemi, perché basta seguire il tratturo che più in basso diventa una pista e che conduce ad un ponte oltre il quale una breve salita porta alla Casera di Sacco. Qui intercettiamo la pista della Val di Sacco e seguendola verso sinistra in pochi minuti siamo a Malghera. Se invece non vogliamo mancare di visitare lo splendido Pian del Lago, dopo la breve salita del tratturo, prima che inizi la discesa ripida lo lasciamo prendendo a destra e puntando ad una larga porta che si disegna fra il sassoso versante del Sasso Farinaccio, a destra, ed un poggio roccioso, a sinistra. Saliamo così a vista verso nord-est, ed in breve ci affacciamo all’ampio pianoro di Pian del Lago. Procedendo sulle esigue strisce di pascolo e su fastidiose ed insidiose pietraie, scendiamo molto gradualmente e vediamo più in basso, alla nostra sinistra, il lago di Pian del Lago. Proseguiamo con cautela nella discesa graduale fino a toccare i primi lembi di pascolo ad est del lago. Il lago resta alla nostra sinistra ed in breve intercettiamo la traccia di sentiero che scende dal Pas di Lavazé. Seguendola scendiamo infine senza problemi alla riva orientale del lago, la contorniamo restando alla sua destra, passiamo per il bivacco di Pian del Lago e proseguiamo verso il limite del pianoro fino a trovare i cartelli che segnalano la partenza della mulattiera che scende sul fianco del poggio roccioso, come sopra descritto. Dopo qualche svolta la mulattiera confluisce nel tratturo-pista che prosegue scendendo al ponte sul fondovalle che introduce alla Casera di Sacco. La discesa termina seguendo la pista che porta a Malghera.


Apri qui una fotomappa della Val Grosina occidentale

Da Grosio, dunque, superata la caratteristica “strecia de Ilda”, imbocchiamo, sulla sinistra (indicazioni per Ravoledo e Fusino) la carrozzabile della Val Grosina, che, superata la frazione di Ravoledo, dopo pochi tornanti, si addentra sul suo fianco orientale, passando per San Giacomo (san giàcum). Raggiunto il nucleo di Fusino (fusìn), in corrispondenza dello spiazzo davanti alla chiesetta (m. 1203, il punto più comodo dove lasciare l’automobile: per proseguire in tutte le direzioni si deve inoltre acquistare un pass giornaliero), prendiamo a sinistra, imboccando la stretta stradina che porta al ponte sul torrente Roasco (ruàsc), poco a valle rispetto alla muraglia della diga di Fusino dell’AEM (dìga növa). Sul lato opporto la stradina piega leggermente a sinistra e comincia a salire su un ripido versante di prati.


Masuncel

Passiamo, quindi, a monte delle baite della località Masuncèl (m. 1980), alle quali giunge anche una mulattiera che sale dalla località di Dòsa sul fondovalle. Questa può essere sfruttata come possibilità alternativa, e più breve (anche se meno panoramica) di salire a Biancadìn. Se optiamo per essa, dobbiamo con l’automobile percorrere, previo acquisto di pass a Fusino, un tratto della strada che si addentra nella Val Grosina Occidentale, fino alla conca di Dossa (Dòsa, appunto, m. 1366), dove possiamo parcheggiare e dove troviamo l’indicazione per la partenza della mulattiera che si inerpica sul ripido versante della valle, toccando i maggenghi di Fòp, Basgiàni e Zòca, prima di raggiungere i Masuncèl.
Una via più diretta ma anche ripida per salire al rifugio parte dalla località Dossa. Possiamo sfruttarla procedendo così. Acquistato il pass di transito in Val Grosina Occidentale, procediamo oltre Fusino e superiamo lo sbarramento della diga, iniziando con un ripido tratto in salita a percorrere la stretta carrozzabile della Val Grosina Occidentale. Piegando leggermente a destra ci affacciamo all’ampio solco della valle ed in breve siamo alla località Dossa, dove troviamo un parcheggio.
Lasciamo qui l’automobile (m. 1360) e seguiamo le indicazioni del cartello che segnala “Biancadin”, iniziando a salire per una gippabile che porta ai maggenghi alti del versante settentrionale della valle. Nel primo tratto la gippabile procede quasi diritta verso nord-est, passando a monte del salto roccioso che sovrasta la località di Pier e passando per le baite chiamate, appunto, Sas Pier. Poi, dopo un tornante sx, la gippabile esce dal bosco sul limite inferiore di un’ampia fascia di prati. La parte bassa è costituita dalle baite di Fop (o Foppa bassa). La gippabile sale poi con quelche svolta alle baite più alte, della località La Zoca (o Foppa Alta, m. 1780).

Su una baita troviamo l’indicazione della direzione per Biancadin. Lasciate le baite alle spalle, ci portiamo al limite del bosco, dove con un po’ di attenzione scoviamo la partenza della mulattiera che sale decisa verso nord. Nel primo tratto è un po’ nascosta dalla bassa vegetazione, ma poi nello splendido bosco di conifere si fa molto marcata e sale ripida, con qualche svolta, fino alla sua parte superiore, dove esce alla parte bassa dei prati di Masuncel (Masoncelli, m. 1980; su alcune certe viene erroneamente denominata “Biancadino”).
Procedendo verso destra (est) su una stradella in breve intercettiamo una pista sterrata, che seguiamo proseguendo nella salita, con pendenza abbastanza accentuata. Abbiamo, ora, proprio di fronte a noi il passo del Mortirolo, massima depressione del lungo crinale che separa il Terziere superiore della Valtellina dall’alta Val Camonica. Alla sua sinistra si stagliano le imponenti muraglie del gruppo dell’Adamello. Se ci volgiamo al lato opposto, scorgiamo, per un tratto, una bandiera italiana, che ci sembra sconsolatamente lontana, alle spalle di un ampio balcone che si affaccia su un versante di ripidi valloni, solcato anche da un ampio smottamento. Intuiamo facilmente che essa segnala il ricovero Biancadìn, e ci coglie un attimo di sconforto al pensiero che ci siamo ancora tutta quella strada da fare. In effetti una quarantina di muniti buoni di cammino ci separano dalla meta. La pista infatti si allontana dalla conca di Biancadin ed inanella una sequenza di tornanti sx-dx-sx, prima di effettuare l’ultimo traverso che, in salita più mite, ci porta finalmente al ripiano dell’alpeggio di Biancadin, dopo circa tre ore ed un quarto di cammino da Fusino (il dislivello è di 1050 metri).
Ci colpisce, subito, il candido edificio della chiesetta dedicata, non a caso, a S. Antonio Abate (m. 2252), protettore degli animali, ed edificata nel 1946, come possiamo leggere sull’inscrizione sopra il suo portale. Colpisce ancora di più l’originale torre campanaria, costituita da grandi travi in legno che sostengono due campane, riccamente decorate. La data è quella della 1987, l’anno della terribile alluvione che ha colpito duramente l’intera valle. Se traguardiamo le campane ponendoci di fronte alla torre campanaria, vediamo, alle loro spalle, proprio il Sasso Campana, la massima elevazione (m. 2913) della costiera che delimita il versante settentrionale della Val Grosina Occidentale, e la coincidenza non può non colpire. Il panorama non è ampio, ma certamente inusuale e suggestivo. Verso sud-est vediamo le cime del Fil de la Valradega, che scendono al passo del Mortirolo, alle cui spalle spicca sempre il gruppo dell’Adamello. Più a destra, sul lato meridionale della Val Grosina Occidentale, si apre, in primo piano, l’ampia Valle Piana, seguita dalle valli Guinzena e Pedruna.
Imbocchiamo ora il sentiero (allargato a tratturo) che si trova a sinistra della chiesetta (per chi si volge a monte), cioè verso ovest-nord-ovest, in graduale salita. Superiamo così la Val di Rèz e passiamo a monte di un dosso marcato, il Dos Ermòs. Il nome curioso deriva dal latino “Dos Formosus”, già citato in un documento del 1549, come pertinenza dell’alpe di Biancadino.


Apri qui una fotomappa della discesa dal Pas de Lavazé a Malghera

Attraversiamo poi i pascoli del Basalòn ed il ripido versante dei Pèzi Crùdula, un terrazzo di pascoli delimitati a valle da imponenti salti rocciosi, ai piedi del versante meridionale del Sasso Campana (m. 2913), la maggiore elevazione del versante settentrionale della Val Grosina Occidentale. Il sentiero prosegue diritto, sempre verso ovest-nord-ovest e sempre in graduale salita, approdando al ripiano denominato “Pian di Muntanèli”, cioè Pian delle Montanelle, ovvero delle marmotte, ampia conca di radi pascoli ed estese pietraie ai piedi del versante sud-occidentale del Sasso Campana. Siamo nel cuore dei pascoli di Lavazé.


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Questo è il punto più delicato della traversata. Tagliamo il piano, presidiato a monte da una caratteristica muraglia di rocce, procedendo diritti verso ovest. Raggiungiamo così l'erboso fianco meridionale di un avamposto roccioso che si stacca dal crinale, aggirato il quale proseguiamo ancora per un tratto. Alla nostra destra vediamo la puntuta quota 2852, ad ovest del Sasso Campana, caratterizzata da un piccolo intaglio alla sua destra. Poi passiamo sotto una balconata rocciosa, oltrepassata la quale vediamo il crinale addolcirsi ad una comoda sella.


Cima Viola e cima di lago Spalmo dal Pas del Lavazé

Dobbiamo ora lasciare il sentiero 260, che prosegue nella traversata verso il crinale del Sasso Farinaccio, e volgere decisamente a destra, cominciando a salire verso nord e puntando alla più marcata depressione del crinale. La salita, prima su pascolo e poi su pietraia, è abbastanza ripida, ma non difficile, e ci porta a toccare la sella del Pas de Lavazé (m. 2663), che ci regala una splendida visuale sulla possetente parete sud-orientale della cima Viola e, alla sua destra, della cima di Lago Spalmo.


Il laghetto di mezzo

Si apre davanto a noi lo spettacolo stupendo dell’amplissimo catino glaciale che degrada al Pian del Lago. Già da qui possiamo intuire il percorso, che ci porta a scendere al laghetto di Pian del Lago, oltre trecento metri più in basso, procedendo verso ovest-nord-ovest.


Scendendo al Pian del Lago

La prima parte della discesa avviene su terreno abbastanza ripido, ma più agevole rispetto a quello che abbiamo salito, anche perché le striscie di pascoli rendono più agevole il passo. Tocchiamo in breve un terreno più piano e ci muoviamo fra dolci dossi arrotondati.


Apri qui una fotomappa della discesa dal Pas di Lavazé al Pian del Lago

Prendiamo come riferimento il corso d’acqua che scende verso valle e lo seguiamo stando alla sua sinistra. Passiamo così a sinistra di un primo microlaghetto, quotato 2511 metri, poi appena a lato di un secondo microlaghetto, quotato 2419 metri. Seguendo la valletta principale ci affacciamo infine, procedendo sempre diritti, allo splendido pianoro erboso denominato Pian del Lach (Pian del lago), con il laghetto di Pian del Lago (m. 2316). Sulla sponda opposta del laghetto vediamo il solitario baitello adibito a bivacco di Pian del Lago (Baitèl del Pian del Laach, m. 2320), sempre aperto ed utilissimo in caso di maltempo.


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Intercettiamo qui il Sentiero Italia (o Alta Via della Magnifica Terra) e la Via Alpina, nel tratto Malghera-Passo di Vermolera-Valle d'Avero-Eita. Lo seguiamo proseguendo verso ovest-nord-ovest, attraversando in piano i prati e scovando sul bordo dell'alpeggio la partenza del marcato sentiero che piega a sinistra ed inizia la discesa verso il fondovalle, con diverse svolte, verso sud-sud-ovest. Tagliamo così un ripido dosso e scendiamo ad intercettare una pista sterrata presso la conca che ospita la baita della località Mandrie Vecchie (caséra de màndri vègi). Ora la pista in discesa fino a raggiungere il fondo della Valle di Sacco, nei pressi di un ponte che ci porta dal versante orientale a quello occidentale. Qui dopo una breve salita ci ritroviamo alla Casera di Sacco (m. 2008), dove parte la pista che percorsa verso sinistra scende a Malghera.


Pian del Lago

Qui ci accolgono il ricovero Malghera (m. 1937; per informazioni tel. allo 333 925966 - Giacomo Besseghini - sito web: www.rifugiomalghera.it) e lo stupendo santuario della Madonna della Misericordia (Madòna de la néf), o Madonna del Muschio, edificata nel 1888, dal nucleo di una cappella preesistente, eretta per ricordare il miracolo dell’apparizione della Vergine, sul muschio di una roccia, ad un pastore nel 1750.
Spicca soprattutto il bel campanile, innalzato nel 1910. Una chiesa così elegante in un luogo, tutto sommato, così solitario suscita un’impressione singolare, ma ci ricorda anche non solo la devozione delle genti della valle, ma anche la ricchezza dei luoghi. In generale la Val Grosina è stata, ed in parte è ancora, uno dei luoghi dove l’allevamento del bestiame ha, nell’intera provincia, la maggiore rilevanza.


Santuario della Madonna del Muschio o della Neve a Malghera

Il santuario, chiamato anche della Madonna del Muschio o della Madonna della Neve, fu edificato nel 1888, dal nucleo di una cappella preesistente (1836), eretta per ricordare il miracolo dell’apparizione della Vergine, sul muschio di una roccia, ad un pastorello, nel 1750. Questi era spaventato per un furioso temporale che si era scatenato improvviso, sorprendendolo allo scoperto, e, proprio mentre temeva di essere, da un istante all’altro, colto da un fulmine, vide, un po’ più in alto, su un soffice tappeto di muschio, in un anfratto della roccia, una figura disegnata nettamente fra i licheni della roccia: era la Madonna che, presa da pietà per quel povero ragazzo, gli era apparsa, rassicurandolo. Egli fu preso da profondo stupore, dimenticò ogni timore e, cessata la burrasca, corse a raccontare a tutti quanto aveva visto. Conoscendo la sua grande sincerità e semplicità d’animo, tutti gli credettero, e la notizia del miracolo si diffuse.


Ricovero Malghera

Da allora tutti gli alpigiani di Malghera professarono una particolarissima devozione alla Madonna della Misericordia, protettrice dei pastori e delle genti d’alpe, tanto da costruire una cappella, nel 1836, la chiesa, nel 1888 ed infine l’elegante campanile con pietre a vista, nel 1910. Alla sua edificazione contribuirono tutti i Grosini, che, riconoscendo questo luogo come punto di incontro della devozione dell’intera comunità, costituirono, a tal fine, una fabbriceria e costruirono un edificio per ospitare gli operai (quello che oggi è diventato il rifugio Malghera, sopra citato). Una chiesa così elegante in un luogo, tutto sommato, così solitario suscita un’impressione singolare, soprattutto se vista da una certa distanza (appare, infatti, più grande), e ci ricorda anche non solo la devozione delle genti della valle, ma anche la ricchezza dei luoghi. In generale la Val Grosina è stata, ed in parte è ancora, uno dei luoghi dove l’allevamento del bestiame ha, nell’intera provincia, la maggiore rilevanza. Sulla sua facciata occidentale sono state poste due targhe, una che ricorda i “gloriosi caduti del comune di Grosio nella guerra mondiale 1915-18” ed una seconda in memoria dei caduti e dispersi fra il 1935 ed il 1945. Al suo interno una targa ricorda l’elevazione della chiesa a Santuario, e reca scritto: “Noi Alessandro Macchi per grazia di Dio e della Santa Sede Apostolica Vescovo di Como assecondando i desideri del clero e di tutta la popolazione di Grosio, anche come segno di riconoscenza per aver essi procurato le corone d’oro, con cui il 1 agosto 1933, cingemmo la fronte augusta della devota effige della Vergine e del Bambino: abbiamo decretato e decretiamo: la chiesa dedicata alla Beata Vergine Madre della Misericordia, in Val di Sacco, parrocchia di Grosio, è elevata al titolo di Santuario Val di Sacco (Grosio), in occasione della consacrazione della chiesa, il giorno 18 agosto 1940. + Alessandro Macchi Vescovo di Como”.
Può essere interessante leggere come presenta questa località il valente alpinista e naturalista Bruno Galli Valerio, che vi passò il 7 agosto 1900 (da “Punte e passi”, trad. di Luisa Angelici e Antonio Boscacci, Sondrio, 1998): “La carovana, seguita dall'asino che porta i sacchi, si mette in moto verso il ramo occidentale della Val Grosina. Pascoli e boschi sfilano davanti a noi. Il fiume spumeggia in fondo alla gola. Qua e là appare qualche cascata. In quattro ore e mezzo tocchiamo i pascoli di Malghera e S. Maria della Neve (1972 m.). La leggenda vuole che la Madonna sia apparsa lassù ad un pastore, disegnata da licheni sopra una roccia. Vi hanno immediatamente costruito una chiesetta e, accanto a quella, un eccellente rifugio. E' giorno di festa e troviamo lassù molti abitanti di Grosio, Val Grosina e Poschiavo. Ci accoglie molto ospitalmente il presidente del consiglio di fabbrica (il Sig. Sassella, presidente della Fabbriceria della chiesa, ndc) e non c'è mezzo di proseguire. Si partirà domani. In buona compagnia, il tempo passa presto. Visitiamo i pascoli circostanti, la bella casera della Val di Sacco, le magnifiche mandrie di vacche che fanno della Val Grosina il centro di rifornimento della bassa Lombardia.


La Pirla di Malghera

Inizia ora la parte più monotona dell’anello, perché il ritorno a Dossa non può che avvenire sfruttando per 8 km buoni la carrozzabile della Val Grosina Occidentale che, lasciata Malghera, descrive un ampio arco che la porta a correre sulla parte bassa del fianco settentrionale della valle. Nel primo tratto si alternando tratti in asfalto e tratti sterrati, poi inizia il tratto permanente in asfalto. Passiamo così per interessanti nuclei ben conservati, Campo Pedruna (Camp, m. 1703), Barbìs, Sacco (Sach, m. 1617), Ginogiola (Ginugiola), Ortesei (Urtesé), Porto (Porf), Remundiga e finalmente, Dossa (Dòsa), dove l’anello si chiude.


Scendendo lungo la Val Grosina Occidentale

Variante breve.
Siccome la salita dal Pian delle Montanelle al Passo di Lavazé è tutt’altro che semplice, perché richiede buona capacità di orientamento e capacità di muoversi su terreno ripido di pietrame, si può optare per una variante più breve, che effettua una traversata dell’intero versante settentrionale della Val Grosina occidentale, per poi affacciarsi alla Val di Sacco e traversare a Pian del Lago o scendere direttamente al fondovalle e di qui a Malghera. Questa traversata sfrutta il sentiero segnalato n. 260, lungo la direttrice Malghera-Lavazé-Biancadino. “Lavazé” è il termine che designa, infatti, gli alpeggi che si trovano appena sotto il Pian delle Montanelle e ad ovest degli alpeggi di Biancadìn. Vediamo dunque come procedere.


La traversata lungo il sentiero 260

Dopo aver effettuato la traversata da Biancadìn al Pian delle Montanelle come sopra descritto, non pieghiamo a destra per salire al crinale, ma proseguiamo diritti, sul sentiero 260, che è stato allargato a tratturo e che procede verso ovest con diversi saliscendi. Il sentiero si tiene sotto una fascia di roccette ed attraversa lunghe strisce di pascolo e qualche pietraia, passando sotto il severo e roccioso versante meridionale del Sasso Farinaccio. Distinguiamo facilmente la meta, cioè il poggio o sella di quota 2390, che interrompe la discesa del crinale sud-occidentale del Sasso Campana, prima che questo si impenni nei salti rocciosi che sovrastano Malghera.
L’ultimo tranquillo tratto di traversata dei pascoli ci porta a questa sella, che si affaccia sulla soglia della Val di Sacco. Il tratturo prosegue inoltrandosi in questa valle e tagliando, in leggera discesa, il fianco occidentale del Sasso Farinaccio. Alla discesa segue un breve tratto di salita, prima che il tratturo riprenda a scendere più ripidamente con qualche svolta.


Punto del tratturo che proviene dalla sella di quota 2390 nel quale ci si deve staccare a sinistra (rispetto alla foto) per traversare al Pian del Lago

Terminata la breve salita, dobbiamo scegliere se traversare al Pian del Lago oppure proseguire nella discesa al fondovalle. Nel secondo caso non ci sono problemi, perché basta seguire il tratturo che più in basso diventa una pista e che conduce ad un ponte oltre il quale una breve salita porta alla Casera di Sacco. Qui intercettiamo la pista della Val di Sacco e seguendola verso sinistra in pochi minuti siamo a Malghera.
Se invece non vogliamo mancare di visitare lo splendido Pian del Lago, dopo la breve salita del tratturo, prima che inizi la discesa ripida lo lasciamo prendendo a destra e puntando ad una larga porta che si disegna fra il sassoso versante del Sasso Farinaccio, a destra, ed un poggio roccioso, a sinistra. Saliamo così a vista verso nord-est, ed in breve ci affacciamo all’ampio pianoro di Pian del Lago.


La porta fra il Sasso Farinaccio (al centro) ed il poggio roccioso (a sinistra)

Procedendo sulle esigue strisce di pascolo e su fastidiose ed insidiose pietraie, scendiamo molto gradualmente e vediamo più in basso, alla nostra sinistra, il lago di Pian del Lago. Proseguiamo con cautela nella discesa graduale fino a toccare i primi lembi di pascolo ad est del lago. Il lago resta alla nostra sinistra ed in breve intercettiamo la traccia di sentiero che scende dal Pas di Lavazé. Seguendola scendiamo infine senza problemi alla riva orientale del lago, la contorniamo restando alla sua destra, passiamo per il bivacco di Pian del Lago e proseguiamo verso il limite del pianoro fino a trovare i cartelli che segnalano la partenza della mulattiera che scende sul fianco del poggio roccioso, come sopra descritto. Dopo qualche svolta la mulattiera confluisce nel tratturo-pista che prosegue scendendo al ponte sul fondovalle che introduce alla Casera di Sacco. La discesa termina seguendo la pista che porta a Malghera.


Il sentiero 260


CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - elaborata su un particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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