
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line.

APRI QUI UNA MAPPA ELABORATA SULLA BASE DI GOOGLE MAP ; Apri qui una galleria di immagini
Rifugio Omio e Valle dell'Oro su YouTube |
Con la denominazione
di Valle dell’Oro ci si riferisce solitamente al grande anfiteatro
che si apre allo sguardo di chi raggiunge i Bagni di Màsino,
e che comprende, nella parte settentrionale (di destra) la Valle
dell’Oro propriamente detta, |
 |
in quella meridionale (di sinistra)
la val Ligoncio. |
 |
Per raggiungere
i Bagni basta percorrere interamente la statale della Val Màsino,
che si imbocca staccandosi dalla ss 38 dello Stelvio all’altezza
di Ardenno: oltrepassate Cataeggio e San Martino, la strada risale
la bella Valle dei Bagni, terminando proprio ad un ponticello sul
torrente Màsino, oltre il quale si entra nell’area
dell’Hotel Bagni di Masino, dove è possibile parcheggiare
a pagamento, in un ampio spiazzo, l’automobile (ed in effetti
nei finesettimana estivi o nel periodo di punta della stagione non
è facile trovare parcheggio altrove). |
 |
Alla
nostra destra troviamo l’antico edificio dei Bagni, costruito
nel 1832 a partire da un preesistente nucleo in legno che risale
al secolo XVII, quando si sentì la necessità di offrire
un ricovero confortevole alle numerose dame che raggiungevano l’allora
isolata e remota valle per avvalersi delle proprietà curative
delle acque termali. A queste ultime, infatti, non ai paesaggi alpini
è legata la fama storica della valle: l’interesse alpinistico
per le cime del gruppo del Màsino è assai recente (data dagli
anni Sessanta dell’Ottocento), mentre fin dall’antichità questi
luoghi accoglievano visitatori che potevano permettersi il costo
del viaggio e desideravano curare affezioni dell’apparato respiratorio
o gastro-intestinale con l’acqua termale, che sgorga da una fonte
alle spalle dei Bagni vecchi ad una temperatura costante di 38 gradi
(e che aveva fama di curare anche i problemi di sterilità femminile).
Il nuovo Hotel dei Bagni, unito al vecchio edificio da una passerella
di legno sopraelevata, risale invece al 1883. La valle dei Bagni
è, in se stessa, piuttosto modesta, ma è circondata da tre considerevoli
anfiteatri alpini. |
 |
Il più
modesto, sconosciuto e selvaggio è posto a sud dei Bagni,
ed è la valle della Merdarola. |
 |
A nord, invece,
si trova la valle più ampia e famosa dell’intero gruppo
del Màsino, la val Porcellizzo. |
 |
Ad ovest, infine,
ecco la valle dell’Oro, l’unica che, nella sua solarità,
si mostri allo sguardo dalla piana dei Bagni, anche se il severo
gruppo costituito dalle punte Medaccio e Fiorelli, sulla costiera
Merdarola-Ligoncio, ne nasconde la parte meridionale (cioè
la val Ligoncio). |
 |
Esiste una consolidata
tradizione secondo la quale proprio da qui deve iniziare la stagione
escursionistica degli amanti di questi scenari di incomparabile
bellezza: la salita alla capanna Omio è, infatti, la meno
faticosa delle tre escursioni che hanno come meta i più famosi
rifugi di val Màsino (i rimanenti due sono la capanna Gianetti
ed i rifugi Allievi-Bonacossa). |
 |
Ciascuno si regoli
come meglio crede. Se non vogliamo discostarci da questa norma,
incamminiamoci lungo il sentiero che, ignorata la deviazione segnalata
per la Gianetti, supera su un ponticello il torrente, punta in direzione
del bosco, |
 |
dove inizia a salire
con una pendenza sempre piuttosto impegnativa. |
 |
Stiamo risalendo
il fianco settentrionale della valle, |
 |
ed incontriamo una prima più
modesta radura, per poi raggiungere, dopo circa tre quarti d’ora
di cammino, il bel poggio costituito dal pian del Fago (m. 1590),
che non costituisce solamente un buon punto di sosta, ma anche e
soprattutto un ottimo osservatorio |
 |
sulla sorella maggiore,
la val Porcellizzo, della quale si mostra da qui un suggestivo scorcio,
con i pizzi Badile e Cengalo in evidenza. |
 |
Rientrati nel bosco,
proseguiamo nella ripida salita fino al suo termine, a quota 1760
metri circa. Dobbiamo superare una breve fascia costituita da enormi
massi, sotto uno dei quali osserviamo un modesto ricovero per uomini
ed animali: si tratta dei segni più evidenti di una frana ciclopica
che, nel 1963, uccise alcuni pastori e molti capi di bestiame. |
 |
Il pensiero non può non andare alla durezza delle condizioni di vita |
 |
cui hanno dovuto sottoporsi |
 |
tutti coloro che, per secoli, hanno frequentato queste montagne non
per cercare suggestioni ed emozioni, |
 |
ma i mezzi necessari per un magro sostentamento. |
 |
Oltre i massi,
attraversiamo un torrentello e cominciamo a risalire le ampie balze
che ci separano dal rifugio. |
 |
La traccia di sentiero,
segnalata dagli immancabili segnavia rosso-bianco-rossi, descrive
un percorso piuttosto diretto, per cui la pendenza rimane considerevole
e la fatica, in questi ultimi tre quarti d’ora circa di cammino,
comincia a farsi sentire. |
 |
La capanna è là,
sembra la si debba raggiungere in breve tempo, |
 |
ma gli ultimi tratti
di cammino sono sempre i più lunghi. |
 |
Dopo circa due
ore e un quarto di cammino, superati 930 metri di dislivello, possiamo
finalmente ristorarci e riposarci al rifugio, che suscita un senso
di amena tranquillità, anche se è intitolato a quell’Antonio
Omio che perì in una tragicamente famosa ascensione alla
punta Rasica del 1935. |
 |
Alle spalle del
rifugio troviamo, poi, il bivacco Sergio Saglio. |
 |
Davanti a noi,
guardando verso est, il panorama sulla valle dei Bagni è
ampio e suggestivo; volgendo lo sguardo, possiamo passare in rassegna
una lunga serie di cime che hanno quasi tutte la caratteristica
di apparire poco pronunciate, tranquille, anche se molte di loro,
viste dalle valli confinanti (soprattutto dalla val Codera) mostrano
un profilo ben più severo ed arcigno. Fanno eccezione, alla
nostra destra (sud-est) le punte Medaccio (m. 2350) e Fiorelli (m.
2401), il cui affilato profilo ricorda quello di una lama. |
 |
Seguendo verso destra il
filo del crinale della costiera Merdarola-Ligoncio,
scorgiamo, poi, l’intaglio del canalone che scende dalla bocchetta
di Medaccio e che mette in comunicazione le due valli. La costiera
termina con la cima di quota 2762, che appartiene al gruppo delle
cime della Merdarola. |
 |
Proseguendo ancora
verso destra, incontriamo la cima del Calvo (o monte Spluga), nodo
di confluenza, con i suoi 2967 metri, delle tre valli Ligoncio,
Merdarola e di Spluga. Seguono, a sud del rifugio, il pizzo dei
Ratti (m. 2919) ed il pizzo della Vedretta (m. 2907), alla cui destra
è posto il passo della Vedretta meridionale. A sud-ovest
del rifugio incontriamo la tozza sagoma del pizzo Ligoncio, la più
alta vetta della sua testata, con i suoi 3032 metri, ed anche il
nodo di confluenza delle valli Ligoncio, dei Ratti e Arnasca (o
Spazza, o ancora Spassato, laterale della val Codera). |
 |
Immediatamente
a destra del pizzo la caratteristica punta della Sfinge (m. 2802),
il cui profilo ricorda la famosa figura mitologica, |
 |
e la marcata depressione
sul cui lato destro è posto il passo Ligoncio. |
 |
A destra
del passo, la serie dei pizzi dell’Oro, compresi fra i 2600 ed i
2700 metri, fino allo snello profilo della punta Milano (m. 2610). |
 |
A nord del rifugio, infine, ecco la lunga costiera del Barbacan,
che dall’omonima cima (m. 2738, dove confluiscono le valli
dell’Oro, di Averta e Porcellizzo) scende fino al monte Boris
(m. 2497). |
 |
La
valle dell’Oro non può competere, quanto ad interesse
alpinistico, con la val Porcellizzo, anche le ascensioni alla
punta della Sfinge ed alla punta Milano sono dei classici (l’ascensione
al pizzo Ligoncio, invece, è più facile, ma va anch’essa
affrontata con l’ausilio di una guida). Tuttavia gli amanti
delle traversate troveranno qui molte più possibilità
di quante ve ne siano nella più illustre vicina. Infatti
la valle dell’Oro confina con diverse valli (Merdarola,
di Spluga, dei Ratti, Spassato, Averta e Porcellizzo), ed a tutte
(ad eccezione della valle di Spluga) si può accedere valicando
passi interessanti.
Alla valle della Merdarola si accede seguendo un sentiero segnalato
che parte dalla sinistra del rifugio, traversa la val Ligoncio
(passando a monte di alcune caratteristiche ed enormi placche
rocciose), e risale il canalino della bocchetta di Medaccio, che
dà accesso alla valle. Attenzione, però: il rimanente
percorso per scendere ai Bagni (che taglia la valle un diagonale
fino alla casera più bassa, per poi scendere in una fascia
di ontani) non è facile da individuare, ed è sconsigliabile
se non lo si è già percorso in salita. |
Il sentiero che
lascia sulla sinistra il rifugio si divide ben presto in due rami:
quello di sinistra prosegue per la bocchetta di Medaccio, quello
di destra (il sentiero attrezzato Dario di Paolo) comincia a salire
in diagonale, dividendosi, a sua volta, in due rami (il sinistro
prosegue la diagonale verso il passo della Vedretta meridionale,
che permette di scendere – con un primo tratto ostico, anche
se servito da corde fisse – in alta val dei Ratti, |
 |
mentre il destro
sale diritto in direzione del passo Ligoncio, |
 |
che permette di
scendere, dopo un lungo ed un po’ impressionante percorso
su una cengia esposta – anche qui le corde fisse aiutano –
e su un crinale di roccette, ai primi sassi della val Spassato,
a monte del bivacco Valli). |
 |
Dal rifugio parte
anche un sentiero in direzione opposta (destra): si tratta del sentiero
intitolato ad Ambrogio Risari dalla SEM (Società Escursionisti
Milanesi), ed individuato da segnavia giallo-rossi. |
 |
Dopo una lunga traversata,
con qualche saliscendi, incontriamo, su un masso, |
 |
la segnalazione per la
deviazione che si stacca sulla sinistra e sale facilmente al passo
dell’Oro, |
 |
gentile sella erbosa |
 |
posta a quota 2526, |
 |
che immette su
un più severo canalone il quale, a sua volta, permette di
scendere in alta valle d’Averta (laterale della val Codera;
da qui si può scendere, intercettando il Sentiero Roma che
sale verso il passo del Barbacan settentrionale, al rifugio Brasca). |
 |
Se ignoriamo la
deviazione, raggiungiamo, in breve, l’attacco della salita
sulla costiera del Barbacan, fino al passo del Barbacan sud-est: |
 |
superato un canalone
un po’ ostico (corde fisse aiutano), effettuiamo una prima diagonale
verso destra, poi una a sinistra, |
 |
fino all’intaglio
del passo, posto a quota 2620. Dal passo, per cenge esposte e con
molta cautela (anche qui le corde fisse non sono di troppo), possiamo
scendere ai primi pascoli della Val Porcellizzo. Insomma, c’è
solo l’imbarazzo della scelta, e la possibilità di
pernottare al rifugio Omio ci consente di affrontare con calma ed
energie ritemprate qualunque traversata scegliamo di effettuare. |
 |