CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line.
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La Val Masino è costituita da un arco di
valli che hanno come estremi la valle di Spluga e la val Terzana.
Entrambe condividono la sorte di essere sicuramente gli angoli meno
conosciuti di una delle più celebri valli delle alpi Retiche.
Immeritatamente. Questo discorso vale in particolare per la valle di
Spluga (niente a che fare, a dispetto di equivoci, con la ben più
ampia e famosa valle che si trova a nord di Chiavenna), che riserva
scenari di forte impatto suggestivo, con la sua selvaggia,
solitaria, ma non aspra bellezza. |
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E, se ciò non bastasse, riserva, nella sua
parte più alta e nascosta, uno stupendo sistema di laghetti: si
tratta degli unici specchi d’acqua, se ad essi si aggiunge il
laghetto di Scermendone, dell’intera Val Masino, prodiga, per altri
aspetti, di monumentali cattedrali di granito, ma avara di questo
ingrediente così legato alla suggestione dell’alta montagna. |
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Chi ama gli orizzonti che coniugano in una
miscela perfetta bellezza e solitudine non può, dunque, mancare di
visitare la valle di Spluga: complice la mancanza di vie di accesso
carrozzabili che proseguano oltre i 700 metri del paesino di Cevo,
non vi troverà, anche nel cuore della stagione estiva, se non gli
alpeggiatori, e forse, ma non è detto, qualche sparuto
escursionista. |
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Vediamo come arrivarci e quali possibilità
escursionistiche scegliere. Lasciando, sulla sinistra, la statale
404 della Val Masino (che si imbocca lasciando la ss. 38 all’altezza
del comune di Ardenno) in località Ponte del Baffo (m. 571, dove si
trova, sulla destra della strada, anche l’antica edificio della
famosa osteria del Baffo), |
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si attraversa, su un ponte, il torrente
Masino, per poi salire al paesino di Cevo (m. 700),
in territorio del comune di Civo, ad 1,5 km dal ponte del Baffo. Un
breve fuori-programma consente di ammirare le modeste ma
interessanti cascatelle della parte più bassa del corso del torrente
Cavrocco, che scende dalla valle di Spluga: basta imboccare un
sentierino che si trova all’altezza del primo tornante sinistrorso
che si incontra salendo verso Cevo. Al paesino si accede staccandosi
sulla destra dalla strada principale (denominata strada di
Valpòrtola), che prosegue affacciandosi sul limite orientale della
costiera dei Cech nei pressi di Cadelpicco e Caspano. |
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All’ingresso del paese troviamo la bella
chiesa di Santa Caterina, che, nell’attuale aspetto, risale al
secolo XVII. Siamo al confine fra i comuni di Cevo e di Val Masino:
è, infatti, il torrente Cavrocco a separarli. D’estate il paese si
anima per la presenza di numerosi villeggianti. Nelle rimanenti
stagioni vive di una vita tranquilla e quasi fuori del tempo.
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Molto bello, anche se non particolarmente
ampio, il panorama che si gode da qui: dominiamo la media Val
Masino, con Cataeggio, suo centro amministrativo, sovrastato dalle
selvagge pareti del monte Piezza, alle cui spalle si scorge la cima
di Arcanzo; scorgiamo, in uno spiraglio sulla sinistra di questo
monte, la cima di Castello, la più alta della Val di Mello, con i
suoi 3386 metri; alla nostra destra, invece, l’impressionante, aspro
e selvaggio versante occidentale della dorsale che culmina nella
cima di Granda e separa la bassa Val Masino dalla Valtellina. |
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Per accedere alla valle di Spluga sfruttiamo
una bella mulattiera che, nella prima parte, che ne percorre la
sinistra orografica (destra per chi sale). Fino a qualche anno fa si
imboccava un sentiero che partiva dalla parte alta del paese
(raggiunta attraversandone le case), |
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lasciava l’abitato di Cevo, |
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passava accanto ad una cappelletta solitaria
e scendeva al torrente, che viene superato su un ponte in cemento |
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in corrispondenza di una impressionante
forra.
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Ora al sentierino si è sostituita una pista
che serve la centralina costruita per sfruttare a scopi
idroelettrici le acque del Cavrocco. |
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La mulattiera è larga e comoda: ignorata, nel
primo tratto, la deviazione sulla destra rappresentata dal sentiero
per Cataeggio (tratto del Sentiero Italia Lombardia nord 3), saliamo
quasi schiacciati a ridosso delle rocce dell’aspro fianco
nord-orientale della valle. Alla nostra sinistra, più in basso,
scorre il torrente. Superati un corpo franoso |
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ed una cappelletta, |
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la valle si allarga e raggiungiamo la prima
tappa della salita, il maggengo di |
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Cerèsolo, posto in un
ripiano, a quota 1041. Un’avvertenza: sulle carte IGM e su quelle
Kompass è segnato un sentiero che si stacca dalla mulattiera a quota
750 metri circa e si inerpica sul selvaggio versante nord-orientale
della valle, raggiungendo l’alpeggio di Cervìso (Cervìs). È però del
tutto sconsigliabile avventurarsi su questo tracciato, che tende a
perdersi in un’insidiosissima fascia di rocce. Qui, come in diversi
altri luoghi della Val Masino meno battuta, il rischio di finire,
come certe capre, “incrapelati”, cioè imprigionati da rocce dalle
quali non riusciamo ad uscire, è davvero concreto. Non che non si
possa salire a Cerviso, ma è assai più agevole farlo seguendo la
mulattiera che parte da Ceresolo, e che considereremo più avanti. |
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A Ceresolo possiamo giungere anche per altra
via: dalla centralina idroelettrica di Cevo la pista sterrata
prosegue, infatti, sul versante opposto della valle rispetto a
quello della mulattiera; all’altezza di Ceresolo, un ponticello ci
porta sul versante dei prati e delle baite del maggengo. Salendo per
questa seconda via troviamo, sulla nostra sinistra, l’indicazione
della partenza di un sentiero, un po’ esposto e servito da corde
fisse, |
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che porta |
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al maggengo di Rigorso (Rigurs), dal quale si
scende, poi, facilmente, su pista carrozzabile |
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a Caspano: può essere un’idea per una breve
escursione ad anello, considerando che da Caspano si può poi
tornare, sulla strada di Valpòrtola, a Cevo, ma si usi tutta la
prudenza necessaria. |
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Riprendiamo il racconto della salita verso la
parte superiore della valle. Seguendo le indicazioni per i laghi,
imbocchiamo un sentiero che attraversa un secondo corpo franoso,
mentre alle nostre spalle il colpo d'occhio si allarga, raggiungendo
la Val di Tartano, sul versante orobico. |
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Attraversiamo il torrente Cavislone,
che tesse i suoi ricami su una fascia di roccette, e lo lasciamo
alla nostra destra, prima di raggiungere le baite abbandonate della |
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Corte del Dosso, a 1460 m.
Sulla prima di esse troviamo uno dei radi segnavia
rosso-bianco-rossi, con la numerazione “22”. |
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L’ora di cammino che ci porta da Ceresolo
ella Corte del Dosso è piuttosto noiosa, ma ora la valle comincia a
regalare un primo ampio scorcio del suo lato sud-occidentale.
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A quota 1760 circa raggiungiamo la fascia dei
prati della Corte di Cevo, dove troviamo alcune
baite e, sulla nostra sinistra, una casera ancora utilizzata.
Superata anche la Corte di Cevo, entriamo per l’ultima volta in una
fascia boscosa, che precede l’accesso all’alta valle, alla quale ci
introduce la prima Casera di Spluga, a quota 1939. Qualche decina di
metri più in basso, a quota 1900 circa, parte, sulla destra, un
sentiero di cui vale la pena prendere nota. Nel primo tratto è
difficile vederlo: dobbiamo prendere come punto di riferimento il
rudere di un baitello, proseguendo, lungo la medesima direttrice,
verso il limite del bosco. |
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Il sentiero si fa, quindi, evidente, e
conduce alla più bassa delle casere di Spluga (m.
1987), nella valle omonima: torneremo più avanti su questa variante,
che permette di salire alla poco nota bocchetta della Merdarola,
dalla quale si scende nell’omonima valle, proseguendo per la Valle
dell’Oro ed il rifugio Omio. |
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Torniamo alla casera di Spluga: la salita
prosegue, da qui, su terreno aperto, luminoso, bellissimo, nel cuore
dell’alta valle, chiusa a nord-est dalle cime della Merdarola (ben
visibili alla nostra destra), che la separano dalla valle omonima. |
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La traccia si fa meno evidente, ma qualche
segnavia ci aiuta a trovare la giusta direttrice: dopo un primo
tratto di salita quasi in verticale, pieghiamo un po’ a sinistra, |
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attraversando un torrentello |
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e raggiungendo un “calècc”, un baitello senza
copertura del tetto (viene utilizzato all’uopo un telo azzurro). |
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Dopo una lunga salita, la pendenza si fa meno
aspra, ed il sentiero inizia un percorso a saliscendi
nell’anfiteatro che chiude la valle, seguendo la direzione nord-est. |
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Guardando a sinistra, vediamo, più in basso,
il primo microlaghetto che costituisce il sistema dei laghi di
Spluga (m. 2108). Oltrepassato questo primo laghetto, ben presto
incontriamo |
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una terza casera. Davanti a noi si mostrano,
ormai, con chiarezza le due cime regine della valle: la cima del
Desenigo, a sud (m. 2845, alla nostra sinistra) e la cima del Calvo,
o monte Spluga, a nord (m. 2967, alla nostra destra, punto di
congiunzione delle valli di Spluga, dei Ratti e Ligoncio). Alle
spalle della casera sono facilmente riconoscibili anche i passi
gemelli collocati fra le due cime, a distanza ravvicinata: il più
noto passo di Primalpia, a sinistra, e quello meno praticato, che il
Galli Valerio propone di chiamare passo di Talamucca, ma che ora
viene denominato bocchetta di Spluga, a destra: entrambi danno
accesso alla Valle dei Ratti. |
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Oltrepassata anche questa casera, lasciamo
alla nostra sinistra |
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il secondo microlaghetto, detto lago medio. |
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Infine, dopo aver attraversato un pianoro
paludoso, nascosto dietro balze rocciose dalle forme bizzarre, ci
appare, improvviso e bellissimo |
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l’ultimo e più grande dei laghi, il lago superiore di Spluga, a quota 2163; sopra di esso sono
ben visibili la bocchetta di Spluga ed il monte Spluga, o cima del
Calvo. |
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Sulla sponda opposta del lago, rispetto al
punto in cui ci troviamo, si trova una quarta ed ultima casera.
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Superati, dopo circa quattro ore di cammino,
circa 1480 metri di dislivello, non possiamo che concederci un
meritato riposo, gustando fino in fondo la riservata ed intatta
bellezza dell'alta valle di Spluga: un’esperienza impagabile, per
certi versi unica. |
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non possiamo che concederci un meritato
riposo, gustando fino in fondo la riservata ed intatta bellezza
dell'alta valle di Spluga. |
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Se abbiamo ancora energie da spendere,
possiamo proseguire verso il passo di Primalpia. Il sentiero, sempre
segnalato dalle bandierine rosso-bianco-rosse, piega a sinistra,
superando un dosso e passando sul versante destro (sinistro, per
noi) della valle, per inerpicarsi sul suo fianco (c’è un passaggio
un po’ esposto, sopra una placca: attenzione!). |
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I segnali indirizzano al passo del Colino,
che scende in Val Toate e da Poira, sopra Roncaglia (costiera dei
Cech); per raggiungere il passo di Primalpia, sempre ben visibile
davanti a noi (mentre il passo di Colino rimane nascosto ai nostri
occhi) |
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dobbiamo, però, lasciarli, poco dopo aver
superato i passaggi più aspri, piegando a destra, su una traccia di
sentiero non segnalata (la traccia è labile e va seguita con
attenzione). |
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Ad un certo punto compaiono dei bolli rosso,
la sigla SI (Sentiero Italia) |
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e, alla fine, |
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le bandierine rosso-bianco-rosse: la meta è
vicina! Dopo un ultimo facile passo, raggiungiamo il passo, posto a
quota 2476 m e presidiato da un grande ometto. |
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Dal passo di Primalpia possiamo scendere in Valle dei Ratti, passando accanto ad un quarto
laghetto (tale itinerario fa parte del Sentiero Italia, nel tratto
rifugio Volta-Cataeggio). Lo scorcio di questa valle visibile da
esso non è però particolarmente ampio. Molto più ampia è la visuale
che da esso si può godere sulla media Valtellina. La salita al passo
dal lago superiore richiede un'ulteriore ora di cammino, ma si può
fare di più.
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Appena sotto il passo, a sinistra, guardando
verso la Valtellina, |
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si vede su un masso l'indicazione per il
rifugio Volta: essa segnala la partenza di un sentierino che
permette di raggiungere il passo gemello, cioè la bocchetta
di Spluga (m. 2526), |
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dopo aver attraversato, nel primo tratto, una
fascia di grossi massi che richiede una certa attenzione. |
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Tale passo si trova al di là di un evidente
sperone che lo separa da quello di Primalpia, conduce anch’esso in
Valle dei Ratti e permette di scendere al rifugio Volta. Poco più di
venti minuti di cammino, e siamo al passo gemello, anch'esso
sorvegliato da un grande ometto. |
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Qui il panorama è molto più suggestivo e
raggiunge l’alto Lario. |
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Da Cevo alla bocchetta calcoliamo 5 ore e
mezza - 6 di cammino, necessarie per superare circa 1850 metri di
dislivello in salita: un’escursione effettuabile in una sola
giornata, anche se con ottimo allenamento e con non poca fatica. In
genere chi si avventura in Valle di Spluga, però, si ferma al lago
superiore, una meta comunque eccellente, che ripaga delle fatiche
richieste. |
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È necessario ora completare l’esposizione del
principale itinerario escursionistico |
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con l’aggiunta di tre varianti principali, cui si è già accennato nella relazione. |
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La prima ha come meta Cerviso.
Torniamo, quindi, a Ceresolo. Cerchiamo sulla destra (per chi sale),
alle spalle di una delle prime baite, la mulattiera, segnalata da
bolli color arancio,
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che risale, sempre ben visibile, il largo e
selvaggio vallone posto a nord-est di Ceresolo. |
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E', questa, una montagna che incute timore:
la sua asprezza sembra non regalare nessuna lusinga |
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all'escursionista che vi si addentri,
soprattutto nelle stagioni autunnale, invernale e primaverile. |
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Il sentiero sale ripido fino alla parte alta
del vallone, dove questo va restringendosi, |
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fino a raggiungere le baite di Cerviso bassa,
poste, a quota 1381,sul largo crinale che separa la valle di Spluga
dal solco principale della Val Masino. |
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Procediamo, quindi, piegando a sinistra:
raggiungiamo, così, le baite, lasciando alla nostra destra una
fascia di massi che scende da una formazione rocciosa dall’aspetto
arcano e suggestivo. |
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Qui troviamo il sentiero che prosegue nella
salita, aggirando a sinistra la fascia di rocce e guadagnando |
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i 1480 metri delle baite di Cerviso alta, |
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poste al limite inferiore di un ampio prato. |
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La solitudine di questi luoghi ha qualcosa di
inquietante e, insieme, di affascinante. Possiamo proseguire ancora:
sul limite superiore del prato il sentierino, infatti, riparte,
salendo lungo il crinale di un dosso che va restringendosi, finché,
intorno a quota 1700, si riduce ad una stretta fascia di rocce. Il
sentiero prosegue sul fianco destro del crinale, e, superata una
bocchettina, conduce all'alpe Cavislone, sul versante settentrionale
della Valle di Spluga: |
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è però sconsigliabile cercare di effettuare
la traversata, perché se si perde la traccia di sentiero, si rischia
di perdersi in luoghi fra i più aspri e dirupati della Val Masino.
Possiamo, quindi, considerarci paghi di questa bella escursione che,
in tre ore circa (superati circa 1000 metri di dislivello), da Cevo
ci ha portato ad un incontro con la montagna meno nota, ma non meno
affascinante. |
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Esaminiamo, ora, la seconda variante, che ha
come meta la bocchetta della Merdarola e parte
dalla quota di circa 1900 metri (segnalata solo da un ometto: non ci
sono segnavia), poco al di sotto della più bassa delle casere di
Spluga, cioè poco prima che il sentiero per l’alta valle esca
dall’ultima fascia di bosco. Al casello diroccato già menzionato si
prende a destra, cercando, sul limite del bosco, la partenza del
sentiero
|
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che sale gradualmente nel bosco, per poi
uscirne |
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poco sotto la casera di Cavislone (m. 1987),
nella valle omonima, laterale di nord-est della valle di Spluga. |
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Qui la solitudine la fa veramente da padrone:
ben difficilmente, infatti, troveremo anima viva. Proseguiamo la
salita, su traccia di sentiero, o a vista: appena oltre il bordo del
dosso successivo, troviamo una seconda e più grande casera, posta a
quota 2148, a nord della prima. |
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Dobbiamo, ora, sormontare un secondo dosso,
procedendo, sempre su labile traccia o a vista, |
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sempre in direzione nord, |
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rimanendo sul margine di una fascia di massi
che resta alla nostra destra.
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Non è l’unico percorso possibile: la carta
IGM ne segnala uno che aggira la medesima fascia sul lato opposto. |
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Rimanendo alla sua sinistra, comunque,
giungiamo in vista di un evidente panettone erboso, la quota 2278, e
risaliamo il suo fianco sinistro (occidentale), giungendo alle
spalle della sua cima arrotondata, sormontata da un grande ometto. |
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La meta è la bocchetta della Merdarola: si
tratta di una depressione poco marcata sulla costiera
Cavislone-Merdarola, facilmente riconoscibile, però, perché è
l’unico punto della costiera raggiunto da una lingua erbosa. |
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Proseguiamo |
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prendendo leggermente a destra ed
attraversando il lembo orientale (sinistro) di un’ampia fascia di
massi, per poi riguadagnare il terreno erboso e lasciare il corpo
principale della fascia alla nostra destra. Un ulteriore strappo ci
porta a guadagnare la sommità di uno sperone roccioso, ben visibile
già dalla quota 2278. Qui giunti, ci troviamo, ad una quota di 2380
metri, proprio ai piedi della larga fascia di pascoli che, salendo,
si restringe fino alla porta della bocchetta. |
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Gli scenari che abbiamo attraversato ci hanno
già regalato ampie emozioni,
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ma il panorama che si apre ora dai 2515 metri
di questa stupenda porta |
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ci lascia senza fiato: dalla bocchetta si
apre un ampio scorcio della sezione orientale del gruppo del Masino.
Distinguiamo, da sinistra, il pizzo Ligoncio, la punta della Sfinge,
i pizzi dell’Oro, la cima del Barbacan, le cime d’Averta, il monte
Porcellizzo, la punta Torelli ed i pizzi Badile e Cengalo. |
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Siamo in cammino da circa 5-6 ore ed abbiamo
superato un dislivello approssimativo in salita di 1850 metri. |
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Se abbiamo due giorni a disposizione,
possiamo completare l’escursione effettuando un’elegantissima
traversata al rifugio Omio per la valle della Merdarola e la
bocchetta di Medaccio. |
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La discesa dalla bocchetta della Merdarola
all’alta valle omonima avviene sfruttando il corridoio naturale che
si apre su questa versante fra il fianco della costiera della
Merdarola ed uno sperone roccioso parallelo.
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Si tratta di un canalone un po’ ripido ed
occupato da sfasciumi: si impone, quindi, una grande attenzione,
anche se non ci sono passaggi esposti: l’unico pericolo, peraltro da
non sottovalutare, è costituito dai sassi mobili. |
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Raggiunta un’ampia fascia di massi ai piedi
della bocchetta, proseguiamo la discesa a vista (non ci sono
segnavia, come già detto, né sull’uno né sull’altro versante), |
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assumendo una direttrice iniziale
nord-nord-est, |
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poi nord: |
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ben presto giungiamo in vista di una casera, |
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che dobbiamo raggiungere su debole traccia di
sentiero. |
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È la baita intermedia di tre baite poste in
diagonale nell’alta valle della Merdarola, ed è posta a quota 1942
m. Qui troviamo un sentiero, segnalato da segnavia
rosso-bianco-rossi: |
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seguendolo in direzione della terza e più
alta baita, |
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ci portiamo nei pressi |
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dell’evidente depressione della bocchetta di
Medaccio, che separa la valle della Merdarola dalla val Ligoncio. |
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Superata una fascia di massi, possiamo
calarci nel canalone della bocchetta, posta a quota 2303, con
qualche cautela, ma senza grossi problemi.
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Il resto della traversata al rifugio Omio,
che vediamo già davanti a noi, è dettato dai segnavia, che non
dobbiamo mai perdere di vista. |
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La traversata Cevo-Omio richiede circa 9 ore
di cammino, necessarie per superare un dislivello complessivo di
2050 metri. |
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Ecco, infine, la terza variante, che passa
per il passo del Colino orientale (m. 2414; Ercole Bassi, nella sua monografia sulla Valtellina, pubblicata a Milano nel 1890, riporta il toponimo "Culino", che si trova anche nella Val Corta in Val di Tartano e che deriverebbe dal latino "aquilinus", con nobile riferimento alla presenza delle aquile; l'alpe Culino, a valle del passo, caricava allora 45 mucche). Imboccato il
sentiero per il passo di Primalpia, oltre il lago superiore di
Spluga, continuiamo a seguire i segnavia rosso-bianco-rossi, senza
deviare a destra per il passo. Proseguiamo, quindi, non verso ovest,
ma verso sud-est, per aggirare lo sperone roccioso che dalla cima
del Desenigo scende in direzione est. |
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Risalito un breve versante che costituisce la
propaggine dello sperone, |
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ci ritroviamo nella parte alta di un’ampia
conca. Sempre seguendo i segnavia ed una labile traccia di sentiero,
effettuiamo la traversata della conca, |
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oltrepassando un largo vallone, per poi
cominciare a piegare a destra, |
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per balze di roccette e pascoli. |
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Descritto un ampio semicerchio, ci troviamo
ai piedi del passo senza nome di quota 2414, che dà accesso all’alta
Val Toate, sul limite orientale della Costiera dei Cech: potremmo
chiamarlo passo del Colino orientale (m. 2403; Ercole Bassi, nella sua monografia sulla Valtellina, pubblicata a Milano nel 1890, riporta il toponimo "Culino", che si trova anche nella Val Corta in Val di Tartano e che deriverebbe dal latino "aquilinus", con nobile riferimento alla presenza delle aquile; l'alpe Culino, a valle del passo, caricava allora 45 mucche). È, infatti, posto di fronte al
più alto passo denominato passo del Colino (m. 2630), collocato sul
versante opposto (occidentale) dell’alta Val Toate. Si tratta di una
porta d’accesso alla Valle dei Ratti. |
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Chi volesse effettuare una traversata dall’un
passo all’altro, tenga presente che l’itinerario passa per un’ampio
e singolare pianoro ai piedi del conoide che scende dal passo più
alto: la piana, che da qui non si vede, ospita due singolari
monoliti, curiosi e suggestivi. |
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Fra essa ed il passo di Colino est, infine,
si frappone un crinale che può essere valicato con un po’ di
attenzione, oppure, con tragitto più lungo, aggirato ai piedi. Dal
passo di Colino occidentale |
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si può scendere all’alpe Primalpia ed al
bivacco omonimo, in Valle dei Ratti, |
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oppure rientrare, scendendo per un ampio
vallone e risalendo sulla sinistra, nella Costiera dei Cech per il
passo di Locino, a monte del bivacco Bottani Cornaggia, |
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che si raggiunge poi facilmente |
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seguendo i segnavia. |
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Noi, però, raccontiamo come concludere una
possibile escursione di un giorno. Dal passo di Colino orientale,
che abbiamo raggiunto in circa 5 ore e mezza di cammino da Cevo (il
dislivello è di 1750 metri), scendiamo, seguendo i segnavia,
nell’alta Val Toate: dopo un primo tratto in cui si distingue una
traccia di sentiero, fino ai piedi del passo, la traccia tende a
perdersi. Pieghiamo allora a sinistra, superiamo una fascia di
massi, |
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poi seguiamo un ampio dosso erboso,
traversando, infine, verso destra, fino a raggiungere l’unica baita
dell’alta valle, |
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la baita Colino, a 1937 metri. |
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La successiva discesa all’alpe Pecc (m. 1613)
ed al maggengo di Ledino (m. 1232) avviene su un comodo sentiero
segnalato. A Ledino troviamo, infine, una pista che conduce a Poira,
dove parte la strada asfaltata per |
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Roncaglia e Caspano. Da Caspano, per la
strada di Valportola, si torna, infine, a Cevo, dopo circa 10 ore di
cammino. |
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