CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
Il versante occidentale della Valle di Spluga è,
dal punto di vista escursionistico e, più in generale, turistico,
meno conosciuto di quello orientale. Eppure offre molteplici occasioni
per effettuare camminate di grande soddisfazione ed interesse. La più
bella, probabilmente, è quella che si sviluppa nella valle del
Drogo, posta ad ovest di San Giacomo-Filippo, il primo paese che si
incontra, dopo Chiavenna, salendo verso il valico dello Spluga.
La denominazione non è tranquillizzante, in quanto il toponimo
“drogo” significa forra, orrido; tuttavia essa va riferita
non all’intera valle, ma solo alla parte terminale, dove il torrente
Drogo si guadagna faticosamente lo sbocco al Liro superando una gola
stretta ed incassata. Per il resto, invece, la valle non appare particolarmente
aspra, anzi, regala scorci gentili e, dal punto di vista botanico, assai
interessanti.
A San Giacomo-Filippo, dunque,
lasciamo la ss. 36 dello Spluga, |
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imboccando la strada che se ne stacca sulla
sinistra (indicazioni per Olmo e san Bernardo), e che, superato
su un ponte il Liro, comincia a salire, con diversi tornanti, verso
le due frazioni di mezza costa, circondata da boschi fitti e verdissimi. |
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Poi il bosco si apre e raggiungiamo i bei prati
di Olmo (m. 1056), ottimo terrazzo panoramico, verso est, sulla
testata della val Codera, dietro la quale è possibile scorgere
anche il pizzo Badile, nel gruppo del Màsino. |
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Proseguendo sulla strada asfaltata, ci addentriamo
nel cuore della valle del Drogo, fino alla centrale di san Bernardo, |
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per poi passare sul versante opposto della
valle (quello settentrionale), dove la strada ci conduce alle prime
case di san Bernardo (m. 1099). Salendo ancora, oltre la chiesetta,
incontriamo un cartello che avverte che la strada è chiusa alla
circolazione dei veicoli non autorizzati. |
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Lasciata qui l’automobile, quindi, utilizziamo
una mulattiera che sale diritta tagliando i prati, |
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in direzione del nucleo di baite di Scanabecco
(m. 1242), |
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dove troviamo i primi segnavia che ci guidano
nel cuore del paesino, |
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fino alla chiesetta di san Rocco, posta alla
sua sommità. Il sentiero che dobbiamo imboccare parte proprio
sotto il sagrato della chiesa, verso sinistra (ovest), ed all’inizio
è poco marcato. |
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Attraversato un prato ed una prima selva, |
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si fa più evidente e comincia una lunga traversata
sul fianco settentrionale della valle. |
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Valichiamo, così, su un ponticello le
condutture della centrale, cominciando, poi, a perdere quota di
qualche decina di metri, all’ombra di un fresco bosco, attraversando
anche un corpo franoso. Entriamo, così, nel cuore della valle,
ed il versante alla nostra sinistra si fa sempre meno scosceso. |
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Incontriamo i primi prati e le prime baite,
fino al bel nucleo di sant’Antonio (m. 1213), dove si trova
anche una bella chiesetta, a lato della quale passa il sentiero. |
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Qui troviamo anche delle croci poste a ricordo
dei contrabbandieri caduti valicando il passo di Léndine
(al confine con il territorio svizzero, e precisamente con la Mesolcina,
in Canton Ticino), più impegnativo del passo della Forcola,
e per questo meno sorvegliato. L’alpe Lendine, sopra la quale
si trova il lago Caprara (m. 2288) ed il passo di Lendine (m. 2324)
è una delle due fondamentali mete escursionistiche praticabili
da chi si addentra in valle del Drogo (C26). |
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La seconda, che qui considereremo, è
quella più frequentata e panoramicamente più interessante:
si tratta della salita all’ampio terrazzo che ospita il bacino
del Truzzo, fino al rifugio Carlo Emilio (C25). Per alcune centinaia
di metri oltre S. Antonio i due sentieri coincidono; |
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poi, prima dell’alpe Caurga, presso un
nucleo di baite la mulattiera per il bacino del Truzzo si stacca
dal sentiero sulla destra, segnalata da un cartello (indicazione
per la Capanna Carlo Emilio). Ci si può staccare anche un po’ prima,
in corrispondenza di un sentiero segnalato dalla scritta “Truzzo”
su un grande masso. |
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Questo sentiero, disegnata una diagonale, intercetta
la mulattiera che comincia un’inesorabile sequenza di tornanti
per vincere i circa 800 metri di dislivello che separano i prati
del fondovalle dal bordo superiore del grande gradino roccioso ben
visibile sul fianco nord della valle. |
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La fatica della salita è però
temperata da diversi elementi. Innanzitutto la bellezza e l’eleganza
della mulattiera, un piccolo gioiello di ingegneria alpina, costruita
negli anni venti del secolo scorso per servire il cantiere allestito
per costruire lo sbarramento artificiale del Truzzo. |
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Nella parte più alta, dove supera una
fascia di grossi massi scesi dal selvaggio versante meridionale
del pizzo Camosciè (m. 2467), |
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la mulattiera è interamente lastricata con
grossi blocchi di sasso con geometrie che, viste dall’alto, si apprezzano
con un vivo senso di ammirazione. |
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Il secondo elemento di interesse
è botanico: osservando il lato opposto della valle, possiamo
notare, dal fondovalle fino alla conca dell’alpe di Lendine,
riconoscibile per il nutrito nucleo di baite, bellissimi boschi
di larici, con piante che superano i 20 metri di altezza. L’intera
valle, grazie alla sua posizione che le garantisce una felice situazione
climatica (clima umido e temperato), presenta una vegetazione rigogliosa.
Sul versante che stiamo risalendo, infatti, osserviamo, oltre ad
un imponente monolito, che troviamo nella prima parte della salita,
una grande ricchezza di rododendri, ginestre, frassini, abeti, larici. |
Nel primo tratto il bosco accompagna con la
sua fresca compagnia le nostre fatiche (risalire questo versante
d’estate ci espone, infatti, ad una certa sofferenza da calura),
poi si va sempre più diradando. |
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Ad un certo punto osserviamo, alla nostra sinistra,
un selvaggio promontorio roccioso, con un’inquietante cavità
alla sua base, che dà l’impressione che il costone
della scroccare da un momento all’altro. Poco più avanti,
a quota 1500, il sentiero piega decisamente a sinistra e, dopo un
breve traverso, supera un torrentello che in quel punto forma una
cascatella, |
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per poi risalire proprio il costone, con qualche
tratto esposto (servito da corde fisse). Alla fine ci ritroviamo
proprio alla sua sommità, e ci viene spontaneo cercare di
procedere con passo leggero: non si sa mai… |
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Segue un traverso a destra ed una nuova serie
di serrati tornanti. Lasciamo alla nostra sinistra un primo nucleo
di baite a quota 1664, prima di raggiungere l’alpe Curt de
Lavazz (m. 1751) e proseguire alla volta dell’alpe Cornera
(m. 1920). Lo scenario è ormai mutato: diversi massi si dispongono
caoticamente sul declivio posto ai piedi dell’aspra costiera
della Camoscera, che va dal pizzo Camoscera, a destra, alle gotiche
Guglie dei Caurgh, che comprendono il pizzo Camosciè, a sinistra. |
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Eccoci, infine, dopo aver lasciato sui bei
lastroni della mulattiera molto sudore, al piano dove sono collocate
le abitazioni dei guardiani della diga: |
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ancora qualche sforzo, utilizzando anche alcune
scalette, |
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prima di raggiungere il culmine del bastione
roccioso che delimita il terrazzo del Truzzo. |
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Portiamoci, ora, sul limite del camminamento
che sovrasta la diga del Truzzo, ed ammiriamo l’ampio bacino
(m. 2080, 18 milioni e mezzo di metri cubi d’acqua circa),
nel quale si riflettono i severi versanti rocciosi che lo circondano,
con interessanti effetti di specchio. |
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Qui troviamo un bivio, segnalato da un cartello.
Prendendo a destra proseguiamo nella prima tappa del Trekking della
Valle di Spluga (che abbiamo fin qui percorso), e risaliamo il versante
ad est del bacino, alla volta del passo dell’Alpigia (m. 2370),
dato a tre quarti d’ora di cammino. |
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Se, invece, scegliamo la seconda soluzione,
per il rifugio Carlo Emilio, |
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dobbiamo percorrere il camminamento ed imboccare
il sentiero che parte dal suo lato opposto, |
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descrivendo un arco che lo porta a superare
un torrentello che scende al bacino ed alcuni sistemi di roccette
arrotondate. |
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Approdiamo, poi, ad un risalto leggermente
più alto rispetto alla quota del bacino, |
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dove ci attende il lago Nero (m. 2150, anch’esso
sbarrato, dalla capienza di 200.000 metri cubi d’acqua circa), |
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dall’aspetto, però, tutt’altro
che lugubre. |
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Dal limite orientale del laghetto possiamo
già vedere la meta, il rifugio, posto sull’angolo opposto.
Per raggiungerlo dobbiamo superare un passaggino un po’ esposto
(attenzione a non scivolare). |
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Alla fine, eccoci al piccolo rifugio del CAI
di Como, quotato 2153 metri, ed eretto nel 1911. Da qui partono
diverse possibilità di escursione ed ascensione, ai laghi
del Forato (a sud-ovest) e forato (ovest-sud-ovest), ed ai pizzi
Forato (o Pombi, m. 2967), Sevino (o Corbet, m. 3025) e Quadro (m.
3013).
Guardando a nord, vediamo le baite dell’alpe Truzzo (m. 2110),
dalle quali passa il sentiero C21, che sale al passo del Servizio
(m. 2584), poco oltre il quale, a quota 2550, si trova il bivacco
del Passo del Servizio. Dal passo, sempre seguendo il sentiero C21,
si può scendere all’alpe del Servizio e di qui a Campodolcino.
L’escursione da Scanabecco al rifugio Carlo Emilio richiede
circa tre ore e mezza, per superare circa 1100 metri di dislivello. |
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